Esercizi della volontà.

O.O. 82 – Cultura e antroposofia – 10.04.1922


 

….. Nella vita corrente si impiega nel modo più elementare la completa volontà quando si cammina, si afferra, ci si muove, in generale quando si fa qualcosa, quando si compiono azioni. Sin tanto che nella vita si sviluppa la volontà solo interiormente, esiste in realtà solo un desiderio e non una volontà. Una vera volontà è sempre legata a un processo organico, potrei anche dire a un processo di combustione. La vera compiuta volontà in effetti modifica l’organismo, è legata nell’organismo col processo del ricambio.

 

Ma in che posizione ci troviamo rispetto alla volontà abituale? Siamo nella condizione di non saperne proprio nulla. Gli impulsi volitivi si svolgono in noi, noi guardiamo nella nostra interiorità, ma siamo impenetrabili animicamente riguardo ad essi. Riguardo alla volontà guardiamo nell’oscurità. Possiamo però illuminarla. Possiamo renderci animicamente trasparenti. Occorre tuttavia molta pazienza, perché ora dobbiamo continuare gli esercizi per un lungo periodo di tempo. Vorrei ora presentare un esercizio semplice; altri più complicati si trovano di nuovo nei miei libri già citati.

 

Vediamo dunque un semplice esercizio: ho ad esempio l’abitudine di scrivere in un certo modo, ho la mia calligrafia. Quando si è avanti con gli anni non ci si abitua volentieri a un’altra calligrafia: costa fatica, richiede un interiore superamento. Lo scrivere è qualcosa che è in noi, anche se si manifesta verso l’esterno. Però tutti i processi volitivi per modificare la calligrafia si svolgono nell’interiorità. A parte che anche per ragioni esteriori non vorrei ora consigliare di fare questo esercizio in modo troppo radicale, intendevo solo rendere evidente il processo e non dare consigli per falsificare calligrafie.

 

La volontà diverrebbe trasparente se si arrivasse a rafforzarla

al punto da modificare qualcosa di radicato in noi,

come ad esempio la calligrafia o anche altre abitudini,

se in breve ci si modificasse totalmente grazie a un’interiore coscienza,

a esercizi della volontà. Occorrono comunque anni.

 

È specialmente bene proporsi di acquisire determinate caratteristiche che si stimano belle ma che non si hanno, se cioè ad esempio ci si propone di impiegare i prossimi otto anni per educare in sé con gran forza certe qualità che non si hanno, determinati modi di comportarsi.

 

Quel che dico sembra facile, ma va detto con Goethe: «La cosa è facilissima, eppur difficile». Chi fa questi esercizi vedrà che è difficile volgere in questo modo la volontà in un’altra direzione con una forte autoeducazione. In breve, applicare all’evoluzione della propria volontà ciò che si sperimenta solo nei momenti in cui la volontà è piena, in cui si manifesta all’esterno nell’azione, grazie a questi esercizi ci porta a vedere veramente in noi, a renderci del tutto trasparenti riguardo alla volontà; maggiori precisazioni si trovano nei miei libri già citati.

 

Con un esempio vorrei cercare di chiarire che cosa si consegue. Grazie a che cosa noi vediamo con gli occhi? Solo perché l’occhio è oggettivo, perché non fa valere la propria sostanzialità, perché è trasparente. Quando in parte l’occhio abbandonasse la propria oggettività e volesse imporsi, non ci servirebbe più per vedere. Deve appunto rinunciare a se stesso. Non affermo che per la vita corrente il nostro corpo fisico sia ammalato e diventi sano grazie agli esercizi. Non è così.

 

Per la vita corrente e per la scienza il corpo è naturalmente sano,

ma non è adatto alle percezioni soprasensibili, e va quindi trasformato.

Però non rimane sempre trasformato.

Gli rimane sempre accanto l’uomo normale col suo sano intelletto.

 

Non si tratta di trasferirsi in un altro uomo, della sparizione del sano uomo corrente.

Entrambe, la personalità evoluta e quella originaria col suo sano intelletto,

rimangono una accanto all’altra, così che l’ultima possa controllare la prima.

 

Però per la coscienza superiore, che già deve essere vuota,

arriviamo a che il corpo non esista più per le percezioni animiche.

Per così dire vediamo attraverso il nostro corpo, vediamo come in noi agisce la volontà.

