Esperienze di sonno dell’anima

O.O. 215 – Filosofia, Cosmologia e Religione – 10.09.1922


 

In tempi recenti è emersa l’idea dell’inconscio e di essa molto si parla nella psicologia. Si attribuisce alla regione dell’inconscio tutto ciò che nella vita animica dell’uomo non viene afferrato, non viene osservato o non viene spiegato dalla coscienza ordinaria. Senonché, parlare dell’inconscio significa presupporre che ciò che si ritiene dover rimanere sconosciuto contiene forze che agiscono nella vita cosciente.

 

L’emergere di questa idea dell’inconscio è dovuta esclusivamente a un certo scetticismo recente, o addirittura a un senso di impotenza nei confronti dei veri problemi filosofici, cosmologici e religiosi. Ora, la conoscenza immaginativa, ispirativa e intuitiva che qui si è descritta, ha proprio il compito di penetrare in quell’indistinto serbatoio che la scienza più moderna nomina così spesso come «inconscio».

 

Questa conoscenza soprasensibile si propone appunto di esplorare i fatti concreti che sono inaccessibili alla coscienza ordinaria, mediante il conseguimento di altri stati di coscienza nei quali diverso è l’atteggiamento dell’anima e quindi anche diversa la facoltà di percezione. Oggi vorrei esporre un esempio di una tale indagine di una sfera inconscia dell’anima, e precisamente le esperienze che l’anima umana fa durante il sonno, fra l’addormentarsi e il risveglio.

 

Per la coscienza ordinaria tutto ciò che avviene per l’anima umana nello stato di sonno, rimane realmente qualcosa di incosciente. Non bisogna però credere che le esperienze dell’anima durante il sonno siano meno importanti, meno decisive delle esperienze fatte nella coscienza di veglia. Certo, per la vita terrena esteriore, per la nostra attività, per il progresso materiale dell’umanità ha importanza preminente la vita diurna di veglia.

Per la configurazione interna e il divenire della propria interiorità umana hanno importanza maggiore le ricche esperienze dello stato di sonno.

Anche se rimangono inconsce, esse sono ugualmente reali, e i loro effetti si proiettano entro la vita diurna di veglia.

 

Dagli effetti della vita nel sonno non è influenzato solo lo stato d’animo generale dell’uomo, durante la veglia, ma ne risentono anche l’organismo fisico e quello eterico, che sono, come si è detto, compenetrati dalle forze dell’organismo astrale e dal vero organismo spirituale, cioè dall’io.

Per la coscienza ordinaria i fenomeni si presentano così: la percezione sensoriale esterna va affievolendosi, poi si spegne del tutto; si estingue anche la vita del pensare, del sentire e del volere, con l’eccezione di quello stadio di transizione in cui si verificano i sogni; poi l’uomo cade in uno stato di incoscienza completa.

Senonché occorre sottolineare che durante questo stato di incoscienza l’anima fa delle esperienze assolutamente reali; e ciò che in questo campo rimane inconscio per la coscienza ordinaria può invece venire illuminato dalla conoscenza immaginativa, ispirativa e intuitiva.

 

Vorrei quindi ora descrivere almeno in modo sommario le esperienze dell’anima durante lo stato di sonno, esperienze che rimangono inconsce; le descriverò come l’immaginazione, l’ispirazione e l’intuizione possono osservare ciò che rimane inconscio per la coscienza ordinaria. Descriverò dunque le esperienze dell’anima fra l’addormentarsi e il risveglio come se fossero fatte coscientemente, in quanto la conoscenza superiore le sperimenta appunto coscientemente. Non che l’anima sia incosciente durante l’intera notte: nello stato della immaginazione, della ispirazione e della intuizione si può osservare anche ciò che di solito rimane incosciente, si può illuminarlo e manifestarlo. Si osserva allora quanto segue.

 

Appena l’uomo cade nello stato di sonno, il mondo dei sensi cessa di esistere per la sua anima; egli penetra in un’esperienza interiore indifferenziata, in certo senso indistinta. L’anima si sente (veramente non «si sente», ma se fosse cosciente si sentirebbe) quasi ampliata in una nebbia estesamente diffusa.

