Gli antefatti spirituali del mistero del Golgota: durante l’epoca lemurica, all’inizio e alla fine dell’epoca atlantica

O.O. 152 – Verso il mistero del Golgota – 07.03.1914


 

Nel nostro tempo, è sempre più importante che le anime che per via del proprio karma giungono alla scienza dello spirito suscitino in sé una profonda impressione riguardo a ciò che possiamo chiamare la comprensione del mistero del Golgota. Gli amici che erano presenti alle nostre ultime riunioni hanno già udito parecchio sul fatto che il mistero del Golgota ha un precedente spirituale, è stato preceduto da qualcosa che è al tempo stesso la conclusione di un ciclo di avvenimenti. I nostri cari amici hanno anche appreso che nel corso dell’evoluzione della Terra ha avuto luogo l’unione dell’entità-Cristo con il corpo di Gesù di Nazareth, e che per questo sulle contrade della nostra Terra è transitato un essere grazie al quale si è avuta sul piano fìsico la presenza del Cristo cosmico.

 

È necessario, per l’avvenire dell’evoluzione, che l’umanità acquisti sempre più la comprensione del mistero del Golgota e che, da questa, sempre più scaturiscano riverenza e dedizione profonda per ciò che con il mistero del Golgota è avvenuto per tale evoluzione. Noi sappiamo che a preparazione del mistero del Golgota nacquero due bambini Gesù. L’uno era il Gesù con l’io di Zarathustra; l’altro – della linea natanica della casa di Davide – era un essere del tutto speciale. Sappiamo che nel bambino Gesù natanico dodicenne trasmigrò dall’altro bambino, dal Gesù salomonico, l’io di Zarathustra, e che poi, tra il dodicesimo e il trentesimo anno, questo Gesù natanico dotato dell’io di Zarathustra si preparò a ricevere, grazie all’evento cui si accenna con il battesimo nel Giordano, l’entità del Cristo, dalla quale questo Gesù di Nazareth viene pervaso e che alla morte di lui si riversa nella sfera spirituale della Terra. All’umanità è dato così di prendere parte sempre più a forze spirituali che, scaturite dal mistero del Golgota, possono fluire in tutti i cuori.

 

In un certo senso, già tre volte aveva avuto luogo una preparazione di questo mistero del Golgota

per la salvezza dell’umanità:

• una volta nell’antica epoca lemurica,

• una seconda volta nell’epoca atlantica,

• una terza sul finire dell’epoca atlantica.

 

• Infine si è svolto il mistero all’inizio della nostra era, nell’epoca postatlantica.

Ma ciò che noi chiamiamo il mistero del Golgota ha avuto luogo unicamente sul piano fisico;

gli altri eventi, che furono quelli preparatori, hanno avuto luogo interamente nel mondo spirituale.

 

Tuttavia, le forze elaborate in questi eventi, i fatti accaduti, sono fluiti, per la salvezza dell’umanità, nelle anime e nei corpi terreni. E in tutti questi eventi che preparano il mistero del Golgota è stata ancor sempre presente la stessa entità che nacque in seguito come bambino Gesù natanico e che fu compenetrata dal Cristo.

 

Poiché il fatto essenziale del mistero del Golgota è che l’entità del bambino Gesù natanico è stata compenetrata dal Cristo. Anche nei tre eventi anteriori era presente questa entità del Gesù natanico, soltanto che essa non era incarnata come uomo fìsico, bensì viveva nei mondi spirituali come entità spirituale dell’ordine degli Arcangeli. E nei mondi spirituali l’entità del Cristo la compenetrò delle forze preliminari del mistero del Golgota; una volta nell’epoca lemurica e due nell’epoca atlantica.

 

Dunque possiamo dire che nei mondi spirituali ci furono quasi tre vite di Arcangeli. L’entità che condusse questa vita angelica-arcangelica era in fondo la stessa che nacque più tardi come uomo, come il bambino Gesù descrittoci nel Vangelo di Luca. Per tre volte questa entità, che più tardi si presentò come uomo, si offerse in sacrificio affinché penetrasse in lei l’impulso del Cristo.

 

Come nel Cristo-Gesù ci sta davanti un uomo pervaso dell’impulso del Cristo, così possiamo dire che prima, per tre volte, un Arcangelo fu pervaso dell’impulso del Cristo. E come i fatti attinenti al mistero del Golgota sono fluiti nell’atmosfera spirituale, della Terra, così fluì in essa dal cosmo ciò che era accaduto in quei tre primi eventi.

