Cristo, essere divino che attraversa e vince la morte nella solitudine

O.O. 130 – Cristianesimo esoterico e la guida spirituale dell’umanità – 05.05.1912


 

Sommario: Cristo, essere divino che attraversa e vince la morte nella solitudine. Il ruolo del cristianesimo nella riconduzione verso l’alto delle anime umane impigliate nelle tenebre spirituali. L’opera del rosicrucianesimo per la pace fra i popoli.

 

Quello che è essenziale,

non è far risalire il cristianesimo a Gesù di Nazareth, non è il farlo derivare da un grande maestro.

L’origine del cristianesimo ci rimanda ad un fatto, a un evento impersonale: al mistero del Golgota.

E questo come è potuto avvenire?

 

E potuto avvenire in quanto nella persona di Gesù di Nazareth fu presente per tre anni un’entità

che, se si vuol scegliere per essa una parola, viene designata come il Cristo.

Ma con questo nome non si può comprendere lo spirito divino che riconosciamo nel Cristo.

Con un nome umano, con una parola umana, non possiamo abbracciare il divino.

 

E col Cristo noi abbiamo a che fare con un grandioso impulso divino

che si effonde sul mondo: abbiamo a che fare con l’impulso del Cristo

che, mediante il battesimo nel Giordano, penetra in Gesù di Nazareth.

 

Nel cristianesimo l’essenziale

è che l’impulso del Cristo venne sulla Terra per il tramite di una personalità fisica,

che penetrò nella personalità fisica di Gesù di Nazareth; e che questi albergò entro i suoi involucri il Cristo.

Questo involucro fisico albergò in sé il Cristo, perché la linea dell’evoluzione del mondo prima discende, e poi risale.

 

Nel punto più basso della discesa, noi troviamo il mistero del Golgota.

E questo è stato necessario, perché solo dal Golgota potevano scaturire le forze atte a far riascendere l’umanità.

 

Dopo la catastrofe atlantica abbiamo il periodo paleo-indiano che giunse ad un livello di spiritualità non più uguagliato nei periodi successivi, e che sarà uguagliato soltanto alla fine, col riascendere dell’evoluzione, nella settima epoca. Al periodo indiano seguì il paleo-persiano, poi l’egizio-caldaico; e anche da un punto di vista esteriore risulta chiaro che nell’evoluzione dell’umanità la spiritualità andò sempre più scomparendo.

 

Giungiamo poi alla civiltà fondata del tutto sul terrestre: alla civiltà greco-latina.

E qui vediamo un fenomeno mirabile:

vediamo incontrarsi, vediamo congiungersi nelle creazioni dell’arte greca lo spirito con la forma.

 

E nella civiltà romana, nella cittadinanza romana, l’uomo diventa padrone del piano fisico. Ma la spiritualità della civiltà greca è caratterizzata dal detto: meglio essere un mendicante sulla Terra che un re nel regno delle ombre. In queste parole si esprime l’orrore per il mondo che sta dietro al piano fisico, per il mondo in cui l’uomo deve dimorare dopo la morte. Vediamo qui la spiritualità discesa fino al suo punto più basso.

Da allora in poi però all’umanità occorreva un impulso per poter tornare nei mondi spirituali; e questo impulso le fu dato nel quarto periodo postatlantico, in quanto proprio in questo periodo ebbe luogo qualcosa che in sostanza fino a quel momento era stato lontano da tutto il piano fisico.

 

Come si svolse il mistero del Golgota nella remota terra di Palestina? Possiamo rispondere: si svolse internazionalmente, interconfessionalmente. Il mistero del Golgota ebbe luogo celatamente, in un luogo isolato. La civiltà esteriore non ne seppe nulla, nulla ne seppero i Romani, che erano i padroni di quel pezzetto di terra in cui esso ebbe luogo. Ed essi non erano in verità dei seguaci del Cristo, ed ancor meno lo erano gli Ebrei!

 

Chi era presente, in sostanza, quando ebbe luogo il mistero del Golgota? Chi aveva radunato intorno a sé colui che, all’età di trent’anni, potè accogliere in sé il Cristo? Forse che egli radunò intorno a sé dei discepoli, come Confucio, Lao Tse o il Buddha? Se si guarda bene, questo egli non lo fece. Forse che i suoi discepoli erano già i suoi apostoli, prima del mistero del Golgota? No. Essi si dispersero, essi se ne andarono via, quando colui che fino allora avevano seguito, iniziò la via della sua passione. Essi diventarono suoi apostoli solo in quanto, attraversata la morte, Egli diede loro la certezza che esiste qualcosa che vince la morte. Solo allora essi divennero i suoi veri apostoli e diffusero la sua forza su tutti i popoli della Terra. Prima, però, essi non lo avevano neppure compreso! E colui che, dopo il mistero del Golgota, fece quanto più era possibile per la diffusione del cristianesimo, quegli comprese il Cristo solo quando gli apparve in ispirito!

