Evoluzione del cristianesimo

O.O. 107 – Antropologia Scientifico-Spirituale Vol. II – 15.02.1909


 

Quella che viene di solito presentata come storia dell’evoluzione del cristianesimo

è una somma di eventi puramente esteriori.

E perciò si presta così poca attenzione alla cosa più importante di tutte,

alla differenza cioè che separa gli effettivi periodi di questa evoluzione.

 

Chi è capace di guardare più a fondo nel percorso evolutivo del cristianesimo

non faticherà ad accorgersi che la sua diffusione, nei primi secoli dell’era cristiana,

è avvenuta in modo completamente diverso rispetto ai secoli posteriori.

Nei primi secoli, la diffusione del cristianesimo era per così dire legata

a tutto ciò che si poteva attingere dal piano fisico.

Basta fermare lo sguardo sui primi maestri del cristianesimo per vedere

quanto rilievo essi diano ai ricordi fisici, ai legami fisici,

e insomma a tutto ciò che di fisico era rimasto a disposizione.

 

Pensate solo a quanto siano importanti per Ireneo, che nel secondo secolo ha grandemente contribuito alla diffusione della dottrina cristiana nei diversi paesi, proprio i ricordi di coloro che avevano ancora direttamente ascoltato i discepoli degli apostoli.

Si attribuiva una grande importanza al fatto di poter attestare, sulla scorta di questi ricordi fisici, che il Cristo stesso aveva insegnato in Palestina.

Si sottolineava quindi come Papia, per esempio, sedesse egli stesso ai piedi dei discepoli degli apostoli.

Si indicavano e si descrivevano perfino i luoghi nei quali avevano risieduto i personaggi che erano ancora riconosciuti come testimoni oculari del fatto che il Cristo fosse vissuto in Palestina.

 

[Il ricordo vivente e perpetuato degli avvenimenti fisici]

è, nei primi secoli del cristianesimo, l’elemento di maggior rilievo.

 

La misura del valore attribuito a tutto ciò che aveva una continuità fisica traspare dalle parole del vecchio Agostino, che sta alla fine di questo periodo e dice ancora: «Perché io credo alle verità del cristianesimo? Perché l’autorità della chiesa cattolica mi impone di credervi».

L’importante per lui, l’essenziale, è l’autorità fisica, è che esista qualcosa nel mondo fisico, è che si sia conservato un organismo che di persona in persona risale fino a chi, come Pietro, era compagno del Cristo. E questa la cosa decisiva, per Agostino.

 

Come dunque possiamo vedere, nei primi secoli di diffusione del cristianesimo

ciò cui si attribuiva la massima importanza erano i documenti, erano le vestigia del piano fisico.

Dopo l’epoca di Agostino, e pressappoco fino al decimo, all’undicesimo, al dodicesimo secolo,

interviene un cambiamento.

• Non è più possibile, ormai, appellarsi al ricordo vivente, rifarsi esclusivamente ai documenti del piano fisico,

perché sono troppo lontani nel tempo.

• Contemporaneamente, anche in tutto il modo di sentire e di pensare

degli uomini che accolgono ormai il cristianesimo – ed è ciò che avviene in particolare con i popoli europei –

è presente in realtà un qualcosa di assolutamente nuovo.

 

È presente, in quest’epoca, come una sorta di sapere immediato  circa il fatto che esiste un Cristo,

che questo Cristo è morto sulla croce, e che continua a vivere.

Dal quarto, quinto secolo in poi, fino al decimo e anche al dodicesimo,

vi è stato un gran numero di persone che, se qualcuno avesse detto loro che si poteva anche dubitare

degli avvenimenti occorsi in Palestina, avrebbero trovato la cosa semplicemente assurda,

perché quegli avvenimenti, loro, li conoscevano meglio di chiunque altro.

 

Di persone simili se ne incontravano molte soprattutto nei paesi europei.