 

Se contempliamo il corso della nostra evoluzione, e vediamo come il mistero del Golgota ne stia al centro, possiamo proprio dire: in questo mistero del Golgota è dato il punto centrale dell’evoluzione terrestre. Tutto ciò che accade prima, accenna, quasi preparandolo, a questo mistero del Golgota; mentre tutto ciò che accade in seguito, è un graduale progressivo fluire nelle anime umane e nei cuori umani delle forze del mistero del Golgota.

 

Se esaminiamo più precisamente in quale parte costitutiva della natura umana sia fluita la forza del mistero del Golgota, possiamo dire: la forza del mistero del Golgota fluisce in quella parte costitutiva dell’essere umano (purché essa vi si dischiuda) che è capace di sviluppare la propria coscienza sul piano fìsico. E non è forse così? Al bambino, appena nato, non possiamo ancora parlare del Cristo Gesù. Non vi è alcun modo per farglielo comprendere. E se fermassimo il suo sguardo sopra qualche immagine, che sia della Madonna Sistina col bambino Gesù o che sia di un crocifisso, osserveremmo – se siamo capaci di vedere dentro l’anima del bimbo – che in questi primissimi tempi della vita infantile non è possibile accostarci a quest’anima coi nostri mezzi esteriori di educazione, che sono propri del piano fìsico.

 

Possiamo, bensì, fin dal momento in cui il bimbo incomincia a balbettare, abituarlo a pronunciare il nome del Cristo. Possiamo dargli delle rappresentazioni che accennino al Cristo. Ma la vera e profonda comprensione del cuore, noi non la sentiremo ancora predisposta in questi primordi della vita infantile umana. Anche il pallido sentimento per il Cristo che i nostri mezzi educativi esteriori possono provocare nel bambino, non può accendersi se non a partire dal tempo in cui il bambino abbia raggiunto quel punto della sua vita al quale più tardi potrà giungere il suo ricordo retrospettivo: il punto in cui si sveglia la sua coscienza dell’io. La sua comprensione non sarà certo grande, anche nei primi anni che seguono al risveglio della coscienza dell’io.

 

Ma tutte le rappresentazioni del Cristo che gli trasmetteremo – non dogmaticamente, bensì comunicandogliele in maniera che la vita dell’impulso cristico aliti nelle rappresentazioni e nelle parole -, sarà benefico al bambino, divenuto uomo, per tutto il corso della sua vita. Dopo il risveglio della coscienza dell’io potremo esercitare sul bambino qualche debole influsso, benché non si ci sia ancora in lui se non un albore di coscienza. Per esempio, dopo il risveglio della coscienza dell’io, pur non potendo ancora essere influenzato dai mezzi fisici, il bambino leverà lo sguardo a contemplare la Madonna Sistina, a contemplare la croce col Cristo in tutt’altra maniera rispetto a prima. Poiché, come il mistero del Golgota è entrato nell’evoluzione terrena dell’umanità, così il bambino è destinato a esplicarsi nel progresso della vita spirituale sul piano fisico. E, per essere precisi, l’uomo pone il piede coscientemente sul piano fisico soltanto allorché si desta il suo io. Ma che cosa c’è prima?

 

Nel bambino, tre fatti precedono il risveglio dell’io:

tre fatti ai quali pure ho già accennato in altre conferenze, tre fatti d’importanza somma.

 

• Egli impara a camminare, ossia impara a sollevarsi dalla posizione nella quale non può ancora trasferire il proprio corpo dalla linea terrestre alle altezze celesti del cosmo. Per forza interiore propria, il bambino impara a darsi la posizione eretta, a distogliere lo sguardo dalle cose terrene, verso le quali l’animale, a causa della sua figura e di tutto ciò a cui la sua condizione lo destina, è costretto a rivolgerlo. (Le eccezioni sono solo apparenti). Il bimbo acquista dunque, prima che la coscienza dell’io si risvegli, il portamento eretto.

 

Nella nostra attuale esistenza postatlantica noi realmente ripercorriamo stati precedenti dell’evoluzione. Quello che ci eravamo solo gradatamente appropriato durante l’antica epoca lemurica, l’imparare a camminare eretti, l’imparare a stare in piedi, lo ripetiamo ora nell’età infantile, prima del risveglio cosciente del nostro io. Tutto ciò si svolge entro i limiti di quell’età in cui l’ergersi non dipende ancora dalla nostra coscienza.

Quegli animali che camminano quasi eretti, quasi orientati nella verticale, hanno un organismo costituito in modo tale che essi vengono posti per natura in questa posizione quasi eretta. Sarebbe errato fare un paragone.

