Gli esercizi occulti conferiscono oggettività al pensiero, al sentimento e alla volontà

O.O. 107 – Antropologia Scientifico-Spirituale Vol. I – 26.10.1908


 

Argomento della nostra conferenza di oggi saranno le condizioni che l’uomo deve soddisfare se vuole sviluppare le forze e le capacità sopite dentro di lui, e giungere a una personale esperienza e contemplazione dei mondi superiori. Diverse delle cose che sono richieste a chi intende percorrere il sentiero della conoscenza, a chi vuole penetrare fin nei mondi superiori, le trovate esposte negli articoli raccolti sotto il titolo Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori?

 

Questi articoli, tuttavia, non possono fornire che dei particolari. Quand’anche fossero tre volte, anzi, dieci volte più estesi, rimarrebbe comunque un’infinità di cose da dire, soprattutto in questo campo! Perciò, sarà sempre utile tornare sull’argomento, riconsiderarlo ora in questa, ora in quella prospettiva. Ogni volta si può mettere in luce solo un dato aspetto delle cose, e bisogna attenersi alla regola secondo la quale ciò che si è acquisito da un punto di vista deve essere integrato chiarendolo da un punto di vista diverso. Oggi ci porremo il compito di mettere sommariamente in luce, da una certa angolazione, alcune delle condizioni necessarie per seguire il sentiero della conoscenza, per ascendere ai mondi superiori.

 

Rammenterete quanto abbiamo accennato nella nostra interpretazione della Fiaba di Goethe.

Si tratta di questo, del fatto cioè che l’uomo possiede forze animiche di vario genere

• e, da un lato, la sua ascesa dipende dallo sviluppo di tali forze,

ossia del pensiero in se stesso, del sentimento in se stesso e della volontà in se stessa,

• mentre, d’altro lato, con il metodo degli esercizi occulti

è possibile combinare queste tre forze nella giusta proporzione.

 

La volontà, il sentimento, il pensiero

debbono sempre venire sviluppati in misura perfettamente equilibrata,

nella consapevolezza di quelle che sono le specifiche mete spirituali della vita.

 

In vista di un determinato traguardo, per esempio, la volontà deve arretrare rispetto a un più deciso avanzare del sentimento, in vista di un traguardo diverso deve passare in seconda linea il pensiero e, in vista di un altro ancora, il sentimento. Tutte queste forze animiche vanno sviluppate nella giusta proporzione con gli esercizi occulti.

 

Allo sviluppo del pensiero, del sentimento e della volontà è legata l’ascesa ai mondi superiori.

• La prima cosa necessaria è una depurazione, una purificazione del pensiero.

E ciò per sottrarre il pensiero alla dipendenza dall’osservazione sensibile esteriore,

quella che si può ottenere sul piano fisico.

 

Oltre al pensiero, tuttavia, possono diventare forze di conoscenza anche il sentimento e la volontà.

• Nella vita ordinaria, sentimento e volontà hanno un orientamento personale.

Simpatia e antipatia battono strade tagliate a misura della personalità di ciascuno.

Ciò nonostante, possono trasformarsi in forze di conoscenza oggettive.

 

Questo, per la scienza di oggi, avrà dell’incredibile.

Sarà facile crederlo a proposito del pensiero,

e soprattutto del pensiero rappresentativo orientato all’osservazione sensibile, ma

• chi sarà disposto ad ammettere che il sentimento possa diventare una fonte di conoscenza,

visto che, nei confronti della stessa e identica cosa, l’uno sente in una maniera e l’altro in un’altra?

 

È probabilmente inimmaginabile che qualcosa di così fluttuante, di così legato alla personalità individuale come lo sono la simpatia e l’antipatia, possa assurgere a criterio di conoscenza, e possa venire a tal punto disciplinato da riuscire a cogliere l’essere più profondo di una cosa. Che lo faccia il pensiero, lo si può agevolmente comprendere; è difficilmente credibile, invece, che, anche quando siamo di fronte a una cosa che desta in noi un sentimento, questo nostro sentimento non si presenti come manifestazione di simpatia o antipatia individuali, ma possa divenire esso stesso il mezzo d’espressione di quanto è celato nel profondo della cosa in questione. Che poi anche la forza della volontà e del desiderio possa diventare il mezzo espressivo di questa realtà interiore sembrerà, a tutta prima, addirittura una sciocchezza.

 

Eppure, così come il pensiero può venire purificato e farsi perciò oggettivo, tanto da diventare il mezzo d’espressione sia dei fatti del mondo sensibile sia di quelli dei mondi superiori, allo stesso modo possono farsi oggettivi anche il sentimento e la volontà.

 

Non bisogna tuttavia fraintendere.

