Dioniso

O.O. 129 – Meraviglie del creato – 22.08.1911


 

Gli dèi della Grecia

erano dunque stati uomini con anime di importanza macro-cosmica durante l’epoca atlantica

e grazie a tale evoluzione progredirono al punto da poter intervenire nel quarto periodo postatlantico di civiltà,

in modo però da tendere per così dire al minimo le redini nella direzione spirituale degli uomini.

 

Come dèi, essi non ebbero più bisogno di divenire come Cecrope, Teseo e Cadmo,

nei quali erano incarnate anime luciferiche che erano rimaste indietro sulla Luna,

perché con la loro incarnazione atlantica avevano compiuto quel che deve essere l’incarnazione umana sulla terra.

 

Considerando questo nel giusto modo, si deve dire che gli dèi greci, per quanto potessero ancora dare agli uomini,

non potevano tuttavia dar loro una cosa, cioè la coscienza dell’io che l’uomo doveva conquistarsi.

 

Perché non potevano? Dallo spirito di tutte le mie conferenze precedenti si potrà dedurre che la coscienza dell’io dovette sorgere per l’uomo proprio sulla terra. Sappiamo che sulla Luna egli sviluppò il proprio corpo fisico, l’eterico e l’astrale, mentre là la coscienza dell’io non poté svilupparsi.

 

In quel che venne creato sulla Luna e che gli dèi greci vi avevano conosciuto di creativo,

non era compresa la coscienza dell’io.

Non poterono dare all’uomo la coscienza dell’io perché è un prodotto della terra.

 

Poterono dargli molto di quanto attiene al corpo fisico, al corpo eterico e all’astrale, con i quali e con le cui leggi si erano familiarizzati dal tempo delle evoluzioni di Saturno, Sole e Luna, a cui avevano partecipato a un gradino più alto. Essendo però rimasti indietro, non furono in grado di diventare creatori della coscienza dell’io.

 

Sotto questo aspetto gli dèi greci sono contrapposti agli Elohim, a Jahvé,

che nel senso più eminente è proprio il creatore della coscienza dell’io.

• Tutta la civiltà animica moderna poté dunque svilupparsi

solo perché queste due correnti polari sono confluite nell’evoluzione spirituale umana:

• la corrente dell’antico ebraismo, finalizzata nel senso più eminente

a risvegliare nell’anima umana tutte le forze che conducono alla coscienza dell’io,

• e l’altra corrente che riversò nell’anima umana tutte le forze

di cui il corpo fisico, il corpo eterico e il corpo astrale avevano bisogno

per compiere nel modo giusto l’evoluzione terrena.

 

• Solo attraverso il confluire di queste due correnti, quella greca e quella ebraica antica,

fu possibile il realizzarsi della corrente unitaria che poté poi accogliere l’impulso del Cristo, il principio-Cristo.

• All’interno della corrente del Cristo sono infatti contenute le altre due,

come in un unico fiume è contenuta l’acqua confluita da due affluenti.

 

Come non è pensabile la vita animica moderna all’interno della civiltà occidentale senza l’influsso di quella greca,

così non la si può pensare senza l’impulso dato dall’antica civiltà ebraica.

 

All’interno del mondo greco mancava però la possibilità, dal mondo cui appartenevano Zeus, Poseidone e Plutone,

di dare all’uomo la coscienza terrena dell’io direttamente dalla gerarchia cui essi appartenevano.

Anche di questo l’anima greca aveva una percezione meravigliosa e chiara,

e la portò alla luce concependo la figura di Dioniso.

 

L’anima greca, proprio in relazione a tale figura, parlò con una così meravigliosa chiarezza

che ci si trova davanti alla saggezza della mitologia greca solo pieni di meraviglia.

Nell’antica Grecia si parlava di un Dioniso più vecchio, Dioniso Zagrèo,

una figura che l’anima greca concepiva non con i nostri pensieri oggettivi,

ma nel sentimento, in modo conforme alle sensazioni e al sentire,

così da dire che un’antica coscienza chiaroveggente precedette la coscienza intellettuale conseguita poi dall’uomo.

 

L’antica coscienza chiaroveggente non sottostava alla maya, all’illusione, all’inganno

con la stessa intensità della successiva coscienza dell’umanità.