 

L’uomo, all’inizio della sua vita, prima che si svegli in lui la coscienza dell’io, proprio dalla sua predisposizione all’io è chiamato ad assumere la posizione eretta, verticale, a sollevarsi dalla posizione in cui era effettivamente ancora nell’antica epoca lunare. La direzione della sua spina dorsale correva allora parallela alla superficie della Luna. Durante l’antica epoca lemurica l’uomo imparò a trasformare la direzione lunare in quella terrestre; e ciò per il fatto che soltanto durante l’evoluzione della Terra gli Spiriti della forma, dalla loro propria sostanza, infusero nell’uomo l’io. Il primo segno dell’essere stato quest’io infuso nell’uomo è quella forza interiore mediante la quale egli si erge. Così l’uomo, grazie alla sua posizione, viene strappato alla Terra.

 

La Terra ha in sé forze spirituali che possono scorrere attraverso la spina dorsale, ove questa mantenga naturalmente, come nel corpo delle bestie, la linea orizzontale; ma non ha forze capaci di servire in modo immediato all’essere umano, il quale può assumere la posizione verticale in virtù del suo io (la cui coscienza si desta più tardi). Affinché l’uomo possa armonicamente svilupparsi camminando eretto, è necessario che fluiscano in lui forze dal cosmo, dalle regioni extraterrestri.

 

Se nell’antica epoca lemurica non avesse avuto luogo il primo evento del Cristo, grazie al quale l’uomo, mediante la sua posizione eretta, viene strappato dall’ambito delle forze spirituali della Terra, Lucifero e Arimane avrebbero potuto scompigliare tutta l’evoluzione umana.

 

In quest’antica epoca lemurica ha avuto luogo, entro quel regno spirituale ch’è il più vicino al nostro regno terreno, la compenetrazione da parte dell’entità del Cristo di quell’essere angelico che diventò più tardi il Gesù natanico. Fu questo un gradino preliminare del mistero del Golgota. Ne conseguì che in quest’antica epoca lemurica – ma in altezze eteriche, spirituali, dove, se lo avessimo cercato, lo avremmo trovato come essere angelico in figura eterica – il futuro Gesù natanico acquistò figura d’uomo; non carnale, naturalmente, ma eterica.

 

Grazie alla compenetrazione del Cristo, il futuro Gesù di Nazareth acquistò figura eterica d’uomo. Con ciò è intervenuto nel cosmo un fatto nuovo che, irradiando sulla Terra, ha reso possibile all’uomo, alla forma fìsica dell’uomo terrestre, nella quale fluì la forza dell’entità eterica del Cristo, di salvaguardarsi dalla rovina che sarebbe avvenuta se la forza formativa che fa dell’uomo un essere eretto, irradiando dal cosmo, non lo avesse compenetrato. Un grave disordine si sarebbe dovuto produrre, se dal Sole fisico non fosse fluita sulla Terra la forza che deriva dal primo evento del Cristo.

 

Ciò che l’uomo accolse in sé grazie a questo, visse nell’evoluzione dell’umanità dall’antica epoca lemurica in avanti. E noi contempleremo in modo giusto lo sviluppo della creatura umana se, nel momento in cui il bimbo, dalle sue condizioni di essere che striscia malamente per Terra o si spinge avanti carponi, per la prima volta si alza in piedi a camminare, diremo:

• questo fatto può compiersi, per la salvezza dell’umanità, solo perché nell’antica epoca lemurica ebbe luogo il primo evento del Cristo; perché il futuro Gesù natanico, allora, nell’epoca lemurica, compenetrando il proprio essere spirituale-eterico con l’essere del Cristo, assunse forma eterica umana.

 

La scienza dello spirito vuole davvero arricchire i nostri sentimenti! Se il sentimento che proviamo guardando un bambino che si rizza in piedi e impara a camminare può vivere nella nostra anima, esso ha indubbiamente un sostrato di religiosità profonda. Dobbiamo poi più spesso ricordare la ragione per cui il bambino cammina, e pensare come ciò sia dovuto all’impulso del Cristo. Allora avremo arricchito la nostra concezione del mondo, mediante la scienza dello spirito; e di fronte a quanto ci attornia avremo destato in noi un sentimento che altrimenti non potremmo avere.

 

La scienza spirituale quasi ci addita i protettori, i custodi della crescita infantile;

così diveniamo consapevoli che la forza del Cristo irradia sulla formazione del bambino.

Vi è già noto che i nostri progenitori lemurici erano muti.

L’uomo dell’Atlantide fu il primo che dovette imparare a parlare;

e vi ho descritto nel mio Dalla cronaca dell’akasha come ciò si sia svolto.

