Esercizi yoga e del pensiero in Grecia. Le sette arti liberali del medioevo.

O.O. 82 – Cultura e antroposofia – 08.04.1922


 

Se andiamo indietro nell’evoluzione dell’umanità non troviamo sempre lo stesso atteggiamento animico che abbiamo ora. Oggi abbiamo l’atteggiamento che per così dire vede come un massimo ideale la formazione dello spirito scientifico. Se risaliamo all’antico Oriente, e non occorre arrivare fino ai tempi più lontani dell’antica India, vediamo conservati i principi di conoscenza validi in precedenza. Il cammino della conoscenza era allora del tutto diverso da oggi. In quegli antichi tempi, e persino la storia del linguaggio lo può confermare, guardando in se stesso l’uomo non si vedeva come noi ci vediamo oggi, da un lato con la nostra autocoscienza ben radicata nel pensare, e dall’altro con la comprensione della meccanica ottenuta con l’osservazione. L’uomo dell’Oriente non poteva ad esempio sentire in questo nostro modo. Come ho detto può confermarlo persino la storia del linguaggio.

 

L’uomo dell’Oriente si sentiva prima di tutto come un essere che respira. Guardava al processo respiratorio soprattutto per l’autoconoscenza, l’osservazione di se stesso; collegava persino l’immortalità col processo respiratorio: il presentarsi della morte era visto come una specie di espirazione dell’anima. L’uomo era un essere respirante! Perché con quell’antico atteggiamento animico si sentiva l’uomo come un essere che respirava? Perché veramente si avvertiva la vita nel processo respiratorio, nell’inspirazione e nell’espirazione, che non si svolgeva nell’inconscio come oggi. Nel respiro si sentivano le vibrazioni, il ritmo della vita. Il respiro era qualcosa che si avvertiva come oggi si avverte la fame e la sete. Nello stato di veglia il processo respiratorio era sentito di continuo: guardando con gli occhi si sapeva che ora il processo respiratorio arrivava fino alla testa, fino agli occhi. Il guardare era sentito come compenetrato dal processo respiratorio.

 

Così era per la volontà. Lo stendere della mano era sentito come qualcosa di collegato ai movimenti della respirazione. Si avvertiva il diffondersi del respiro in tutto il corpo come un interiore processo vitale. Sia la più teorica osservazione del mondo esterno attraverso i sensi, sia gli impulsi volitivi erano sentiti come animati dal respiro. L’uomo si sentiva come un essere del respiro. Poiché in sostanza si sentiva in quel modo, poiché poteva dirsi che il suo respiro era così modificato in quanto vedeva con gli occhi, udiva con le orecchie e percepiva gli effetti del calore, poiché dappertutto vedeva nelle sensazioni sensorie i processi del respiro differenziati, modificati, metamorfosati e affinati, per lui anche la via di conoscenza era una normale educazione del processo respiratorio.

 

In quelle antiche epoche dell’evoluzione conoscitiva umana tutto ciò corrispondeva ai nostri studi universitari. Oggi noi studiamo in modo diverso. Allora, quando si volevano raggiungere soddisfazioni religiose o nuove conoscenze, si studiava trasformando adeguatamente il processo respiratorio, educando in altre parole ciò che più tardi venne chiamato il respiro yoga, gli esercizi yoga. Che cosa veniva educato? Osservando a che cosa perveniva chi esercitava il respiro yoga per salire a più elevati gradini di conoscenza, si trova qualcosa di particolare.

 

Quelli che grazie agli esercizi yoga diventavano dotti (l’espressione è impropria se applicata a quelle antiche condizioni, ma la si può forse usare, e anche lo studio era altrettanto lungo quanto i nostri corsi universitari), quelli dunque che diventavano dotti in quel modo avevano con quella conoscenza qualcosa nel loro atteggiamento animico che in tempi successivi, ad esempio nel periodo greco-latino, era visto come il mondo delle idee e che poi si presentò quasi spontaneamente: così era il nuovo atteggiamento animico umano, e non erano più necessari gli esercizi yoga.

 

• È interessante rilevare

che ciò verso cui in tempi precedenti l’uomo tendeva con ogni sorta di esercizi,

si presenta più tardi da solo nell’evoluzione,

ma non ha più lo stesso significato che aveva in precedenza.

• Quando erano attivi Socrate e Platone, la loro filosofia non aveva più il significato

che avrebbe potuto avere per un discepolo o un maestro yoga,

se essi fossero arrivati alle verità socratiche o platoniche.

Il discepolo yoga col suo respiro yoga non era organizzato allo stesso modo,

ma nel suo atteggiamento animico era come Platone, Aristotele o Scoto Eriugena.

 

Vediamo così ciò verso cui si tendeva in tempi antichissimi con gli esercizi regolati del processo del respiro, e vediamo anche che la conclusione del cammino di conoscenza fu un evidente mondo concettuale.

Si ha in effetti una giusta idea di quanto viveva in Eraclito, in Parmenide e in Anassagora dicendosi che quanto allora era ovvio per gli uomini veniva conseguito in tempi ancora precedenti con lo yoga. Erano sempre esercizi grazie ai quali in ogni epoca si tendeva a conoscenze superiori. In tempi successivi esisteva quindi una visione del mondo per cui non si percepiva più il respiro, guardando in se stessi, ma in cui si percepiva come lo facevano i Greci.

