Dualità nelle forze del macrocosmo

O.O. 129 – Meraviglie del creato – 25.08.1911


 

Quando iniziò l’evoluzione di Saturno, o meglio prima ancora che fosse iniziata,

la corrente eterica di tutta l’umanità e di ogni evoluzione terrestre cui abbiamo accennato è ancora una sola,

ed è nel momento in cui si inserisce l’evoluzione di Saturno che sorge il contrasto,

la DUALITÀ NELLE FORZE DEL MACROCOSMO.

 

Indicheremo ancora perché questo avvenne: ora vogliamo soltanto accennarvi.

Solo nel momento in cui iniziò l’evoluzione di Saturno si ebbe la dualità in tutto l’operare macrocosmico.

La mitologia greca allude a tale dualità rendendo l’antico Saturno,

o Crono come lo chiamavano gli antichi Greci, al contempo avversario di suo padre, Urano;

in tal modo essa indica di essere consapevole che all’origine vi era un’unità di tutte le forze macrocosmiche.

 

Quando tuttavia l’antico Saturno o Crono comincia a cristallizzarsi,

subito qualcosa si oppone a quanto è celato in Crono, si oppone all’evoluzione universale.

Sorge un contrasto, e volendo rimanere oggi a quel che è stato esposto, possiamo dire:

la totalità delle entità divino-spirituali che avevano allora dominato nell’evoluzione,

quando Saturno si inserì con il suo divenire, si spaccò in se stessa

e si ebbe allora una corrente evolutiva direttamente partecipe

di tutto quel che avviene attraverso Saturno, Sole e Luna fino alla nostra Terra,

e un’altra corrente accanto alla principale.

 

Usando un paragone grossolano, ci possiamo immaginare la corrente collaterale raffigurandoci il rapporto dell’aria, dell’atmosfera che come sostanza più fine circonda la terra, con le parti terrene più dense: l’acqua e la terra solida. Potremmo anche immaginare che su Saturno, sul Sole e sulla Luna vi sia stata un’evoluzione più densa, però sempre avvolta da una più sottile. Si potrebbe quasi immaginare che l’antico Saturno, l’antico Sole e l’antica Luna abbiano avuto nella loro stessa sostanza l’azione delle entità divino-spirituali, ma che alla periferia vi siano sempre state altre entità divino-spirituali che, da parte loro, circondavano le entità operanti direttamente in Saturno, Sole e Luna, così come l’aria circonda la terra.

 

Abbiamo indicato così due regni degli dèi o dello spirito, di cui

• uno prende parte a tutto in modo diretto, si occupa di tutto quel che in successione avviene su Saturno, Sole e Luna,

• mentre l’altra generazione, l’altra serie di dèi si tiene per così dire un po’ lontana,

interviene solo dall’esterno, in modo indiretto.

 

Dobbiamo ora farci un’idea di come si rapportano tra loro le due specie di dèi.

Prego adesso di osservare bene com’è il rapporto

• tra gli dèi che tutto abbracciano, che prendono parte direttamente all’evoluzione di Saturno, Sole e Luna,

• con gli altri dèi che per così dire aleggiano intorno al mondo nei suoi stadi successivi.

 

Si può pensare meglio la cosa osservando anzitutto l’uomo stesso.

Si prenda l’anima umana: essa pensa. Che cosa significa?

Che produce pensieri.

 

È un processo che si svolge in noi e che fa sì

• che da una parte siamo reali esseri animici

• e che dall’altra i nostri pensieri salgano di continuo quasi ad avvolgere l’anima.

 

L’essere umano, col suo pensare, anche come essere animico

è a un gradino dell’organizzazione del mondo ancora relativamente subalterno.

Le entità che ora chiamiamo dèi e che abbiamo diversificato in due correnti sono a un gradino molto superiore.

 

Si immagini che l’uomo sia in grado

• non solo di afferrare i suoi pensieri come semplici pensieri,

• ma che la sua anima sia tanto forte da far diventare subito entità quel che pensa,

che nascano come entità i nostri pensieri, che afferrando un pensiero esso ci stia davanti realmente.

Un pensiero (umano) rimane in certo modo nella cronaca dell’akasha,

ma non si densifica tanto che lo si possa avere davanti a sé come una realtà.