Quando ancora erano chiaroveggenti

gli uomini non credevano che l’anima fosse racchiusa nel corpo fisico e delimitata dalla sua pelle;

anzi, allora il centro dell’uomo era per così dire all’esterno del corpo fisico,

ed egli non credeva di guardare con il suo corpo fisico, con gli occhi fisici;

sapeva invece di essere con la sua coscienza fuori dal corpo fisico e indicava quest’ultimo come suo possesso.

• Volendo usare un paragone, si potrebbe dire che l’uomo moderno

è come un tale che si sieda ben saldo e comodo su una sedia in casa sua e dica:

sono dentro, e le pareti della mia casa mi circondano.

 

L’antico chiaroveggente non si sedeva dentro la sua casa;

lo si potrebbe invece paragonare a chi attraversa la porta di casa, si pone all’esterno e dice: questa è la mia casa.

• Le si può girare intorno, si può guardarla da diversi punti;

così si ha uno spazio più ampio per guardarla stando all’esterno, rispetto a quando ci si trova all’interno.

• Così era per l’antica coscienza chiaroveggente; si girava intorno alla propria figura corporea e la si guardava

soltanto come possesso dell’antica coscienza chiaroveggente, posta all’esterno del corpo fisico.

 

Osservando l’evoluzione terrestre come si è configurata dall’antico tempo lemurico attraverso quello atlantico fino ai periodi postatlantici di civiltà, sappiamo che la coscienza terrena umana si è sviluppata a poco a poco.

Nell’antico tempo lemurico essa era ancora molto simile alla coscienza dell’antica Luna: l’uomo rifletteva ancora poco sul suo corpo, era ancora del tutto riversato nello spazio. Pian piano egli si ritirò anzitutto col suo io nel corpo fisico; nel tempo atlantico era ancora molto esterno al suo corpo con la coscienza. Solo gradualmente dunque la coscienza entrò nel corpo fisico, come ci mostra l’intero senso dell’evoluzione terrestre.

Anche l’anima greca percepiva tutto questo. Come sensazione, essa rimandava a una precedente coscienza chiaroveggente, presentatasi nel corso dell’evoluzione terrestre, ma ancora strettamente appoggiata all’antica coscienza lunare che si era formata al tempo in cui l’uomo aveva sviluppato come sua parte costitutiva più elevata il corpo astrale.

 

Osservando l’evoluzione dell’umanità possiamo quindi dire che quando la terra pervenne alla sua attuale evoluzione,

l’uomo aveva formato solo corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale, e portava in quest’ultimo le forze di Zeus.

A ciò si aggiunse nel corso dell’evoluzione quello che divenne l’io.

Un nuovo elemento si aggiunse alle forze astrali di Zeus,

venne come innestato su quelle forze che in tempi antichi erano ancora unite in modo non chiaro,

un elemento che sempre più si aggiunse come un’egoità autonoma,

emersa prima in forma chiaroveggente e in seguito intellettuale.

 

Se guardiamo nella sfera astrale le forze di Zeus,

se vediamo ciò che ivi si forma ed è all’inizio in forma chiaroveggente ciò che abbiamo chiamato Persefone,

possiamo dire che, prima che l’uomo perdesse la coscienza chiaroveggente

e apparisse la coscienza intellettuale, in lui viveva Persefone, accanto alle forze di Zeus presenti nel corpo astrale.

• Strettamente legato alle forze di Zeus, l’uomo si era portato dall’antica Luna il corpo astrale.

Sulla terra si sviluppò in lui la vita animica che troviamo rappresentata in Persefone.

 

L’uomo che viveva sulla terra in tempi antichi percepiva

di avere nel proprio corpo astrale le forze di Zeus e di avere in sé Persefone.

• Egli non poteva ancora parlare di un io intellettuale come facciamo noi oggi,

ma era in grado di parlare di qualcosa che sorgeva in lui dall’interagire

delle forze di Zeus, ancorate nel corpo astrale, con quelle di Persefone.

• Quanto in lui risultava dall’unione di Zeus e di Persefone era egli stesso.

• Qualcosa gli era dato soltanto da una parte, da Zeus, e a ciò

si doveva aggiungere quello su cui Zeus come tale non aveva diretta influenza.

 

Persefone, figlia di Demetra, era connessa con le forze stesse della terra.