 

Nel mio libro Gli enigmi della filosofia mi sono dilungato su questo argomento. In Grecia la situazione era ancora tale per cui non ci si facevano speciali pensieri sul mondo, ma le idee erano unite con le esperienze dei sensi: si vedevano i pensieri come si vedevano il rosso o l’azzurro, come si udivano le note musicali. I pensieri erano fuori nel mondo. Soltanto sapendo questo si capisce la concezione greca del mondo. Si percepiva lo spirito compenetrato di percezioni sensorie o percezioni sensorie compenetrate di spirito, e non più le differenze del processo respiratorio.

 

Di nuovo l’umanità tese poi a raggiungere un gradino superiore della conoscenza in tutti i campi in cui si tendeva appunto a tali conoscenze. Anche questo gradino fu raggiunto grazie a esercizi. Oggi si hanno idee piuttosto imprecise in merito al periodo dell’alto medioevo, alla vita spirituale di quel tempo. Lo studente del medioevo non tendeva a un apprendimento astratto, come avviene oggi. Doveva fare anche esercizi, e l’apprendimento normale era appunto legato alla pratica degli esercizi. Si doveva seguire una determinata pratica interiore, non così precisa come la respirazione nello yoga; era una pratica indirizzata piuttosto all’interiorità, ma pur sempre una pratica. Se ne è conservato un riflesso, oggi poco compreso, in quelle che nel medioevo si chiamavano le sette arti liberali; doveva seguirle chi voleva raggiungere una conoscenza superiore.

Vi erano comprese:

• la grammatica, cioè l’uso pratico del linguaggio,

• la retorica, che non si limitava all’uso del linguaggio ma richiedeva una bella forma dello stesso,

• la dialettica, cioè l’uso del linguaggio compenetrato dall’intima forza del pensiero.

 

Dopo aver praticato queste tre arti in esercizi interiori, veniva poi

• l’aritmetica, non quella nostra astratta, ma un’aritmetica che si immedesimava nelle cose,

che aveva una precisa coscienza che l’uomo costruisce tutto interiormente.

 

• Si praticava in modo altrettanto interiore la geometria:

nella pratica veniva svolta come fosse una caratteristica dell’uomo, per il suo uso.

• Il tutto sfociava in quella che veniva chiamata astronomia.

L’uomo inseriva il suo essere nel cosmo:

imparava come il capo si riferisca al cosmo, come i polmoni e il cuore siano il risultato del cosmo.

Non si aveva un’astronomia staccata dall’uomo, ma un’astronomia nella quale l’uomo era inserito.

 

• Al settimo gradino, che si indicava come musica,

si apprendeva il tessere e l’operare dell’essere divino che compenetra il mondo;

non era tuttavia la nostra musica, ma un perfezionamento superiore e vivente

di quanto era stato pensato con l’astronomia.

 

Così in tempi successivi l’uomo si esercitava in una pratica interiore.

Quelli che prima erano stati esercizi di respirazione, era ora piuttosto una pratica interiore dell’anima.

Che cosa si raggiunse?

Nel corso della storia della civiltà umana si arrivò a separare i pensieri dalle percezioni sensorie,

e questo andava prima conquistato.

I Greci vedevano ancora nel mondo i pensieri, come si vedono i colori e si odono i suoni.

 

Il risultato di esercitarsi nella grammatica, nella retorica e così via fino alla musica

è che il pensiero venne concepito come qualcosa prodotto dall’uomo, come qualcosa che non è insito nelle cose,

qualcosa che era sentito in un atteggiamento dell’anima e che ora è sperimentato in modo diverso.

• Il pensiero venne così separato dalle cose, si imparò a muoversi con libertà nei pensieri.

 

Alla fine venne così raggiunto ciò che oggi è per noi tanto ovvio, che raggiungiamo senza quegli esercizi e che ora troviamo arrivando nelle nostre scuole, ciò che viene suggerito nelle singole scienze, come ieri abbiamo visto.

 

Come dunque nelle epoche precedenti si dovette progredire grazie agli esercizi

(nei tempi più antichi con gli esercizi yoga del respiro,

in seguito con gli esercizi che si svolgevano dalla grammatica fino alla musica,

in modo che dagli esercizi yoga del respiro divenne ovvia la concezione greco-latina del mondo,

e dagli esercizi che andavano dalla grammatica alla musica

divenne altrettanto ovvia l’odierna concezione scientifica),

così il processo può continuare nel modo migliore partendo dalla via più sicura,

dalla matematica, che oggi è riconosciuta come la più sicura.

 

E per quanto sia apparso strano a quello scrittore, è vero quel che dissi e cioè che portai a coscienza il processo di chiaroveggenza soprattutto con la geometria sintetica. Certo non è che chi studia la geometria sintetica sia chiaroveggente, ma in quel modo il processo diviene evidente. Per quanto risultasse strano a quello scrittore che non gli venisse raccontato, che non gli venisse detto qualcosa che viene invece raccontato da chi predice l’avvenire, pure è vero che oggi l’antroposofia parte da punti certi della scienza per svilupparli ulteriormente, per introdurre nelle sfere del soprasensibile la sicura scienza esistente, sulle basi che essa stessa si è data. Di conseguenza dobbiamo ulteriormente interiorizzare il processo.