I 4 vangeli

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 06.07.1909


 

Chi ha scritto il Vangelo di Giovanni ha depositato in esso le verità più sublimi, ed ha potuto dirsi che in quel Vangelo vi erano delle verità, delle quali l’umanità potrà nutrirsi per tutto l’avvenire. E mentre l’umanità imparerà sempre meglio a comprendere ed esercitare queste verità, essa acquisterà una nuova saggezza e saprà elevarsi in un modo nuovo nel mondo spirituale. Ma questo non avverrà che a poco a poco.

 

Perciò dalla guida complessiva dell’evoluzione cristiana dovette esser data la possibilità di creare dei libri accessori da porsi accanto al Vangelo di Giovanni; libri fatti non solamente per gli studiosi più volenterosi, come lo è il Vangelo di Giovanni quale legato del Cristo per l’eternità, ma libri accessori che invece dovevano venir creati per il prossimo avvenire.

 

Venne preparato anzitutto un libro dal quale i primi secoli dell’evoluzione cristiana potevano imparare, conformemente alla loro comprensione, quanto vi era di meglio per la comprensione dell’evento del Cristo. Evidentemente anche allora, rispetto all’intera umanità, pochi soltanto erano atti a comprendere da questo libro accessorio ciò di cui si trattava. Questo primo libro, destinato non ai più eletti, però sempre agli eletti, fu il Vangelo di Marco. Il Vangelo di Marco è appunto scritto in modo (e più tardi ne parleremo) che si avvicina meglio alla speciale comprensione di quei tempi.

 

Venne quindi un tempo in cui gli uomini cominciarono a comprendere sempre meno il Vangelo di Marco, in cui l’intelletto umano era diretto in modo che gli uomini riuscivano meglio a capire l’intera forza del Cristo nel suo valore interiore per l’anima umana, e in un determinato disprezzo del mondo fisico esteriore. Venne un tempo in cui gli uomini avevano la tendenza a dire: «I beni temporali esteriori sono privi di valore; la vera ricchezza consiste unicamente nell’evoluzione della interiorità umana ». Era il tempo in cui anche Johannes Tauler scrisse il suo libro Della povera vita del Cristo, in cui era specialmente compreso il Vangelo di Luca. – Luca, un discepolo di Paolo, è uno di quelli che avevano trasformato il vangelo di Paolo stesso in modo adatto a quel periodo, per farne risaltare specialmente la «povera vita» di Gesù di Nazareth che nasce in una stalla presso dei poveri pastori. Si vede descritto in quel Vangelo la «vita povera del Cristo», del Tauler: si tratta di un secondo libro accessorio per l’ulteriore evoluzione dell’umanità.

 

Ai nostri tempi vi saranno uomini i quali, in conformità della nostra epoca, comprenderanno meglio ciò che possono imparare per mezzo del Vangelo di Matteo. Succederà ai tempi nostri, anche se non verrà proprio scelto il nome di « Matteo », che gli uomini sempre più andranno cercando ciò che meglio corrisponde al Vangelo di Matteo. Verrà un tempo in cui sempre più chiaramente verrà detto che non è possibile capire niente degli avvenimenti soprasensibili svoltisi durante il battesimo di Giovanni, quali sono stati da noi narrati. Per molte persone ciò succederà nell’avvenire.

 

Ci avviciniamo al periodo nel quale chi accolse il Cristo nel trentesimo anno della sua vita, verrà sempre più considerato, perfino dall’indagine religiosa, come il «semplice uomo di Nazareth». Gli uomini che vogliono questo, e per i quali è di massima importanza il semplice uomo di Nazareth, che attribuiscono al Cristo valore minore che non all’alto iniziato, che vogliono Gesù di Nazareth, sono appunto quelli che considereranno il Vangelo di Matteo specialmente importante, almeno in ordine al suo significato.

 

Un’epoca che pensa in modo materialistico può dire: « Se apriamo il Vangelo di Matteo, vi troviamo un elenco delle generazioni, una tavola genealogica nella quale ci viene tracciata la serie degli antenati di Gesù di Nazareth; essa parte da Abramo, attraverso tre volte quattordici generazioni fino a Giuseppe. E come vi è detto: «Abramo generò Isacco,» «Isacco generò Giacobbe,» e così via, si arriva fino a Giuseppe e a Gesù di Nazareth. Questo è detto per render evidente che la linea fisica della discendenza, la linea di ereditarietà fisica del corpo, nel quale è nato con la sua individualità Gesù di Nazareth, può esser seguita fino ad Abramo. Se viene omesso Giuseppe, quest’albero genealogico perde ogni significato.

