Cristo Gesù e il “calice”

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 23.09.1912


 

Trasferiamoci con tutta umiltà (perché così ha da essere) nell’anima del Cristo Gesù il quale cerca fino all’ultimo di conservare intatto il legame stretto con le anime degli apostoli. Trasferiamoci, per quanto ci è possibile, nell’anima del Cristo per il corso ulteriore degli eventi. Può darsi davvero che quest’anima si sia posta il grave problema: cosa posso fare perché le anime almeno dei discepoli più eletti si sollevino all’altezza necessaria per partecipare a tutto quello che succederà fino al mistero del Golgota?

 

Di fronte a questo problema si trova l’anima del Cristo. È un momento grandioso: Pietro, Giacomo e Giovanni lo seguono sul Monte degli ulivi, e il Cristo Gesù vuole scoprire in se stesso se ha la forza di tenerli con sé, quegli eletti fra gli eletti. Per via lo prende l’angoscia; è forse lecito credere che il Cristo Gesù abbia paura della morte, del mistero del Golgota che sta per compiersi, e che abbia sudato sangue sul Monte degli ulivi per l’avvicinarsi del sacrificio? Sarebbe segno di una ben scarsa comprensione del mistero del Golgota.

 

Questa spiegazione potrà essere valida per certi teologi, ma non è certo molto sensata. Perché è triste il Cristo? Non trema certo per timore della croce. Egli trema al pensiero: sapranno quelli che ora io prendo con me superare questo momento, in cui deve decidersi se la loro anima vuol seguirmi, se vogliono vivere ogni cosa insieme a me, fino alla croce?

 

Deve decidersi se il loro stato di coscienza possa mantenersi desto

al punto da poter partecipare a tutto, fino alla croce: questo è «il calice» che gli si avvicina.

 

Egli li lancia poi soli, perché possano «vegliare», cioè rimanere in uno stato di coscienza che permetta loro di sperimentare con lui tutto ciò che egli dovrà sperimentare. Poi si allontana e prega: «Padre, togli da me questo calice; tuttavia non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu». Ciò significa: fa che io non debba sperimentare anche l’abbandono, in quanto figlio dell’uomo; ma fa che gli altri mi accompagnino.

 

Poi tornò indietro, e li trovò addormentati: non avevano saputo mantenere lo stato di coscienza di veglia. Egli ripete il tentativo, e di nuovo essi non sono in grado di rimanere desti. Poi prova di nuovo e ancora una volta essi non rimangono desti. Da quel momento gli è chiaro che ormai è solo; essi non saranno vicini a lui sulla via della croce, il calice non è stato allontanato.

 

Egli è destinato a compiere la sua azione in completa solitudine, anche nella solitudine dell’anima.

Il mondo ricevette il dono del mistero del Golgota,

ma nell’epoca in cui questo si compì

il mondo non aveva ancora la capacità di comprenderlo;

neppure i più eletti furono all’altezza necessaria.