In tale esperienza interiore che accompagna il primo stadio del sonno non è distinguibile un soggetto e un oggetto, né si possono distinguere singoli fenomeni o fatti: è un sentimento generico del mondo, come qualcosa di nebuloso. Si sente poi come esistenza propria questo modo nebuloso di sperimentare il mondo.

Al tempo stesso però nell’uomo dormiente si manifesta ciò che potremmo chiamare un profondo bisogno di riposare entro l’essenza divina del mondo. A quella esperienza di uno stato genericamente indifferenziato si mescola una indeterminata nostalgia (bisogna pur usare la parola) di riposare in Dio.

 

Ricordo ancora una volta che sto descrivendo i fatti come se venissero sperimentati coscientemente. Per l’anima è andato dunque in certo qual modo sommerso il mondo diurno esteriore, tutto ciò che essa riceve dai sensi. Sommersi sono pure tutti gli impulsi che l’anima riceve nel corpo, i moventi per i quali essa trasmette attraverso il corpo le sue volizioni. È presente invece un oscuro sentimento generico del mondo, congiunto con una nostalgia di Dio.

 

In questo stato, che si presenta per primo dopo l’addormentarsi, possono intervenire dei sogni: sogni che sono immagini simboliche di esperienze esteriori, o ricordi, o immagini simboliche di condizioni corporee, e così via; ma anche sogni in cui possono mescolarsi certi fatti reali del mondo spirituale, senza che il sognatore, se dotato soltanto della coscienza ordinaria, possa acquistare una chiara conoscenza del loro vero contenuto. Anche per chi osserva questa condizione dell’anima mediante la conoscenza immaginativa, i sogni non chiariscono affatto il loro contenuto reale, ma costituiscono piuttosto una specie di velo della verità pura. Infatti questa verità, relativa alla condizione della quale sto parlando, può essere conosciuta dall’uomo solo se vi si è preparato, nel modo che ho descritto, mediante esercizi dell’anima compiuti in modo adeguato e in piena libertà. La conoscenza chiara anche di questo primo stadio del sonno può scaturire solo come risultato degli esercizi animici menzionati.

Se si studia mediante tale conoscenza adeguata quel primo stadio del sonno, esso risulta, se non proprio uguale, molto simile alle esperienze inconsce della primissima infanzia. Se l’uomo fosse in grado di acquistare coscienza delle esperienze della prima infanzia (che invece rimangono inconsce), e a rivestirle dei concetti e delle idee della coscienza ordinaria, quelle idee cioè che elabora la filosofia, allora queste idee della filosofia acquisterebbero realtà, e nella filosofia ci si muoverebbe entro qualcosa di reale.

Analogamente si può dire che nel primo stadio del sonno l’uomo in un certo senso diventa, incoscientemente, filosofo: diventa quello che, durante la coscienza diurna, egli elabora nell’anima come leggi logiche e dialettiche.

 

Se si potesse compenetrare di esperienza reale quel trovarsi nella nebbia cosmica del mondo eterico e la nostalgia dell’anima di riposare in Dio, se si fosse capaci di acquistare coscienza di queste due esperienze e riversarle nelle idee astratte della filosofia, tali idee diverrebbero viventi: la filosofia diventerebbe ciò che era stata in Grecia prima di Socrate e in tempi ancora più antichi, vale a dire esperienza interiore di una realtà.

 

Abbiamo così imparato a conoscere

due stadi della esplicazione della condizione umana:

• lo stadio della primissima infanzia che, portato a coscienza, rappresenterebbe la realtà delle idee filosofiche;

• e poi l’esperienza del primo sonno che è molto simile a quella incosciente dell’infanzia,

e che anch’essa, se divenuta cosciente, conferisce carattere di realtà alla filosofia elaborata nello stato di veglia.

 

Questa è dunque la descrizione dei primi stati, di non lunga durata, che l’uomo attraversa fra l’addormentarsi e il risveglio.