 

Vediamo dunque che il cristianesimo non consiste in fondo, come avviene per le altre religioni e per i loro fondatori,

nel fatto che un grande maestro raduna dei discepoli intorno a sé, e che questi poi diffondono le sue dottrine;

ma consiste nel fatto che un impulso divino discende sulla Terra, attraversa la morte,

ed origina l’impulso alla riascesa dell’umanità.

 

Quando l’elemento personale si allontanò, quando passò per la morte,

solo allora potè operare quella forza che venne in Terra per il tramite del Cristo.

Non è una dottrina personale quella che in tal caso continua ad operare,

ma è il fatto che in Gesù visse il Cristo, il quale attraversò il mistero del Golgota,

è il fatto che dal Golgota s’irraggia una forza su tutta la successiva evoluzione dell’umanità.

 

Questa è la differenza fra ciò che il cristianesimo pone all’inizio del suo divenire, e ciò che pongono al loro inizio le altre religioni. Se consideriamo il punto di partenza del cristianesimo, dobbiamo caratterizzare quello che avvenne col mistero del Golgota.

 

Paolo dice: con Adamo, ossia con colui che, ancora prima del peccato originale,

ancor prima di essere propriamente un uomo, diede lo spunto a questa linea discendente,

con Adamo che, dunque, non era neppure una vera personalità, fu dato all’umanità l’impulso alla linea discendente;

col Cristo le fu dato l’impulso ad una linea ascendente.

 

Per sentire veramente tutto ciò che è contenuto in un tal fatto,

occorre farsi stimolare dalle più intime e profonde verità occulte.

E se si comprenderà ciò, si troverà necessario che, a tutta prima, anche là dove il cristianesimo si diffuse,

i suoi più alti pensieri e le sue verità più profonde non poterono subito essere compresi.

 

Poter comprendere che un impulso divino è passato attraverso la morte,

poter concepire che un tal fatto non può aver luogo una seconda volta,

e che, in quanto ebbe luogo nel punto più basso dell’evoluzione dell’umanità,

esso irraggia la forza per cui d’ora innanzi l’umanità potrà di nuovo ascendere,

poter concepire tutto ciò e comprenderlo, fu accessibile solo a pochi.

 

Perciò nei secoli successivi gli uomini si appoggiarono a Gesù di Nazareth,

e cercarono lui; il Cristo essi non potevano ancora comprenderlo.

E anche nell’arte, l’impulso del Cristo penetrò attraverso Gesù. Si cercava Gesù, non il Cristo.

Oggi siamo solo agli inizi del vero cristianesimo; il cristianesimo è solo al principio della sua esistenza vera.

 

E quando si dice: non toglieteci la persona di Gesù, che ci consola e ci eleva, alla quale noi ci appoggiamo, non dateci in sua vece un fatto impersonale, quando così si dice, gli uomini dovrebbero imparare a riconoscere che si tratta soltanto di egoismo. Solo quando essi si libereranno da questo personale egoismo, quando comprenderanno che è lecito chiamarsi cristiani solo se si fa derivare il cristianesimo dall’evento compiutosi sul Golgota in grandiosa solitudine, solo allora gli uomini potranno veramente avvicinarsi al Cristo. Ciò verrà compreso solo in un tempo futuro.

 

Taluni potrebbero dire: la crocifissione però avrebbe dovuto essere evitata.

Ma questa non sarebbe altro che una opinione di uomini, e nulla più.

Chi così dicesse non distinguerebbe bene le cose.

Infatti quello che penetrò nella evoluzione dell’umanità in virtù del mistero del Golgota,

potè scaturire soltanto da un impulso divino che avesse sperimentato tutte le sofferenze e i dolori dell’umanità,

ogni infelicità e ogni miseria, ogni scherno e ogni ludibrio,

ogni disprezzo e ogni oltraggio, come avvenne per il Cristo.

E tutto ciò fu assai più difficile da sperimentare per un dio, che per un uomo comune.

 

E neppure possiamo documentare l’evento del Golgota come si documentano gli altri fatti della storia. Non è neppure documentabile in genere che la crocifissione abbia avuto luogo; non si trovano al riguardo documenti esteriori autentici. Ma esistono delle buone ragioni perché ciò non possa essere documentato, in quanto si tratta di qualcosa che sta fuori della restante evoluzione dell’umanità.

 

Il mistero del Golgota infatti (e questo è il suo carattere fondamentale)

è qualcosa che non si riferisce direttamente, che non è direttamente connesso con l’evoluzione dell’umanità.

