Fede, amore, speranza – I

O.O. 130 – Fede, amore, speranza – 02.12.1911


 

Nelle nostre considerazioni di questa e di domani sera tenteremo di

• collegare l’essere dell’uomo con le basi occulte del nostro tempo e del prossimo futuro.

Da vari accenni fatti da me in questo stesso gruppo e altrove, si sarà compreso che

• ci troviamo attualmente davanti a una specie di nuova rivelazione, di nuovo messaggio all’umanità.

 

Se consideriamo gli ultimi tempi dell’evoluzione umana possiamo ben comprendere quello che deve avvenire nella nostra epoca, confrontandolo con altre due importanti rivelazioni che erano state fatte all’umanità. Comunque prenderemo in considerazione, tra le rivelazioni, quella che nel tempo si è offerta all’umanità come la più vicina a noi. Ebbene queste tre rivelazioni, la nostra che viene e le altre due che l’hanno preceduta, sono comprensibili nel miglior modo possibile confrontandole con lo sviluppo del bambino che cresce, dell’uomo come tale.

 

Osserviamo attentamente il bambino: troviamo che viene al mondo in una condizione tale

che richiede di venir del tutto protetto e curato da chi gli è attorno,

perché non è in grado di esprimere in alcun modo ciò che vive nella sua interiorità,

né è ancora in grado di esprimere a se stesso, con pensieri chiari, ciò che si muove nella sua anima.

 

Il bambino non può ancora parlare, non può ancora pensare,

quindi tutto quanto deve accadergli deve essere eseguito da coloro che l’hanno accolto nella loro cerchia.

Poi il bambino comincia a parlare.

 

Come è già stato menzionato nel mio scritto

L’educazione del bambino dal punto di vista della scienza dello spirito,

chi è capace di osservare esattamente

sa che il bambino in primo luogo parla, imitando quello che si dice attorno a lui,

e che nei primi tempi non ha una vera comprensione di pensiero per il linguaggio.

 

Nel bambino il linguaggio non deriva dal pensiero, ma è vero il contrario:

il bambino impara a pensare dal parlare,

cioè solo un po’ alla volta impara a comprendere in chiari pensieri

quello che dice traendolo da sentimenti indistinti e profondi.

 

Troviamo così tre periodi susseguentisi nello sviluppo del bambino:

• il primo, nel quale il bimbo non può parlare né pensare,

e in cui tutto per lui deve avvenire giungendogli da fuori;

• il secondo periodo, nel quale il bambino può parlare, ma non ancora pensare;

• e un terzo periodo nel quale il bambino impara ad afferrare nella sua coscienza

il contenuto di pensiero del proprio parlare.

 

Con questi tre periodi dello sviluppo infantile

si può paragonare quello che l’umanità ha fatto e fa

nel tempo trascorso a partire circa da un millennio e mezzo

prima dell’èra cristiana e durante l’èra cristiana stessa.

 

La prima rivelazione all’anima umana in evoluzione, di cui possiamo parlare,

nell’attuale ciclo dell’umanità è quella fluita dal Sinai,

quella che trovò espressione nei dieci comandamenti di Mosè.

 

Chi è in grado di meditare sul vero significato della rivelazione data nei dieci comandamenti potrà osservarne il lato meraviglioso. Solo che questo genere di cose appartiene ormai ai valori spirituali quotidiani degli uomini e non vi si applica più un’acuta riflessione; ma chi comincia a farlo si accorgerà del contenuto straordinario dei dieci comandamenti che, dal momento in cui furono impartiti, ebbe valore di legge e accompagnò il divenire del mondo, tanto che è valido ancor oggi, poiché si trova alla base delle legislazioni di tutti i paesi, via via che queste si sono inserite nella civiltà moderna o nella civiltà dei passati millenni.

 

Fu allora rivelato all’umanità un fatto grandioso, vasto e universale,

quando le venne detto: • vi è nel mondo spirituale un Ente primordiale

al quale corrisponde qui sulla Terra la sua immagine, l’io,

e tale Ente primordiale può riversare forza entro l’io dell’uomo,

può riversarsi in lui, cosicché egli segua le leggi date nei dieci comandamenti.

La seconda rivelazione avvenne attraverso il mistero del Golgota.

 

Che cosa possiamo dire di tale mistero? Lo abbiamo già accennato ieri in una conferenza pubblica. Dobbiamo far risalire la corporeità di tutta l’umanità a una coppia terrena progenitrice, e possiamo comprendere tale umanità corporea solo in quanto derivante per via di generazione da quella.

 

Ebbene,

• se vogliamo comprendere rettamente qual è il bene più prezioso del nostro io,

quel che deve immergersi sempre di più in esso durante l’esistenza terrena,

dobbiamo derivarlo dal mistero del Golgota.

 

Ora, (l’antica tradizione ebraica è divergente in questo contesto dall’attuale concezione scientifica, ma non è questo che importa) se per l’affinità di sangue noi riconduciamo il rapporto corporeo dell’umanità alla coppia progenitrice dell’uomo, Adamo ed Èva, che furono sulla Terra come originarie persone fisiche, genitori primordiali dell’umanità, se dobbiamo affermare che il sangue umano che continuò a scorrere nelle vene degli uomini risale a quella coppia umana progenitrice, possiamo d’altronde affermare che

• quanto di più prezioso possiamo ricevere nella nostra anima,

quanto di più santo e di maggior valore che si ripete quale perpetuo miracolo nelle anime umane,

tanto che possiamo accoglierlo quale nostra coscienza e che può vivere nella nostra anima,

è superiore al nostro io abituale;

se dunque vogliamo ricercare l’origine del bene più prezioso dell’anima umana,

che si può quasi chiamare il suo sangue animico,

dobbiamo giungere a ciò che risorse dalla tomba del Golgota.