Tutte avevano potuto sperimentare in se stesse qualcosa

che assomigliava in piccolo alla rivelazione ricevuta da Paolo,

a ciò che Paolo aveva sperimentato sulla via di Damasco,

e che aveva fatto di lui, fino ad allora Saulo, l’apostolo Paolo.

 

Come è potuto accadere che in questi secoli una quantità di persone abbia ricevuto rivelazioni simili sugli avvenimenti di Palestina, rivelazioni connesse in certo modo alla chiaroveggenza?

 

È potuto accadere perché, in questi secoli,

le copie del corpo eterico moltiplicato di Gesù di Nazareth,

che erano state conservate, sono state intessute a un gran numero di individui,

di uomini idonei per così dire a rivestirsene.

 

Il corpo eterico di questi uomini non consisteva esclusivamente nella copia del corpo eterico di Gesù; piuttosto, una copia dell’originale, del corpo eterico di Gesù di Nazareth, era stata intessuta al loro proprio corpo eterico.

In questi secoli esistevano dunque degli uomini che potevano avere in sé un corpo eterico così fatto, e che potevano avere perciò una cognizione immediata di Gesù di Nazareth e anche del Cristo.

 

Questo ha comportato però che la figura stessa del Cristo

venisse svincolata dalla tradizione storica esteriore, dalla tradizione fisica.

 

Ne abbiamo l’esempio più eloquente nello straordinario poema del nono secolo conosciuto come Heliand, che risale all’epoca di Ludovico il Pio, imperatore dall’814 all’840, ed è stato composto da un sassone, un uomo modesto dal punto di vista esteriore.

 

Entro i limiti del suo corpo astrale e del suo io,

quest’uomo non avrebbe potuto arrivare a quel che si celava nel suo corpo eterico.

Al suo corpo eterico, infatti, era intessuta una copia del corpo eterico di Gesù di Nazareth.

L’autore dello Heliand, il modesto cantore sassone,

traeva da una visione diretta, chiaroveggente, questa certezza:

il Cristo esiste sul piano astrale, ed è colui che è stato crocefisso sul Golgota!

 

E proprio perché si trattava di una certezza immediata,

quest’uomo non aveva più bisogno ormai di appoggiarsi ai documenti storici.

Non aveva più bisogno di alcuna mediazione fisica per sapere che il Cristo esisteva.

Per questo il Cristo ch’egli descrive è completamente slegato

dallo scenario palestinese, dagli elementi peculiari del giudaismo.

 

Lo descrive pressappoco come il condottiero di una gente germanica o mitteleuropea,

e descrive quasi come vassalli di un principe germanico i suoi seguaci, gli apostoli che lo attorniano.

Lo scenario esteriore appare completamente cambiato,

e nient’altro è rimasto se non quello che c’è di veramente essenziale,

quello che c’è di eterno nella figura del Cristo, quella che è la struttura degli avvenimenti.

 

Disponendo di un sapere immediato che poggiava su un fondamento così sicuro come l’impronta del corpo eterico di Gesù di Nazareth, l’autore dello Heliand non era quindi obbligato, parlando del Cristo, ad attenersi rigorosamente ai puri fatti storici.

Altri potevano essere gli elementi scenici, gli elementi esteriori, dei quali rivestiva ciò ch’era oggetto di questo suo sapere immediato. Ebbene, così come in questo poeta ci si è data a conoscere una personalità straordinaria, che aveva intessuta nel proprio corpo eterico una copia del corpo eterico di Gesù di Nazareth, così potremmo rintracciare in quest’epoca diverse altre personalità che si trovavano nella medesima situazione. Vediamo quindi che, dietro i fatti fisici, si svolgono le cose più importanti che possono spiegarci la storia in modo profondo.

 

Continuando a seguire l’evoluzione del cristianesimo, giungiamo così al periodo

che va all’incirca dall’undicesimo, dodicesimo secolo fino al quindicesimo.

Anche in questo periodo vi è un segreto che muove tutta l’evoluzione,

ed è ancora una volta completamente diverso dagli altri.

