Formazione e trasformazione di cuore e cervello in relazione all’evoluzione macrocosmica

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 30.03.1910


 

Sommario: Tre gradini evolutivi del discernimento umano: logica incosciente del cuore (passato), logica dell’intelletto (presente), logica cosciente del cuore (futuro). La memoria. Leggere nella cronaca dell’Akasha. La quarta dimensione. Formazione e trasformazione di cuore e cervello in relazione all’evoluzione macrocosmica.

 

Era mia premura in queste conferenze comunicare quelle conoscenze che attualmente, per ragioni inerenti all’evoluzione dell’umanità, devono essere rese note, esponendole, in certo senso, da un lato diverso rispetto a quello in cui vengono mostrate, ad esempio, nei libri che potete avere su questo argomento.

Ho voluto illuminare queste conoscenze dal punto di vista dell’esperienza diretta e proprio per questo c’è da sperare che, grazie alla compenetrazione delle verità date di solito con i fatti immediati della coscienza, diverse cose si chiariscano anche in modo nuovo per questo o quell’aspetto.

Tuttavia colui che ha sentito solo queste conferenze e vuole ancora un po’ occuparsi dell’argomento potrà trovare un importante complemento di quanto qui è stato detto nei miei libri, ad esempio nel libro La scienza occulta, appena uscito, o in L’iniziazione – Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori?

 

Dopo le considerazioni fatte nella conferenza di ieri è comprensibile che, non appena si iniziano soprattutto a descrivere i mondi superiori, si possa farlo da punti di vista diversi. Abbiamo visto da quante differenti prospettive ci appare il nostro proprio Io, non appena lo scorgiamo dal di fuori con l’entrata nei mondi superiori.

Vorrei, per certi riguardi, continuare a sviluppare questa descrizione più a partire dall’interiorità e perciò riallacciarla a quanto abbiamo detto ieri sulla logica del cuore in contrapposizione con quello che nella vita esteriore si conosce come logica della testa o dell’intelletto.

 

• Abbiamo già potuto desumere dalla conferenza di ieri che la logica del cuore, in certo qual modo,

può venirci incontro due volte nell’evoluzione umana.

• Può presentarsi a noi in quella forma evolutiva in cui ciò che il cuore pensa

non è ancora compenetrato dalla logica dell’intelletto, dalla logica della testa.

 

Abbiamo fatto notare che oggi vi sono ancora delle persone che addirittura vorrebbero assolutamente rifiutare di occuparsi della logica dell’intelletto e di trasformare in concetti e idee ciò che avvertono e sentono come vero.

Nel nostro tempo presente questo stadio dell’evoluzione umana non si troverà più nella sua interezza; non può più esserci, perché ovunque volgessimo lo sguardo fra gli uomini attuali, troveremmo sempre, anche là dove ancora si giudica quasi del tutto a partire dalle impressioni dirette del cuore, quantomeno qualche concetto e idea intellettuale.

Per trovare uno stadio evolutivo ancora completamente privo di intelletto, dovremmo risalire molto indietro nell’evoluzione dell’umanità e allora vi troveremmo un primo livello di questa nostra attuale evoluzione.

Possiamo dunque dire che dalla natura stessa di quanto è stato descritto deriva che l’attuale nostro stadio evolutivo ne indica uno precedente, in cui il cuore soppesava a partire da una subcoscienza, da una coscienza non ancora intrisa di intelletto.

 

Oggi viviamo in un’epoca in cui questo giudizio originario del cuore,

questa logica primigenia è compenetrata da concetti e idee, in breve da ciò che chiamiamo logica intellettuale.

 

E se prendiamo in considerazione tutto ciò che abbiamo detto ieri, tenendo conto che l’essere umano può evolversi, possiamo far notare uno stadio evolutivo futuro, derivante dal nostro attuale, che oggi viene perseguito soltanto da pochi singoli individui che hanno un desiderio struggente, un impulso ad anticipare, in certo qual modo, il futuro.

 

Possiamo guardare a una condizione futura dell’umanità in cui questa mostrerà

che sarà di nuovo presente in pieno la logica del cuore,

ossia l’uomo sarà nuovamente capace di scorgere la verità a partire dall’immediatezza del suo sentire.

Ma egli avrà allora accolto in sé il gradino evolutivo

attraversato nel frattempo tra questi due, quello della logica dell’intelletto.

 

Così possiamo dire: «Ora attraversiamo – tutta l’umanità – lo stadio evolutivo dell’intelletto, della testa, per raggiungere di nuovo, a un gradino superiore, quello che era già stato raggiunto in uno inferiore: la logica del cuore».

 

Mentre allo stadio inferiore questa logica del cuore non era infiammata né illuminata da ciò che l’essere umano acquisisce grazie al proprio intelletto, a un livello superiore essa viene impregnata, avvampata e inondata di luce da quanto egli ha conseguito al gradino evolutivo attuale grazie a concetti e idee.

Quindi abbiamo dinanzi a noi tre gradini evolutivi dell’uomo: uno che si trova prima del nostro tempo, uno come quello del nostro tempo attuale e uno futuro. E vediamo anche il senso dell’evoluzione dal fatto che del nuovo viene aggiunto a quanto conseguito ad uno stadio precedente. Del nuovo viene dunque incluso al vecchio, il quale dev’essere vissuto poi, nel futuro.

 

Ma noi possiamo avere informazioni ancora più esatte proprio a partire dalle esperienze di coloro che oggi hanno già raggiunto, in certo senso, ciò che ieri è stato descritto come raggiungibile: una specie di stato di coscienza superiore con cui essi possono guardare chiaroveggentemente entro i mondi superiori. Possiamo anzi facilmente comprendere che da una tale trasformazione è interessata non solo la forza del pensare, ma che anche altre forze animiche assumeranno forme diverse quando si trasformerà la forza del pensare.

Dunque, dobbiamo più o meno chiederci: se qualcuno grazie alla preparazione scientifico-spirituale lavora innalzandosi a un gradino superiore del conoscere e progredisce dalla logica della testa, dell’intelletto, alla logica del cuore, dal pensare della testa al pensare del cuore, si cambiano anche le altre facoltà dell’anima?