Dopo che l’anima umana si è trovata per un certo tempo in tale condizione, questa trapassa in una condizione diversa.

 

Nella seconda tappa del sonno l’uomo, invece dell’esperienza di trovarsi nel proprio organismo fisico-eterico, come durante il giorno, sente in sé il cosmo che di giorno ha intorno a sé.

Mentre nella prima fase del sonno non esiste nell’esperienza dell’anima una chiara distinzione fra il soggetto e l’oggetto, in seguito tale distinzione acquista sempre maggiore importanza: però durante il sonno ci si viene a trovare in certo modo nella condizione inversa che durante la veglia.

L’uomo ora si sente e si sperimenta nel cosmo, mentre percepisce il suo organismo fisico-eterico come qualcosa di oggettivo.

 

Come durante la sua coscienza diurna egli ha un’ottusa esperienza dei propri organi (il polmone, il cuore, il fegato, ecc.), adesso durante il sonno sperimenta in sé il contenuto cosmico: in certo qual modo diventa egli stesso animicamente cosmo.

Non che egli si estenda al cosmo intero, ma sperimenta una specie di copia del cosmo in sé.

La prima esperienza (inconscia, ma assolutamente reale) è però, vorrei dire, un senso di frammentazione nell’anima, una dispersione dell’anima in molti particolari che costituiscono una molteplice diversità.

 

L’anima non sperimenta se stessa come una unità, ma si sperimenta come una molteplice diversità. Il fenomeno ci si presenta come se noi, con le esperienze che facciamo durante il giorno, non ci sentissimo nella nostra condizione umana unitaria, bensì come una molteplicità composta da occhi, orecchi, polmoni, fegato e così via, e ci venisse a mancare il senso dell’unitarietà: così nel sonno si sperimentano dapprima in certo senso i diversi componenti del cosmo, senza poterne sperimentare l’unità.

Ciò provoca una condizione dell’anima che, se fosse cosciente, si dovrebbe definire come paura. Ripeto, questa condizione si manifesterebbe come paura, se la si volesse descrivere per l’esperienza cosciente.

 

L’anima però sperimenta in realtà i processi oggettivi che stanno a base di quella paura notturna, circa come durante la vita diurna i processi organici del corpo fisico e dell’eterico stanno talora alla base di un senso di paura che l’anima può provare come proveniente dall’interno, in un modo o in un altro. Sono realmente fatti paurosi quelli che l’anima deve attraversare.

In questo stadio del sonno si mostrano entro la vita di sonno anche gli effetti di eventi diurni. Per l’uomo moderno che vive dopo il mistero del Golgota si manifestano allora gli effetti delle sue esperienze diurne, relative alla sua dedizione religiosa al Cristo e al mistero del Golgota.

Tutta l’attenzione e la devozione, sviluppate per il Cristo e il mistero del Golgota durante la vita desta diurna, hanno i loro effetti in questa seconda fase della vita di sonno.

 

• Le cose erano diverse per gli uomini vissuti prima del mistero del Golgota.

Essi ricevevano dalle loro guide religiose mezzi adeguati, pratiche religiose i cui effetti essi potevano portare con sé nella vita di sonno: effetti che si manifestavano nel superamento graduale della paura di cui si è detto.

 

• Per l’uomo che vive dopo il mistero del Golgota le cose stanno così: la sua unione col Cristo, il suo senso di appartenenza al Cristo, le attività religiose da lui rivolte verso il Cristo, e in genere tutto il suo rapporto col Cristo Gesù e la reale esplicazione di tale rapporto nella vita, tutto questo opera nella vita di sonno e aiuta a superare la paura che opprime l’anima.

 

Come ho già detto, sto descrivendo i fatti quali si rivelano alla coscienza ispirata, ma che in piena realtà vengono così sperimentati dall’anima. Perciò mi servo di concetti presi dalla vita cosciente: nella vita dell’anima sono però veramente presenti dei processi reali che a tali concetti corrispondono.

Effettivamente, se durante il giorno abbiamo sviluppato un rapporto col Cristo, durante questa seconda fase del sonno incontriamo la potenza direttiva del Cristo.