 

Quel che infatti allora risorse

continua a vivere nelle anime umane che provano un risveglio interiore,

altrettanto come il sangue di Adamo ed Èva continua a vivere nei corpi degli uomini.

 

Dobbiamo scorgere nel Cristo risorto una specie di paternità primordiale,

l’Adamo spirituale che penetra nelle anime degli uomini

quando questi sperimentano il loro risveglio interiore,

e solo allora li riconduce al loro io completo, all’elemento che vivifica l’io nella maniera giusta.

 

Come il corpo vitale di Adamo scorre nei corpi fisici degli uomini,

così quel che risorse dalla tomba del Golgota scorre nelle anime di coloro che trovano la via verso di Lui.

• Questa è la seconda rivelazione che si è diffusa tra gli uomini,

perché avessero notizia di quanto è avvenuto per mezzo del mistero del Golgota.

 

Con i dieci comandamenti fu conferita agli uomini una guida che li governa da fuori,

e possiamo paragonare questo stato con la condizione del bambino che non può ancora parlare e pensare;

quello che l’ambiente compie nel bambino, venne compiuto nell’umanità dalla legge ebraica antica,

quando in certo senso l’umanità non sapeva ancora parlare e pensare.

 

Ma l’umanità poi imparò a parlare: in altre parole,

acquisì qualcosa che si può paragonare con l’imparare a parlare del bambino:

accolse cioè la cognizione del mistero del Golgota come la si trova nei Vangeli;

appunto la prima comprensione dei Vangeli da parte dell’umanità

può venir paragonata all’imparare a parlare del bambino.

 

Mediante i Vangeli è penetrata nelle anime e nei cuori degli uomini una forma di comprensione del mistero del Golgota che si compenetrava di quei sentimenti e di quelle sensazioni, insomma delle forze dell’anima che si producono quando facciamo agire su di noi le immagini e le scene più impressionanti e rappresentative dei Vangeli, come sono state dipinte dai grandi pittori: le immagini tradizionali dell’adorazione del Bambino da parte dei pastori o dei saggi dell’oriente, oppure la fuga in Egitto, e così via. Quanto allora è venuto al mondo, quanto da allora in poi gli uomini fecero agire sulle loro anime, si riferisce ai Vangeli ed è venuto a conoscenza degli uomini in modo che essi hanno imparato, a loro modo, a parlare del mistero del Golgota.

 

Adesso ci muoviamo verso la terza epoca di questo contesto: lo si può paragonare col fatto

• che il bambino impara il contenuto di pensiero della propria lingua,

• che può portarlo a coscienza nella sua favella.

 

Andiamo incontro alla rivelazione che ci porterà il pieno contenuto di pensiero,

il contenuto spirituale e animico dei Vangeli, perché finora i Vangeli non sono stati compresi dall’umanità

più di quanto comprenda il bambino quando impara a parlare prima di imparare a pensare.

• Nel contesto storico, gli uomini devono imparare a pensare, mediante la scienza dello spirito,

il contenuto di pensiero dei Vangeli dei quali, solo adesso,

possono fare agire su di sé tutto il profondo contenuto spirituale.

 

Tuttavia ciò si collega con un altro grande evento il cui avvicinarsi può essere sentito dall’umanità e che le si presenterà prima della fine del secolo ventesimo. Si tratta dell’evento che possiamo porci di fronte all’anima all’incirca così.

 

Ricolleghiamoci di nuovo al mistero del Golgota:

quanto del Cristo risuscitò dalla tomba del Golgota è ormai rimasto con la Terra,

in modo che può afferrare direttamente ogni singola anima umana,

risvegliando in essa l’io a un grado superiore di esistenza.

 

Quando parliamo in questo senso del mistero del Golgota,

possiamo affermare che il Cristo è divenuto lo Spirito della Terra, e tale è rimasto da allora;

ma nella nostra epoca ha inizio un importante mutamento del rapporto tra il Cristo e l’umanità,

mutamento legato col fatto che gli ascoltatori più o meno conoscono,

con la nuova rivelazione del Cristo agli uomini.

 

Si può caratterizzare tale nuova rivelazione anche in altra maniera, e qui dobbiamo riferirci a quel che avviene quando l’uomo passa per la porta della morte.

Quel che diremo adesso è qualcosa che finora non potè venire esposto in libri.

Quando l’uomo ha oltrepassato la porta della morte e ha vissuto il tratto di tempo in cui può mantenere la visione retrospettiva della vita trascorsa, sperimentando quindi la deposizione del suo corpo eterico, egli passa nel periodo del kamaloca e viene al cospetto di due figure. Di solito se ne menziona solo una, ma per l’esattezza possiamo affermare che (e quel che dico ora è un dato di fatto reale per ogni vero occultista) prima del kamaloca l’uomo capita davanti a due figure; quel che ora racconto vale però solo per gli uomini dell’occidente, o per quelli che hanno avuto un rapporto con la cultura occidentale negli ultimi millenni.