 

La scienza corrente non vede come operi la volontà.

Per questo si ipotizza che vi siano nervi motori. Non si sa che la volontà è diretta.

 

Oggi abbiamo detto che la vera scoperta della realtà potrà esser fatta

quando si sarà arrivati a rendersi trasparenti animicamente e spiritualmente

come lo è un organo sensorio, ad esempio rocchio per la luce,

in modo che tutto l’uomo diventi organo di senso.

 

• Come anzitutto, grazie al pensare rafforzato, diveniamo liberi

e perveniamo prima al corpo eterico e poi a quello astrale prima della nascita,

• così ora, avendo educato la volontà, impariamo a conoscere l’altro lato del nostro essere eterno.

 

• Avendo reso trasparente il corpo fisico, siamo in grado di richiamare davanti alla

nostra anima il quadro di che cosa avviene di noi al momento della morte, e dico espressamente il “quadro”.

• In quel punto lasciamo il corpo fisico che viene abbandonato agli elementi fisici,

mentre la parte animico-spirituale va nel mondo spirituale.

• Si percepisce il momento del passaggio attraverso la porta della morte

nel momento in cui il nostro corpo fisico diventa animicamente trasparente.

 

Con la conoscenza intuitiva, il terzo gradino della conoscenza soprasensibile,

il nostro corpo fisico diviene trasparente, e di conseguenza ci conosciamo

nella condizione in cui saremo dopo la morte, quando non avremo più il corpo fisico.

• Possiamo infatti ora prescindere dal corpo fisico

poiché ci siamo elevati al terzo gradino della conoscenza, a quello intuitivo.

• Ora conosciamo l’altro lato dell’eternità dell’anima, conosciamo l’immortalità per visione diretta.

 

L’antroposofia non è una speculazione filosofica. Per conoscere l’immortalità non parte dalla coscienza ordinaria, ma comincia a risvegliare le capacità che sonnecchiano nell’anima delle quali ci si può rendere conto grazie alla modestia intellettuale, per elevarsi alla veggenza del mondo spirituale.

Si impara così a conoscere spiritualmente l’universo e il proprio essere eterno.

 

Si conoscono questi due lati nel proprio essere, e

• da un lato si sa come sia l’uomo fra nascita e morte

quando la sua parte animica è nascosta dai processi corporei;

• dall’altro si conosce la vita spirituale-animica che sviluppiamo

quando siamo al di fuori del corpo prima della nascita o dopo la morte;

abbiamo così anche un’idea del nostro vero io.

• Impariamo infine a conoscere che cosa passa attraverso le ripetute vite terrene.

 

Domani parlerò ancora di questo importante risultato della ricerca antroposofica, delle ripetute vite terrene.

 

La via della conoscenza soprasensibile, la via della ricerca antroposofica

consiste dunque in un primo tempo

• nell’arrivare, grazie alla conoscenza immaginativa, al mondo delle forze formative,

e nel riconoscere la parte soprasensibile che è in noi già nella usuale vita fisica,

il corpo cioè delle forze formative.

• Salendo poi alla conoscenza ispirativa si conosce il corpo astrale, vale a dire il corpo animico;

• conosciamo infine anche l’io umano che entra nel corpo e di nuovo ne esce attraverso la morte.

Si entra ora in un concreto mondo spirituale, in un mondo di entità spirituali.

 

Quello infatti che, come mondo spirituale per il quale abbiamo formato gli organi, ora conosciamo con la coscienza vuota ma sveglia è un mondo nel quale vivono entità spirituali accanto alla nostra entità spirituale, al nostro essere spirituale-animico.

Così si guarda in un mondo spirituale e si è consci che per esaminarlo occorre sviluppare quei tre gradini della conoscenza soprasensibile, occorre liberare dall’anima la conoscenza immaginativa, quella ispirativa e quella intuitiva. Si susseguono l’una all’altra, si differenziano in tre gradini ove come entità spirituali si intenda conoscere il cosmo nel suo contenuto spirituale.

 

Se ne ha già una prima impressione indagando il mondo morale nella sua vera essenza. Anche se solo per gli impulsi morali, in sostanza si arriva ad essere nello stesso mondo nel quale si è a seguito delle forme di conoscenza immaginativa, ispirativa e intuitiva.