 

• È questa del linguaggio la seconda facoltà che il bambino si appropria, prima che si svegli in lui la coscienza vera e propria dell’io. Il risveglio della coscienza dell’io segue poi, quando il bimbo ha imparato a parlare.

L’imparare a parlare è proprio cosa fondata soltanto sopra una specie d’imitazione, la cui disposizione giace tuttavia nelle profondità della natura umana. E questo parlare è, a sua volta, una facoltà umana che è penetrata nell’uomo terrestre per il fatto ch’egli è progredito nel suo sviluppo. Per il fatto che gli Spiriti della forma si sono riversati in lui, compenetrandolo, egli è in grado di parlare, di vivere la sua vita terrena sul piano fìsico. Con ciò l’uomo si strappa mediante due elementi alle forze spirituali che sono attive sulla Terra.

 

Gli animali non imparano a parlare e sono compenetrati da queste forze spirituali della Terra. Persino l’esprimersi con gesti non è il parlare degli uomini; e se, per via di ammaestramento o di altro, si riuscisse a insegnare all’animale qualcosa di simile al parlare, interverrebbero al di fuori del suo corpo circostanze che sarebbe compito della scienza dello spirito trattare; il che esorbita dal nostro tema. Vogliamo fermarci allo sviluppo normale dell’uomo e dire come il linguaggio umano fosse già stato predisposto nell’uomo dalle altezze divine, grazie a ciò che in lui avevano riversato gli Spiriti della forma. Vogliamo fermarci a questo e considerare in che modo l’uomo si sia andato trasformando da un essere muto a un essere dotato di favella. Egli si è reso indipendente dalle forze che pervadono spiritualmente la Terra, così come con la sua posizione eretta ha affermato la sua indipendenza dalla prima corrente.

 

L’influsso luciferico-arimanico avrebbe dovuto rendere ignobile ogni cosa nella favella, se l’uomo fosse rimasto abbandonato unicamente alla Terra, se influssi cosmico-spirituali non si fossero riversati in lui. Se per mezzo del Cristo nulla fosse avvenuto, l’uomo, durante l’epoca atlantica, avrebbe sviluppato tutti gli organi della favella: laringe, lingua, trachea ecc., ed anche gli organi più interni, in quanto connessi con quelli, in modo ch’egli sarebbe stato capace soltanto di esprimere in un misero balbettìo — simile ai responsi sibillini o medianici — ciò che gli procura egoisticamente dolore, gioia, piacere, voluttà.

 

L’uomo sarebbe stato bensì capace di emettere accenti molto più artistici rispetto all’animale, ma nei suoi accenti avrebbe trovato soltanto le espressioni per quel che vive nel suo interno. Avrebbe trovato degli accenti vivaci per le sue sensazioni, per quello che si svolge nel suo organismo sotto forma di processi corporei: tutto il linguaggio sarebbe stato una somma d’interiezioni. L’arte della favella, pure assumendo caratteri della massima complicazione, si sarebbe limitata alle interiezioni, mentre ora le parole che esprimono le nostre sensazioni sono ridotte al minimo.

 

Questo pericolo fu stornato dall’evoluzione umana: il disordine che minacciava la facoltà del linguaggio – nella misura in cui questo disordine esprime l’interiorità umana – venne scongiurato dal secondo evento del Cristo; e ciò per il fatto che quell’entità delle altezze eteriche, la quale in seguito sarebbe diventata il bambino Gesù natanico, si compenetrò per la seconda volta con l’entità del Cristo; e assunse una natura tale da pervadere ormai gli organi corporei dell’uomo così da renderlo capace di emettere vari altri suoni oltre alle interiezioni. L’uomo deve al secondo evento del Cristo la possibilità di afferrare ciò che è oggettivo.

 

Tuttavia, la favella, la possibilità dell’uomo di trasformare in parole i propri moti animici, si trovava ancora davanti a un pericolo. Grazie al secondo evento del Cristo potè accadere che l’uomo non trovasse soltanto suoni, interiezioni, espressioni per i propri stati d’animo. Ma la facoltà di designare con parole le cose esteriori, sì che le parole potessero diventare segni esatti per esse, soggiaceva ancora, fino ad epoca inoltrata, alla minaccia d’influssi luciferici e arimanici.

 

• Ebbe luogo allora il terzo evento del Cristo. Una terza volta, quell’entità che più tardi sarebbe nata come Gesù natanico si collegò nelle altezze spirituali con l’entità del Cristo, riversandosi di nuovo, con le forze assunte ora, nella facoltà umana del parlare. La forza di questa entità del Cristo Gesù compenetrò ora di nuovo, per la seconda volta, gli organi del corpo umano, in quanto questi organi si esplicano nella facoltà della favella. Con ciò, fu donata alla favella la possibilità di creare, con le parole, segni reali per le cose circostanti, rendendo così la favella un mezzo d’intesa fra gli uomini.