 

Sono dunque due le figure davanti alle quali compare l’uomo dopo la sua morte:

• una è Mosè (e si sa perfettamente di trovarsi davanti a Mosè) che gli presenta le tavole della legge;

nel medioevo lo si chiamava “Mosè con la severa legge”,

e l’uomo ha allora nel profondo dell’anima la coscienza di quanto abbia deviato dalla legge.

• L’altra figura vien detta “il Cherubino con la spada di fuoco“, ed è là per decidere su tale deviazione.

 

Questa è l’esperienza che si ha dopo la morte;

possiamo così affermare in senso scientifico-spirituale che con quanto ci si presenta mediante le due figure,

Mosè con la severa legge e il Cherubino con la spada di fuoco, si stabilisce il conto karmico.

• Questo fatto subisce nel nostro tempo una variazione della massima importanza

che si può enunciare così: nella nostra epoca il Cristo diventa il signore del karma

per tutti gli uomini che dopo la morte percorrono il cammino descritto.

 

Il Cristo si assume l’ufficio di giudice.

 

Cerchiamo di farcene un’idea esatta: grazie alla concezione del mondo della scienza dello spirito,

sappiamo già che abbiamo un conto karmico nel quale, per determinati fatti segnati su una sua pagina,

per tutte le azioni ragionevoli e belle, per tutte le buone azioni, sperimenteremo un certo pareggio karmico;

ma ciò avverrà anche per le azioni e i pensieri cattivi, brutti e mendaci.

 

Può darsi che nell’ulteriore corso della sua vita terrena l’uomo esaurisca da sé questo conto karmico,

ma egli può esaurire le azioni buone o cattive che esso contiene

nelle più diverse maniere, perché non è univocamente determinato

come si possa trovare il pareggio mediante questa o quella azione della nostra vita a venire.

 

Supponiamo che una persona abbia commesso una certa mala azione: essa dovrà fare del bene che pareggi il malfatto, ma questo bene lo può compiere in due maniere, e forse, con lo stesso sforzo, potrà essere a vantaggio di pochi, oppure di molti.

 

Che il nostro conto karmico sia così pareggiato in futuro, vale a dire se abbiamo trovato la via verso il Cristo,

che esso si inquadri in un ordinamento universale affinché il modo del nostro pareggio karmico provochi

la maggior salvezza possibile per gli uomini nel resto dell’evoluzione terrena,

di tanto avrà cura chi, dai nostri giorni in poi, diviene signore del karma, cioè ne avrà cura il Cristo.

 

Col trasferimento al Cristo della funzione di giudice delle azioni umane,

il Cristo stesso interviene nella sorte dell’uomo:

non in un corpo fisico, ma proprio per questo solo in favore degli uomini che, sempre in maggior numero,

acquisteranno la facoltà di percepirlo nel suo nuovo aspetto.

• Per essi il Cristo interverrà nella sorte dell’umanità terrena.

 

Allora sempre in numero crescente per i prossimi millenni,

a partire dal nostro secolo vi saranno uomini che per esempio, avendo compiuto questa o quell’azione,

si sentiranno spinti a desistere in parte da essa, poiché in loro sorgerà una straordinaria immagine di sogno;

in essa vedranno come in sogno qualcosa che sembra essere una loro azione,

senza che riescano a ricordare di aver mai compiuto quel che emerge in tale immagine.

 

Ma chi non si è preparato al fatto che qualcosa di simile possa sorgere nell’evoluzione umana, non potrà che considerarlo il prodotto di una fantasia confusa o di un’anima ammalata.

Coloro invece che si sono sufficientemente preparati, grazie alla terza manifestazione nell’evoluzione dell’umanità, quella che giunge con la scienza dello spirito, saranno in grado di riconoscere che si tratta delle nuove facoltà che stanno sviluppandosi nell’uomo e che permettono di guardare nel mondo spirituale.

Sapranno pure che l’immagine che sorge nella loro anima è un preannuncio del fatto karmico che dovrà avvenire in futuro, sia in questa vita, sia soprattutto in successive vite terrene, onde creare un pareggio per gli atti compiuti.

 

In breve, gli uomini acquisteranno un po’ alla volta la facoltà di scorgere in un’immagine di sogno il pareggio karmico, l’azione pareggiatrice che dovrà avvenire in futuro. Da questo fatto possiamo prevedere che anche nel nostro tempo è il caso di dire quello che già disse Giovanni Battista sul Giordano: mutate mente, perché verranno i tempi in cui si desteranno nuove facoltà per l’uomo.

 

Ma ciò che è stato detto di una specie di percezione del karma,

si presenterà prossimamente all’umanità in quanto in tale visione

si farà incontro all’uomo in un modo o nell’altro la figura eterica del Cristo:

il Cristo che vive realmente sul piano astrale, che non si incorpora in un corpo fisico,

ma che compare sulla Terra, visibile con le facoltà che si svilupperanno d’ora innanzi nell’uomo,

il Cristo quale consigliere e protettore degli uomini che hanno bisogno di consiglio,

di aiuto o di conforto nella solitudine della loro vita.