È grazie a tale potenza, a tale guida del Cristo che riusciamo a superare la paura che opprime l’anima; dalla paura si sviluppa poi un rapporto cosmico col mondo.

 

Per effetto dell’instaurarsi di questo rapporto si presentano all’anima i moti del nostro sistema cosmico solare, ma l’anima li sperimenta come sua vita interiore.

Non che durante questa vita di sonno l’anima si estenda al mondo planetario, ma entro l’anima si esplica una riproduzione del mondo planetario: essa sperimenta realmente una riproduzione del cosmo planetario.

Anche se questa esperienza notturna dell’anima, quasi come un piccolo globo celeste interiore, non s’irradia nella coscienza diurna, pure essa manda ugualmente i suoi raggi nella realtà della vita diurna, e continua a vivere nell’organismo fisico ed eterico, dal risveglio fino all’addormentarsi.

 

Conoscendo veramente gli organismi fisico ed eterico, nel sistema respiratorio, in quello circolatorio, in tutto il sistema ritmico umano, si scopre che le correnti del respiro e della circolazione sanguigna sono accompagnate da stimoli, da impulsi che operano entro la vita di veglia, ma provengono dalla esperienza planetaria fatta dall’anima durante il sonno; effettivamente durante la veglia nella nostra respirazione, nella nostra circolazione sanguigna pulsano come stimoli postumi i movimenti planetari del nostro sistema solare.

Sappiamo che durante il sonno l’organismo astrale e l’io sono fuori dell’organismo fisico ed eterico: ora, durante il sonno i moti planetari non agiscono direttamente, ma vengono sperimentati dall’anima fuori dell’organismo fisico ed eterico.

 

Nell’interno dell’organismo fisico dormiente vibrano però ancora gli stimoli provenienti dalla notte precedente, stimoli che durante il giorno avevano compenetrato la respirazione e la circolazione del sangue.

Nella notte seguente è ancora presente un effetto postumo, mentre al mattino successivo gli stimoli si rinnovano, come conseguenza dell’esperienza notturna dell’anima, cioè della riproduzione del cosmo planetario.

 

In questa seconda tappa della vita di sonno si manifesta però anche qualcosa d’altro, oltre a tale esperienza cosmica.

L’anima fa un’esperienza ben distinta di tutti i rapporti da lei avuti con anime umane, durante tutte le sue vite terrene passate.

Nel nostro interno noi conserviamo infatti per così dire i «segni» di tutti i rapporti che abbiamo avuto con anime umane nelle passate vite terrene: tali rapporti emergono ora in forma di immagini davanti all’anima.

 

Anche se incoscientemente, l’anima sperimenta in modo reale tutto quanto ha avuto a che fare, nel bene come nel male, con altri uomini. Inoltre, essa sperimenta il divenire dei suoi rapporti con entità spirituali che dimorano nel cosmo senza vivere mai in un corpo fisico, cioè di entità che a differenza della vita fisica umana conducono sempre un’esistenza soprasensibile.

L’anima umana si immerge dunque durante il sonno in una fitta rete di rapporti con altre anime umane con le quali era stata connessa nel passato. Tali rapporti riappaiono e così pure riappare tutto ciò che sussiste come effetto del bene o del male che si è fatto ad altri. In breve, durante questa fase del sonno si mostra all’anima ciò che è diventato destino umano.

In tale stadio del sonno si manifesta dunque all’anima dell’uomo ciò che una antica filosofia ha denominato il karma.

 

Quando poi le esperienze planetarie fanno sentire i loro effetti postumi nella respirazione e nella circolazione, cioè nell’organismo fisico ed eterico, chi è in grado di osservare questi fatti grazie alla conoscenza ispirativa constata che quell’esperienza delle ripetute vite terrene influisce anche sulla coscienza diurna, pur non essendo direttamente presente in essa.

Per la conoscenza ispirata che osserva tali esperienze dell’anima il fatto delle ripetute vite terrene risulta come un dato direttamente constatabile: le ripetute vite terrene si manifestano direttamente connesse, nella osservazione mediante la ispirazione, con i rapporti avuti in passato con altri esseri umani.

