Gli ideali morali

O.O. 134 – Il mondo dei sensi e il mondo dello spirito – 27.12.1911


 

Occorre una sana natura umana, sana per ogni verso, per sentire appieno la maestà degli ideali morali dell’uomo. Di fronte agli ideali morali possiamo sviluppare in noi qualcosa che può esercitare nell’anima un’azione altrettanto immensa di quella che lo splendore e la gloria delle manifestazioni dell’universo esercitano sull’uomo dal di fuori. Ciò avviene quando accendiamo in noi tutto l’amore e tutto l’entusiasmo che possono appoggiarsi agli ideali e agli scopi morali dell’uomo. Un calore immenso può allora compenetrarci.

 

Allora però, a questo sentimento degli ideali morali, si riattacca necessariamente un altro pensiero, diverso da quello derivante dalla osservazione del mondo che si appoggia alle rivelazioni dell’universo attraverso l’uomo. Appunto chi sente nel modo più forte e più elevato la potenza degli ideali morali, sente nel modo più significativo anche questo altro pensiero:

• «Oh, quanto sei lontano, o uomo, quale sei attualmente, dagli elevati ideali morali che possono sorgere nel tuo cuore; come sei piccino, in tutto ciò che puoi e fai, di fronte alla grandezza degli ideali morali che sei in grado di proporti! ».

 

Non sentire a questo modo, non sentirsi così piccini di fronte agli ideali morali, può soltanto esser frutto di una disposizione d’anima assai piccina anch’essa; poiché appunto raggiungendo una certa grandezza d’anima, l’uomo sente la sua inadeguatezza di fronte agli ideali morali. E allora albeggia nell’anima un pensiero da cui spesso noi, come uomini, ci sentiamo assaliti: il pensiero di cercare con ogni forza e coraggio di prendere tutti i provvedimenti atti a renderci in certo grado maturi e sempre più maturi, di cercare che gli ideali morali diventino via via, più di prima, forze attive in noi.

 

D’altro canto, in certe nature, può anche prendere talmente radice il pensiero di essere inadeguate di fronte agli ideali morali, da renderle totalmente affrante, da far loro credere di essersi allontanate da Dio, appunto perché sentono con forza il fatto che l’uomo esteriore, collocato nel mondo dei sensi, è voluto da Dio.

 

• «Ecco, tu stai», dicono forse quegli Uomini, «in tutto ciò che sei esteriormente. Se guardi te stesso come essere esteriore, devi dirti che in te confluisce tutto il mondo voluto da Dio, che sei un essere voluto da Dio e che porti un volto simile al divino! Poi guardi nel tuo interno dove ti sorgono gli ideali che Dio ti ha scritto nel cuore, che senza dubbio devono essere per te forze volute da Dio, e vedi scaturire come un’esperienza dalla tua anima la tua insufficienza ».

 

Vi sono nell’uomo queste due vie verso l’osservazione del mondo.

• L’uomo può guardarsi da fuori e sentire la più profonda beatitudine per la sua natura voluta da Dio;

• può osservarsi da dentro e sentire la più profonda contrizione per la sua anima avulsa da Dio.

 

Ma un sano sentire può dirsi solamente che dalla stessa origine divina, dalla quale vengono le forze che hanno collocato l’uomo nel centro come un poderoso estratto dell’intero universo, dalla stessa origine divina devono anche scaturire gli ideali morali che stanno scritti nel nostro cuore.

 

Perché una cosa è così lontana dall’altra?

Questo è veramente il grande enigma dell’esistenza umana. E in verità non vi sarebbero mai state nel mondo né scienza dello spirito né filosofia, se nelle anime umane non fosse sorto questo dissidio, cosciente o incosciente, radicato nel sentimento oppure, più o meno chiaro, nell’intelletto. Dall’esperienza di questo dissidio è infatti scaturita veramente ogni cogitazione e investigazione umana più profonda. Che cosa s’inframmette tra l’uomo voluto da Dio e l’uomo avulso da Dio? Questo è veramente il problema fondamentale di ogni filosofia.