Ma allora a che cosa si riferisce?

Si riferisce all’evoluzione discendente dell’umanità e a quanto dovrà di nuovo farla ascendere.

Si riferisce all’influsso di Lucifero sull’umanità.

 

Lucifero, e tutto quanto gli è connesso, non è un uomo; Lucifero e i suoi sono entità sovrumane.

La tendenza e l’aspirazione di Lucifero

non hanno direttamente mirato, con le sue opere, a portare gli uomini sulla via discendente,

ma ad erigersi contro gli dèi superi.

Lucifero aspirava a vincere i suoi nemici, non a portare gli uomini sulla via discendente.

 

Gli dèi superi, gli dèi progrediti, hanno combattuto contro Lucifero e le sue schiere di dèi inferi, di dèi dell’ostacolo.

Così l’uomo, dal principio dell’evoluzione terrestre, si trova coinvolto in questa battaglia di dèi.

 

Si tratta di qualcosa che, dai mondi superiori, gli dèi dovevano dibattere tra di loro. Ma gli uomini, a causa di questa lotta fra gli dèi, furono impigliati nel mondo della materia più profondamente di quanto non avrebbero dovuto. Perciò gli dèi dovettero ristabilire il pareggio. Gli uomini dovettero di nuovo esser portati su, e l’azione di Lucifero dovette essere annullata. Ciò non poteva però attuarsi per opera di un uomo. Solo in virtù di un’azione divina ciò poteva essere compiuto.

 

Se investighiamo la nostra Terra, troviamo in essa il massimo degli enigmi: quello della nascita e della morte.

Che gli esseri possano morire, è pur sempre il problema principale degli uomini che indagano.

 

La morte, il morire, esistono soltanto sulla Terra;

nei mondi superiori non esiste morte, ma trasformazione, metamorfosi.

La morte è da farsi risalire a quanto penetrò negli uomini per opera di Lucifero;

e, se da parte degli dèi non fosse stato effettuato qualcosa,

l’umanità intera sarebbe stata sempre più impigliata in una tendenza verso la morte.

Così da parte degli dèi dovette essere offerto un sacrificio:

uno di essi dovette discendere in Terra e sperimentare la morte;

soltanto fra i figli della Terra la morte potè essere sperimentata come contrappeso all’influsso luciferico.

 

E da questa morte di un dio scaturisce la forza che può irraggiare anche nelle anime umane,

e può farle riascendere e farle uscire dalle tenebre in cui sono penetrate per opera di Lucifero.

Un dio dovette morire, una volta, sul piano fisico.

Ciò non riguarda direttamente gli uomini; in certo senso si tratta di un affare di dèi.

 

Nessuna meraviglia, dunque, se ciò che riguarda i mondi superiori, non concernendo direttamente il mondo fisico, non può essere documentato con mezzi fisici.

Ma i frutti di questa azione divina che dovette svolgersi qui sulla Terra ridondano sull’umanità, e l’iniziazione cristiana dà agli uomini la forza di comprendere quest’azione divina. E proprio come l’origine dell’umanità, come il procedere dell’umanità dal grembo della divinità potè effettuarsi una sola volta, così potè anche aver luogo una sola volta la vittoria su ciò che, in questa origine, penetrò nell’anima umana.

 

Se il cristiano antroposofo dovesse parlare al buddista, anch’egli antroposofo, della natura del Cristo, dovrebbe dire: io cadrei nell’equivoco, credendo che quello che tu chiami Cristo possa soggiacere alla reincarnazione. No, egli non soggiace mai alla reincarnazione, come non potresti mai dire che il Buddha può reincarnarsi. C’è per altro una grande diversità fra i due: il buddista ci addita il grande maestro a cui egli fa risalire la sua religione; il vero cristiano invece ci addita un fatto dei mondi spirituali, avvenuto in solitudine sul globo terrestre; ci addita qualcosa che è assolutamente impersonale, che non ha nulla a che fare con una qualsiasi confessione religiosa. Nessuno fu, dapprima, seguace di questa azione; nulla essa aveva a che fare con una determinata regione della Terra; in maestosa solitudine la forza divina di quest’azione si riversò su tutta la successiva evoluzione dell’umanità.

È compito di una concezione scientifico-spirituale di cercare la verità nelle diverse religioni; e se veramente noi cerchiamo il nocciolo della verità in tutte le religioni, questo nocciolo significa pace.