 

Verranno i tempi in cui gli uomini si sentiranno afflitti e miseri per le ragioni più diverse,

i tempi in cui avrà sempre minor valore e importanza l’aiuto di un uomo per l’altro,

perché aumenteranno sempre più la forza individuale e la vita individuale,

mentre calerà la possibilità che, come avveniva direttamente nel tempo antico,

un uomo possa esercitare un’azione di aiuto sull’anima di un altro.

• Ecco perché apparirà qua o là il grande consigliere nella sua figura eterica.

 

Il miglior consiglio che ci può essere impartito per il futuro è rendere la nostra anima più forte e vigorosa,

affinché si possa sempre più riconoscere, mentre ci avviamo verso il futuro,

sia in questa incarnazione (ciò che vale certamente per l’attuale gioventù), sia nella prossima,

che nell’uomo si destano nuove facoltà per imparare a conoscere il grande consigliere,

il giudice del karma per l’umanità futura, il Cristo nella sua nuova figura.

 

Per gli uomini che si preparano fin d’ora all’avvento del Cristo nel ventesimo secolo

non farà differenza, quando tale avvento si produrrà in ampia misura,

se saranno incarnati in un corpo fisico o se avranno già oltrepassato la porta della morte;

anch’essi infatti, se si erano preparati quaggiù all’avvento del Cristo,

avranno dopo la morte la giusta comprensione e la giusta relazione per esso,

mentre non potranno ottenerle coloro che sono passati disattentamente

accanto al terzo grande annuncio all’umanità, alla scienza dello spirito,

perché la preparazione all’avvento del Cristo deve venir acquisita qui, nel corpo fisico.

 

Quelli che oltrepassano la porta della morte

senza aver volto lo sguardo alla scienza dello spirito nell’attuale incarnazione,

dovranno attendere la prossima per acquisire nel giusto modo la comprensione dell’avvento del Cristo.

• Sta di fatto che chi non ne avrà avuto notizia sul piano fisico,

non ne potrà avere la comprensione nemmeno fra morte e nuova nascita

e dovrà attendere di venirne preparato quando sarà di nuovo sul piano fisico.

 

Dunque l’entità umana, indipendentemente dal momento della morte nella presente incarnazione,

è di fronte al grande evento che abbiamo indicato, di fronte al passaggio del Cristo al suo ufficio di giudice,

alla possibilità che il Cristo, rivestito di un corpo eterico,

penetri direttamente dal piano astrale nell’evoluzione dell’umanità,

divenendo visibile agli uomini, comparendo in luoghi diversi.

 

È caratteristico nell’evoluzione dell’umanità che le antiche qualità umane, non più tanto connesse con l’evoluzione spirituale, perdano sempre più significato.

Se abbracciamo con lo sguardo l’evolversi dell’umanità a partire dalla catastrofe atlantica, possiamo affermare che delle grandi differenze che si erano preparate nell’epoca atlantica si sono conservate negli uomini attuali quelle che chiamiamo differenze razziali; così in certo modo possiamo ancora parlare di una razza paleoindiana, di una razza paleopersiana, di una razza egizia, di una razza greco-latina; persino nel nostro tempo possiamo parlare di una specie di quinta razza.

Ma già adesso il concetto di razza cessa dall’avere un significato corretto; non sarà più, come lo era stato in periodi precedenti, che il sesto periodo di civiltà successivo al nostro si diffonderà da un centro geografico: l’importante sarà che l’antroposofia stessa si diffonda nell’umanità, che essa (come si diceva agli inizi, quando si aveva ancora una coscienza oscura della necessità di un simile movimento) debba essere una dottrina senza differenze di razza, di nazione o di stirpe.

 

Coloro che saranno passati attraverso la scienza dello spirito

deriveranno da tutte le razze nel sesto periodo di civiltà,

per fondare su tutta la Terra appunto un nuovo periodo di civiltà;

esso non si fonderà più su un concetto di razza, che non avrà più alcun significato;

detto in breve, svanirà tutto quanto ha significato nel mondo della maya, della spazialità sensibile.

 

Dobbiamo imparare a capirlo, mentre ci evolviamo in seno al movimento scientifico-spirituale, perché agli inizi non era stato ancora compreso. Ecco perché, se leggiamo il libro altrimenti meritorio di Olcott: Il catechismo buddista, esso suscita l’idea di uno svolgimento sempre uguale delle razze, come fossero ruote. Tali concetti perdono però significato per i prossimi tempi, e dobbiamo aver chiaro che gli stadi iniziali del movimento teosofico sono sorpassati e che non possiamo ascrivere al concetto di razza alcun senso corretto per il sesto periodo di civiltà.

 

Tutto quanto è limitato spazialmente perderà dunque significato,

e quindi chi comprende il senso dell’evoluzione dell’umanità capirà anche

che l’apparizione del Cristo, come avverrà nei prossimi tre millenni,

non potrà essere tale che il Cristo sia limitato in un corpo circoscritto spazialmente,

localizzato in un determinato territorio.