 

Prendiamo una qualche facoltà – possiamo spiegare queste cose così complicate solo con degli esempi –, prendiamo ad esempio la memoria. Questa è una forza animica, come è una forza dell’anima il pensare. Il pensare si trasforma; da pensare della testa diventa pensare del cuore, se il discepolo dello spirito continua a evolversi. Ma com’è con la memoria?

 

Nella vita ordinaria la memoria ci si fa incontro, nella coscienza normale, nel modo seguente: l’uomo ha innanzitutto una coscienza del momento presente. Egli vede le cose che nel tempo attuale lo circondano nello spazio, ha le sue percezioni e da qui si fa le sue rappresentazioni. Egli può assorbire tutto ciò nella sua coscienza. L’essere umano, però, può avere anche una coscienza di ciò che era presente spazialmente, ma è separato temporalmente.

Di questo si rende conto grazie alla memoria; con questa retrocede dal presente nel passato. Quando ci ricordiamo di qualcosa che ieri abbiamo vissuto, guardiamo indietro nel tempo. Guardiamo qualcosa che ora non è più intorno a noi, ma che una volta lo era.

Ognuno che esamini la memoria in questo senso si accorge che essa non è collegata allo spazio come la coscienza del presente, bensì al tempo. Quando siamo attivi con la nostra memoria, guardiamo all’indietro nel tempo. Questa specie di attività della coscienza cambia moltissimo per il discepolo dello spirito.

 

Ora devo esplicitamente osservare che il ricercatore spirituale, ovviamente, non ha bisogno di utilizzare le sue facoltà superiori in ogni momento della sua vita. Egli le possiede, ma le mette in attività soltanto quando vuole indagare nei mondi superiori.

Se vi indaga, il suo pensare della testa si trasforma nel pensare del cuore. Ma egli, per le ordinarie esperienze diurne, naturalmente, non ha bisogno di queste facoltà animiche con cui si traspone nella coscienza superiore; anche nella vita di tutti i giorni, egli pensa allo stesso modo degli altri esseri umani. È dunque un potersi trasferire da un normale stato di coscienza in uno sovranormale, di cui l’indagatore dello spirito deve essere capace. Questo dobbiamo sempre tenerlo presente.

 

Non possiamo dire che il ricercatore dello spirito debba sempre mostrare i tratti caratteristici [della coscienza superiore] che abbiamo descritto. La sua memoria si trasforma in tutti i casi in cui egli è nello stato di coscienza con cui indaga nel mondo spirituale, così da percepire in esso grazie a una facoltà simile alla memoria ordinaria, solo che non percepisce temporalmente, ma spazialmente. È una completa trasformazione che avviene con la memoria.

Mentre se l’uomo, nella coscienza usuale, si vuole ricordare di qualcosa che ha sperimentato il giorno prima, rivolge lo sguardo indietro nel tempo e cerca di portar su, per così dire, le esperienze di quel giorno, nell’avanzare della conoscenza spirituale del discepolo dello spirito le cose stanno così: egli sperimenta il passato contemporaneamente al presente, separato da lui solo spazialmente, grossomodo come quando si sta qui e si guarda attraverso una porta nello spazio vicino.

È dunque così: gli eventi di ieri se ne stanno lì contemporaneamente nello spazio, separati solo come da una distanza da quelli odierni; e ciò che è molto indietro nel tempo, è soltanto più lontano, nello spazio corrispondente, rispetto al presente.

 

Si può dunque dire: gli eventi che, in genere, per la memoria appaiono uno dopo l’altro nel tempo, per il ricercatore spirituale si presentano invece uno accanto all’altro, ed egli deve, per così dire, muoversi da un avvenimento all’altro.

Se ponderiamo bene quanto è già stato detto nelle precedenti conferenze, riconosceremo che concorda molto bene con quanto è stato ora spiegato. Venne detto che nel mondo spirituale ci si deve unire con le cose e le entità. Se queste si trovano lontane nel tempo di qualcuno, si deve andare verso di loro per unirsi con loro.

Si deve tornare indietro, si deve passare in rassegna la linea del tempo come una linea nello spazio per potersi unire con gli esseri e le cose.

 

Si può dire che, riguardo alla facoltà animica della memoria, il tempo si trasforma in una specie di spazio, non appena si entra nel mondo spirituale. Dunque la memoria è divenuta per il discepolo dello spirito una facoltà essenzialmente nuova. Egli vede un evento passato come se fosse ancora lì nel presente e valuta il tempo che è passato a seconda della distanza in cui esso è separato da lui.

Così ne possiamo desumere che il passato per il discepolo spirituale si presenta come qualcosa che spazialmente sta fianco a fianco. Quando questa forma di memoria è conseguita, l’indagare nel passato è effettivamente come un leggere gli avvenimenti che vi si trovano. Questa lettura degli eventi così rimasti si chiama lettura nella cronaca dell’Akasha. È un mondo in cui il tempo è divenuto spazio.

 

Come il nostro mondo in cui viviamo si designa come mondo fisico, così si può definire il mondo in cui il tempo è diventato spazio come mondo dell’Akasha. Ciò modifica tutta la costituzione animica interiore del vero, autentico mistico, poiché ciò che nella vita ordinaria viene chiamato tempo, qui non c’è proprio più in quella forma.

In questo esempio è proprio da riconoscere, in modo mirabile, come le cose, se le si considera sottilmente dal loro vero punto di vista, concordino meravigliosamente. Pensiamo un po’ che ne sarebbe dell’uomo nella vita ordinaria se egli non potesse conciliare il suo pensare con la sua memoria, se trovasse la sua logica dell’intelletto in contraddizione con ciò che la sua memoria dice. Ci possiamo facilmente costruire un caso simile.