 

All’inizio, si era trattato per così dire del ricordo di quanto apparteneva al piano fisico; poi, della componente eterica ch’era direttamente intessuta nei corpi eterici degli esponenti del cristianesimo nell’Europa centrale.

Nei secoli successivi, dal dodicesimo al quindicesimo, è accaduto che fosse in particolare il corpo astrale di Gesù di Nazareth a venire intessuto, in molteplici copie, ai corpi astrali dei più importanti esponenti del cristianesimo.

 

Costoro avevano bensì un io, che poteva, in quanto io, farsi idee molto sbagliate di qualunque cosa,

ma nei loro corpi astrali vivevano una forza e un fervore di carattere immediato,

viveva una certezza immediata delle verità sacre.

 

C’era in questi uomini un ardore profondo, c’era una convinzione assolutamente immediata, e c’era anche, ove necessario, la capacità di motivarla.

Ciò che a volte ci lascia inevitabilmente stupiti riguardo a queste personalità è che, con il loro io, si rivelavano spesso del tutto inadeguate a quanto era contenuto nel loro corpo astrale, proprio perché vi era intessuta una copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth.

 

Quel che faceva il loro io poteva anche apparire grottesco,

eppure il loro mondo di sensazioni, di sentimenti, di fervore, appariva grandioso e sublime.

Fra queste personalità c’è per esempio Francesco d’Assisi.

 

E dal nostro punto di vista siamo in grado di spiegarci perché, nello studiare appunto Francesco d’Assisi, come uomini moderni non riusciamo a comprendere il suo io cosciente, ma non possiamo tuttavia non nutrire la più profonda ammirazione per tutto ciò che è stato il suo sentire e il suo operare.

 

Egli rientra infatti tra coloro cui era intessuta una copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth.

Per questo è stato capace di fare quel che ha fatto.

E, al pari di lui, anche molti dei suoi seguaci, terziari e frati minori dell’ordine francescano,

avevano intessute nei loro corpi astrali analoghe copie del corpo astrale di Gesù.

 

Se, con gli occhi dell’anima, osserverete attentamente questo periodo intermedio fra passato e futuro nel divenire del mondo, ve ne risulteranno chiari ed evidenti proprio tutti gli aspetti più singolari, altrimenti inesplicabili.

 

Molto dipendeva dal fatto che in questi uomini del Medioevo

fosse prevalentemente intessuto, del corpo astrale di Gesù di Nazareth,

• ciò cui diamo il nome di anima senziente,

• oppure ciò che definiamo anima razionale,

• o, ancora, ciò che definiamo anima cosciente.

Il corpo astrale dell’uomo va infatti pensato, sotto un certo aspetto,

come avente in sé tutto questo, ossia, includendovi l’io,

come avente in sé l’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente.

In Francesco d’Assisi tutto quanto, per così dire, era anima senziente di Gesù di Nazareth.

 

E tutto era anima senziente di Gesù di Nazareth in un’altra straordinaria personalità, alla cui vicenda biografica, conoscendo il segreto della sua vita, è impossibile non appassionarsi: in Elisabetta di Turingia, nata nel 1207. Si tratta appunto di una personalità che aveva intessuta nell’anima senziente una copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth; saperlo, significa avere risolto l’enigma di questa figura.

E sapere che v’erano in quest’epoca personalità fra le più diverse che avevano intessuta in sé una copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth in quanto anima senziente, anima razionale, o anima cosciente, vi chiarirà soprattutto un altro fenomeno: vi darà conto di quella scienza, oggi di solito così poco capita e così largamente denigrata, che viene chiamata abitualmente scolastica.

 

Che compito si era infatti posta la scolastica?

Si era posta il compito di giungere a delle prove che dimostrassero su basi razionali, sul fondamento dell’intelletto, ciò per cui si mancava di qualsiasi aggancio storico, di qualsiasi mediazione fisica, e di cui non si aveva neppure quella immediata certezza chiaroveggente che, nei secoli precedenti, era stata resa possibile dall’aver intessuto un legame con il corpo eterico di Gesù di Nazareth.

