Essenzialità dell’avvento del Cristo

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 09.09.1910


 

L‘ascesa dell’anima umana ai regni dello spirito (che abbiamo descritta) poteva essere conseguita prima di Cristo soltanto nell’ambito dei misteri; e soltanto se l’io, per quanto era allora sviluppato nella coscienza umana normale, veniva in certo modo attutito. Lo sviluppo esoterico doveva però ricevere un nuovo impulso; un impulso che consentisse agli uomini di penetrare nel mondo spirituale conservando integralmente la coscienza dell’io che oggi spetta di norma all’uomo solo nell’ambito dell’esistenza esteriore fisica. Va detto però che il compimento di un tale sviluppo riguarda in massima parte le epoche future.

 

Questo progresso nell’evoluzione dell’umanità determinato dall’evento del Cristo rappresenta anzi il massimo progresso che sia mai avvenuto e che mai avverrà nel corso dell’intera evoluzione. Ciò significa che tutto quanto è connesso, nell’ulteriore evoluzione dell’umanità, con tale progresso, è l’attuazione del grande impulso dato a suo tempo dall’evento del Cristo.

 

Ci si può domandare: che cosa dovette accadere allora? Dovette in certo modo ripetersi in un singolo caso ciò che apparteneva ai segreti dei misteri antichi. Faceva per esempio parte dei misteri antichi (e in certo modo ciò vale anche per i giorni nostri) il fatto che per discendere nel proprio corpo fisico e nell’eterico si debbano sperimentare nell’astrale le tentazioni che abbiamo descritte nella conferenza precedente.

 

Nei misteri greci, d’altra parte, l’uomo doveva fare l’esperienza di tutte le difficoltà, di tutti i pericoli che s’incontrano quando ci si effonde nel macrocosmo. Abbiamo descritto con esattezza anche questi aspetti dell’iniziazione.

 

Ora, le vicende che si sperimentano in entrambe le forme dell’iniziazione furono vissute dal Cristo Gesù in modo esemplare, al fine di offrire alla futura evoluzione umana l’impulso unico che poteva provenire dalla sua eccelsa individualità: l’impulso per cui a poco a poco gli uomini potranno attraversare l’iniziazione, conservando integra la coscienza dell’io.

 

Esaminiamo quindi prima che cosa avveniva nei misteri.

Si può descriverlo così: nei misteri tutte le esperienze dell’anima si effettuavano in modo che l’io restasse attutito, in una condizione quasi di sogno. Mentre l’io si trovava in questo stato, l’anima dell’uomo compiva però determinate esperienze. In lui si risvegliava l’egoismo ed egli voleva rendersi indipendente dal mondo esterno. Ma come abbiamo già mostrato, poiché ognuno dipende dal mondo esterno e non può procurarsi gli alimenti per magìa, poiché dipende dalla propria corporeità fisica, l’uomo è esposto all’illusione di prendere per «il mondo e la sua magnificenza» ciò che invece scaturisce solo dalla sua corporeità fisica.

 

Si tratta di un’esperienza che toccava ad ogni discepolo, a ogni iniziando nei misteri, il quale però la faceva in una condizione diversa da quella in cui la conobbe, al livello più eccelso, il Cristo Gesù.

Volendo dunque descrivere, attenendosi esclusivamente alla verità dei fatti, sia le esperienze dei discepoli degli antichi misteri, sia quelle del Cristo Gesù, la descrizione risulta in certo modo simile.

Infatti si è verificato proprio questo: ciò che prima si era svolto nel buio dei misteri,

col Cristo si manifestò al mondo, divenendo un evento storico unico.

 

Ammettiamo ora una certa situazione, che del resto si è avverata spesso nell’antichità, soprattutto negli ultimi secoli prima della comparsa del Cristo. Supponiamo che un pittore o uno scrittore fossero a conoscenza delle procedure in uso nelle iniziazioni e che volesse descriverle. Un dipinto o uno scritto del genere sarebbe stato simile a quanto i Vangeli ci narrano dell’evento del Cristo.

 

In molti misteri antichi l’iniziando adeguatamente preparato veniva legato (al fine di liberar l’anima dal corpo) con le braccia distese a una specie di croce. Rimaneva poi per qualche tempo in questa condizione, per sollevare l’elemento animico dal corporeo e poter fare le esperienze che abbiamo descritte. Se questi fatti fossero stati dipinti o descritti, qualcuno potrebbe oggi scoprire i relativi documenti ed affermare appunto che un pittore o uno scrittore hanno raffigurato certi eventi dei misteri, tramandati da antiche tradizioni. Si potrebbe poi concluderne che i Vangeli non fanno che ripetere raffigurazioni o narrazioni più antiche.