 

Immaginiamo di avere dinanzi a noi un qualche documento che porti, supponiamo, la data del 26 marzo. Questa è una percezione che abbiamo nella nostra coscienza del presente. Ma noi eravamo presenti quando ha avuto luogo quell’evento che sta scritto in questo documento, risaliamo a quel giorno e la nostra memoria ci dice che l’evento dev’essere successo un giorno prima. Qui abbiamo per così dire un caso grossolano in cui la nostra coscienza del presente entra in contraddizione con la nostra coscienza mnemonica.

Simili casi si possono, di norma, correggere con molta facilità nel mondo fisico. Nel mondo spirituale è molto più difficile correggere un errore, poiché vi si possono portar dentro degli errori persino attraverso la propria natura. Nel mondo fisico, in genere, un errore di pensiero non è proprio così grave, poiché le circostanze correggono da sé gli errori.

Quando ad esempio qualcuno, diciamo, non volge debita attenzione alla strada, e si dimentica di prendere la strada a destra per tornare a casa, imboccando invece quella di sinistra, si renderà conto in fretta dello sbaglio. Dunque, sul piano fisico un errore non è affatto così grave. Ma sul piano spirituale non abbiamo così agevoli correzioni degli errori; lì si deve avere in sé la sicurezza per evitarli. Quindi si deve avere la massima preparazione per ottenere questa sicurezza.

 

Un errore nel mondo spirituale potrebbe costare molto caro,

un unico sbaglio potrebbe portare facilmente dentro l’abisso.

Ci deve essere una determinata armonia tra la logica del cuore e questo genere di memoria appena descritta,

allo stesso modo in cui c’è un’armonia tra la logica della testa e la memoria della coscienza ordinaria.

 

Ma dal modo in cui ci evolviamo in senso superiore secondo le indicazioni della scienza dello spirito, ci vien data una garanzia dell’esistenza di una tale armonia. E qui arriviamo a una frase a cui il discepolo spirituale, in realtà, deve sempre prestare ascolto: tutto ciò che è esteriormente fisico viene effettivamente compreso soltanto se non è preso direttamente, ma è inteso come simbolo di un sovrasensibile, di uno spirituale. In effetti, abbiamo nel nostro cervello uno strumento fisico per la nostra logica della testa.

Questo è qualcosa che ognuno può sapere attraverso la scienza ordinaria. Tuttavia non possiamo allo stesso modo dire di avere nel nostro cuore fisico uno strumento per la logica del cuore, poiché questa è qualcosa di assai più spirituale della logica della testa e il nostro cuore non è un organo fisico per il pensare del cuore allo stesso grado di come lo è il nostro cervello per il pensare dell’intelletto.

Ma vi è un simbolo davanti a noi, in certo modo, nel nostro sistema fisico del cuore. Quando infatti il pensare del cuore trasforma il tempo nello spazio, nel momento in cui si penetra nel mondo spirituale ci si deve proprio muovere incessantemente intorno con tutto il proprio essere, si deve stare in circolazione continua. Questa decisamente è anche la sensazione sperimentata da chi si innalza dalla memoria abituale alla memoria superiore del ricercatore spirituale.

 

Mentre l’uomo con la memoria ordinaria crede di essere fermo al presente e di volgere lo sguardo indietro al passato, il ricercatore dello spirito ha l’esperienza interiore di andare a passeggio indietro nel tempo, di passare in rassegna il tempo. E questa coscienza si esprime esteriormente a partire dal vissuto del nostro sistema sanguigno che dev’essere pure in continuo movimento, se comunque vogliamo vivere.

Nel nostro sangue compiamo continuamente il movimento dal cuore attraverso il corpo, e di nuovo indietro. La circolazione sanguigna ci dà l’immagine di un movimento. Il sangue è in un movimento continuo, così che quanto dunque gli appartiene è effettivamente in un incessante movimento.

 

Ciò che invece appartiene alla testa, non lo troveremo in un corrispondente movimento continuo. Le parti del cervello rimangono sempre nel posto in cui sono, così che il cervello in effetti è un simbolo fisico di quella coscienza che avviene nello spazio. Il sangue che scorre, il succo del cuore, è un’immagine, nella sua circolazione, della mobilità del pensare del cuore del ricercatore spirituale.

Così ogni elemento fisico è un simbolo del corrispondente elemento spirituale. È effettivamente un fatto straordinariamente interessante avere nel nostro sistema sanguigno un’immagine di certe facoltà del ricercatore dello spirito e anche dei mondi in cui egli si muove.

Così, innalzandoci alla comprensione di una coscienza superiore guardiamo decisamente entro uno spazio diverso, uno spazio che l’ordinaria coscienza non conosce affatto, uno spazio che sorgerebbe se il flusso del tempo coagulasse per sempre.

 

Pensate: se volessimo avere davanti a noi quello che ieri abbiamo sperimentato, dovrebbe essere come rappreso un momento di quanto è stato vissuto ieri.

Nel momento seguente tutto il mondo è già nuovamente diverso; l’istante che c’è adesso e ancora non c’è dovrebbe, per così dire, essere immortalato come in una fotografia.

Ogni attimo dovrebbe esser trattenuto e quindi queste fotografie una di seguito all’altra dovrebbero venir disposte nello spazio una accanto all’altra. Avremmo allora ciò che il ricercatore spirituale ha realmente vivente davanti a sé. Non solo ha dinanzi a sé lo spazio solito, ma uno di natura totalmente diversa.

 

Un tale spazio si differenzia in modo molto sostanziale da quello in cui viviamo abitualmente. Nello spazio ordinario non possiamo assolutamente abbozzare una raffigurazione dello spazio spirituale. Infatti se prendiamo lo spazio fisico e cerchiamo di tracciarvi una linea da qualche parte, riusciamo a tracciarla solo all’interno di questo spazio.

Non andiamo affatto al di là di questo spazio. Quindi non siamo proprio in grado di disegnare entro lo spazio ordinario ciò che il ricercatore spirituale attraversa nello spazio spirituale. Per costui il tempo diventa spazio in cui egli procede da un punto all’altro.

 

Vediamo dunque che la coscienza abituale è racchiusa nello spazio; non può affatto uscirne. Però il ricercatore dello spirito può. Egli sa come muoversi quando ad esempio vuole giungere ad eventi che hanno avuto luogo, supponiamo, quattro o cinque giorni prima. Egli risale attraverso le immagini degli avvenimenti degli ultimi quattro o cinque giorni, come su una linea.