Nel porsi questo compito, gli scolastici avranno cominciato col dirsi: “Mediante la tradizione, ci è stato reso noto che nella storia è apparsa l’entità conosciuta come il Cristo Gesù, e che nell’evoluzione dell’umanità sono intervenute altre entità spirituali, delle quali abbiamo testimonianza nei documenti religiosi”.

 

Quindi, movendo dalla propria anima razionale, dalla facoltà intellettiva della copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth, essi si sono incaricati di dimostrare con l’elaborazione di un sistema raffinato e rigoroso di concetti tutto ciò che, nelle loro scritture, era contenuto in forma di verità misteriche.

Così è nata quella scienza notevole che costituisce, in fatto di acume intellettuale, lo sforzo maggiore mai compiuto dall’umanità.

• Per diversi secoli – comunque si voglia giudicare il contenuto della scolastica -, è stato solo grazie all’esercizio di queste sottilissime distinzioni e definizioni concettuali che si è coltivata la facoltà della riflessione, improntandone tutta la civiltà dell’epoca.

Fra il tredicesimo e il quindicesimo secolo, infatti, si è impressa nell’umanità, grazie alla scolastica, la capacità di pensare con lucidità di giudizio, di ragionare con logica stringente.

 

Quanto poi a coloro nei quali era maggiormente impressa l’anima cosciente, vale a dire la copia dell’anima cosciente di Gesù di Nazareth, si è destata in essi – dato che nell’anima cosciente risiede l’io – la peculiare cognizione del fatto che il Cristo può essere trovato nell’io. E poiché l’elemento dell’anima cosciente che avevano in sé apparteneva al corpo astrale di Gesù di Nazareth, riluceva nella loro interiorità il Cristo interiore, ed essi riconoscevano, per effetto di questo corpo astrale, l’identità fra il Cristo interiore e il Cristo stesso. Erano, questi, uomini come Meister Eckhart, o Johannes Tauler, e tutti quanti gli esponenti della mistica medievale.

 

Vedete dunque come le fasi più diverse del corpo astrale, moltiplicate grazie al fatto

che la elevata entità avatarica del Cristo era entrata nel corpo di Gesù di Nazareth,

abbiano continuato ad agire nel corso del tempo

e abbiano determinato la reale evoluzione del cristianesimo.

D’altra parte è un passaggio importante anche sotto altri aspetti.

 

Notiamo come l’umanità, nella sua evoluzione, sia variamente destinata

a che vi si incorporino questi elementi dell’entità di Gesù di Nazareth.

Nei primi secoli ci sono stati uomini che erano completamente dipendenti dal piano fisico;

sono poi venuti uomini, nei secoli successivi, che erano accessibili al corpo eterico di Gesù di Nazareth,

nei quali, cioè, era questo l’elemento che si poteva intessere al loro corpo eterico.

 

Più tardi è avvenuto che gli uomini fossero per così dire maggiormente preordinati al corpo astrale;

vi si poteva quindi incorporare, a questo punto, anche la copia del corpo astrale di Gesù di Nazareth.

Il corpo astrale è il portatore della facoltà del giudizio,

e questa facoltà si è destata soprattutto fra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo.

Lo potete vedere anche da un altro fatto.

 

Fino a quest’epoca, era perfettamente chiaro in che consistesse il profondo contenuto misterico dell’ultima cena. Veniva così pienamente accettato – al massimo se ne discutevano i dettagli – che si era in grado di sentire personalmente tutto ciò che era insito nelle parole «questo è il mio corpo, questo è il mio sangue…», poiché il Cristo alludeva al fatto che si sarebbe congiunto con la Terra, che sarebbe stato lo spirito planetario della Terra.