 

Quando il seguace di una religione riconosce realmente la sua religione alla luce della scienza dello spirito, allora non vorrà certo imporre ad un’altra religione il particolare raggio di verità della sua propria. Come l’antroposofo cristiano non potrà dire che il Buddha ritornerà (che in tal caso egli non avrebbe affatto compreso il Buddha), così l’antroposofo buddista non potrà dire che il Cristo deve ritornare, perché allora non avrebbe affatto compreso il Cristo. La verità sul Buddha e la verità sul Cristo, però, non significano mai (se non si coltivano pregiudizi personali) disunione e sentimenti settari, ma armonia e pace. Ciò deriva del tutto naturalmente dalla verità; la verità significa ed attua la pace nel mondo.

 

Tutte le nazioni e tutte le religioni della Terra possono seguire il Buddha, il grande maestro, nella sua somma verità. E il Cristo, la forza divina nella sua somma verità, tutte le nazioni e le religioni della Terra possono seguirlo. La comprensione reciproca significa nel mondo pace. Questa pace è l’anima del nuovo mondo. E l’antroposofia deve condurre gli uomini a quest’anima che, sotto forma di scienza dello spirito a disposizione di tutti gli uomini, dovrà dominare sulla Terra intera.

 

A partire dai secoli XIII e XIV, tali conoscenze furono coltivate nelle scuole rosicruciane. In quelle scuole si sapeva che, grazie a siffatte conoscenze, la pace penetra nelle anime umane. E si sapeva anche che taluni che non sono in grado di sperimentare qui sulla Terra questa pace, sentiranno dopo la morte, come un compimento dei loro più cari ideali, il poter contemplare dall’alto la Terra, scorgendovi la pace fra le nazioni, man mano che tali conoscenze si diffonderanno.

 

Come ho parlato io qui oggi, così negli ultimi secoli parlavano in piccole e ristrette cerchie gli appartenenti alle scuole rosicruciane. Oggi tutto ciò può esser detto apertamente davanti a un gran numero di uomini.

 

Coloro che hanno la missione di agire nell’ambito del movimento scientifico-spirituale

come esecutori testamentari di quanto, grazie al mistero del Golgota, fluisce nell’umanità,

quelli sanno che Gesù, il quale albergò in sé il Cristo, ricerca ogni anno, nel periodo della Pasqua,

il luogo dove il mistero del Golgota si compì.

È indifferente se Gesù sia o non sia nella carne: ogni anno egli ricerca quel luogo,

e lì possono congiungersi con lui i discepoli che hanno raggiunto la maturità.

 

Ciò fu sentito da un poeta, da Anastasius Grün: egli sentì che un’individualità discende ogni anno, il primo giorno della Pasqua, per visitare il luogo dove si compì il mistero del Golgota. Egli descrive cinque di questi incontri del maestro coi suoi discepoli. Il primo, avvenuto dopo la distruzione di Gerusalemme; il secondo, dopo la conquista da parte dei crociati; il terzo: Asvero che indugia sul Golgota; il quarto: un monaco prega invocando dal conquistatore la salvezza, perché varie sette sono sparse sulla Terra e lottano fra loro, mentre colui che portò sulla Terra il grande messaggio di pace guarda il luogo del suo operare. Queste sono le quattro immagini delle passate visite di Gesù al luogo della sua azione sul Golgota.

 

Poi Anastasius Grün, nella sua poesia “Macerie”,

ci dà una quinta immagine di una futura discesa di Gesù sul Golgota.

Quello che egli vi descrive si riferisce ad un lontano avvenire: è una situazione che si attuerà in futuro, ed egli la sente come la potenza della pace che allora dominerà sulla Terra. Consiste in un cristianesimo sentito non confessionalmente, ma in senso rosicruciano.

Egli descrive dei bambini che giocano; e (sia pure una tale immagine un’utopia) quei bambini scavano un oggetto di ferro e non sanno che cosa sia. Solo coloro che hanno ancora vaghe notizie delle guerre umane ormai trascorse, sanno che si tratta di una spada. Nella futura epoca della pace, non si conosce più l’uso della spada, e la si usa come un vomere. Ed un contadino continua a scavare, ed ecco che scopre un oggetto di pietra; e di nuovo non si sa che cosa esso sia. Quelli che sono ancora in grado di conoscerne qualcosa, asseriscono che si tratta di cosa che per un certo tempo sulla Terra fu bandita: gli uomini non la riconoscevano più! Un tempo se ne servivano come simbolo di lotta: è una croce di pietra. Ma ora che gli uomini si riuniscono nell’impulso avvenire del Cristo Gesù, ora essa si trasforma in qualcos’altro.

 

E come ce la descrive nel 1836 il poeta?

Con queste parole egli ci descrive il simbolo della missione del Cristo giustamente compresa:

 

Gloriosa sta sul Golgota la croce,

tutta di fiori avviluppata e rose.

E sì folto è l’involucro di rose

che resa n’è invisibile la croce.