Persefone era figlia di Demetra, di un’entità divina che era legata a Zeus e ne era considerata la sorella.

• Era un’anima che aveva attraversato un’evoluzione diversa da quella di Zeus:

era imparentata con la terra, e movendo da essa poteva agire sull’uomo

e quindi anche sulla formazione della coscienza dell’io.

 

Così dai tempi più antichi l’uomo portava in sé

• il corpo astrale da parte di Zeus,           • e Persefone da parte della terra.

 

L’antico Greco era consapevole di portare in sé qualcosa

la cui origine non gli era visibile quando alzava lo sguardo alle gerarchie delle divinità superiori.

• Per questo attribuiva quanto portava in sé ai cosiddetti dèi inferi che erano connessi al divenire della terra

al quale gli dèi superiori non prendevano parte:

porto nella mia entità qualcosa di cui devo ringraziare proprio la mia coscienza terrena,

qualcosa che gli dèi superiori, del mondo di Zeus, Poseidone e Plutone,

non possono dare direttamente, ma a cui possono solo cooperare.

 

Sulla terra vi è dunque qualcosa al di fuori delle forze macrocosmiche di Zeus, di Poseidone, di Plutone,

qualcosa a cui Zeus poteva solo guardare, senza poterlo generare.

Per tutti i motivi che ho esposto,

il mito greco a buon diritto fa che Dioniso il vecchio, Dioniso Zagrèo, sia figlio di Persefone e di Zeus.

 

• Tutte le forze che nella vita della terra agirono preparando in tempi antichi la coscienza dell’io,

osservate in forma microcosmica all’interno dell’uomo, costituiscono l’antica coscienza chiaroveggente.

• Guardate macrocosmicamente, fluttuanti negli elementi della terra, sono il vecchio Dioniso.

 

Quando dunque l’uomo aveva un io che non era ancora quello odierno con la sua forza intellettuale,

ma il suo predecessore, cioè l’antica coscienza chiaroveggente che oggi è divenuta subcoscienza,

egli guardava all’esterno le forze macrocosmiche (e anche per i Greci era ancora così)

che fanno fluire in noi le forze dell’io e le chiamava Dioniso Zagrèo, il vecchio Dioniso.

 

Il Greco sentiva però qualcosa di molto particolare per tutto quanto il vecchio Dioniso gli poteva dare;

in fondo egli viveva già in una civiltà intellettuale,

benché ancora compenetrata di viva fantasia, ancora molto vivente in immagini.

• All’interno dell’immagine era però già civiltà intellettuale.

 

Solo i tempi più antichi mostrano ancora una civiltà chiaroveggente;

quanto storicamente è pervenuto dalla Grecia ai tempi successivi

è civiltà intellettuale, anche se immaginativa, imbevuta di fantasia;

il Greco vedeva in sostanza nella sua coscienza un’antica epoca in cui il vecchio Dioniso era di casa

e instillava nella natura umana l’io ancora chiaroveggente.

• L’antico Greco avvertiva come qualcosa di tragico

che l’antica coscienza dell’io non potesse più essere accolta nel suo mondo terreno.

 

Cerchiamo per un attimo di immedesimarci vivamente in un’anima greca: come ricordando, essa guardava indietro a tempi antichi e si diceva che allora vi era un’umanità che viveva con la coscienza fuori del corpo fisico; l’anima viveva per così dire in modo indipendente dallo spazio circoscritto dalla pelle, viveva in unità con i mondi dello spazio; ma quei tempi sono trascorsi, appartengono al passato. Nel frattempo la coscienza dell’io si è sviluppata in modo che l’uomo davvero non può far altro che sentirsi con il suo io chiuso nello spazio circoscritto dalla pelle.

A questo era legato anche dell’altro.

 

Pensiamo ora che per un prodigio

ogni singola anima che è nei nostri corpi fisici se ne esca e si effonda nelle ampiezze dello spazio.

Le anime fluirebbero allora l’una nell’altra, non sarebbero separate.

• Le singole anime potrebbero allora indicare come loro possesso altrettanti punti quante sono le teste qui presenti.

Tuttavia le anime si mescolerebbero in alto e là avremmo un’unità.

• Quando poi esse rientrassero di nuovo da tale coscienza elevata nei singoli corpi, che cosa ne sarebbe di quell’unità?