Osservando tali rapporti, ci si rivela l’evoluzione attraverso le ripetute vite terrene.

 

Si percepisce un certo rapporto che indirizza verso una data vita terrena, se ne percepisce un altro che accenna a un’altra vita terrena, e così via. Analogamente si manifesta il karma, come un dato di fatto.

Tali esperienze fatte dall’anima durante il sonno agiscono nella coscienza diurna, nel senso che lo stato d’animo generale che domina nell’uomo durante il giorno come un oscuro sentimento di sé, dipende da quanto si è vissuto in quella tappa della vita di sonno.

 

Se ci sentiamo felici o infelici, se ci sentiamo freschi o fiacchi, dipende in larga misura da ciò che abbiamo sperimentato durante il sonno, nelle condizioni indicate. Così in quella tappa dello stato di sonno ci troviamo effettivamente fuori nel cosmo, anche se quanto proviamo nell’anima è una immagine del cosmo, e anche se si presenta in immagini ciò che sperimentiamo relativamente alle vite terrene ripetute e al karma.

In quelle immagini cosmiche impregnate del nostro destino che abbiamo dinanzi all’anima, è contenuto ciò che si potrebbe chiamare l’interiorità dell’uomo nel cosmo.

 

Se poi si rispecchia nella coscienza ordinaria ciò che in tal modo si è acquistato mediante la conoscenza ispirata, se lo si formula in concetti e in idee, allora si consegue una cosmologia reale che comprende l’uomo intero. Si tratta allora di una cosmologia vissuta. Possiamo dire: quando rispecchia entro la coscienza ordinaria questa tappa della vita di sonno, l’uomo impara a conoscersi come una parte dell’ordinamento cosmico: e l’ordinamento cosmico si esplica sul piano planetario, cioè in certo senso come un ordine cosmico naturale.

 

Ora però in seno all’ordinamento cosmico si manifesta anche l’ordinamento morale del mondo. Non è come qui, nell’esistenza terrena, dove da un lato abbiamo l’ordine naturale, con le sue leggi e privo di morale, e dall’altro lato l’ordine morale che viene sperimentato solo nell’anima per l’esistenza terrena: lì invece ci troviamo di fronte a un mondo unitario. Ciò che sperimentiamo come cosmo planetario è compenetrato e spiritualizzato da impulsi morali in continuo sviluppo.

Viviamo al tempo stesso in un cosmo naturale e in un cosmo morale.

 

Si può così apprezzare il significato di questi eventi notturni anche per la vita diurna. Possiamo dunque affermare che per la condizione esteriore dell’uomo ciò che l’anima sperimenta nel cosmo durante il sonno è più essenziale e più significativo di quanto essa ha davanti a sé durante la vita diurna di veglia: infatti, sia le funzioni vitali fisiche ed eteriche, sia lo stato di maggiore o minore benessere morale sono effetti dell’esperienza cosmica fatta fra l’addormentarsi e il risveglio.

 

La terza tappa della vita di sonno è caratterizzata dal fatto che l’esperienza del cosmo planetario trapassa gradualmente in un’esperienza del mondo delle stelle fisse: nella vita interiore dell’anima si sperimenta allora una specie di riproduzione del mondo delle stelle fisse.

Non si tratta però di riproduzioni delle immagini esteriori, visibili delle costellazioni, quali le scorgiamo nella nostra vita diurna di veglia: l’anima si immerge invece nelle entità di cui nelle considerazioni precedenti si è detto che l’intuizione le riconosce come entità spirituali corrispondenti alle stelle.

 

Qui nel mondo dei sensi percepiamo le immagini sensibili delle stelle nella coscienza fisica. Quando poi l’intuizione, come ho descritto, penetra nel mondo spirituale, essa riconosce in certe entità spirituali ciò di cui il Sole e le altre stelle fisse sono soltanto le riproduzioni fisiche accessibili alle nostre conoscenze sensibili diurne.