 

Si immagini che noi non pensassimo pensieri, ma che producessimo con ogni pensiero un’entità.

Capiremmo allora che cosa accade nel mondo divino-spirituale.

Gli dèi che vivevano in meravigliosa armonia e unità e che esistevano prima dell’antico Saturno,

rappresentarono se stessi: pensarono.

Solo che i loro pensieri non erano come i pensieri umani,

che si devono dire irreali, ma erano entità, erano altri dèi.

Abbiamo così

• generazioni di dèi che in origine sono per forza propria nella loro realtà,

• e altre che sono semplicemente le rappresentazioni reali

degli dèi direttamente legati a Saturno, Sole e Luna;

sono entità divine che per così dire aleggiano intorno al mondo nelle sue evoluzioni di Saturno, Sole e Luna.

 

Si hanno dunque due generazioni di dèi.

Una di esse è il mondo di rappresentazione dell’altra,

si rapporta all’altra proprio come i nostri pensieri si rapportano alla nostra reale esistenza animica.

 

Come abbiamo finora chiamato gli dèi che in realtà sono solo i pensieri degli altri?

In base ad alcune loro caratteristiche, li abbiamo chiamati finora entità luciferiche

e, in un ambito più esteso, dobbiamo annoverare tra di loro tutte quelle di cui si può dire

che gli dèi originari avevano bisogno di pensare se stessi per autoconoscersi.

• Per questo si posero di fronte le entità luciferiche, pensieri cosmici o esseri-pensieri,

così come oggi i pensieri umani si contrappongono all’uomo.

 

E come in sostanza l’uomo si riconosce solo nei suoi pensieri,

così gli dèi originari impararono a conoscersi in Lucifero e nelle sue schiere.

• Potremmo esprimere la cosa anche in altro modo, dicendo

che le entità che erano in realtà solo i pensieri delle altre

rimasero sempre indietro rispetto alla restante evoluzione.

 

Gli dèi progredienti lasciarono per così dire indietro qualcosa di sé

in modo da poterlo guardare e potersi contemplare nello specchio espulso dalla loro stessa sostanza,

così come nella vita reale ci si può riconoscere solo in uno specchio.

Le entità luciferiche sono dunque entità rimaste indietro, emesse dagli dèi progredienti, e presenti

affinché gli dèi avessero uno specchio di autoconoscenza.

 

In un certo senso quanto accade in noi, nella nostra anima,

è in forma microcosmica senz’altro un’immagine del macrocosmo.

Ma quel che nel macrocosmo è preformato in un certo modo è presente in noi a rovescio.

 

Nel nostro microcosmo portiamo un’immagine della divisione fra gli dèi,

fra le generazioni degli dèi, di cui • una è originaria 

• e l’altra è costituita da una serie di entità generate dalle prime e presente affinché queste possano pensarsi.

Se ne può dedurre che ci deve essere una grande differenza tra queste due generazioni divine;

e la differenza ci si mostra in modo molto chiaro perché

tutto il nostro complessivo sé, con tutto quanto in noi è INCONSCIO

e da cui proviene anche il nostro organismo corporeo,

discende dalla generazione degli DÈI ORIGINARI.

 

• Quanto invece sperimentiamo con la nostra COSCIENZA ed è sotto il dominio della ordinaria coscienza quotidiana,

si origina dalla generazione degli dèi che sono soltanto I PENSIERI DI QUELLI ORIGINARI.

Quel che costituisce la nostra entità entra in noi da due lati.

 

• Il complesso della nostra organizzazione, con tutto il subcosciente, proviene dalla generazione degli dèi originari.

• Ciò di cui siamo consapevoli viene dall’altro lato,

dalla generazione degli dèi che soltanto aleggiavano intorno all’antico Saturno, al Sole e alla Luna.

 

Per questo, quando ci occupiamo della nostra vita di pensiero, avvertiamo che in un senso superiore

il pensiero stesso è per così dire solo il figlio più giovane di una generazione di dèi,

e percepiamo la non-realtà della vita della nostra coscienza, il suo rapido passare in forma di pensieri.

 

Questa verità si schiudeva anche ai discepoli dei misteri greci,

quando veniva loro chiarito che in tutto il divenire vivono vaste correnti divine

e che, senza che ne siamo coscienti, entrano in noi con tutto il loro essere,

mentre ce ne sono altre che rileva solo la coscienza normale.