Per come si presenta nella vita ordinaria dell’uomo di oggi, nel suo contenuto immediato, il sentimento non può divenire il mezzo d’espressione di un mondo superiore. Un tale sentimento è qualcosa di personale; gli esercizi occulti che vengono proposti al discepolo mirano a educare questo sentimento, ossia a modificarlo, a trasformarlo. In verità, esso diventa così tutt’altro rispetto a ciò che era quand’era ancora personale.

Non bisogna credere però che, una volta raggiunto un certo stadio sul sentiero occulto grazie allo sviluppo del sentimento, sia possibile dire, quasi in termini conoscitivi: ecco, ho davanti a me un’entità, e sento qualcosa di questa entità; né bisogna credere che quanto è presente come contenuto del sentimento sia una verità, una conoscenza.

Il processo che trasforma il sentimento con l’ausilio degli esercizi occulti è molto più profondo, è assai più un processo interiore. Lo testimonia il fatto che colui che ha trasformato il proprio sentimento con gli esercizi perviene alla conoscenza immaginativa, per la quale un contenuto spirituale gli si rivela in simboli che sono espressione dei fatti e delle entità esistenti nel mondo astrale.

 

Il sentimento si fa altro, diventa immaginazione,

cosicché nell’uomo affiorano le immagini astrali che gli manifestano gli eventi dello spazio astrale.

 

L’uomo non vede come nel mondo fisico, non vede per esempio una rosa coperta di colori, ma vede per immagini simboliche, e per immagini vede precisamente tutto quello che la scienza occulta ci espone. Così è della croce nera ornata di rose. Tutti questi simboli sono utili a esprimere determinati fatti, e corrispondono ai fatti astrali come ciò che vediamo nel mondo fisico esteriore corrisponde ai fatti fisici. Dunque, si sviluppa il sentimento ma si conosce con l’immaginazione.

 

Lo stesso dicasi della volontà. Una volta raggiunto lo stadio che è dato raggiungere, fino a un certo grado, con l’educazione della volontà, non è che si possa dire al cospetto di un’entità: quest’entità desta in me una disposizione al desiderio; piuttosto, quando la volontà è sviluppata, si comincia a percepire quello che è l’oggetto delle sonorità devacianiche.

 

Come in noi si sviluppa il sentimento, ne consegue la visione astrale data nell’immaginazione.

Come in noi si sviluppa la volontà, ciò che ne consegue è l’esperienza degli eventi devacianici data nella musica spirituale, nell’armonia delle sfere, dalla quale ci giunge l’eco della natura più intima delle cose.

 

• Se sviluppando il pensiero si perviene al pensiero oggettivo, che è il primo stadio,

• così, sviluppando il sentimento, nello stadio dell’immaginazione si dischiuderà un nuovo mondo.

• E, allo stesso modo, sviluppando la volontà

si farà accessibile, nell’ispirazione, la conoscenza del mondo devacianico inferiore,

• mentre nell’intuizione si aprirà infine davanti all’uomo il mondo devacianico superiore.

 

Possiamo allora dire così:

• una volta che l’uomo si innalzi allo stadio successivo di esistenza, gli si offrono delle immagini, che però, a questo punto, non possono più essere trattate alla stregua dei nostri pensieri, nel senso di verificarne la corrispondenza con la realtà. Piuttosto, le cose gli si mostrano in immagini costituite di forme e colori, e l’uomo stesso deve spiegarsi mediante l’immaginazione le entità che gli si mostrano in questa maniera simbolica.

 

• Nell’ispirazione, le cose ci parlano, così che non abbiamo bisogno di domandare, di cercare spiegazioni concettuali, perché significherebbe trasporre su questo piano la teoria della conoscenza del piano fisico, mentre qui è l’essere stesso delle cose a parlarci, il loro essere più profondo. Avere di fronte un uomo che ci manifesta il suo essere più profondo è diverso che trovarsi davanti a una pietra. La pietra, dobbiamo spiegarcela, dobbiamo perciò riflettervi sopra. Nel caso dell’uomo, l’esperienza che facciamo è diversa, giacché ne sperimentiamo l’essere in quel che ci dice: egli ci parla.

 

Così avviene con l’ispirazione. Qui non c’è un pensiero concettuale discorsivo, ma l’ascolto di ciò che le cose dicono: sono le cose stesse a parlarci del loro essere. Non avrebbe alcun senso chiedere: quando qualcuno muore, e lo incontro di nuovo nel devacian, sarò in grado di riconoscerlo, considerato che le entità devacianiche devono avere tutt’altro aspetto e non possono venire confrontate con quanto esiste sul piano fisico? – Nel devacian, è l’essere stesso a dire che essere è, proprio come se un uomo non si limitasse a dirci il suo nome, ma facesse ininterrottamente fluire il suo essere verso di noi. Quell’essere fluisce verso di noi attraverso la musica delle sfere; diventa impossibile, quindi, non riconoscerlo.