 

Se di fronte a quest’albero genealogico si parla di una nascita soprasensibile, esso rimane privo di qualsiasi significato. Infatti, perché lo scrittore del Vangelo di Matteo avrebbe dovuto affaticarsi per tracciare quell’albero genealogico attraverso tre volte quattordici generazioni, se poi voleva dire alla fine: «Fisicamente, carnalmente, Gesù di Nazareth non discende da Giuseppe»?

 

Si può comprendere il Vangelo di Matteo solamente insistendo sul fatto che quell’individualità era nata in un corpo che, attraverso Giuseppe, discendeva in realtà da Abramo. L’intenzione attribuita a quell’albero genealogico era di dire:   «No, secondo il significato del Vangelo di Matteo, non si può omettere Giuseppe». Perciò Giuseppe non potrà venir omesso da chi non riesce a comprendere la nascita soprasensibile, secondo il significato del battesimo di Giovanni.

 

Ma il Vangelo di Matteo è stato scritto originariamente in una comunità nella quale non si attribuiva il valore principale al Cristo, bensì a quell’individualità che si presentava al mondo nella persona dell’iniziato Gesù di Nazareth. A base del Vangelo di Matteo vi è ciò che gli gnostici ebioniti conoscevano dai documenti dell’iniziazione, e tali documenti servirono di modello al Vangelo di Matteo. Si dava importanza all’iniziato Gesù di Nazareth, e tutto il resto diventa molto più chiaro per il fatto di essere nel Vangelo ebionita. Per questo appunto nel Vangelo di Matteo è data una speciale atmosfera che non è necessariamente da rilevare — perché in realtà non c’è — ma che si può interpretare: si può cioè leggere il Vangelo di Matteo in maniera da dire che non vi si tratta di una nascita soprannaturale.

 

D’altra parte è data in quel Vangelo la possibilità di interpretare ciò che vi sta detto come simbolo di un Dio — e viene appunto chiamato così — il quale, come Dio, è effettivamente soltanto un uomo, anche se Matteo non intende dir questo. Ma coloro che oggi citano Matteo, e sempre più lo citeranno, lo interpreteranno a quel modo.

Affinché per nessuno che vuole avvicinarsi al Cristo possa andar perduta la possibilità di avvicinarglisi, venne provveduto perché anche gli uomini che non sanno elevarsi da Gesù al Cristo, trovino nel Vangelo di Matteo i gradini mediante i quali possano elevarsi fino a Gesù di Nazareth.

 

La ricerca spirituale ha però la missione di guidare gli uomini

alla comprensione del Vangelo dei Vangeli, al Vangelo di Giovanni.

Tutti gli altri Vangeli sono da considerare come un completamento del Vangelo di Giovanni;

in esso risiedono le fondamenta di tutti gli altri Vangeli.

Comprendiamo perciò bene gli altri Vangeli

soltanto se li consideriamo sulla base del Vangelo di Giovanni.

 

Lo studio del Vangelo di Giovanni condurrà gli uomini alla completa comprensione di ciò che è avvenuto sul Golgota; li condurrà a comprendere per mezzo di quale mistero è stata confutata la forma illusoria in cui la morte si presentava nell’evoluzione dell’umanità.

 

Gli uomini impareranno a capire come, con il fatto del Golgota, sia stato mostrato alla conoscenza non soltanto che la morte è effettivamente una fonte di vita, ma che per mezzo di essa è stata data la possibilità all’uomo di prendere una posizione di fronte alla morte; una posizione che lo conduce a dare alla propria entità una forma sempre più vitale, finché diventerà interamente vivente, vale a dire capace di risorgere da ogni morte, di vincere finalmente la morte.

 

Ecco che cosa venne svelato a Paolo quando egli vide il Cristo vivente a Damasco, quando seppe: «Il Cristo vive!», quando, col suo sguardo divenuto chiaroveggente, guardò l’atmosfera spirituale che circonda la terra e, come iniziato dell’Antico Testamento, seppe che prima la terra era priva di una determinata luce.

 

Ora vede la luce in essa:

dunque il Cristo era presente; dunque colui che era perito sulla croce era il Cristo in Gesù di Nazareth!

Così a Damasco Paolo potè comprendere l’evento che si era verificato sul Golgota.