 

Se anche i mezzi di comunicazione fossero tanto aumentati, se qualcuno avesse bisogno di aiuto in America del Sud, mentre il Cristo, limitato da un corpo fisico, si trovasse in Europa, dovrebbe pure volare, se il suo aiuto dovesse venir prestato appunto nell’America del Sud. Insomma ci si può immaginare a piacimento la velocità di superamento dello spazio, tuttavia l’aiuto all’uomo che il Cristo dovrà prestare al suo ritorno sulla Terra, non si limiterà mai a quanto un essere può prestare in un corpo fisico. Non potrà cioè venir limitata dal fatto che il Cristo debba a un dato momento trovarsi solo in un determinato luogo: potrà invece dare aiuto contemporaneamente in un luogo e in un altro.

 

Poiché l’entità spirituale non è legata a regole spaziali, l’aiuto dal Cristo nella sua apparizione diretta

potrà giungere a un capo del mondo, come all’altro capo.

La nuova apparizione del Cristo non è legata a confini spaziali, né a un corpo fisico di carne.

• Solo chi non vuol capire nulla del progresso dell’umanità verso la spiritualità,

quello che trasforma gradualmente tutti i più importanti avvenimenti in spiritualità,

può dichiarare che l’Entità-Cristo possa essere collegata a un corpo fisico.

 

Abbiamo così caratterizzato come stanno le cose in merito alla terza rivelazione

e come in essa debba presentarsi quanto già oggi si fa per spiegare e illuminare il Vangelo.

 

Il Vangelo è il linguaggio;

la scienza dello spirito, nel suo rapporto col Vangelo, è il contenuto di pensiero del Vangelo stesso.

 

• Come il linguaggio è legato alla coscienza completa del bambino,

• così il Vangelo, come è stato annunciato, è in relazione

con la nuova rivelazione che deriva direttamente dal mondo spirituale

e deve diventare scienza dello spirito per l’umanità.

 

• Dobbiamo essere consapevoli di avere un certo compito, il compito di capire,

prima inconsciamente nell’anima, e poi sempre più consci,

la nostra appartenenza all’antroposofia.

• Dobbiamo considerarlo quasi un indizio da parte dello spirito dell’universo,

come una grazia degli spiriti dirigenti e creatori dell’universo,

se oggi il nostro cuore ci spinge verso questa nuova rivelazione

che si accompagna, come terza, a quelle del Sinai e del Giordano.

 

Il compito della nuova rivelazione è di farci conoscere la totalità dell’uomo,

di indicarci in modo sempre più approfondito

che la parte di sé di cui l’uomo è dapprima consapevole

è avviluppata da altre parti costitutive dell’umana natura

che hanno però la loro importanza nella totalità della vita dell’uomo.

• È quindi necessario che i nostri amici imparino a conoscere dai punti di vista più disparati

quali sono gli elementi dell’entità umana.

 

Oggi vogliamo partire dall’interiorità dell’uomo per parlare dell’entità umana.

Tutti gli antroposofi sanno anzitutto che, cominciando dall’io che è il vero nucleo essenziale dell’uomo, il primo involucro che incontriamo è quello che, in modo più o meno astratto, abbiamo chiamato il corpo astrale; sempre procedendo verso l’esterno, troviamo poi il cosiddetto corpo eterico e ancora più esternamente, il corpo fisico.

Attenendoci alla realtà, possiamo anche parlare in altro modo di questi tre involucri. Oggi vogliamo appunto derivare direttamente dalla vita una tesi che può essere enunciata solo traendola dalle idee dell’occultismo, ma che può essere compresa in base a un’osservazione imparziale della vita.

Chi oggi è divenuto altero e sprezzante seguendo la concezione scientifica del mondo, afferma che i tempi della fede sono da lungo sorpassati dall’umanità, poiché la fede fa parte di un suo stadio infantile: l’umanità è progredita allo stadio del sapere, perciò oggi si deve sapere e non si può più semplicemente credere.

 

Ebbene, ciò può sembrare tollerabile, ma in esso non vi è alcuna comprensione fondata; inoltre in tale contesto si possono sollevare anche altri quesiti, piuttosto di quello che chiede se nel corso dell’evoluzione il sapere sia stato conferito all’umanità per opera della scienza ufficiale.

Va proposto anche l’altro quesito: ma la fede significa ancora qualcosa per l’umanità? il fatto di credere non fa forse parte in generale dell’umana natura? Evidentemente può darsi che gli uomini, in certe situazioni, rinuncino alla fede o la perdano; ma come può succedere che gli uomini maltrattino per breve tempo la loro salute fisica, senza che subito si manifesti un danno, così può darsi, e succede in effetti, che essi considerino la fede un valore desueto dei propri padri; allora è proprio come quando si accaniscono sulla propria salute, consumando le loro vecchie energie.

Anche quando l’uomo considera la fede un valore sopravissuto dei padri, egli continua a nutrirsi delle forze vitali animiche derivanti dagli antichi valori di fede ereditati per tradizione.

 

Non spetta all’uomo abbandonare o no la fede,

perché questa rappresenta nell’anima umana una somma di forze appartenenti alle energie vitali dell’anima:

non importa che noi vogliamo o non vogliamo credere,

bensì che noi possediamo le forze dell’anima espresse dalla parola “fede”,

poiché l’anima inaridisce, si devasta e si isola se a nulla può credere.

 

Del resto ci furono uomini i quali, senza alcuna conoscenza scientifica, erano assai più assennati di coloro che rappresentano oggi la concezione scientifica del mondo; quelli non affermavano, come comunemente si pensa, di credere a quello che non sapevano, ma credevano proprio solo a quello che sapevano.