Nella terza tappa dello stato di sonno l’anima vive in mezzo a queste entità spirituali delle stelle: essa sente immagini riprodotte delle costellazioni, vale a dire in realtà i rapporti esistenti fra le attività delle diverse entità spirituali delle stelle. Essa sperimenta tali rapporti, tali «costellazioni».

 

In un’antica scienza sognante si descrivevano soprattutto gli influssi delle costellazioni fisse e dello zodiaco; di queste si tratta essenzialmente, nell’esperienza animica del sonno.

Nel mondo dei sensi si trova molto più precisamente il corrispettivo delle singole entità spirituali se si tiene conto delle costellazioni, che non considerando le singole stelle.

 

Così dunque durante il sonno l’anima vive libera dal corpo fisico e dall’eterico, tanto libera da averli davanti a sé come oggetti, come di solito abbiamo intorno a noi le cose materiali. Così l’anima apprende a vivere come entità spirituale in un mondo di entità spirituali, e la conoscenza intuitiva è in grado di illuminarne le esperienze inconsce. Quelle esperienze hanno anche i loro effetti nella vita diurna, in quanto lo stato di salute, la salute e la freschezza complessive del corpo umano (non dell’anima, come avviene nel primo stadio del sonno) sono un effetto postumo di quello che l’anima sperimenta ogni notte, in mezzo alle entità delle stelle.

 

Fra le più importanti esperienze che l’anima fa durante il sonno, anche se non coscientemente, è quella della nascita, nel senso più ampio, cioè dell’ingresso dell’anima in un corpo fisico umano, attraverso la concezione e la vita embrionale.

Oltre a questa esperienza, vi è anche quella dell’abbandono del corpo al momento della morte, il trapasso dell’entità spirituale dell’uomo nel mondo animico-spirituale.

 

Ogni notte dunque si presenta effettivamente davanti all’anima la verità circa gli eventi della nascita e della morte. Ed è un effetto di tali esperienze notturne anche un certo oscuro sentimento che l’uomo ha durante la vita diurna, e che si può esprimere così: certo la nascita e la morte non significano soltanto ciò che esse presentano all’osservazione dei sensi.

È semplicemente errato che l’uomo dotato di una coscienza sana possa credere che la nascita e la morte siano in verità soltanto i fenomeni che si presentano ai sensi esteriori. Non è vero che l’uomo non creda a queste apparenze, solo perché nella sua fantasia egli immagini di essere eterno, di esistere anche dopo la morte.

No, egli non lo può credere perché la vita diurna è percorsa da un oscuro sentimento relativo al mondo e alla vita umana, sentimento che proviene dalla immagine che l’anima vede ogni notte, del penetrare dell’uomo da un mondo spirituale nella vita terrena e del relativo fuoruscire dell’uomo nel mondo spirituale.

 

Ciò che durante la vita diurna di veglia si manifesta, come nostalgia religiosa, come coscienza religiosa, è dunque un effetto dell’esperienza notturna che l’anima fa delle stelle.

Questa che ho ora descritta è la fase del sonno più profondo.

Si può dunque dire che l’uomo derivi dal sonno il suo sentimento religioso diurno.

 

Da un’esperienza dell’umanità primordiale, afferrata in intuizioni da una coscienza pienamente sviluppata, si può oggi fondare la conoscenza della vita religiosa; analogamente si può affermare che la medesima conoscenza religiosa può venire acquistata, se l’intuizione soprasensibile chiarisce completamente lo stadio del sonno profondo.

Ciò che si nasconde nelle profondità del sonno è infatti la stessa cosa che fungeva in passato come sorgente e custodia del divino. Poiché la nostra coscienza diurna non è che un riflesso delle diverse possibilità di coscienza esistenti per l’uomo, anche il sentimento religioso naturale che l’uomo porta in sé ci si rivela come un riflesso delle esperienze grandiose e luminose, anche se inconsce, che l’anima fa nel terzo stadio del sonno.