 

Mai e poi mai il bimbo potrebbe imparare a parlare, se nell’epoca atlantica non fossero accaduti questi due eventi del Cristo. E il nostro sentimento si arricchirà di nuovo per mezzo della scienza dello spirito se, nell’osservare il bimbo quando incomincia a parlare e poi si perfeziona sempre più nel suo linguaggio, rifletteremo su come gli impulsi del Cristo operino nell’inconscio, su come la forza del Cristo viva in questa facoltà del parlare, proteggendola e promuovendola.

 

L’epoca postatlantica sopraggiunse dopo che ebbero avuto luogo i tre eventi del Cristo, il cui influsso sull’evoluzione umana ho voluto oggi ancora una volta mostrare da un altro punto di vista.

Nell’epoca postatlantica, furono i popoli che appartenevano più specialmente alla civiltà egizio-caldaica quelli che ebbero dapprima il compito di ricapitolare quel che avvenne nell’epoca lemurica, ma stavolta compenetrandolo di coscienza. Sempre immerso nella più completa incoscienza, l’uomo impara nell’epoca lemurica a diventare un essere eretto, impara nell’epoca atlantica a diventare un essere che parla. Ed accoglie – del tutto incoscientemente, poiché in quell’epoca non era ancora desta la sua forza di pensiero – l’impulso del Cristo.

 

Lentamente l’uomo dovette essere guidato, nel corso dell’epoca postatlantica,

a capire ciò che aveva accolto incoscientemente in quelle epoche antiche, preliminari.

Era l’impulso del Cristo a permettere all’uomo eretto di alzare lo sguardo verso le altezze cosmiche.

L’uomo visse ciò inconsciamente, così come dovette viverlo nell’epoca lemurica.

Poi — non ancora in piena coscienza, ma pure preparandosi alla piena coscienza —

le popolazioni dell’Egitto dovettero essere guidate a venerare ciò che vive nella facoltà umana dello stare eretti.

 

Fu cura degli iniziati chiamati a influire sulla civiltà egizia, insegnare agli uomini questa venerazione, inducendoli alla costruzione delle piramidi che si elevano dalla Terra verso il cosmo. Ancora oggi suscita la nostra ammirazione il modo in cui questa facoltà di ergersi fu espressa in tutta la forma e in tutta la struttura delle piramidi.

Gli obelischi dovevano essere innalzati affinché l’uomo cominciasse a penetrare nel significato di ciò che è la forza di ergersi. I meravigliosi geroglifici iscritti nelle piramidi e sugli obelischi, e destinati ad accennare al Cristo, risvegliavano le forze extraterrestri dell’epoca lemurica.

Ma, quanto alla forza del linguaggio, gli Egizi non erano in grado di giungere neppure a quella oscura comprensione che poterono conseguire nei riguardi della forza di ergersi. A ciò occorreva che la loro interiorità si disciplinasse preventivamente e adeguatamente nel sentimento, per potere, in epoche successive, arrivare alla soluzione dell’enigma per cui il Cristo vive nel dono della parola umana.

 

L’anima umana in via di maturazione doveva accogliere questo mistero, compresa del più sacro timore. E in modo mirabile si preoccuparono di ciò gli ierofanti, gl’iniziati della civiltà egizia, erigendo l’enigmatica Sfinge, inflessibilmente muta, e però risonante sotto determinati influssi cosmici, per l’elevazione degli uomini di quel tempo. Al cospetto della tacita Sfinge, che risonava solo al levar del Sole sotto determinate premesse e condizioni cosmiche, un sacro timore venne formandosi nell’anima. L’anima si preparò così a comprendere il linguaggio che si sarebbe parlato quando l’impulso del Cristo e la sua graduale penetrazione nell’evoluzione dell’umanità sarebbero stati coscientemente compresi. Ciò che le Sfingi non potevano ancora dire, ma solo preparare, doveva venir detto all’umanità.

 

Nel formarsi della parola sta l’impulso del Cristo:

 

Nel principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era un Dio.

Questa era nel principio presso Dio.

Era là dove tutto è generato, e nulla è stato generato se non dalla Parola.

Nella Parola era la vita, e la vita era la luce degli uomini!

 

«Nella Parola era la vita, e la vita era la luce degli uomini»:

questo è detto dai Vangeli nella quarta epoca postatlantica, quando, preparati dalla civiltà greco-latina,

gli uomini erano giunti a poter ripetere l’evento che aveva avuto luogo nell’epoca atlantica.