Verrebbe spezzettata in tanti corpi quanti sono quelli che siedono qui.

 

Immaginiamo questa sensazione, pensiamo che l’anima greca sapeva dell’esistenza di una coscienza

in cui le anime singole erano unite l’una all’altra a formare un’unità,

in cui l’essere delle anime umane aleggiava sopra la terra e nessuno, quale io, poteva in fondo distinguersi dall’altro.

• Venne poi un tempo nel quale l’entità-io perse la propria unità,

e ogni anima singola si versò come una goccia in un corpo.

 

La fantasia greca rappresentò quel momento in un’immagine grandiosa, nella figura di Dioniso smembrato.

La mitologia greca intrecciò con un’immagine raffinata nella leggenda di Dioniso

la figura di Zeus da una parte e quella di Era dall’altra.

 

Abbiamo detto che Zeus è la potenza centrale delle forze macrocosmiche che hanno come loro controimmagine le forze animiche ancorate nel corpo astrale, forze che provengono dall’antica Luna, e così anche Zeus; egli prende così parte alla creazione di Dioniso, di Dioniso il vecchio che anzitutto è figlio di Zeus e di Persefone.

 

La partecipazione di Zeus alla creazione di Dioniso

è che egli rappresenta l’elemento unitario, non ancora smembrato.

• La figura femminile che ci viene incontro in Era ha invece attraversato un’altra evoluzione

che è più progredita, sotto un aspetto spirituale, rispetto a quella di Zeus:

mentre questi era rimasto indietro, ella tendeva più verso la realtà terrena.

Mentre Zeus era rimasto all’antica evoluzione lunare e vi si era irrigidito,

Era però era andata oltre e aveva accolto in sé determinati spunti che potevano essere usati sulla terra.

 

Era appartiene alla categoria di entità luciferiche

che lavorano alla frammentazione, all’individualizzazione degli uomini;

per questo viene spesso rappresentata come gelosa.

La gelosia può sorgere soltanto quando le individualità sono separate; quando si sanno unite, non nasce gelosia.

Era fa parte delle figure divine che favoriscono la separazione, l’individualizzazione;

per questo è attiva quando Dioniso deve venir smembrato, mentre egli è scaturito dall’unione di Zeus con Persefone.

 

Quando l’uomo antico aveva la coscienza chiaroveggente come coscienza unitaria,

giunge Era come divinità individualizzante, cosa che viene espressa in forma immaginativa nella sua gelosia,

e fa appello agli dèi concentrati nelle forze della terra, i Titani,

perché facciano a pezzi l’antica coscienza unitaria, perché entri nei singoli corpi.

Con questo però tale coscienza in un primo tempo fu chiusa al mondo.

 

L’antico Greco guardava con tragicità all’antica coscienza chiaroveggente che viveva fuori del corpo fisico

e che si sapeva una cosa sola con le realtà del mondo;

si poteva infatti guardare solo indietro a ciò come a qualcosa di passato.

• Se nient’altro fosse accaduto, se l’azione di Era fosse rimasta unica,

gli uomini si aggirerebbero sulla terra l’uno accanto all’altro,

ciascuno chiuso nella propria persona, e non si capirebbero mai fra loro,

né mai sarebbero in grado di capire anche il mondo che li circonda, gli elementi della terra e del mondo.

 

Potrebbero guardare i loro corpi come loro possesso, sentirsi chiusi nel loro corpo come in una casa,

forse sentire quanto li circonda come appartenente a loro, così come una chiocciola la sua casa;

ma l’io umano non potrebbe mai andare oltre, mai ampliarsi a una coscienza del mondo.

• In realtà Era voleva che gli uomini si separassero l’uno dall’altro nella loro individualità.

 

Che cosa ha salvato gli uomini da questo isolamento?

che cosa ha fatto sì che, pur avendo l’io assunto una forma intellettuale,

esso sia tuttavia divenuto tale che ora la coscienza più tarda, non più chiaroveggente ma intellettuale,

si possa formare un’immagine del mondo attraverso il sapere,

la conoscenza intellettuale, possa uscire e unire le cose una all’altra?

