I 7 maestri dell’antica India

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (IV)


 

Grande importanza ebbe allora un santuario il quale, in mezzo alla generale decadenza, aveva custodito l’antico culto in tutta la sua purezza. Questo santuario apparteneva all’oracolo del Cristo, e poteva perciò custodire non soltanto il mistero del Cristo, ma anche quello di altri oracoli, poiché nella manifestazione del sublime spirito solare erano state anche rivelate le guide di Saturno, di Giove, ecc.

 

Gli iniziati dell’oracolo solare conoscevano il segreto per produrre in alcuni uomini dei corpi vitali simili a quelli già posseduti dai migliori iniziati di Giove, Mercurio, e così via. Valendosi dei mezzi di cui potevano disporre, e che non è qui il caso di spiegare, essi conservavano l’impronta dei migliori corpi vitali degli antichi iniziati, per dotarne più tardi gli uomini più adatti. Per opera degli iniziati di Venere, Mercurio e Vulcano il processo si poteva applicare anche al corpo astrale.

 

In una determinata epoca, la guida degli iniziati del Cristo si trovò sola in mezzo a dei compagni ai quali non poteva comunicare che una piccolissima parte dei segreti del mondo, perché erano uomini che avevano in misura limitatissima la disposizione naturale per staccare il loro corpo fisico dal vitale; essi erano in quel momento appunto i più adatti per il progresso dell’umanità.

 

Le esperienze nello stato di sonno diventarono a poco a poco sempre più rare per loro; il mondo spirituale si era loro andato sempre più precludendo, e mancavano anche della comprensione per tutto ciò che era stato rivelato negli antichi tempi, quando l’uomo era soltanto nel suo corpo vitale e non ancora nel suo corpo fisico. Gli uomini che si trovavano nell’immediata vicinanza della guida dell’oracolo del Cristo erano i più progrediti, nei riguardi dell’unione col corpo fisico di quella parte del corpo vitale che se ne era precedentemente staccata.

 

Questa unione si verificò a poco a poco nell’umanità, come conseguenza delle trasformazioni avvenute in generale sulla Terra e in particolar modo sul continente atlantico. Il corpo vitale dell’uomo sempre più andò a coincidere col corpo fisico, e di conseguenza andarono perdute le facoltà della memoria, che prima erano illimitate, e cominciò nell’uomo la vita del pensiero; la parte del corpo vitale vincolata al corpo fisico trasformò il cervello fisico in un vero strumento per il pensiero, e soltanto da allora in poi l’uomo percepì effettivamente il suo «io » nel corpo fisico. Allora soltanto si destò l’autocoscienza.

 

Questo si verificò dapprima soltanto in una piccola parte dell’umanità, particolarmente nei compagni della guida dell’Oracolo del Cristo. Il resto dell’umanità sparsa nell’Europa, nell’Asia e nell’Africa conservò in gradi diversi i residui degli antichi stati di coscienza, e aveva perciò esperienza diretta del mondo soprasensibile.

 

I compagni dell’iniziato del Cristo erano uomini d’intelletto molto sviluppato, ma che avevano meno esperienza nel campo soprasensibile di tutti gli altri uomini di quel periodo. L’iniziato che li guidava emigrò con loro dall’occidente all’oriente, in una contrada dell’interno dell’Asia. Egli voleva per quanto possibile preservarli dal contatto con gli uomini meno progrediti nello sviluppo della coscienza.

 

Educò quei suoi compagni conformemente ai misteri che conosceva e influì in tal senso principalmente sui loro discendenti; costituì così un gruppo di uomini i quali avevano accolto nel loro cuore gli impulsi emanati dai misteri dell’iniziazione del Cristo. Da questo gruppo egli scelse i sette migliori, quelli che potevano avere corpi vitali e corpi astrali tali da corrispondere all’impronta dei corpi vitali dei setti migliori iniziati atlantici. Egli educò così un successore per ognuno degli iniziati del Cristo, di Saturno, di Giove, ecc.