 

E siccome la cosa più preziosa della Terra fisica è la farina, ecco che questa diventava per l’uomo il corpo del Cristo, così come la linfa che scorre nelle piante, nelle viti, diventava un elemento del sangue del Cristo.

Il valore dell’ultima cena non veniva sminuito da questa cognizione, anzi, ne veniva accresciuto. In questi secoli, dunque, si è percepito qualcosa dei contenuti incommensurabilmente profondi dell’ultima cena, finché almeno non si è destata, nel corpo astrale, la facoltà del giudizio.

A partire da allora, si è destato per la prima volta anche il dubbio. E per la prima volta è anche nata, a partire da allora, la controversia sull’ultima cena.

 

Pensate solo per un momento a quanto si è discusso sul significato della cena fra gli hussiti, fra i luterani, fra gli zwingliani e i calvinisti usciti dal luteranesimo! Queste discussioni, prima, non sarebbero state possibili, perché si aveva ancora una cognizione immediata dell’ultima cena.

Qui, d’altra parte, abbiamo la conferma di un’importante legge storica, che dovrebbe essere tenuta in conto soprattutto dagli scienziati dello spirito: finché gli uomini hanno saputo che cos’era l’ultima cena, non hanno discusso; solo quando ne hanno perso la cognizione immediata hanno cominciato a discutere.

 

Consideratelo come un indizio del fatto che, in generale,

quando si comincia a discutere di una qualunque cosa vuol dire che in realtà non se ne ha cognizione.

Dove c’è un sapere, semplicemente lo si espone, e in questo caso non si ha particolarmente voglia di discutere.

 

Dove c’è voglia di discutere, non esiste di regola alcun sapere, alcuna cognizione della verità. Il punto di partenza della discussione è il non sapere, e, quando cominciano le discussioni, è sempre e dappertutto segno del declino di una cosa. L’estinguersi di una data corrente si annuncia sempre con delle discussioni.

 

Nel campo della scienza dello spirito,

è molto importante non stancarsi mai di imparare che la volontà di discutere

può essere intesa in realtà come un segno di ignoranza.

Bisognerebbe, invece, coltivare proprio quel che è l’opposto della discussione, ossia la volontà di imparare,

la volontà di addentrarsi a poco a poco nella sostanza delle cose.

 

Nell’evoluzione stessa del cristianesimo vediamo dunque riconfermata una grande costante della storia. Ma possiamo apprendere anche qualcos’altro, se osserviamo in che forma si è sviluppata, nei secoli cristiani che abbiamo delineati, la facoltà del giudizio – ciò che è nel corpo astrale -, la saggezza analitica dell’intelletto.

Se prendiamo in considerazione fatti reali, e non dogmi, in base ad essi potremo senz’altro renderci conto della parte decisiva che il cristianesimo ha avuto nel progresso.

Infatti, che cosa è venuto fuori dalla scolastica, posto che la consideriamo non nei suoi contenuti, ma nella sua funzione di alimentare e plasmare determinate capacità?

Sapete che cosa ne è venuto fuori? Ne è venuta fuori la scienza naturale moderna!

 

La scienza naturale moderna sarebbe assolutamente inconcepibile senza la realtà di una scienza medievale cristiana.

E non semplicemente perché Copernico era un canonico e Giordano Bruno un frate domenicano,

ma perché tutte le forme di pensiero con le quali dal Cinque-Seicento in avanti ci si è accostati agli oggetti della natura

non sono nient’altro se non ciò che, dall’undicesimo al sedicesimo secolo,

è stato alimentato e plasmato dalla scienza cristiana del Medioevo.

 

Non vivono nella realtà, ma fra le astrazioni, quelli che consultano i testi della scolastica, ne confrontano il contenuto con la scienza naturale moderna, e poi dicono: “Haeckel, e come lui tanti altri, sostengono qualcosa di completamente diverso”. Ciò che conta sono i fatti reali! Non ci sarebbero mai stati un Haeckel, un Darwin, un Du Bois-Reymond, un Huxley né altri come loro, se non ci fosse stata, prima di loro, la scienza medievale cristiana.