Questa linea è tale da non poter essere né disegnata in modo bidimensionale né raffigurata in modo tridimensionale nello spazio. Essa in genere non è rappresentabile per la coscienza ordinaria, poiché quest’ultima non può uscire dallo spazio tridimensionale. Il ricercatore dello spirito si muove, però, a partire dallo spazio abituale e si addentra in uno spazio che ha un’altra dimensione, una quarta, in senso vero e proprio.

 

Lo spazio che costui penetra quando ottiene la nuova memoria ha una dimensione in più rispetto allo spazio ordinario; questa è una dimensione che non possiamo trovare nello spazio fisico. Perciò dobbiamo parlare del fatto che il ricercatore spirituale, nel momento in cui riceve questa memoria superiore, esce dalle tre dimensioni dello spazio.

Ora non abbiamo soltanto indicato che tale concetto è immaginabile dallo spazio quadridimensionale, ma che c’è una ben determinata facoltà, vale a dire la memoria superiore dell’essere umano, per la quale tale spazio quadridimensionale è una realtà.

 

Ogni cosa ha, sotto un certo aspetto, anche il suo rovescio e questo c’è anche per lo sviluppo di quella facoltà animica che è stata appena descritta. Quando qualcuno riceve istruzioni per evolversi e salire ai mondi spirituali, ha davanti ai suoi occhi come obiettivo il conseguimento di questa memoria spirituale dello spazio.

Ma se noi attraversiamo un tale sviluppo o ce lo facciamo raccontare da altri che l’hanno già iniziato, verremo a sapere che certe persone forse si lamentano quando non riescono ancora a capire la faccenda – poiché se la intuissero, non si lamenterebbero, ma considererebbero la cosa come del tutto naturale – e dicono: «Prima avevo un’ottima memoria, ma da quando ho iniziato a sottopormi a questa preparazione essa è diminuita».

È qualcosa che corrisponde a un’esperienza del tutto giusta. La memoria ordinaria, in effetti, a questo gradino dell’evoluzione subisce dapprima una perdita. È un’esperienza che può essere fatta.

 

Chi lo sa non si farà alcuno scrupolo a riguardo, poiché sa bene di ricevere un sostanzioso indennizzo per questo, se si trovasse quasi al limite in cui la cosa può diventare pericolosa. A quel punto noterà proprio di ottenerne un risarcimento per la memoria. Di certo sarà molto difficile per lui dover ricordare qualcosa che ha vissuto il giorno prima, ma ne riceverà un rimborso nel fatto che un’immagine gli compare davanti all’anima. In quell’immagine stanno vivacemente lì, dinanzi all’occhio spirituale, gli avvenimenti che egli ha sperimentato; questi fatti passati si impongono in immagini alla sua coscienza.

 

E questa è una memoria molto più fedele e più sicura di quella che si ha usualmente nella vita. Perciò possiamo anche ben apprendere da alcuni, che hanno attraversato uno certo sviluppo, come siano passati per una specie di oscuramento della loro memoria e come ne abbiano poi di nuovo ricevuto un rischiaramento in forma nuova.

E questa nuova memoria è molto singolare, poiché le cose passate stanno dinanzi agli occhi come in immagini. Questa memoria è migliore di quella ordinaria, poiché quest’ultima ha un grande carenza: mostra le cose in modo molto nebuloso e sbiadito, e vanno persi i particolari. Ma questi riemergono di nuovo per la memoria che li presenta come in immagini spaziali. In tal caso tutto prende risalto arricchendosi di ombre e sfumature, e l’affidabilità della memoria aumenta enormemente.

 

Vediamo dunque sorgere una nuova facoltà dell’anima che tuttavia adesso non sta lì come il ricordo, come il ricordo di pensieri, il ricordo di rappresentazione per una cosa passata, ma come la visione del passato.

Vediamo emergere una nuova capacità animica; ma tra quello che oggi corrisponde a questa facoltà e quello che questa può divenire vediamo un po’ come una specie di oscuramento della capacità corrispondente. Per ottenere la nuova memoria, la vecchia, in certo modo, scema, si oscura. Allora giunge sempre più con slancio la nuova. Si insinua quindi come un oscuramento tra le due facoltà.

 

Ora abbiamo dunque da distinguere, in certo qual modo,

tre condizioni animiche della memoria:

• quella della memoria abituale che può avere un certo grado di affidabilità,

• poi una specie di oscuramento,

• quindi un riaccendersi della memoria in una nuova forma.

 

La condizione che mostra al suo punto culminante una tale facoltà dell’anima, con un’espressione della filosofia orientale, si chiama “manvantara”; e per quella in cui subentra un oscuramento, parliamo di un “pralaya”. Dapprima abbiamo una memoria forte, un manvantara, poi sopraggiunge un oscuramento della stessa, un pralaya della memoria, e quindi di nuovo un manvantara, in cui la capacità della memoria si ripresenta a un livello superiore.

 

Se ci ricordiamo di quanto è stato detto riguardo all’evoluzione umana, possiamo far notare che l’essere umano in tempi passati aveva già una specie di logica del cuore, nel presente attraversa la logica dell’intelletto e nel futuro gli sarà nuovamente peculiare una logica del cuore, che sarà come un frutto della logica dell’intelletto. Ma anche in quella condizione precedente dell’uomo qualcosa di simile deve aver corrisposto alle facoltà animiche, come quello che nel futuro verrà riacquistato con la logica del cuore.

 

Dunque, non abbiamo solo respinto l’antico stato animico in cui il pensare dell’intelletto non esisteva ancora, ma anche qualcosa che è simile appunto alla memoria superiore descritta, ma ad un livello inferiore.

Una specie di memoria che guardava in immagini era associata allo stato primordiale del pensare, proprio come una memoria che guarda in immagini dev’essere connessa al futuro stato dell’umanità.