 

Solo il sapere può essere la base della fede:

dobbiamo sapere per poterci elevare alle forze di fede dell’anima umana,

dobbiamo avere nella nostra anima la capacità di mirare a un mondo soprasensibile,

di dirigere su di esso tutti i nostri pensieri e tutte le nostre rappresentazioni.

 

• Se non possediamo queste forze, appunto espresse dalla parola “fede”,

qualcosa si devasta in noi, diventiamo aridi, ci essicchiamo come le foglie in autunno:

può durare per un poco, ma poi non va più.

• Se l’umanità perdesse realmente la fede,

già dopo pochi decenni ne vedrebbe le conseguenze per l’evoluzione:

per effetto della perdita delle forze di fede, gli uomini

si comporterebbero in modo che nessuno saprebbe più che fare di se stesso,

nessuno si raccapezzerebbe nella vita, nessuno resisterebbe al mondo,

perché proverebbe paura, inquietudine e angoscia di fronte a ogni cosa.

 

In breve, solo dalle forze della fede ci può essere data una vita che sgorghi fresca nella nostra anima.

• Il fatto è che qualcosa giace nelle latebre (profondità) del nostro essere,

dapprima impercepibile dalla nostra coscienza, in cui il nostro vero io è collocato e riposa,

qualcosa che si fa improvvisamente valere se non lo vivifichiamo.

• Lo possiamo chiamare l’involucro umano nel quale sono viventi le forze della fede,

lo possiamo chiamare anima di fede o sia pure corpo di fede,

ed è lo stesso che finora abbiamo chiamato in maniera astratta il corpo astrale.

 

Le forze della fede sono le più importanti del corpo astrale,

e perciò il termine “corpo astrale” equivale a quello di “corpo di fede”.

La seconda forza che, come tale, deve esistere nelle profondità recondite dell’essere umano

è quella che si può esprimere con la parola “amore”.

L’amore non è solo quello che tiene uniti gli uomini con vincoli adatti,

ma è pure ciò di cui ha bisogno anche l’uomo singolo.

• Chi non può sviluppare alcuna forza d’amore si devasta e s’inaridisce nel suo essere:

immaginiamoci qualcuno tanto pieno di egoismo da non poter amare.

 

In fondo è molto triste vedere tali figure che non possono amare, anche se di tali persone ce ne sono, in modo visibile, solo fino a un certo grado: uomini che nella loro incarnazione conducono una vita senza generare in sé alcun calore vivente, quale può solo generarsi quando si può amare qualcosa o qualche essere nel mondo.

Figure che non lo possono, mentre si muovono nel mondo nella loro aridità e secchezza, hanno un aspetto ben triste.

 

Quella d’amore è infatti una forza vitale

che accende ciò che riposa nel più profondo del nostro essere e lo mantiene desto e vivace,

è una forza ancor più profonda della fede stessa.

 

• Come siamo avvolti in un corpo di fede che in un’altra prospettiva chiamiamo corpo astrale,

• così siamo pure avvolti in un corpo di amore che, nella scienza dello spirito, in altra prospettiva,

siamo usi chiamare corpo eterico o corpo vitale,

perché le forze che per prime agiscono dalle profondità del nostro essere, partendo dal nostro corpo eterico,

sono le medesime che si esprimono in quanto possiamo amare in tutti gli stadi della nostra esistenza.

 

Supponiamo che l’uomo possa allontanare dal suo essere la forza dell’amore; in realtà non può farlo nemmeno il più egoista perché, grazie a Dio, anche quello cui si aspira egoisticamente fa parte di quanto si ama; adoperando un esempio più alla mano, possiamo dire che quando l’avaro, incapace di amare qualcos’altro, si dà all’amore dell’oro, in lui ad una forza d’amore benefica si sostituisce una forza d’amore derivante dal più radicale egoismo. Ma supponiamo che si possa allontanare completamente dal proprio essere la forza dell’amore: allora l’involucro che si mantiene grazie alle forze dell’amore, dovrebbe rattrappirsi del tutto e dovrebbe morire fisicamente per vuoto d’amore. Il rattrappirsi delle forze d’amore equivale a quello del corpo eterico, perché il corpo eterico è anche corpo d’amore.

 

Abbiamo dunque al centro dell’essere umano il nucleo essenziale dell’uomo che è l’io;

il primo involucro che circonda l’io è il corpo di fede, a sua volta circondato dal corpo d’amore.

 

Se proseguiamo giungiamo a una classe di forze di cui abbiamo bisogno nella vita: se ci mancano del tutto,

lo avvertiamo esteriormente nella nostra umanità in maniera molto significativa.

 

Le forze quanto mai vitalizzanti di cui abbiamo bisogno

sono le forze della speranza, della sicurezza nel futuro.

• Finché apparteniamo al mondo fisico non possiamo fare un solo passo nell’esistenza senza la speranza.

 

Talvolta avanziamo delle strane scusanti quando per esempio

non vogliamo convenire che, in una certa prospettiva,

è necessario sapere che cosa accadrà tra morte e nuova nascita;

invece affermiamo: se non sappiamo che ne sarà di noi domani,

a che serve apprendere qualcosa su quel che accadrà tra morte e nuova nascita?

