I 4 evangelisti e i rispettivi simboli

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 01.07.1909


 

Consideriamo ora da questo punto di vista quelli che, dopo precedenti iniziazioni di svariatissimo genere, si erano resi maturi per sentire l’impulso del Cristo, per comprendere il Cristo in modo giusto. Consideriamo un iniziato che avesse superato i gradi che Io avevano condotto alla visione dello spirito-uomo. Un tale iniziato poteva dirsi: «Il vero Signore del mondo spirituale mi è apparso: è il Cristo, che ha vissuto in Gesù di Nazareth. Che cosa mi ha condotto a lui? La mia antica iniziazione!» Egli conosceva la via che conduce alla visione dello spirito-uomo. Così egli descrive ciò che l’uomo sperimenta per giungere all’iniziazione, per essere soprattutto in grado di riconoscere la natura del Cristo.

 

Egli conosceva l’iniziazione quale era prescritta nei misteri che conducevano all’iniziazione dell’uomo. Perciò nell’immagine dei misteri che egli aveva attraversato e conosciuto gli appariva il grande iniziato che viveva nel corpo di Gesù di Nazareth; e lo descriveva come egli stesso lo vedeva. Questo appunto è successo, nella descrizione secondo Matteo.

 

La tradizione antica ha perciò pienamente ragione, ricollegando lo scrittore del Vangelo di Matteo a quello fra i quattro simboli che vedete qui sui capitelli delle colonne a destra e a sinistra, quello che indichiamo come simbolo dell’uomo.

 

Una tradizione antica ricollega lo scrittore del Vangelo di Matteo allo spirito-uomo. Questo dipende dal fatto che l’autore del Vangelo di Matteo ha preso, per così dire, come proprio punto di partenza l’iniziazione al mistero dell’uomo, perché ai tempi in cui vennero scritti i Vangeli ancora non usava scrivere delle biografie, come si fa oggi.

 

A quei tempi la gente considerava essenziale che ci fosse un grande iniziato che aveva accolto il Cristo in sé! Come si divenisse iniziato, quello che occorreva sperimentare da iniziato, ecco ciò che sembrava allora della massima importanza. Questa è la ragione per cui si sorvolava sugli eventi esteriori, giornalieri, quelli che sembrano oggi tanto importanti ai biografi.

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Matteo lo descrive al modo degli iniziati dello spirito-uomo. Questa iniziazione era molto affine alla saggezza egizia. Ora possiamo anche capire come chi scrisse il Vangelo secondo Luca sia giunto alla sua peculiare descrizione. Egli era uno di quelli che nelle incarnazioni precedenti era pervenuto a iniziazioni che conducevano allo spirito-toro; poteva descrivere ciò che corrisponde a un’iniziazione siffatta, e dire che un grande iniziato doveva avere attraversato determinate tappe! Lo descrisse allora in quella luce. Egli aveva vissuto prima soprattutto nei misteri egizi. Non ci meraviglia perciò che egli ci abbia indicato proprio quell’aspetto che in certo qual modo rappresenta più il carattere egizio dell’iniziazione.

 

Osserviamo lo scrittore del Vangelo di Luca dal punto di vista che ora abbiamo acquisito. Egli si diceva: « Nell’individualità che era nel corpo di Gesù di Nazareth viveva un grande iniziato. Io ho imparato come si giunge fino all’iniziazione-toro attraverso i misteri egizi. Questo io so ».

 

A Luca quel genere d’iniziazione era appunto nota in special modo. Egli si diceva che un iniziato grande come Gesù di Nazareth aveva attraversato nelle sue precedenti incarnazioni, oltre a tutte le altre, anche un’iniziazione egizia. Dunque abbiamo in Gesù di Nazareth un iniziato che è passato attraverso l’iniziazione egizia. Questo era saputo naturalmente anche dagli altri evangelisti. Ma ad essi questo fatto non sembrava di speciale importanza, perché non conoscevano esattamente quell’aspetto dell’iniziazione. Di conseguenza non rilevarono un tratto speciale in Gesù di Nazareth.