 

Mentre lo sguardo chiaroveggente abbraccia tutto l’insieme del quadro del mondo,

quello intellettuale è tenuto a passare da un punto all’altro,

a unire l’uno all’altro i singoli pezzi della nostra visione del mondo

e di ricavarne in tal modo un’immagine globale nel sapere intellettuale, nella scienza intellettuale.

 

Così appare qualcosa che si può illustrare dicendo che non fu soltanto l’azione di Era a svilupparsi ulteriormente, ma si produsse anche l’intellettualità dell’io e, pur non potendo l’uomo stesso vivere con la sua chiaroveggenza dentro le cose come Dioniso Zagrèo, può tuttavia formarsi immagini razionali del mondo, un quadro complessivo del mondo.

 

Il Greco immaginava rappresentata dall’entità divina di Pallade Atena

la potenza centrale

• per il quadro del mondo che noi formiamo con i pensieri

• e le immagini della fantasia con i quali abbracciamo il mondo.

 

L’immagine intellettualistica del mondo, la sapienza intellettualistica

in effetti salvò lo smembrato Dioniso, o in altre parole la coscienza unitaria entrata nei corpi,

e portò la coscienza umana fuori di se stessa.

• Da questo la fine elaborazione del mito di Dioniso:

tra tutti i pezzi, Pallade Atena salvò il cuore di Dioniso,

dopo che egli era stato smembrato dai Titani su istigazione di Era, e lo portò a Zeus.

• È un’immagine finissima e piena di saggezza che corrisponde in tutto alle meraviglie del creato

che la scienza dello spirito oggi di nuovo ci dischiude e le cui profondità possiamo solo rispettare e ammirare.

 

La rappresentazione macrocosmica di Dioniso smembrato e del suo cuore salvato da Pallade Atena e portato a Zeus

è la controimmagine macrocosmica di qualcosa che avviene in noi in forma microcosmica.

 

Sappiamo che la manifestazione fisica dell’uomo terreno è il sangue che muove il cuore.

• Che cosa sarebbe successo se, detto in teoria,

l’ampliamento intellettualistico dell’io a immagine del mondo intellettuale

non avesse salvato l’io chiuso nel corpo umano?

detto in immagini, che cosa sarebbe accaduto

se Pallade Atena non avesse salvato il cuore di Dioniso smembrato e non l’avesse portato a Zeus?

 

Gli uomini andrebbero in giro ciascuno chiuso nella propria figura fisica e nelle sue forze microcosmiche,

rappresentanti soltanto gli istinti egoistici più bassi tramite cui le persone vogliono appunto isolarsi

come entità singole racchiuse ciascuna nella propria pelle.

L’uomo ha in sé le forze che condussero allo smembramento di Dioniso.

• Sono gli istinti inferiori della natura umana che operano in essa

in modo animalesco e istintivo, e che sono i fondamenti del vero egoismo.

• Da questi istinti si sviluppano simpatie e antipatie, impulsi,

quanto è di natura istintiva, dall’istinto della nutrizione e da altri istinti

fino a quello della procreazione, che senz’altro appartiene alla serie degli istinti inferiori.

 

Se fosse dipeso solo da Era, e Pallade Atena non fosse intervenuta salvificamente,

svilupperemmo soltanto entusiasmi che provengono dai suddetti istinti:

entusiasmo per la nutrizione, per la procreazione, in breve solo per gli impulsi inferiori.

 

Che cosa dovette accadere affinché superassimo la natura umana inferiore mirante solo all’egoismo?

È anche egoità quanto si riferisce a tutti questi istinti, ma nella natura umana vi è qualcosa che ce li fa superare.

Con il cuore possiamo infatti sviluppare entusiasmi diversi da quelli egoistici

che mirano alla conservazione del corpo nell’impulso alla nutrizione,

alla conservazione della specie nell’istinto sessuale.

 

Malgrado tutto ciò la natura umana rimane impigliata nell’egoismo.

Soltanto perché tali impulsi si mescolano a qualcosa d’altro

può in un certo senso essere tolto loro il carattere egoistico, di chiusura nel corpo.

 

Vi è qualcosa di più alto, legato al cuore e specialmente alla circolazione del sangue,

che sviluppa entusiasmi superiori.