 

Questo ipotetico rapporto si può riscontrare in un’infinità di casi. Nel mio libro II cristianesimo come fatto mistico ho descritto in quale larga misura i segreti dei misteri antichi rivivano nei Vangeli, e come i Vangeli in fondo non siano altro che ripetizioni delle antiche descrizioni della iniziazione nei misteri. Ma perché nel raccontare i fatti della vita e della morte del Cristo Gesù si poteva semplicemente descrivere il corso degli antichi misteri? Per la ragione che si era assistito al compimento sul piano storico di quanto nei misteri dell’antichità si era svolto come un intimo processo dell’anima; perché

l’evento del Cristo Gesù ripeteva, al livello della natura essenziale dell’io,

le azioni simboliche, o simbolico-reali, dell’antica iniziazione.

 

Questo è il dato di fatto che dobbiamo sempre tener presente. Proprio se si è solidamente fermi sulla posizione che l’evento del Cristo è un fatto storico, che in esso si è compiuto come finto storico ciò che prima era stato processo misterico, proprio attenendosi a questa realtà si potrà registrare l’analogia della biografia di Cristo narrata nei Vangeli con i processi dell’iniziazione antica.

 

Per procedere con la maggiore esattezza, si potrebbe esprimersi anche così: coloro che avevano il compito di descriverli, videro i fatti connessi con la vita del Cristo in Palestina, videro compiersi la profezia degli Esseni, videro il battesimo nel Giordano, la tentazione e tutto quanto seguì, fino alla crocefissione e così via. Essi si resero conto di trovarsi di fronte alla vita di un determinato essere, in un corpo umano, e che i punti più importanti, essenziali, i punti veramente determinanti di quella vita svoltasi sul piano storico coincidevano stranamente con quelli che nei misteri segnano le tappe dell’iniziazione. Basterebbe dunque ricorrere al canone di un’iniziazione per ritrovarvi il modello di un processo che essi potevano descrivere come un fatto storico.

 

Proprio questo è il grande segreto:

ciò che prima avveniva sepolto nell’oscurità del tempio e veniva poi portato alla luce solo nei suoi risultati,

ora, per chi era partecipe della veggenza spirituale, si svolse sulla grande scena della storia, nell’evento del Cristo.

 

Occorre però tener presente che quando scrivevano gli autori dei Vangeli non si usava redigere delle biografie come si fa ai giorni nostri. Oggi si va a frugare in ogni angolo, si racimolano bigliettini e appunti d’ogni genere, per poi riassumere nella biografia ciò che meno conta, spacciandolo per l’essenziale!

 

La raccolta dei minimi documenti materiali impedisce di scorgere i punti essenziali, quelli che contano veramente; gli evangelisti invece si accontentavano di descrivere l’essenziale della vita del Cristo Gesù. E l’essenziale è appunto che la vita del Cristo è una riproduzione dell’iniziazione sull’ampio piano della storia universale. Non possiamo quindi meravigliarci che, poiché i fatti sono questi, ai nostri giorni un grandissimo numero di persone sia rimasto sbalordito per qualcosa che è avvenuto e che risulterà ancora più chiaro dalle considerazioni seguenti.

 

Consideriamo i miti e le leggende dell’antichità. Chi conosce veramente il loro significato, troverà in molti di essi la narrazione di processi percepiti dalla coscienza chiaro-veggente nei mondi spirituali, ma rivestiti di forme sensibili; altri miti e leggende non sono in sostanza che travestimenti dei processi dell’iniziazione.

 

Così ad esempio il mito di Prometeo riproduce in parte le procedure dei misteri, e lo stesso vale anche per molti altri miti. Si ritrova ad esempio ripetutamente descritta la scena in cui Zeus viene per così dire tentato da una divinità di rango inferiore. Si parla di Pan che tenta Zeus: questi si trova sopra un’altura, mentre al suo fianco appare Pan che lo «tenta». Qual era lo scopo di simili raffigurazioni? Esse dovevano esprimere il processo della discesa dell’uomo nell’interiorità, l’incontro con la natura inferiore, la natura egoistica di «Pan», l’immersione nel corpo fisico e in quello eterico.

 

Troviamo così raffigurati nei miti e nei simboli artistici di tutto il mondo antico

i processi sperimentati dagli iniziandi, quando percorrevano la via verso il mondo spirituale.