Precisamente a questa scienza, infatti, essi sono debitori del proprio metodo di pensiero. Questa è la realtà.

Dalla scienza cristiana del Medioevo l’umanità ha imparato a pensare nel vero senso della parola.

 

E non è tutto. Leggete David Friedrich Strauss. Cercate di coglierne il procedimento di pensiero. Cercate di spiegarvi le sue costruzioni concettuali, il metodo attraverso il quale intende mostrare che tutta quanta la vita di Gesù di Nazareth è un mito. Sapete da dove gli viene questa sottigliezza concettuale? Gli viene dalla scienza cristiana del Medioevo.

Tutte le forme di pensiero impiegate oggi per combattere così radicalmente il cristianesimo sono state apprese dalla scienza medievale cristiana. Di qualunque odierno avversario del cristianesimo sarebbe facile dimostrare, in effetti, ch’egli non potrebbe assolutamente pensare come pensa se non avesse appreso queste forme di pensiero dalla scienza medievale cristiana. Un approccio realistico alla storia universale non può che portare a queste conclusioni.

 

Ora, che cosa è avvenuto a partire dal sedicesimo secolo?

Che si è affermato sempre di più l’io, e con l’io l’egoismo umano, e con l’egoismo il materialismo.

Si è disimparato, si è dimenticato tutto ciò che l’io ha raccolto in sé come proprio contenuto:

ci si è dovuti limitare pertanto a ciò che l’io può osservare,

a ciò che lo strumento della sensibilità è in grado di offrire all’intelletto comune,

e solo questo ha potuto trovare accoglienza nella dimora interiore.

 

A partire dal sedicesimo secolo abbiamo una civiltà dell’egoità.

In questo io, adesso, che cosa deve poter entrare?

L’evoluzione del cristianesimo è passata attraverso le fasi evolutive

del corpo fisico esteriore, prima, poi del corpo eterico, poi ancora del corpo astrale, ed è arrivata fino all’io.

 

• Adesso occorre che, in questo io, essa raccolga i misteri e i segreti del cristianesimo stesso.

• Adesso si deve poter fare dell’io l’organo di ricezione del Cristo,

dopo che l’io, per un certo periodo, ha appreso il pensiero dal cristianesimo ed ha applicato i pensieri al mondo esterno.

• Adesso bisogna che questo io ritrovi la saggezza, che è la saggezza primordiale del grande avatar, del Cristo stesso.

 

E questo come può avvenire?

Con l’approfondimento del cristianesimo nel senso della scienza dello spirito.

• Dopo la preparazione sapientemente attuata attraverso le tre fasi dell’evoluzione fisica, eterica e astrale,

ora sarebbe il momento che si schiudesse, nell’interiorità dell’uomo,

l’organo che gli consentirebbe di penetrare il mondo spirituale

che lo circonda con quella vista che il Cristo soltanto può aprirgli.

 

Il Cristo è sceso sulla Terra come entità avatarica, come la massima entità avatarica.

Collochiamoci in questa prospettiva:

cerchiamo di guardare il mondo così come potremmo guardarlo dopo avere accolto il Cristo in noi.

Tutto quanto il corso del divenire del mondo ci apparirebbe allora irradiato e inondato dall’entità del Cristo.

Potremmo descrivere come, a poco a poco, su Saturno si sia formato il corpo fisico dell’uomo,

sul Sole si sia aggiunto il corpo eterico, sulla Luna il corpo astrale, e come poi, sulla Terra, si sia aggiunto l’io,

e scopriremmo come il fine cui tutto questo tende

sia di farsi sempre più autonomo e sempre più individuale,

per incorporare nell’evoluzione terrestre quella saggezza che passa dal Sole alla Terra.

 

• Per l’io autonomo dell’epoca moderna, il Cristo e il cristianesimo devono diventare, diciamo così,

il centro prospettico dell’osservazione del mondo.