Ed ora possiamo addirittura rappresentarci l’essere di un uomo primordiale. Egli non pensava come l’uomo attuale, poiché il pensare in concetti è stato acquisito solo più tardi. Egli aveva la logica del cuore non illuminata da ragione e scienza nel senso odierno. Ma a questa era unita una specie di memoria dello spazio, così che il tempo è diventato spazio.

 

Oggi l’uomo, se vuole rivolgere lo sguardo a tempi passati, deve sforzare la memoria per quanto basta. Quando questa non è sufficiente deve prender in mano documenti e svolgervi delle ricerche. Sappiamo come il passato, oggi, venga investigato.

Viene investigato a partire da ciò che si è conservato nella singola memoria umana, da quanto i popoli hanno ancora mantenuto nelle loro tradizioni, e da ciò che è custodito in documenti di pietra, ad esempio nei monumenti e così via; e se risaliamo più indietro nel tempo, da quanto è rimasto di resti d’ossa, conchiglie, pietre, che ancor oggi, con il loro aspetto, mostrano la loro utilizzazione.

Tutto questo ci fa notare gradini evolutivi precedenti. In breve, tutto ciò che c’è viene investigato per ottenere, in questo modo, un’immagine del passato. Si deve prendere proprio il punto di vista del presente e da qui ricostruirsi il passato.

 

Vediamo ora in uno stato primordiale dell’umanità in cui le cose non stavano così, in cui l’uomo aveva il passato in immagine davanti a sé, come un elemento spazialmente presente. E questo ci dà una sorta di spiegazione per un precedente tipo di costituzione animica umana.

L’uomo nel passato non aveva bisogno di ricercare la propria origine, bensì la poteva vedere.

A seconda del grado della sua evoluzione, egli poteva più o meno guardare molto indietro nel passato. E mentre vi guardava, vedeva quello da cui egli stesso era provenuto. Con questo possiamo spiegarci il profondo rispetto con cui l’essere umano guardava indietro nel passato e la conoscenza diretta che egli aveva allora del suo passato.

 

Dopo che ci siamo posti davanti all’anima queste tre condizioni successive dell’umanità, dobbiamo guardare un po’ più precisamente nell’essere dell’uomo, se vogliamo proseguire nella comprensione dell’evoluzione umana. L’uomo odierno così com’è adesso, lo è diventato; ce lo può già insegnare un’osservazione fisica esteriore: egli non è stato sempre così.

Si è perfezionato necessariamente da altre condizioni, da altre forme della sua esistenza fino a quella attuale. Riguardo all’elemento animico abbiamo ricordato uno stato precedente, poiché potevamo riconoscere che esso è simile a un altro che l’uomo, quando è passato per la forza del pensare umano, conseguirà nel futuro.

Se solo teniamo presente quanto è stato detto ieri e l’altro ieri, che l’uomo nel suo stato attuale può applicare sulla sua anima i metodi che l’insegnante spirituale gli consegna, per evolversi ulteriormente, dobbiamo dirci: sarebbe inconcepibile che lo si fosse potuto a un precedente gradino; sarebbe impensabile che ci si fosse potuti trasformare subito da una condizione precedente in quella futura.

Questo veniva proprio rigorosamente sottolineato: innanzitutto i frutti della condizione presente vanno inseriti nella propria anima, per elevarsi ai gradini superiori.

 

Non è possibile saltare alcun gradino dell’evoluzione umana; ogni tappa va percorsa. Affinché sia resa possibile l’evoluzione dell’uomo nel futuro, affinché egli possa procedere a quanto ci siamo posto davanti come ideale così significativo, l’uomo dovette, dunque, essere dapprima formato fino al suo gradino attuale. Prima di giungere alla logica superiore del cuore, egli deve sviluppare la logica della testa.

Questa ha i suoi strumenti nel cervello e nel midollo spinale.

 

Abbiamo visto che cervello e midollo spinale sono stati formati da quelle forze che abbiamo trovato nel regno della ragione e che ci sono quindi affluite da quel regno. Tutto il resto è stato respinto, e venne fatto affluire solo quello che in quanto a forze si trova nel regno della ragione, affinché nel nostro interno si potesse formare questa meravigliosa costruzione del nostro cervello.

Così possiamo dire che il cervello umano ha avuto la possibilità di formarsi, perché l’uomo divenne capace di escludere da tale formazione tutti gli altri regni e di lasciarvi entrare soltanto il regno della ragione.

Ma come ci dev’essere il cervello umano, se l’uomo si vuole sviluppare ulteriormente per procedere verso il futuro gradino del pensare del cuore, il cui organo viene formato a partire dalle forze del regno degli archetipi, così possiamo facilmente immaginare che anche prima doveva esserci qualcosa, prima che si potesse formare il cervello dal regno della ragione.

Esattamente come ora dobbiamo lavorare sulla base del nostro cervello, se vogliamo farci strada fino ai regni superiori, così prima il fondamento del lavoro del regno della ragione dovette essere diretto a partire da regni differenti.

Cioè, come la nostra ulteriore evoluzione presuppone la logica dell’intelletto con il proprio strumento, il cervello, così questo strumento del cervello presuppone il lavoro del regno della ragione, e questo presuppone di nuovo un altro fondamento, un lavoro, quello del successivo regno inferiore.

 

Volgiamo lo sguardo indietro a qualcosa che possiamo comprendere come un evolversi da un gradino precedente, in cui il regno della ragione non si riversava ancora nell’uomo, ma vi affluiva il regno spirituale, come abbiamo descritto, quando il regno della ragione non era ancora per niente attivo in lui. Guardiamo a un futuro in cui affluiscono delle forze all’uomo dal regno degli archetipi.

Guardiamo al presente in cui il cervello si plasmò per l’uomo dal regno della ragione. E guardiamo a un passato dove a partire dal regno spirituale venne formato all’uomo quello che corrispondeva, quale fondamento, al precedente gradino evolutivo. Potremo trovare questo facilmente comprensibile, se applichiamo tutto quel che abbiamo detto in modo ragionevole.