Come nel periodo egizio venne ripetuto il sentimento di venerazione di fronte all’ergersi,

allo stare eretto dell’essere umano, così ora venne ripetuta la venerazione per la Parola.

In tal modo operano le forze sovrumane dello spirito nell’evoluzione dell’umanità.

 

• Una terza cosa che il bambino deve imparare, prima di svegliarsi alla coscienza dell’io, è il rappresentarsi le cose, il pensare. Questo pensare era riservato all’umanità dell’epoca postatlantica; anzi, a guardar bene, doveva nascere nell’umanità non prima del quarto periodo postatlantico. Nei tempi anteriori si pensava in immagini. Di ciò si parlerà nel mio libro Gli enigmi della filosofia, la cui uscita è imminente. Anche il bambino pensa in immagini.

La facoltà di pensare il pensiero è stata data all’umanità soltanto sei, sette secoli prima di Cristo. Il processo di pensare il pensiero si è poi andato sempre più elaborando, e ora è al suo culmine. Lo sviluppo del pensare il pensiero è tale che l’io deve esserne afferrato.

 

• E il quarto evento del Cristo, il mistero del Golgota,

ebbe luogo affinché anche il pensare potesse congiungersi col Cristo

e non producesse un disordine nella sua azione sull’io.

 

Se il nostro pensare deve diventare sempre più ordinato, se deve continuare sempre più il suo sviluppo, in modo che i nostri pensieri non si confondano caoticamente, ma siano compenetrati e pervasi da sentimento e da affetti interiori, se dobbiamo evolverci a un pensare sano e fondato sempre più nella verità, è perché, col mistero del Golgota, questo pensare ha conseguito l’impulso del Cristo, riversatosi nell’atmosfera spirituale della Terra.

 

• Questo evento accadde una prima volta nell’epoca lemurica,

quando la minaccia di Lucifero mise in pericolo l’essere eretto dell’uomo.

 

• Una seconda volta accadde nell’epoca atlantica:

ivi l’uomo fu salvato dal pericolo che minacciava il suo linguaggio,

per il fatto che la favella è espressione da dentro a fuori.

Il pericolo incombente era che il disordine s’impadronisse della favella umana.

 

• Una terza volta l’evento ebbe luogo sul finire dell’epoca atlantica.

Per il fatto che il Cristo compenetrò l’entità spirituale del futuro Gesù di Nazareth,

il dono della favella, in quanto segno degli oggetti esteriori, grazie al Cristo fu sottratto ad un pericolo.

 

• Il quarto pericolo sovrastava il pensare, l’interiore rappresentazione dei pensieri.

L’uomo viene salvato da questo pericolo, penetrando col pensiero fino a quelle forme che vivono nella sua interiorità,

come ciò che è fluito nella sfera spirituale della Terra mediante il mistero del Golgota.

 

L’evoluzione dell’umanità è giunta a tal punto

che è lecito esprimere anche in altra forma le prime parole del Vangelo di Giovanni:

 

Nel principio è il pensiero,

e il pensiero è presso Dio,

e il pensiero è cosa divina.

In esso è vita,

e la vita deve diventare la luce del mio io.

E risplenda il divino pensiero nel mio io,

perché le tenebre del mio io afferrino

il divino pensiero.

 

Ciò non è mai stato espresso così esplicitamente;

ma l’evoluzione dell’umanità ha teso i suoi sforzi in questa direzione.

 

Nell’ottavo secolo a.C. incominciò il quarto periodo di civiltà postatlantico. Circa tre secoli e mezzo dopo, il pensiero era talmente maturato da poter essere enunciato dai filosofi greci con quella chiarezza che condusse poi alla filosofia platonica. Più tardi la vita degli uomini fu compenetrata dall’impulso del Cristo. All’inizio del secolo XV incominciò il quinto periodo postatlantico. Precisamente quanto tempo è occorso dal principio del quarto periodo postatlantico fino a raggiungere una comprensione del pensiero, altrettanto ne è occorso dal principio del quinto periodo postatlantico fino a raggiungere un’esposizione cosciente della natura del pensiero: ossia, fino a Hegel. Il pensiero umano toccò il suo vertice con la sentenza di Hegel: «Il vivere e tessere del pensiero nella verità è lo spirito in azione».

 

Quello che Hegel dice in maniera apparentemente così incomprensibile, lo si può esprimere mediante le parole:

 

Nel principio è il pensiero,

e cosa infinita è il pensiero,

e la vita del pensiero è la luce dell’io.