 

Ma è poi vero che non sappiamo quel che accadrà il giorno dopo? Non conosciamo del giorno dopo qualcosa in merito ai particolari della nostra via soprasensibile, in parole povere, forse noi non sappiamo se saremo ancora in vita domani, ma sappiamo di certo che, finché siamo fisicamente vivi, vi sarà domani il mattino, il mezzodì e la sera, proprio come oggi; se sono falegname e oggi ho costruito una tavola, so che la tavola esisterà anche domani; se invece ho fatto oggi un paio di stivali, so che domani qualcuno li potrà calzare; se poi abbiamo seminato qualcosa, sappiamo che spunterà l’anno prossimo.

 

Sappiamo esattamente quel che ci occorre sapere per il futuro:

se gli eventi futuri non avvenissero ritmicamente in modo prevedibile,

cioè sperabile in anticipo, la vita non sarebbe possibile nel mondo fisico.

 

Chi mai costruirebbe una tavola se non fosse sicuro che nella notte successiva essa non verrà distrutta,

o chi seminerebbe piante se non avesse alcun sospetto di quello che ne avverrà l’anno prossimo?

 

È proprio per la vita fisica che ci occorre la speranza; essa sostiene e conserva la vita fisica stessa.

Nulla può succedere nel piano fisico senza la speranza:

ecco perché le forze della speranza sono collegate

con l’ultimo involucro dell’essere umano, col nostro corpo fisico.

 

• Le forze della fede per il corpo astrale      • e le forze dell’amore per il corpo eterico

• sono le forze della speranza per il corpo fisico.

 

Perciò un uomo che non potesse sperare, che dovesse disperare sulle sue previsioni per il futuro,

si aggirerebbe per il mondo portandone le impronte ben osservabili nel suo corpo fisico.

 

Nulla più della mancanza di speranza

si esprime nelle rughe profonde e nelle forze mortificanti del nostro corpo fisico.

Possiamo affermare che il nostro nucleo centrale essenziale è avvolto

• dal corpo di fede o corpo astrale,

• dal corpo d’amore o corpo eterico

• e dal corpo di speranza o corpo fisico.

 

Noi afferriamo il giusto significato del corpo fisico solo se guardiamo a quello che è: e in verità esso non consiste di forze fisiche di attrazione e repulsione, come afferma la concezione materialistica, ma ha quelle che conosciamo concettualmente come forze della speranza. Ecco che cosa in realtà è contenuto nel nostro corpo fisico: la speranza, vera costruttrice del nostro corpo fisico, e non le forze di attrazione e di repulsione. Proprio in questo riferimento possiamo riconoscere la giustezza della nuova rivelazione, quella della scienza dello spirito.

Che cosa ci dà la scienza dello spirito? Poiché ci rende consapevoli della legge universale del karma, della legge delle vite terrene ripetute, ci compenetra di speranza, riguardo allo spirito, così come la coscienza che domani il sole spunterà, che i semi delle piante cresceranno, ci dà la speranza per il piano fisico.

 

Se comprendiamo il karma, la scienza dello spirito ci mostra

che la parte di noi che può essere vista ancora sul piano fisico

come deperibile e riducibile in polvere quando si varca la porta della morte,

che cioè il corpo fisico,

sarà ricostruito in una nuova vita dalle forze della speranza che ci compenetrano.

La scienza dello spirito provvede l’umanità delle più forti energie di speranza.

 

Anche se l’umanità di oggi respingesse la nuova rivelazione della scienza dello spirito, gli uomini ricomparirebbero lo stesso sulla Terra in una vita futura; la vita infatti non cessa perché gli uomini non sanno nulla delle leggi della vita stessa; gli uomini si incarnerebbero, ma nelle loro incarnazioni avverrebbe qualcosa di molto singolare: essi comparirebbero un po’ alla volta in una stirpe dal corpo tutto rugoso e appassito, una stirpe che avrebbe sulla Terra corpi tanto storpi da non poter più funzionare.

 

In breve, se non si ridestasse nelle profondità più segrete dell’essere umano, fin nel corpo fisico,

la coscienza e la forte speranza che ci viene dalla sicurezza

derivante dalla conoscenza della legge del karma e delle ripetute vite terrene,

calerebbero sull’umanità l’atrofia e la secchezza nelle future incarnazioni.

 

L’umanità mostra già la tendenza a generare corpi atrofizzati e rinsecchiti,

corpi che in futuro diventeranno sempre più rachitici, anche nel sistema osseo.

• Sarà la nuova rivelazione a conferire midollo alle ossa, forza vitale ai nervi,

se sarà presa non come mera teoria, ma come energia vitalizzante,

soprattutto dotata delle forze rianimanti della speranza.

 

Fede, amore e speranza sono tre gradi dell’essere umano

che fanno parte del suo stato generale di salute e della sua vita complessiva,

senza dei quali l’uomo non può esistere.

 

Altrettanto poco un locale buio può diventare un posto di lavoro se non viene illuminato, quanto poco un essere umano può sussistere nella sua natura quadripartita, se i suoi tre involucri non sono permeati, infiammati e fortificati da fede, amore e speranza, le forze fondamentali del nostro corpo astrale, del nostro corpo eterico e del nostro corpo fisico.