 

Il nostro cervello è stato plasmato a partire dal regno della ragione. E abbiamo trovato che la logica del cuore che precede la logica dell’intelletto è possibile soltanto grazie alle azioni del regno della ragione. Da questo ci apparirà comprensibile che, ad uno stadio iniziale per l’uomo, sia stato formato il suo cuore attuale a partire da quel regno spirituale.

Questo organo di adesso sta in stretto rapporto, effettivamente, con quello che è la logica del cuore non cosciente.

La futura logica superiore del cuore è naturalmente molto più spirituale.

Ma la logica del cuore ordinaria, che ancora non è resa malaticcia dall’intelletto, ha in effetti nel cuore fisico una specie di mezzo di espressione, come la ragione ha un mezzo di espressione nel cervello fisico.

 

Quando l’uomo ritiene qualunque cosa come bella, vera, grande, magnifica e buona, non per riflessione, non per fredda, obiettiva riflessione intellettuale, quando egli immediatamente, senza riflessione dell’intelletto, si accosta a un bello, a un vero, a un buono, allora esprimerà già la sua approvazione verso il suddetto bello, vero e buono, valendosi del pulsare superiore del cuore. Il nostro cuore batte realmente davanti al bello, al magnifico, al grande e al buono in modo diverso che davanti al dannoso, al cattivo, al brutto e al basso. In tale logica primordiale del cuore vi è qualcosa che può essere chiamato un partecipare immediato.

Quando questa logica del cuore che si svolge nella subcoscienza si presenta con un linguaggio più chiaro, il cuore mostra molto chiaramente, anche già con la sua circolazione sanguigna, come questo sia un’espressione della logica del cuore. Possiamo vedere come un dolore ripetuto per una qualche perdita che ci sta continuamente davanti agli occhi può suscitare in noi qualcosa che poi si esprime in tutta la corporeità, forse addirittura fino al consumarsi della corporeità.

 

Troveremo comprensibile che altrettanto come il nostro cervello è stato formato a partire dal regno della ragione, come il nostro futuro cuore spiritualizzato deve essere plasmato dal mondo degli archetipi, così il nostro cuore attuale è stato prodotto dal regno spirituale. Perciò il nostro cuore, dunque, ci si mostra come un organo che ci indica quel fondamento nell’uomo che dovette già esserci prima di venir formato l’organo del suo pensare.

Ciò che oggi c’è nella testa dell’uomo, il cervello, poté innanzitutto essere formato dopo che era stato creato il cuore umano. Scorgiamo qui qualcosa che può darci un concetto del tutto diverso del corpo umano, della corporeità umana esteriore.

Così come gli organi si trovano nello spazio, l’uno accanto all’altro, ci fanno notare che non sono contemporanei, ma che il cervello è una formazione posteriore rispetto al cuore. Il cuore è un organo più antico. Esso dovette, in certo modo, essere formato prima; poi, solo sulla base del cuore è stato possibile inserire, quale formazione ulteriore, il cervello. Quanto qui ci si presenta, è qualcosa di straordinariamente interessante.

 

Ci si mostra infatti che, se abbiamo due organi, uno vicino all’altro, è del tutto fuori luogo ritenerli equivalenti. Siamo corretti solo se diciamo che il cervello è una formazione più recente, il cuore una più antica. Per trovare l’origine del cuore dobbiamo risalire ad epoche più remote rispetto a quella in cui arriviamo quando vogliamo comprendere l’origine del cervello.

Ma un organo non smette di svilupparsi quando ce n’è un altro. Possiamo quindi dire che il cuore dovette esistere prima del cervello. Quando però si formò e si sviluppò il cervello, anche il cuore continuò a svilupparsi e si trasformò. Così il cuore, come ora si presenta, mostra due trasformazioni e il cervello una sola.

Comprendiamo il cuore, quindi, non attraverso il fatto che lo mettiamo nello spazio semplicemente accanto al cervello, ma lo comprendiamo soltanto se lo prendiamo come un organo più vecchio del cervello.

 

Chi pone semplicemente nello spazio il cuore vicino al cervello dell’uomo è simile a un individuo che vede un uomo di quarant’anni vicino a un giovane di quindici e dica: «Questi stanno l’uno accanto all’altro, quindi li osservo anche assieme e mi faccio una rappresentazione del modo in cui sono fatti, considerandoli esattamente contemporanei».

Una tale persona commetterebbe naturalmente una stoltezza se volesse classificare entrambi in base a stessi principi evolutivi; poiché per comprendere il quindicenne deve prendere in considerazione quindici anni di sviluppo, e nel quarantenne ne deve supporre quaranta. Si reputerebbe come stolto un uomo che non si rendesse conto che forse potrebbe chiedersi: «Non è che per caso il giovane quindicenne sia il figlio del quarantenne? Non riesco a spiegarmi parecchie cose se lo considero come suo discendente?». Sarebbe una stoltezza non prendere in considerazione questo.

 

L’odierna anatomia ha il punto di vista di questa stoltezza. Essa non sa nulla del fatto che non si possono considerare gli organi del corpo umano semplicemente l’uno accanto all’altro, ma che li si debbono ritenere differenti, poiché essi stanno su gradini evolutivi diversi; e si comprenderà correttamente il cervello accanto al cuore solo se si concepisce il cervello come formazione più giovane e il cuore come formazione più antica.

E finché non si avrà una tale anatomia che non considera i differenti organi semplicemente come se stanno nello spazio uno accanto all’altro, ma li considera nella loro valenza come formazione più recente o come formazione più vecchia, allora per molto tempo, soprattutto, non si comprenderà molto della vera essenza dell’uomo.

 

Così dunque vediamo che il metodo scientifico-spirituale deve offrire la chiave per la comprensione di questi organi, che la scienza ordinaria non mostra. Solo chi percorre un reale sviluppo per innalzarsi ai mondi superiori giunge a una vera conoscenza degli organi; con le abituali deduzioni non si consegue proprio nulla di particolare.

Chi trae conclusioni solo dall’esterno, non cava un ragno da un buco, poiché dal di fuori non è possibile discernere realmente gli organi, quale sia il più vecchio e quale il più giovane. Soltanto quell’essere umano che consegue la memoria spirituale dello spazio impara a distinguere queste cose.