 

Questi sette iniziati divennero i maestri e le guide degli uomini i quali, nell’epoca post-atlantica, si stabilirono al sud dell’Asia e specialmente nell’antica India. Per il fatto che quei grandi maestri erano dotati di una copia del corpo vitale dei loro antenati spirituali, ciò che era contenuto nel loro corpo astrale, e cioè la sapienza e la conoscenza da essi stessi elaborata, non raggiungeva il livello delle rivelazioni che provenivano dal loro corpo vitale. Quando queste rivelazioni si manifestavano in loro, essi dovevano imporre silenzio alla propria sapienza, alla propria conoscenza; attraverso di loro e per la loro bocca parlavano allora le entità sublimi che avevano parlato anche ai loro antenati spirituali. AI di fuori dei momenti in cui queste entità parlavano attraverso di loro, essi erano uomini semplici, dotati di quelle capacità di sentimento e di intelligenza che si erano elaborate da sé.

 

Abitava allora nell’India una razza di uomini che aveva conservato soprattutto un ricordo vivace dell’antico stato animico degli Atlantidi, stato che permetteva le esperienze nel mondo spirituale. Buona parte di quegli uomini sentiva ancora nel cuore e nell’anima una poderosa attrazione verso quelle esperienze del mondo soprasensibile.

Una saggia disposizione della sorte aveva fatto migrare verso il sud dell’Asia la maggior parte degli uomini che costituivano il gruppo più progredito della popolazione atlantica; oltre a questo gruppo principale, altri minori vi migrarono in epoche diverse.

 

L’iniziato del Cristo, di cui abbiamo parlato, assegnò come maestri a queste popolazioni i suoi sette grandi discepoli; essi impartirono a quei popoli la loro saggezza e i loro comandamenti. Fra gli antichi Indiani ve ne erano molti che avevano bisogno di ben poca preparazione, perché si risvegliassero in loro le capacità appena attutite che permettevano di giungere alla percezione dei mondi soprasensibili. L’aspirazione verso quei mondi era infatti il sentimento che dominava nell’anima indiana. Si sentiva che il mondo soprasensibile era la patria originaria degli uomini, e che da quello essi erano stati trasferiti nel mondo delle percezioni esteriori sensorie, e dell’intelletto ad esse collegato.

 

Gli antichi Indiani sentivano il mondo soprasensibile come il vero mondo, e quello dei sensi come un inganno della percezione umana, un’illusione (maya) e mettevano in opera tutti i mezzi per arrivare alla visione del mondo vero. Il mondo illusorio dei sensi non suscitava in loro alcun interesse, o ne suscitava soltanto in quanto rappresentava il velo che ricopre il mondo soprasensibile.

 

Il potere che i sette grandi maestri potevano esercitare su tali uomini era immenso, e ciò che essi rivelavano penetrava profondamente nelle anime indiane. Poiché il possesso dei corpi vitali e dei corpi astrali che erano stati trasmessi a quei maestri conferiva loro grandi forze, essi potevano agire sui loro discepoli anche per via magica. Essi veramente non insegnavano, ma agivano come per forza magica da uomo a uomo. Sorse in tal modo una civiltà completamente compenetrata dalla saggezza soprasensibile.

 

Ciò che è contenuto nei libri della sapienza indiana (i Veda) non ci presenta l’originario aspetto della grande saggezza, quale era coltivata nei tempi antichi dai grandi maestri, ma ce ne dà soltanto un debole riflesso. Unicamente lo sguardo soprasensibile, rivolto al passato, può scorgere la sapienza originaria non scritta che si nasconde dietro quella scritta.

 

Una caratteristica speciale di questa saggezza originaria sta nell’accordo armonico dei diversi oracoli del periodo atlantico, perché ognuno dei grandi maestri poteva svelare la saggezza di uno di quegli oracoli; i vari aspetti della saggezza si fondevano in un’armonia completa, perché dietro di loro vi era la saggezza fondamentale dell’iniziazione profetica del Cristo.

 

Veramente il maestro, che era il seguace spirituale dell’iniziato del Cristo, non rivelava i medesimi misteri che poteva rivelare l’iniziato stesso del Cristo. Quest’ultimo era rimasto nel retroscena dell’evoluzione e non trovò dapprima nessun uomo post-atlantico al quale poter trasmettere il suo alto ministero.