Che il risplendente pensiero colmi

le tenebre del mio io,

perché le tenebre del mio io afferrino

il vivente pensiero

e vivano operose nel suo divino principio.

 

In tal modo decorre regolarmente l’evoluzione dell’umanità. L’umanità non è ancor molto progredita sul suo cammino, giacche proprio Hegel è stato assai misconosciuto. Quando impareremo a comprendere la nostra vita, la vita del pensiero, allora capiremo quali doveri spettino all’umanità in avvenire. Le età venture si preparano sempre fin dalle epoche anteriori; così, mentre ci troviamo posti a metà del quinto periodo postatlantico, mentre coltiviamo la scienza dello spirito e siamo chiamati a contribuire sempre più alla comprensione del pensiero vivente, del pensare che diviene chiaroveggente, abbiamo in pari tempo davanti a noi il sesto periodo postatlantico.

Così come, grazie all’impulso del Cristo, la vita fluisce nei pensieri,

allo stesso modo tale impulso fluirà in qualcos’altro che appartiene pure alla facoltà animica umana,

ma che non va scambiato col semplice pensiero.

 

Il bambino trae le proprie capacità dall’inconscio. Col giungere alla coscienza dell’io, egli entra nella sfera in cui può appropriarsi, e sviluppare, gli influssi esteriori dell’impulso del Cristo. Quando il bimbo ha appreso a camminare e a parlare, e quando, cominciando a pensare, egli si fa strada verso il proprio io, potremo ben osservare come a poco a poco agisca su di lui l’impulso cosciente del Cristo. Il dirigere questo impulso del Cristo entro la facoltà del camminare eretto, del parlare e del pensare, è stato reso possibile da ciò che secoli di civiltà umana hanno largito all’uomo.

 

Ma se vogliamo ora stare nel modo giusto sul terreno della scienza dello spirito, dobbiamo anche provvedere a dirigere, a condurre l’impulso del Cristo in un quarto elemento, a far sì che esso possa penetrare in una quarta facoltà umana. Dobbiamo provvedere anche a questo!

• La facoltà entro cui l’impulso del Cristo non può ancora essere diretto e condotto, ma entro cui si prepara ad essere diretto e condotto, è la memoria umana, il ricordo dell’uomo. Poiché l’impulso del Cristo, oltre che nel nostro incedere eretto, nel parlare e nel pensare, fa ora il suo ingresso nel ricordo.

 

Noi possiamo capire il Cristo, quando Egli ci parla attraverso ai Vangeli. Ma siamo per ora soltanto predisposti alla possibilità che il Cristo entri anche in quei pensieri che esistono in noi a guisa di pensieri ricordati, di rappresentazioni ricordate, e come tali continuano a vivere entro di noi.

 

E verrà tempo per l’umanità – tempo che certamente maturerà soltanto nella sesta epoca, ma si prepara fin da ora – in cui gli uomini, volgendo lo sguardo alle vicende, alle esperienze passate, ai loro propri ricordi, vedranno che il Cristo vive unito con la facoltà della memoria. Il Cristo potrà parlarci attraverso ogni nostra rappresentazione. L’uomo potrà indirizzare lo sguardo retrospettivo al proprio passato e dire a se stesso: “Così come io rammento il passato, come in me vive la forza della memoria, così vive in questa memoria, in essa riversato, l’impulso del Cristo”.

 

• La via che viene offerta agli uomini è quella di rendere sempre più vere le parole: «Non io, ma il Cristo in me»; e la via viene appianata dal fatto che nella forza della memoria entrerà gradatamente l’impulso del Cristo. Oggi non è ancora in essa. Quando vi sarà, quando l’impulso del Cristo non vivrà soltanto nella comprensione dell’uomo, ma si riverserà su tutta la serie dei ricordi, allora l’uomo non sarà più costretto, fra l’altro, a imparare la storia soltanto sulla scorta dei documenti esteriori; poiché allora la forza della sua memoria si amplierà, e il Cristo vivrà in essa. Allora l’uomo saprà come fino al momento del mistero del Golgota il Cristo abbia agito da regioni extraterrene, preparando quel mistero, e sia passato attraverso di esso, e come sotto forma d’impulso prosegua la sua azione nella storia.

 

Con la stessa immediatezza con cui nella vita solita si presentano oggi i ricordi, tutto ciò verrà abbracciato dallo sguardo dell’uomo. Lo sguardo interiore non potrà allora abbracciare l’evoluzione terrestre dell’umanità senza vedere al centro d’essa l’impulso del Cristo.