 

Diventava così chiaro al discepolo greco che doveva prescindere dalla coscienza normale

e volgersi agli antichi dèi che venivano anche chiamati inferi e alla cui natura partecipava Dioniso.

Solo così egli poteva giungere alla conoscenza del vero essere dell’uomo.

 

All’interno dell’evoluzione terrestre vi è soltanto una cosa tramite cui può entrare in noi un elemento del tutto nuovo della chiaroveggenza, ma anche un nuovo elemento, dell’anima e dell’agire, compenetrato da forze occulte.

 

In realtà avvenne che, fino a un certo momento,

della corrente divina aleggiante sull’evoluzione di Saturno, Sole e Luna

poté entrare per la vita umana solo quanto ho caratterizzato e fluì nella coscienza umana dall’esterno,

senza che l’uomo per così dire scendesse nella sua interiorità, nella regione degli dèi inferiori.

Vi fluì soltanto quel che mai poté giungere a vera realtà del mondo.

 

Attraverso la conoscenza oggettiva  non si poté mai giungere alla vera realtà del mondo,

perché a tal fine, a quanto giunse dall’esterno nella nostra coscienza ordinaria

nei lunghi periodi di Saturno, Sole e Luna,

avrebbe dovuto mescolarsi qualcosa che non è solo vita di pensiero degli dèi inferi, ma una realtà;

qualcosa che agisce come se, all’improvviso, ciò che altrimenti è solo nostra irreale vita di pensiero

e che sempre ci sta davanti, venisse trasudato dall’anima,

e per un momento venisse afferrato da una realtà sostanziale al punto che un pensiero particolarmente caro

potesse fermarsi e fosse accanto a noi come la nostra stessa anima, come una realtà.

 

Dovrebbe accadere qualcosa del genere se gli dèi aleggianti alla periferia agissero come operarono nel corso dei tempi

le correnti divine che, attraverso il sé, intervennero fin nella nostra organizzazione corporea.

• Dall’esterno doveva fluire a noi dal mondo spirituale

qualcosa che significa quasi un rinnovamento, un risorgere, una reviviscenza

di ciò che ci strutturò e si trasferì poi nelle profondità della nostra coscienza.

 

Il Cristo, che col battesimo di Giovanni nel Giordano entrò nel corpo di Gesù di Nazareth,

in un dato momento si inserì nella generazione degli dèi che aleggiano alla periferia.

 

Con il Cristo entra nella vita fisica un’entità divina

per la stessa via che dovettero percorrere per la vita terrena gli dèi

che in realtà prima erano solo esseri pensati dagli altri dèi.

 

Ora però entra per la prima volta un’entità reale

che non è nello stesso senso soltanto pensiero degli altri dèi,

ma che è indipendente, ha una sostanza autonoma.

 

Dallo spazio cosmico, in cui prima avevano vissuto solo i pensieri degli altri dèi,

viene ora un pensiero divino che è reale. Come poté avvenire?

 

Fu possibile perché l’evento significativo del battesimo nel Giordano

ebbe una lunga preparazione nell’ambito di tutto il nostro divenire umano,

attraverso Saturno, Sole e Luna.

 

Quanto avvenne sulle rive del Giordano e più tardi attraverso il mistero del Golgota

è l’effetto di un altro importante evento che si svolse in un passato lontanissimo;

lo dobbiamo collocare al tempo dell’antica evoluzione del Sole.

 

Nell’evoluzione, così come si è svolta finora, abbiamo dunque gli stadi di Saturno, del Sole, della Luna e della Terra.

Durante l’evoluzione della Terra sperimentiamo il mistero del Golgota e il battesimo nel Giordano.

Dalla cronaca dell’akasha ricaviamo un altro evento significativo,

svoltosi durante l’evoluzione del Sole, che è da caratterizzare nel modo seguente.

 

A quel tempo era molto avanti un processo del quale si può dire:

gli dèi che sono in alto erano i pensieri degli dèi che sono in basso ed erano da essi dipendenti.

Tuttavia gli dèi che sono in alto, se mi è permesso esprimermi in modo banale,

trovarono più consono al loro essere vivere nell’elemento leggero dei mondi superiori,

piuttosto che nell’elemento più denso dal quale si stava formando la Terra.