L’uomo non si immerge nella vita del sonno soltanto per ristorare il corpo affaticato, non solo per ricavare dal sonno gli stimoli occorrenti alla sua respirazione e circolazione sanguigna, e dal mondo spirituale altri impulsi che gli sono necessari; anche ciò che compenetra religiosamente l’uomo sale alla superficie dell’anima, alla sfera cosciente diurna, dai profondi strati sommersi attraverso i quali si muove la vita animica durante il sonno.

 

Per quanto strano e paradossale possa apparire alla coscienza contemporanea, si può dire che

• come l’uomo nel primo stadio del sonno vive una vita filosofica, in certo senso analoga a quella che incoscientemente si svolge nella prima infanzia;

• come nel secondo stadio del sonno vive una vita cosmologica,

• così nel terzo stadio vive una vita imbevuta di divinità.

Da questo terzo stadio l’uomo deve poi riemergere alla coscienza diurna.

Dal terzo stadio si ritorna, percorrendo all’inverso gli stadi descritti, alla coscienza di veglia diurna.

 

Nel sonno, lo sappiamo, l’anima, lo spirito sono fuori dell’organismo fisico ed eterico, e per conoscere a fondo il fenomeno del sonno mediante l’intuizione bisogna chiedersi: perché l’uomo viene tratto giù nuovamente, nel suo corpo fisico ed eterico?

qual’è l’impulso che opera in tal senso?

Lo si può riconoscere, purché si porti sufficientemente avanti la conoscenza intuitiva. Come si sono imparate a conoscere le entità spirituali che corrispondono al Sole e alle altre stelle fisse, così si apprende che l’impulso per la ridiscesa entro gli organismi fisico ed eterico parte dalle entità di cui la Luna è il corrispettivo nel mondo fisico sensibile.

Le forze della Luna compenetrano infatti l’intero nostro cosmo.

 

Se, grazie alla intuizione, conosciamo non solo l’esistenza fisica della Luna, ma anche il suo corrispettivo spirituale, troviamo appunto che le entità spirituali corrispondenti all’esistenza fisica della Luna cooperano per mettere in moto gli impulsi che ci riportano nel nostro corpo fisico e nell’eterico, dopo che abbiamo raggiunto lo stadio del sonno più profondo. Si può anzi affermare che sono le forze lunari in genere quelle che legano l’organismo astrale e l’io dell’uomo ai suoi organismi fisico ed eterico.

Ogni notte l’anima che dal mondo spirituale vuole penetrare in un organismo fisico ed eterico deve inserirsi nelle correnti delle forze lunari. Naturalmente non ha alcuna importanza da questo punto di vista che la Luna sia «piena» o «nuova». Infatti anche quando la Luna «nuova» non è visibile con gli occhi fisici, dal cosmo agiscono ugualmente le forze che riportano l’anima dai mondi spirituali nell’organismo fisico-eterico.

 

Tuttavia va detto che alle modificazioni dell’immagine sensibile della Luna (che si mostrano come quarti di Luna, Luna piena, ecc.), corrispondono certi processi animici nella Luna, che hanno qualche ripercussione sullo spirito e sull’anima dell’uomo entro l’organismo fisico-eterico.

Si potrebbe dire che la particolare configurazione del rapporto fra l’animico-spirituale dell’uomo e la sua parte fisico-eterica è condizionata dalle forze che operano nel cosmo e si esprimono sensibilmente negli aspetti visibili delle diverse fasi lunari.

 

Possiamo così guardare anche entro gli aspetti nascosti della vita umana di veglia e di sonno, e apprendere che cosa riconduca al mattino l’uomo alla vita desta diurna. Egli vi ritorna attraversando in ordine inverso gli stessi stadi che abbiamo descritti. E mentre egli attraversa l’ultimo stadio, imbevuto di nostalgia di Dio, ecco che nuovamente i sogni interferiscono nella vita del sonno: poi gradualmente l’uomo si immerge di nuovo nel suo organismo fisico-eterico.

Nelle prossime due conferenze cercherò di spiegare le ragioni per cui, dopo la morte, l’uomo non soggiace più a queste forze lunari, si sottrae ad esse ed entra per lungo tempo nel mondo spirituale. Prenderò pure in considerazione i segreti della nascita, della morte e delle ripetute vite terrene.