Per noi, che vogliamo afferrare il cristianesimo in modo vivente, varrà in futuro anche quanto segue:

 

Nel principio è la memoria,

e la memoria continua a vivere,

e divina è la memoria,

e la memoria è vita,

e questa vita è l’io dell’uomo,

che nell’uomo stesso fluisce.

Non egli solo, il Cristo in lui.

Quando egli ricorda la vita divina,

è nella sua memoria il Cristo,

e irradiando vita della memoria

il Cristo risplenderà

nelle immediate tenebre presenti.

 

Potremo dire: “Il Cristo è nella vita interiore della nostra anima”.

È cosa che molti di noi sentiranno, perché oggi impariamo a collegarci con l’impulso del Cristo non altrimenti di come l’uomo da bambino, per essersi collegato con l’impulso del Cristo, ha imparato a camminare e a parlare.

E proprio perché le condizioni attuali della nostra memoria ce la fanno considerare una preparazione, alcuni di noi la sentono pure come minacciata da un futuro disordine, ove essa non si lasci compenetrare dall’impulso del Cristo.

 

Se sulla Terra permanesse un materialismo che nega il Cristo, la memoria verrebbe scompigliata e disordinata; aumenterebbe allora sempre più il numero degli uomini i cui ricordi si farebbero caotici; gli uomini diverrebbero sempre più ottusi nella loro coscienza oscura dell’io, se la memoria non riuscisse a illuminarla. La facoltà della nostra memoria può svolgersi in maniera giusta soltanto se l’impulso del Cristo sia contemplato in modo giusto.

 

La storia vivrà allora come una vivente memoria, tanto che in essa si farà strada la comprensione per le vicende storiche vere e reali. E allora la memoria umana ravviserà il punto focale degli avvenimenti universali. E la veggenza si farà valere nell’uomo: la memoria solita che abbraccia una sola vita, si estenderà sulle precedenti incarnazioni. Adesso la memoria è allo stadio di preparazione, ma il Cristo la correderà dei doni che le mancano. Sia che noi volgiamo lo sguardo verso l’esterno, osservando il nostro sviluppo ancora incosciente di bambini, sia che guardiamo dentro di noi; sia che, in un ulteriore approfondimento del nostro intimo, spingiamo lo sguardo fino a quel tanto che ci rimane nel ricordo come interiorità nostra, in ogni dove ci appare la forza e l’attività vivente dell’impulso del Cristo.

 

Il nuovo evento del Cristo che si avvicina ora a noi — non nel fisico bensì nell’eterico —, e che si connette con la prima favilla della facoltà della memoria compenetrata dal Cristo, sarà tale che il Cristo si accosterà all’uomo sotto parvenza di essere angelico. A questo dobbiamo prepararci.

La nostra vita di affetti e di sentimenti si arricchirà straordinariamente, se attraverso alla scienza dello spirito ci approfondiamo nella natura dell’impulso del Cristo e nell’azione che esso esercita nell’uomo e nell’entità spirituale dell’uomo.

E sarà bene, se penseremo spesso:

 

Nel principio era la forza della memoria.

La forza della memoria deve diventare divina,

e un essere divino deve diventare la forza della memoria.

Quanto sorge nell’io,

deve diventare tale

da esser sorto

dalla memoria compenetrata di Cristo, compenetrata di Dio.

In essa dev’essere la vita,

e in essa dev’essere la sfavillante luce

che dal rammemorante pensare

irradia nelle tenebre del presente.

E possano le tenebre, quali oggi sono,

comprendere la luce della memoria divenuta divina.

 

Se accogliamo in noi il significato di tali parole, accogliamo in noi qualcosa che agli uomini conviene accogliere. Come la pianta forma il germe per la prossima vita della pianta, così impariamo anche noi a non svolgere i nostri sentimenti solo in ragione dei frutti tramandatici dalle incarnazioni passate, ma impariamo a sentire in modo da agevolare il nostro passaggio alle incarnazioni venture.

 

Nelle incarnazioni venture, la nostra facoltà della memoria si troverebbe a mal partito, se non ci compenetrassimo dell’impulso del Cristo. In minima misura il pensare è per ora compenetrato dell’impulso del Cristo, e già l’impulso del Cristo si avvicina alla memoria.

 

La scienza dello spirito c’insegni a non vivere soltanto per l’uomo temporale e caduco che vive fra la nascita e la morte, bensì per l’uomo che attraversa sempre nuove incarnazioni. Impariamo dalla scienza dello spirito a valutare l’importanza che per una vita piena e completa della nostra anima umana possono avere la comprensione e il giusto intendimento, il giusto sentimento del più forte impulso che compenetra tutta l’evoluzione dell’umanità, e che è l’impulso del Cristo.