 

• Quando il nostro cuore batte per il mondo spirituale e per i suoi grandi ideali,

quando esso è infiammato per la realtà spirituale,

quando il nostro sentire nei confronti del mondo spirituale è tanto caldo

quanto il sentimento umano nei suoi impulsi più bassi lo è nella vita erotica,

allora la natura umana viene trasfigurata e spiritualizzata

grazie a quello che Pallade Atena aggiunse all’azione di Era.

 

L’umanità si conquisterà solo nel corso del tempo una piena comprensione per questo fatto possente, perché nella natura umana attuale vi è ancora molto che contraddice queste cose. Quanto spesso si sente dire: ah, ci sono teste bizzarre che vanno in estasi per un mare di cose che non esistono! Hanno sentimenti di calore verso astrazioni, verso ciò che si può solo pensare, e per tutto ciò provano quel che altrimenti si sente nei confronti della vita vera che altro non significa se non istinti come la nutrizione e altri inferiori.

Chi però può nutrire un ardente entusiasmo per il soprasensibile, per quanto non mira agli istinti inferiori, così da sentire il mondo soprasensibile come una realtà, si è dedicato a quel che Pallade Atena aggiunse ad Era. Questa è la controimmagine macrocosmica per le forze che dominano nel mondo, espresse in immagini grandiose nella mitologia greca da Pallade Atena che salva il cuore di Dioniso smembrato e lo porta a Zeus, il quale lo nasconde nei suoi lombi.

 

Dopo che l’antica coscienza chiaroveggente era entrata nell’uomo, essa si mescolò con la sua natura corporea, con ciò che è espresso in modo meraviglioso nell’immagine che la natura di Dioniso viene nascosta nei lombi di Zeus. Quanto proverrebbe da Dioniso smembrato avrebbe avuto nell’uomo la sua controimmagine microcosmica in quel che proviene dalla sua natura inferiore corporea. Si vede così che quanto è presentato nelle immagini grandiose dell’antico mito di Dioniso si accorda meravigliosamente con la scienza dello spirito.

 

Ci viene raccontato come l’antica coscienza chiaroveggente, rappresentata dal vecchio Dioniso,

continuasse a evolversi fino al più giovane Dioniso,

vale a dire alla coscienza più tarda, la nostra attuale coscienza dell’io, la successiva forza di Dioniso.

 

L’odierna coscienza dell’io con la sua cultura intellettuale

e con quanto consegue dalla nostra ragione, soprattutto dal nostro io,

ha la sua controimmagine macrocosmica nel secondo Dioniso;

egli nasce perché dal cuore salvato dello smembrato Dioniso

viene formata la bevanda d’amore per Semele, grazie a cui si realizza

l’unione di costei, che è una mortale, con Zeus, con le forze del corpo astrale.

 

Dunque un essere umano, una donna, si unisce con quanto proviene dall’antica Luna

e nasce così l’uomo del presente che ha la sua controimmagine macrocosmica nel giovane Dioniso,

figlio di Zeus e di Semele.

 

Che cosa ci viene raccontato di questo Dioniso?

Se egli è la controimmagine macrocosmica delle nostre forze intellettuali dell’io,

deve anche essere l’intelligenza che si diffonde sopra la terra, che si estende nelle ampiezze spaziali del mondo.

Se il Greco sentiva in modo giusto, doveva pensare nel giovane Dioniso,

controimmagine macrocosmica del nostro io intellettuale, l’intelligenza che avanza sulla terra.

Doveva pensare che nello spazio esterno procedeva un’entità

che era come l’intelligenza aleggiante sopra le terre. Meraviglioso!

 

Nel bellissimo mito del secondo Dioniso l’antica coscienza greca ci racconta che egli dall’Europa andò lontano, in India, insegnando ovunque agli uomini la scienza, l’agricoltura, la viticoltura e così via, andò in Arabia e poi di nuovo ritornò attraversando l’Egitto. Tutta la civiltà intellettuale viene collegata al viaggio del giovane Dioniso.

Quella che chiamiamo diffusione della civiltà intellettuale, esprimendoci in modo asciutto, scarno, astratto, l’antica mitologia greca chiamava il viaggio del giovane Dioniso che insegnava agli uomini l’agricoltura, la viticoltura, la scienza, ma anche la scrittura e altro ancora: il viaggio attraverso terre lontane.