Per così dire quel mondo esiste allora solo per l’elemento morale, per gli impulsi morali. Li si trova comunque dopo esser passati per immaginazione, ispirazione e intuizione.

 

A noi uomini sulla terra è dato tuttavia di poter vedere con l’occhio dello spirito

la natura soprasensibile del mondo spirituale con la coscienza usuale

già nel mondo morale di cui abbiamo bisogno nella vita terrena.

 

Chi comprenda la vera esistenza della natura soprasensibile del mondo morale

e giustamente sviluppi la cosmologia e l’antropologia che qui apprende in modo elementare,

può salire a una vera veggenza spirituale;

gli si presentano allora le strutture spirituali, la vita interiore spirituale di altri esseri spirituali

e il suo essere contessuto nel mondo spirituale, come qui siamo intessuti negli altri regni della natura;

gli si presenta cioè all’occhio dello spirito anche il suo essere eterno animico.

• È quello che si può conseguire con la mia Filosofia della libertà,

se non la si studia solo come teoria ma la si sperimenta veramente.

 

Avviene la stessa cosa quando si leggono gli assiomi di Euclide sulla prima pagina di un libro di geometria e si acquisisce il concetto di quel che seguirà. Come tutta la geometria deriva da quegli assiomi, esiste così come un assioma, a seguito di una vera comprensione del mondo morale, il mondo spirituale con le sue entità.

 

Tuttavia nessuno deve credere di conoscere la natura del mondo spirituale,

se conosce soltanto quella degli impulsi morali.

Conosce allora solo il suo aspetto assiomatico, elementare.

 

I metodi di ricerca così descritti per i mondi soprasensibili oggi sono tuttavia qualcosa di estraneo per la maggior parte della gente. Chi però si occupa di questi problemi si chiede: quante cose esistono nella vita culturale odierna che all’inizio risultavano estranee e che in seguito sono diventate del tutto naturali? È sufficiente conoscere veramente la vita culturale dell’umanità per dirsi che oggi la maggior parte degli uomini vede quel che è stato detto come qualcosa di assurdo, ridicolo, comico. Verrà però un tempo in cui sarà visto come naturale, proprio come il sistema copernicano fu visto all’inizio come una curiosità per diventare poi ovvio. Pure si sentirà che davvero l’antroposofia non intende essere in opposizione alla giusta scienza e a tutte le scienze del presente, e proprio le sensazioni sono quanto di più importante deve derivare dalla concezione antroposofica del mondo. Che cosa in sostanza essa vuol essere? La domanda dovrebbe risultare proprio da quel che ho esposto oggi in merito ai metodi antroposofici di ricerca: che cosa intende essere l’antroposofìa, anche rispetto alle altre scienze e alla vita universale umana? che cosa vuol essere in definitiva?

 

Se abbiamo qualcuno davanti a noi, vediamo il suo volto, la sua fisionomia, il suo incedere, i suoi movimenti e i suoi gesti, ma non siamo soddisfatti osservando solo il suo incedere, il suo volto e tutto il resto. Vediamo tutto ciò come il suo aspetto esterno, ma ne abbiamo una completa partecipazione solo aggiungendo all’aspetto esterno l’esperienza della sua parte spirituale-animica, della sua anima che traspare dal suo aspetto e dai suoi movimenti. Se comprendiamo giustamente le cose, anche nella scienza ufficiale abbiamo la fisionomia esteriore della natura e dell’essere umano. Come non si nega che l’uomo debba essere guardato con i sensi anche nella sua veste esteriore, quando se ne voglia sperimentare l’anima, così non bisogna negare che attraverso la scienza possa esser descritta e compresa la fisionomia della natura e dell’essere umano, ove si stimi valido che dietro a tutto ciò vi sia l’anima della natura, l’anima del cosmo.

 

Come quindi una persona sensata, riconoscendo l’anima di un uomo, non ne nega il suo corpo, il suo aspetto e la sua fisionomia, così l’antroposofo non nega la scienza ufficiale. Al contrario vi si inserisce appieno. Vorrebbe soltanto che come l’uomo ha l’anima entro il suo corpo fisico, anche la scienza avesse un’anima per l’ulteriore evoluzione dell’umanità. Stima che anch’essa abbia bisogno dell’anima. L’antroposofia non intende dunque opporsi allo spirito scientifico di oggi, ma vorrebbe diventarne l’anima per il futuro.