 

Vedete dunque come il cristianesimo si sia gradualmente preparato a ciò che deve diventare.

Nei primi secoli, il credente ha recepito il cristianesimo con l’intelligenza fisica; poi, con l’intelligenza eterica;

più tardi ancora, nel corso del Medioevo, con l’intelligenza astrale.

 

Si è aperto in seguito un periodo durante il quale il cristianesimo, nella sua forma autentica, è stato respinto,

fino a che l’io non è stato istruito dai tre corpi nel corso dell’evoluzione propria dell’epoca cristiana.

• Ora però, dopo avere imparato a pensare e a inoltrarsi con lo sguardo nel mondo oggettivo,

questo io è anche maturo per scorgere, entro tutti i fenomeni del mondo oggettivo,

quelle realtà spirituali che sono così intimamente connesse con l’entità centrale,

con l’entità del Cristo: per scorgere dappertutto, nelle più disparate forme del mondo, il Cristo che ne sta a fondamento.

 

Con questo, ci troviamo precisamente al punto di partenza di quella che dev’essere la concezione e la cognizione del cristianesimo nella scienza dello spirito, e il compito affidato a questo movimento per la conoscenza dello spirito, la sua missione, ci si fanno chiari. Ci si fa chiara, al tempo stesso, la realtà di questa missione.

 

Come accade per l’individuo, che ha corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io,

e ascende progressivamente ad altezze sempre più elevate,

così accade anche per il cristianesimo nel corso del suo divenire storico.

 

Potremmo dire così: anche il cristianesimo ha un corpo fisico, un corpo eterico, un corpo astrale e un io;

ha un io che può perfino disconoscere la propria origine, come succede ai giorni nostri,

un io che può benissimo diventare egoistico;

un io, però, che nello stesso tempo è anche capace di accogliere in sé la vera entità del Cristo

e di ascendere a gradi sempre più elevati di esistenza.

Qual è l’uomo, nella sua singolarità, tale è il vasto mondo, nella sua totalità e insieme nel corso del suo divenire storico.

 

Se noi ci mettiamo in quest’ottica, ci si dischiuderà, dal punto di osservazione della scienza dello spirito, un’ampia prospettiva sul futuro. E vedremo come il nostro cuore possa venire afferrato e colmato di entusiasmo da una simile prospettiva. Capiremo sempre meglio ciò che dobbiamo fare, e sapremo anche di non brancolare nel buio.

Infatti, non ci siamo inventati delle idee da proiettare arbitrariamente nel futuro, ma vogliamo avere e vogliamo seguire esclusivamente quelle idee che, a poco a poco, sono state preparate dalla secolare evoluzione del cristianesimo.

Come è vero che l’io, nel suo manifestarsi e nel suo graduale evolversi in direzione del sé spirituale, dello spirito vitale e dell’uomo spirituale, deve essere necessariamente preceduto dal corpo fisico, dal corpo eterico e dal corpo astrale, così è altrettanto vero che l’uomo moderno, con la sua forma-io, con il suo attuale pensiero, non poteva che evolversi dalla forma astrale, da quella eterica e da quella fisica del cristianesimo.

Il cristianesimo è diventato io.

 

Com’è vero che questa è l’evoluzione scaturita dal passato, così è vero che la forma-io dell’umanità può manifestarsi soltanto in seguito all’evoluzione della forma astrale e della forma eterica del cristianesimo.

Il cristianesimo seguiterà ad evolversi nel futuro, avrà cose assolutamente nuove da offrire all’umanità, e questa evoluzione, e tutta la vita cristiana, si presenteranno in una nuova forma: il corpo astrale trasformato sarà il sé spirituale cristiano, il corpo eterico trasformato sarà lo spirito vitale cristiano.

E nella fulgente prospettiva del cristianesimo già risplende davanti alla nostra anima come un astro, come l’astro cui orientiamo la nostra vita, l’uomo spirituale, interamente illuminato e infiammato dallo spirito del cristianesimo.