Quando egli torna indietro con la sua memoria dello spazio, non ha bisogno di fare molta strada per trovare il cervello al suo inizio. Ne deve percorrere molto di più per trovare il cuore al suo esordio. E se con le conoscenze della scienza dello spirito ricerchiamo le cose suddette nel mondo fisico, ve le troviamo confermate. In effetti, si comprenderà correttamente l’organismo dell’uomo solo se lo si spiega in modo scientifico-spirituale.

 

Ricorderemo di aver detto che tra la facoltà animica che nella normale coscienza ordinaria si presenta come memoria e la nuova facoltà della memoria dello spazio c’è un oscuramento, qualcosa come una specie di estinzione della memoria. Il ricercatore dello spirito trova corrispondente a questa condizione di manvantara e pralaya della memoria qualcosa di simile in tutta l’evoluzione.

Se ci rappresentiamo ad esempio cuore e cervello di un essere umano, così come essi oggi sono l’uno accanto all’altro nella corporeità fisica, troviamo che si sono sviluppati per un determinato periodo uno accanto all’altro.

Se torniamo ulteriormente indietro, arriviamo all’inizio della formazione del cervello. Ma questo non è l’inizio della formazione del cuore. Dobbiamo risalire molto più indietro nel tempo, a uno stadio in cui il cuore non era ancora in connessione col cervello, in cui non affluivano ancora giù le forze del mondo della ragione, ma solo quelle del mondo spirituale.

Così possiamo distinguere uno stato dell’uomo in cui scorrevano giù, dentro la sua entità, quali forze più elevate, quelle del regno spirituale, poi uno stato in cui affluivano nel suo essere anche le forze del regno della ragione. Tra queste due condizioni vi è un po’ come un pralaya in grande, cioè un oscuramento di tutta l’evoluzione umana e poi un presentarsi in una nuova forma.

 

Se guardiamo indietro dall’uomo attuale che ha cuore e cervello a un uomo precedente che non aveva ancora il cervello, questi era un uomo del cuore; ma volendo risalire dall’uomo attuale a quello del cuore, dobbiamo passare per un pralaya, in cui l’esistenza umana esteriore era estinta.

E quando un giorno, nel futuro, lo stadio superiore, che oggi il ricercatore spirituale può raggiungere nello spirito, sarà conseguito in modo che si esprimerà anche esteriormente nel corpo, allora avremo di nuovo una diversa condizione dell’essere umano. Possiamo infatti immaginare che l’uomo che ha un cervello appaia diverso da quello la cui organizzazione si esprime nel cuore. L’uomo del cuore esteriormente deve avere un aspetto diverso da quello dell’uomo del cervello.

 

Ma oggi l’investigatore spirituale non può cambiare ancora la sua figura corporea. Se una divinità discende sulla Terra, deve presentarsi in un corpo umano attuale. Così quanto oggi è da ottenere grazie a un’evoluzione spirituale, viene dapprima raggiunto negli elementi invisibili dell’articolazione umana; il cambiamento si esprimerà anche nel corpo fisico, in uno stadio futuro dell’umanità. Vale a dire, dobbiamo rappresentarci che l’essere umano nel futuro apparirà del tutto diverso anche esteriormente.

Egli avrà trasformato totalmente il proprio cervello e il proprio cuore e, a tal riguardo, avrà formato un nuovo organo accanto al cervello. E come oggi il cervello si inarca al di sopra del cuore, così un simile organo futuro, nuovamente, starà in un determinato rapporto col cervello.

Ma fra lo stadio attuale dell’uomo e la sua forma futura c’è di nuovo un pralaya, cioè l’attuale condizione dell’esistenza umana deve venir cancellata nell’esteriorità fisica e seguire una nuova condizione.

 

Così abbiamo potuto porre l’attenzione su tre successivi stadi dell’umanità, di cui il primo era tale che l’uomo era un uomo del cuore, in cui tutto era rapportato al cuore come oggi tutto è riferito al cervello; e da qui abbiamo visto sorgere l’uomo attuale; e possiamo avere un presentimento di un uomo futuro che sarà un cosciente uomo del cuore.

Se consideriamo l’uomo attuale, così dobbiamo dire, come oggi sta davanti a noi nella sua forma fisica con tutto il suo organismo, egli può essere nella sua figura odierna solo su questa Terra.

Chi considera l’essere umano in rapporto a tutta l’esistenza terrestre dirà che egli è così come è tutta la Terra, poiché è strettamente in relazione con tutte le forze, con tutte le caratteristiche e le condizioni della Terra. Se pensassimo la Terra soltanto un po’ modificata, l’uomo non vi potrebbe vivere nella sua forma attuale.

 

Se ad esempio la composizione chimica dell’acqua e i rapporti volumetrici dell’aria non fossero così come sono, se la pressione atmosferica fosse più forte o più debole, la forma umana dovrebbe essere totalmente diversa. Ossia, non possiamo pensare a un essere umano odierno quale corporeità fisica, senza pensare a tutta la Terra così com’è.

Quando facciamo notare uno stato precedente dell’uomo, il precedente uomo del cuore come lo abbiamo descritto, dobbiamo pensarlo collegato ad un altro stadio planetario.

E quando poniamo l’attenzione sull’essere umano futuro, che un giorno avrà quanto già oggi ha il ricercatore dello spirito, dobbiamo di nuovo pensarlo unito a un’altra condizione planetaria e non sulla nostra Terra attuale. Se vogliamo soprattutto raccapezzarci, dobbiamo avere qualcosa come una specie di filo di Arianna.

Dobbiamo rappresentarci che allo stesso modo in cui l’uomo si è sviluppato da una condizione precedente, così pure tutta la Terra si è sviluppata, e dunque la nostra Terra attuale riconduce ad uno stadio planetario precedente da cui via via si è sviluppata e ne accenna a uno futuro verso cui si svilupperà. E tra queste condizioni c’è ogni volta un pralaya, una condizione di oscuramento.