La differenza fra questo iniziato del Cristo e l’iniziato del Cristo fra i sette grandi maestri indiani, stava nel fatto che quello era capace di esprimere completamente la sua visione del mistero del Cristo con delle rappresentazioni umane, mentre l’iniziato indiano del Cristo ne poteva rappresentare soltanto un riflesso, a mezzo di simboli e di segni, perché il suo intendimento umano non aveva la forza di concepire tale mistero.

Però, dall’unione dei sette maestri, risultò una conoscenza del mondo soprasensibile rappresentata come in un grandissimo panorama di saggezza; di questa, nell’antico oracolo atlantico si potevano rivelare soltanto singole parti. Le grandi guide che dirigono il mondo cosmico vennero rivelate e venne anche sommessamente indicato il grande spirito solare, lo spirito nascosto, che domina sopra le entità rivelate dai sette maestri.

 

Quando qui si parla degli « antichi Indiani », non s’intende alludere al popolo generalmente chiamato con quel nome. Non esistono documenti esteriori dell’antichissima epoca di cui ora si tratta. Il popolo che siamo soliti chiamare « indiano » corrisponde a un gradino di evoluzione della storia che si è svolto molto tempo dopo l’epoca ora in questione.

Occorre infatti distinguere un primo periodo terrestre postatlantico, in cui dominava appunto la « civiltà indiana » ora caratterizzata; si svolse poi un secondo periodo post-atlantico in cui dominò la civiltà che più oltre in questo libro vien chiamata la « civiltà paleo-persiana »; più tardi ancora si sviluppò la civiltà egizio-caldaica, di cui ancora dovremo parlare. Durante lo sviluppo di questo secondo e terzo periodo di civiltà post-atlantica anche l’antico « indianesimo » sperimentava un suo secondo e terzo periodo. Al terzo periodo appunto si riferisce ciò che ordinariamente vien descritto dell’antica India. Quello che qui è detto non si riferisce dunque all’« antica India » di cui ordinariamente si parla.

 

Altro tratto caratteristico della civiltà paleo-indiana fu quello che condusse più tardi alla divisione degli uomini in caste. Gli abitanti dell’India erano discendenti di quegli Atlantidi che appartenevano a diverse categorie di uomini, di Saturno, di Giove, ecc. Per mezzo degli insegnamenti occulti gli uomini compresero che l’anima non si incarna in una determinata casta per caso, ma perché essa si determina il proprio destino. Tale comprensione degli insegnamenti soprasensibili fu accolta tanto più facilmente, in quanto in molti uomini poteva venir destato quel ricordo interiore degli antenati di cui abbiamo fatto cenno; ricordo però che poteva condurre anche a una concezione erronea della reincarnazione.

 

Mentre durante l’epoca atlantica si poteva cioè conseguire la giusta idea della reincarnazione soltanto a mezzo degli iniziati, nell’antica India la si poteva conseguire soltanto a mezzo del diretto contatto con i grandi maestri. Dette idee errate sulla reincarnazione si diffusero largamente fra i popoli i quali, dopo lo sprofondamento dell’Atlantide, emigrarono in Europa, in Asia e in Africa. E poiché gli iniziati che si erano traviati durante l’evoluzione atlantica avevano comunicato anche quel mistero ad anime immature, gli uomini andarono sempre più confondendo le idee vere con quelle errate.

 

Era rimasta a molti di loro, come un’eredità dell’epoca atlantica, una specie di chiaroveggenza crepuscolare. Come gli uomini dell’Atlantide, durante il sonno, penetravano nel mondo spirituale, così i loro discendenti avevano delle esperienze del mondo spirituale in uno stato anormale intermedio fra sonno e veglia; allora risorgevano in loro le immagini del tempo antico in cui i loro antenati avevano vissuto. Essi si credettero le reincarnazioni di uomini che avevano vissuto in precedenza; si diffusero così in tutto l’ambiente terrestre delle idee sulla reincarnazione in antitesi con la giusta dottrina degli iniziati.