 

Nel corso dell’evoluzione solare avvenne la separazione tra le due generazioni di dèi:

l’una si dispose a continuare a vivere come i veri dèi antichi con gli elementi terra, acqua e aria,

l’altra trovò troppo difficile trasferirsi in questi elementi più densi

e continuò a vivere in quelli che chiamiamo gli elementi eterici,

anzitutto col calore, poi con la luce e con l’etere chimico o della vita.

 

Possiamo indicare queste due correnti divine che procedono parallele

anche dicendo che una sceglie la via più difficile, quella di attraversare gli elementi più densi,

mentre l’altra sceglie la via più facile, quasi sfarfalleggiando intorno agli altri dèi nell’etere chimico e della vita,

e formando da esso i propri corpi.

 

Di conseguenza tutto quanto vive nei più fini elementi eterici

sviluppa forze che alla lunga possono vivere appunto solo negli elementi più sottili.

Questo accade in sostanza durante l’evoluzione dell’antico Sole.

All’incirca a metà dell’evoluzione solare accade il fatto grandioso e possente

che un’entità sviluppò forze che erano in contrasto con gli elementi eterici più fini, più sottili.

 

Di fronte al mistero del Golgota, il grande sacrificio sulla Terra,

si può parlare di un sacrificio sul Sole, vale a dire che un’entità scelse

di soggiornare tra gli dèi che volevano vivere solo negli elementi più fini,

ma sviluppò forze così dense da stare all’altezza degli elementi terrestri.

 

Così, dal tempo dell’evoluzione solare, fra le entità in fondo attrezzate con le forze solo per l’eterico,

abbiamo un’entità che all’interno dell’etere cosmico

è intimamente affine all’elemento terrestre.

Fin dall’evoluzione del Sole essa attese il momento giusto per guidare verso la Terra stessa le forze da lei formate.

 

Fu un grande merito di Zarathustra l’aver riconosciuto che nel sole era rimasto qualcosa dell’antico Sole.

Quell’entità era ancora sul Sole ma si avvicinava il momento

in cui avrebbe portato anche sulla terra la sua figura adeguata agli elementi terrestri.

 

Venne poi il momento in cui l’umanità, pur non essendo ancora matura per riconoscere quell’entità inserita nel mondo eterico, ne riconobbe però l’immagine riflessa. Fu una preparazione. E così, per motivi che saranno esposti domani, nel corso dell’evoluzione quell’entità si mostrò all’umanità non ancora nella sua realtà, ma in un’immagine riflessa che si può caratterizzare dicendo che si rapporta alla realtà di cui è immagine come la luce lunare, che è luce solare riflessa, si rapporta alla diretta luce del sole.

 

L’entità che durante l’antica evoluzione solare si era preparata alla grandiosa azione del Golgota, venne mostrata agli uomini all’inizio nella sua immagine riflessa, che l’antico popolo ebraico chiamò Jahve o Jehova.

Questi è il Cristo riflesso, è in fondo la stessa realtà del Cristo, solo come immagine riflessa, preannunciata in modo profetico, preannunziata fino a quando poté giungere il tempo in cui il Cristo si mostrò nella sua vera figura, nella sua immagine originaria e non solo in quella riflessa.

 

Si vede così che l’evento più importante per la terra fu preformato sull’antico Sole, e che l’umanità fu preparata al Cristo attraverso l’antico popolo ebraico. Vediamo l’entità che un tempo nell’evoluzione terrestre andò verso il Sole scendere di nuovo e venir mostrata all’uomo prima in un’immagine riflessa, quasi in una rappresentazione.

 

Come gli dèi in alto si rapportano a quelli in basso,

così Jahve o Jehova è la rappresentazione del Cristo reale

ed è del tutto uguale a Lui, per chi comprende le cose.

 

Sotto un certo aspetto si può perciò parlare di Jehova-Cristo,

così cogliendo anche il vero senso dei Vangeli, quando ci viene comunicato

che il Cristo stesso disse: se volete conoscermi, dovete sapere anche

che Mosè e i profeti parlarono di me.

 

Il Cristo sapeva bene

che, quando nei tempi antichi si parlava di Jahve o di Jehova, si parlava di Lui

e che tutto quel che si diceva di Jahve si rapportava a Lui,

come l’immagine riflessa si rapporta alla sua realtà.