 

Lo stadio planetario da cui si è sviluppata la Terra e in cui l’essere umano poteva ricevere quella forma precedente di cui abbiamo parlato, lo chiamiamo antico stadio lunare della Terra, e quella condizione in cui la Terra si trasformerà quando l’uomo avrà una nuova forma, la designiamo come stadio planetario di Giove. Vale a dire, arriviamo a tre stadi successivi della Terra stessa. Possiamo dire: la Terra si è sviluppata dall’antica Luna verso la Terra e si svilupperà verso un futuro Giove.

Dobbiamo rappresentarci però che queste trasformazioni possono avvenire solo per il fatto che si modificano tutte le condizioni. I cambiamenti nell’uomo possono succedere soltanto perché sono mutate tutte le condizioni. Durante l’antico stadio lunare si riversavano nel regno umano solo le forze dal mondo spirituale, mentre sulla Terra attuale ci affluiscono le forze dal mondo della ragione e su Giove affluiranno dal mondo degli archetipi. Questi tre stadi planetari vivono, a partire dai mondi spirituali, sotto influssi del tutto diversi.

 

Ora abbiamo davvero mostrato, per così dire, per un verso, ciò che la nostra scienza scolastica non sa trovare. Ho già detto come essa vuole spiegare, con una goccia d’olio ruotante, come sorge un sistema planetario.

Dopo questo esperimento che si fa a scuola, in cui si spinge un disco di cartoncino attraverso una goccia d’olio e con un ago si porta la goccia a ruotare, un ragazzo sveglio dovrebbe realmente dire: «Ma là fuori nell’universo dovrebbe anche stare un enorme maestro per girare la nebulosa cosmica!». Solo perché si è disabituato i giovani a porre tali questioni, essi si tranquillizzano con il commento dell’insegnante.

 

Adesso, però, abbiamo perlomeno una rappresentazione di come un pianeta nasca da una forma precedente. Non abbiamo di certo alcun maestro che porta in rotazione una goccia d’olio, ma abbiamo potuto vedere certi esseri universali che operano giù dai diversi regni spirituali.

Abbiamo potuto vedere come venga formata l’antica Luna a partire dal regno spirituale, come essa venga rimaneggiata per il fatto che intervengono delle forze dai mondi superiori, e come poi entreranno in azione altre forze da un mondo ancor più elevato. Ora scorgiamo lo spirituale all’opera nell’elemento fisico.

 

Ho descritto che l’essere umano non potrebbe essere così come si presenta oggi, senza essere in armonia con tutto quello che è la nostra Terra odierna. La formazione dell’uomo deve corrispondere a quella di tutta la Terra, così come la formazione della Terra intera dev’essere conforme a quella dell’uomo. Ora possiamo immaginarci che la nostra Terra attuale, così com’è, non sia affatto possibile diversamente se non con una certa distanza dal Sole e con un certo rapporto coi pianeti. Se pensassimo a qualcosa di spostato nel sistema solare, tutto sarebbe completamente diverso e anche l’uomo.

Se dunque risaliamo a un pianeta precedente, accanto all’antica Luna, allora doveva essere disposto in un sistema del tutto differente dalla Terra attuale. Quindi, con l’intervento delle entità del regno della ragione si trasformò non solo la nostra Terra, ma tutto il nostro sistema solare divenne un altro quando l’antica Luna si trasformò nella Terra attuale.

 

Così vediamo che, in effetti, può essere trovato un filo che, prendendo le mosse dalla trasformazione dell’uomo, del microcosmo, del piccolo mondo, ci conduce alla trasformazione dell’intero macrocosmo, del grande mondo. Vediamo all’opera i diversi regni, come essi riorganizzino il macrocosmo e il microcosmo; sono le stesse entità ad essere attive in entrambi.

Se volgiamo lo sguardo indietro nel tempo prima del nostro sistema solare attuale, arriviamo innanzitutto a una specie di oscuramento. Esteriormente sembra come una specie di nebulosa gassosa, ma a questa lavorano di continuo delle entità dai regni spirituali.

 

Prima di questo solleviamo lo sguardo a un sistema ancora precedente, da cui è scaturito il nostro attuale sistema solare. Se procediamo ancora più indietro, sempre più indietro, giungiamo alla fine a uno stadio molto diverso da quello odierno, così dissimile che di fronte ad esso cessa il domandare abituale.

Dobbiamo imparare a porre domande in modo diverso, quando arriviamo a questa condizione molto differente dell’universo. Perché, in fondo, poniamo delle domande? Le poniamo perché il nostro intelletto, in certo modo, è fatto così. Ma abbiam visto che il nostro intelletto si è formato solo col nostro cervello. Le nostre domande dell’intelletto non hanno dunque più alcun senso, quando arriviamo in quello stadio in cui il nostro cervello non era ancora formato.

 

Nei mondi che formano innanzitutto il fondamento del mondo dell’intelletto, il porre domande secondo i concetti intellettuali non ha alcun senso; qui dobbiamo ricorrere a mezzi di indagine, di conoscenza diversi rispetto a quelli che ci dà l’intelletto. Quelle persone che tuttavia non vedono più in là del proprio naso, crederanno effettivamente che si possa interrogare l’intero universo con la forma ordinaria del porre domande.

Ma questo non è possibile, bensì ci si deve render conto che si può chiedere qualunque cosa solo in modo appropriato. Con il mondo che è venuto prima del nostro potremo solo raccapezzarci, se stimoliamo in noi quelle forze che trovano espressione nel pensare del cuore.

 

Vediamo dunque che l’essere umano deve cambiare addirittura per quel che concerne la sua curiosità nel domandare. E sebbene non occorra essere così scortese come quell’uomo che, a chi gli chiedeva che cosa il buon Dio avesse mai fatto nel tempo prima di creare il mondo, disse, a riguardo, che aveva tagliato delle verghe per punire chi avesse fatto domande inutili, tuttavia in tale risposta è data, in certo modo, un’indicazione del fatto che l’essere umano debba cambiare anche per quel che riguarda il suo modo di porre domande, se vuole innalzarsi alle conoscenze dei mondi superiori.