I pensieri del vecchio e del giovane Dioniso si integrano in modo splendido:

sono immagini raffiguranti l’umanità che, con la sua antica coscienza chiaroveggente,

di cui il vecchio Dioniso è la controimmagine macrocosmica,

progredisce fino alla più giovane coscienza dell’io intellettuale

che nel giovane Dioniso ha la sua controimmagine macrocosmica.

 

• Consideriamo ancora una volta il pensiero da cui siamo partiti nella conferenza odierna

e cioè che gli dèi dell’antica Grecia erano uomini dell’Atlantide.

 

Si avvertirà che il vecchio Dioniso, in quanto figlio di Persefone e di Zeus, è ancora imparentato con gli dèi stessi della gerarchia di Zeus, per quanto abbia già accolto in sé, ma dall’esterno, elementi terreni. È figlio di Zeus e di Persefone, un’entità soprasensibile. Per l’epoca postatlantica è perciò imparentato con tutta la sua entità con la gerarchia di Zeus.

 

Perciò l’antica coscienza greca avverte chiaramente, e lo lascia intuire nel mito,

che il vecchio Dioniso, Dioniso Zagrèo, viveva sì come uomo,

ma come gli altri dèi greci era un uomo dell’Atlantide tra gli uomini dell’Atlantide

e tra loro si muoveva.

 

Esaminando tuttavia lo spirito del mito del giovane Dioniso, vi si può intravedere la coscienza

che egli, già imparentato con l’uomo grazie a una madre umana,

si trova in realtà più vicino agli uomini che agli dèi.

• Per questo il mito lascia intuire, ed è vero, che il giovane Dioniso nacque in Grecia nella notte dei tempi,

e visse incarnato in un corpo postatlantico.

 

La civiltà intellettuale diffusasi sulla terra,

la controimmagine spirituale nel macrocosmo del nostro io intellettuale,

proprio come accadde per le forze di Zeus, lo Zeus dell’Atlantide,

fu una volta incarnata nell’epoca postatlantica, all’incirca nella preistoria greca,

in un uomo singolo, realmente vivente, cioè nel giovane Dioniso.

 

Egli visse e fece parte degli antichi eroi greci;

visse e crebbe in Grecia e attraversò l’Asia giù fino all’India, perché questo viaggio davvero vi fu.

Una buona parte della civiltà indiana proviene dal giovane Dioniso,

non la parte rimasta dagli antichi santi Risci, bensì un’altra.

 

Con le sue schiere di uomini egli passò poi in Arabia, in Libia e di nuovo indietro fino in Tracia.

Questo possente viaggio preistorico davvero si svolse.

La figura di Dioniso visse in effetti come uomo,

accompagnato da un seguito straordinario rappresentato nel mito da sileni, fauni e simili,

passò come un grande condottiero attraverso l’Arabia, la Libia, la Tracia e di nuovo ritornò in Grecia.

 

Il giovane Dioniso era un autentico uomo dell’epoca postatlantica, della preistoria greca,

e quando morì la sua anima si riversò nella civiltà intellettuale dell’umanità.

Con pieno diritto e in verità si può porre la domanda: il giovane Dioniso vive oggi?

Sì, si vada nel mondo e si guardi la civiltà intellettuale che vive in esso,

si osservi la realtà animica che gli storici moderni

chiamano in una forma sconsolatamente scarna e astratta le idee della storia,

o con quali altre simili fantasticherie le chiamino; si consideri tutto ciò nella sua realtà concreta!

 

Si osservi questa concretezza, questa realtà macrotellurica

che circonda come uno strato spirituale la terra e continua a vivere di epoca in epoca,

che vive in tutte le teste e che come un’atmosfera intellettuale ci avvolge tutti nella vita quotidiana; la si osservi bene!

• In tutto vive Dioniso il giovane,

sia che si guardi quanto viene insegnato nelle nostre università

o quanto di intellettuale si riversa sulle macchine delle nostre industrie,

sia che si guardino i pensieri fluiti nel mondo e in esso viventi nell’atmosfera razionale delle banche e della borsa.

 

In tutto questo vive il giovane Dioniso conformemente alla sua anima.

Essa si è riversata a poco a poco nel complesso della nostra civiltà terrena intellettuale,

dopo che egli aveva intrapreso il suo grande viaggio e dopo la sua morte.