 

Ho già detto nelle prime conferenze che se un uomo è passato in altra vita per un’iniziazione, qualche cosa di speciale gli succede quando egli ricompare. Si verificano in tal caso determinati eventi che sembrano come una ripetizione nel mondo esteriore di ciò che prima si è attraversato. Supponiamo che un individuo abbia avuto un’iniziazione nell’antica Irlanda; in tal caso quell’antica iniziazione irlandese dovrebbe venirgli ricordata da qualche evento esteriore. Per esempio potrebbe esplicarsi col fatto che un avvenimento esteriore lo obbligasse a fare un viaggio in Irlanda. Chi conoscesse bene l’iniziazione irlandese rileverebbe subito che l’individuo in questione si reca proprio in Irlanda. Chi invece non la conosce non annette a quel viaggio nessun peso speciale.

 

L’individualità che viveva in Gesù di Nazareth era stata iniziata anche nei misteri egizi, e perciò tendeva verso l’Egitto. Chi doveva dunque rilevare in modo speciale la « fuga in Egitto »? Chi la conosceva per esperienza della propria vita; egli descrisse quindi proprio quella particolare tendenza perché ne conosceva il significato. Essa viene descritta nel Vangelo di Matteo, perché quell’evangelista sapeva dalla propria iniziazione che cosa avesse significato anticamente, per molti iniziati, un viaggio in Egitto. E se ora si sa che con lo scrittore del Vangelo di Luca abbiamo che fare con un uomo che conosceva specialmente l’iniziazione dai misteri egizi, che conducevano al culto del toro, si troverà giustificata l’antica tradizione che collega lo scrittore del Vangelo di Luca al simbolo del toro.

 

Per delle ragioni ben fondate, che non abbiamo ora il tempo di esporre, egli non descrive il viaggio in Egitto. Ma egli accenna a processi tipici, il valore dei quali poteva venir giudicato soprattutto da chi conosceva l’iniziazione egizia. Lo scrittore del Vangelo di Matteo indica esteriormente le relazioni di Gesù di Nazareth con l’Egitto narrando il suo viaggio in Egitto. L’autore del Vangelo di Luca vede tutti i processi che descrive dal punto di vista spirituale che gli ha conferito l’iniziazione egizia.

 

Consideriamo ora lo scrittore del Vangelo secondo Marco.

Egli omette tutta la storia precedente, e descrive specialmente l’attività del Cristo, durante tre anni, nel corpo di Gesù di Nazareth. A questo proposito il Vangelo di Marco corrisponde del tutto col Vangelo di Giovanni. Questo evangelista è passato per un’iniziazione a quelle dell’Asia minore, anzi simile alle iniziazioni greche, se vogliamo dir così alle iniziazioni europeo-asiatiche, pagane, che allora erano le più moderne. Esse si rispecchiano tutte nel mondo esteriore per il fatto che chi è un’alta personalità, ed è iniziato in un determinato modo, deve la propria origine non soltanto ad un avvenimento naturale, ma a qualche fatto soprannaturale.

 

Ricordiamo che quelli che veneravano Platone, che volevano farsi una immagine esatta di Platone, non si interessavano affatto di chi fosse il padre carnale di lui. La spiritualità di Platone risplendeva per loro al di sopra di tutto il resto, perciò dicevano che Platone, o l’anima di Platone che viveva nel corpo di Platone, era nato come entità spirituale superiore, venuta a fecondare la bassa umanità. Essi attribuivano perciò al Dio Apollo la nascita del Platone che per loro aveva valore, del Platone risvegliato; Platone era per loro figlio di Apollo. In questi misteri appunto si usava non tener conto in modo speciale della vita fino ad allora dei candidati, ma di considerare il momento in cui la persona in questione diventava ciò che viene ricordato tanto spesso nei Vangeli: un « figlio degli Dei», un «figlio di Dio». Platone un «figlio di Dio»! Così lo hanno descritto i migliori suoi conoscitori e seguaci.