Cerchiamo di renderci conto di come la nuova rivelazione si inserisca nel mondo, compenetrando di contenuto di pensiero l’antico linguaggio.

 

Già dalla rivelazione dei Vangeli risuonano attraverso i tempi fede, amore e speranza come parole di saggezza, ma sono stati finora tanto poco compresi nei loro nessi con la vita dell’uomo, che solo in alcune regioni sono stati enunciati nella loro giusta sequenza; infatti talvolta si dice: fede, amore e speranza, e questa è la sequenza esatta, ma se ne è tanto poco afferrato il contenuto di pensiero che spesso si dice invece: fede, speranza e amore (o carità); è però sbagliato, poiché non si può dire: corpo astrale, corpo fisico e corpo eretico, volendo seguire l’ordine corretto. Si butta tutto alla rinfusa, un po’ come fa il bambino che, non possedendo il contenuto di pensiero del linguaggio, confonde talvolta ogni cosa nel parlare.

 

Così, rispetto alla seconda rivelazione, si cerca di compenetrare tutto con il pensiero; abbiamo cercato di farlo, per esempio, nelle spiegazioni dei Vangeli. Che cosa sono stati finora i Vangeli? Essi poterono guidare gli uomini all’edificazione mediante l’efficacia di sentimenti grandiosi, nel senso di dare un sentimento e una comprensione all’anima umana per il mistero del Golgota.

Ma si consideri semplicemente il dato di fatto che solo di recente si è cominciato a riflettere sui Vangeli, subito trovandovi delle contraddizioni; solo la scienza spirituale potrà mostrare come si possano chiarire.

Solo adesso si potrà quindi cominciare a far agire sull’anima il contenuto di pensiero del linguaggio dei mondi soprasensibili che è stato dato all’umanità con i Vangeli.

Alludiamo così all’evento più importante ed essenziale del nostro tempo, alla nuova apparizione del Cristo in un corpo eterico, apparizione che per il carattere del nostro tempo non può essere legata a un corpo fisico.

 

Inoltre alludiamo al fatto che il Cristo appare sulla Terra nella sua funzione di giudice, in confronto al Cristo sofferente del Golgota quale Cristo trionfante, quale signore del karma, come lo hanno anticipato i pittori del giudizio universale.

Quando lo si dipinge o lo si descrive in immagini, si rappresenta qualcosa che in un determinato momento avverrà, qualcosa che in verità inizia nel secolo ventesimo e proseguirà sino alla fine della Terra. Il giudizio inizia a partire dal nostro secolo e significa il regolamento del karma. Ecco che abbiamo visto quanto sia importante per la nostra epoca che questa rivelazione sia presente all’umanità, affinché si possano apprezzare degnamente fatti come fede, amore e speranza.

 

Chi non può credere ad altro che alla materialità, continui pure a comportarsi come lo fanno oggi molti nei confronti degli eventi di Palestina. Giovanni Battista aveva detto: mutate la vostra mente, perché i regni dei cieli sono vicini, ricevete l’io umano che non ha più bisogno di rinunciare a se stesso per entrare nel mondo spirituale. Con questo è detto in modo chiaro e comprensibile che con gli eventi di Palestina è giunta l’epoca in cui il soprasensibile può illuminare l’io umano; così i cieli sono discesi fino all’io umano, mentre prima l’io doveva immergersi nell’inconscio per arrivare ad essi.

 

Certo chi interpreta tutto materialisticamente, dice: già, il Cristo, tenendo conto delle debolezze, dei difetti e dei pregiudizi del suo tempo, proclamò ai creduloni di allora: o si realizzerà il regno millenario oppure verrà una catastrofe. Ma questa non è venuta.

Invece una catastrofe c’è stata realmente, ma osservabile solo dallo spirito. Sono stati i creduli e i superstiziosi a capire che il Cristo annunciasse letteralmente un avvento dalle nuvole, interpretando materialisticamente quel che il Cristo aveva inteso dire. Anche oggi ci può essere gente che interpreta materialisticamente quel che si può solo afferrare nello spirito, e se poi ciò non si compie materialmente, si formano un’opinione simile a quella del realizzarsi del regno millenario. Vi è pure qualcuno che, pieno di compassione per quel che avvenne al Cristo, dice: in tale occasione il Cristo era soggetto alle credenze del suo tempo e pensava a una prossima discesa del regno dei cieli in Terra; fu una debolezza del Cristo, così affermano anche grandi teologi, ma poi si vide che i regni dei cieli non sono affatto discesi in Terra.

 

Può anche darsi che gli uomini si accostino alla nostra nuova rivelazione affermando, quando già l’elevazione delle nuove facoltà umane sarà in pieno sviluppo, che nulla è avvenuto di quanto si era annunciato. Non si accorgeranno che tutto è già lì, ma che essi non lo vedono. Il fatto si ripeterà.

L’antroposofia deve riunire un gran numero di persone fino a quando il tempo sarà venuto per il compimento di quanto è stato detto da uomini che conoscono nel suo vero senso come la nuova rivelazione e come i nuovi fatti soprasensibili entreranno a far parte dell’evoluzione dell’umanità nel nostro secolo e da allora in poi, con un decorso analogo, acquisteranno un’importanza sempre crescente nel corso dei prossimi tre millenni, finché si avranno nuove grandi rivelazioni per l’umanità.