 

Dobbiamo renderci conto quale significato una siffatta descrizione aveva per la vita umana di tali figli di Dio sulla terra. Avvenne proprio durante il quarto periodo di civiltà che gli uomini si adattassero al massimo grado al mondo fisico sensibile, che essi prendessero ad amare questa terra. Gli Dei antichi erano loro cari, perché essi potevano mostrare come proprio i figli eminenti della Terra fossero «figli degli Dei ». In questo modo doveva essere rappresentato ciò che si aggirava sulla terra.

 

Così era lo scrittore del Vangelo di Marco. Difatti egli descrive solo ciò che è avvenuto dopo il battesimo di Giovanni. Un’iniziazione, come quella avuta dallo scrittore del Vangelo di Marco, conduceva alla conoscenza del mondo superiore nell’immagine dello spirito-leone. Un’antica tradizione ricollega perciò lo scrittore del Vangelo di Marco al simbolo del leone. Esaminiamo ora nuovamente il Vangelo di Giovanni, al quale già oggi abbiamo accennato.

 

Abbiamo detto che chi ha scritto il Vangelo di Giovanni venne iniziato dal Cristo Gesù stesso. Così egli potè dare qualcosa che contiene il germe non soltanto per l’attività attuale dell’impulso-Cristo, ma per l’attività di quell’impulso fino ad un remotissimo avvenire. Annunziò qualcosa che avrà ancora valore in un lontanissimo avvenire. Egli è uno degli iniziati dell’aquila che erano passati oltre il punto normale.

 

Ciò che era normale per quei tempi ci viene dato dallo scrittore del Vangelo di Marco. Troviamo invece in Giovanni ciò che si estende al di là di quei tempi, ciò che ci indica l’azione del Cristo nel lontanissimo avvenire, ciò che supera tutto quello che è attaccato alla terra. La tradizione perciò ricollega Giovanni al simbolo dell’aquila.

 

Vedete dunque che una tradizione antica riconnette gli evangelisti a ciò che rappresenta l’essenza della loro propria iniziazione; è una tradizione non poggiata sulla semplice fantasia, ma nascente dai più profondi sostrati dell’evoluzione cristiana. Bisogna addentrare lo sguardo profondamente nelle cose, e allora si capisce che gli avvenimenti più grandi, più elevati della vita del Cristo vengono descritti allo stesso modo, ma che ogni singolo evangelista descrive il Cristo Gesù come egli lo intende, a seconda del genere della propria iniziazione. Ho già accennato a questo fatto nel mio libro II cristianesimo come fatto mistico; nel modo però come se ne poteva parlare a un pubblico non preparato, poiché quel libro venne scritto all’inizio del nostro movimento per la scienza dello spinto. In esso dovetti tener conto della mancanza di comprensione dell’epoca nostra per le verità occulte.

 

Così comprendiamo che il Cristo ci viene illuminato da quattro diversi aspetti:

ognuno degli scrittori dei Vangeli lo ha ritratto dal lato che egli meglio conosceva.

Vangelo di Giovanni — Spirito-Aquila

Vangelo di Marco — Spirito-Leone

Vangelo di Luca — Spirito-Toro

Vangelo di Matteo — Spirito-Uomo

 

Che il Cristo abbia molti aspetti riuscirà facile comprendere, dato l’impulso possente che Egli ha dato all’umanità.

Ma ripeto che una cosa si ritrova in tutti i Vangeli: e cioè

• che col battesimo di Giovanni l’entità stessa del Cristo discese dalle altezze divino-spirituali,

• che l’entità del Cristo dimorò nel corpo di Gesù di Nazareth,

• che subì poi la morte sulla croce e vinse la morte.