I «cristiani giovanniti»

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 24.06.1909


 

I rosacroce sono una comunità che, fino dal secolo quattordicesimo,

ha coltivato nella sfera della vita spirituale europea il vero cristianesimo spirituale.

La comunità dei rosicruciani, prescindendo da tutte le forme storiche esteriori,

ha cercato sempre di portare alla luce per i suoi seguaci la verità più profonda del cristianesimo;

essa ha sempre dato ai suoi seguaci anche il nome di «cristiani giovanniti».

 

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Se il Cristo Gesù, da chi intuisce la sua grandezza, viene considerato

come il fenomeno più importante comparso nell’evoluzione dell’umanità terrena,

allora il Cristo Gesù deve essere in qualche modo connesso

con ciò che di più essenziale e di più sacro vi è nell’uomo stesso.

 

Nell’interiorità dell’uomo deve esserci dunque qualcosa che si può riferire direttamente all’evento del Cristo.

Noi potremmo allora porre questa domanda: se il Cristo Gesù, conformemente ai Vangeli,

è realmente l’avvenimento più importante dell’evoluzione dell’umanità

non si dovrà allora trovare dappertutto, in ognuna delle anime degli uomini,

qualche cosa che è in relazione col Cristo Gesù?

 

Questo è ciò che soprattutto i cristiani giovanniti, le comunità dei rosacroce,

consideravano come essenziale e importante: il fatto che in ogni anima umana

si trova qualcosa che ha una relazione diretta,

che si riferisce a quanto è avvenuto in Palestina per mezzo del Cristo Gesù.

 

Se il Cristo Gesù può venir chiamato l’avvenimento principale dell’umanità,

allora anche ciò che corrisponde nell’anima umana all’evento del Cristo

dovrà essere quello che vi è di più grande e di più importante.

Che cosa può essere?

 

A questa domanda i discepoli rosicruciani rispondevano che per ogni anima umana

vi è qualcosa che si indica con le parole « risveglio » o « rinascita » o « iniziazione ».

Vogliamo ora vedere ciò che si intenda con queste parole.

 

Se dirigiamo lo sguardo sulle diverse cose intorno a noi, quelle che i nostri occhi vedono e le nostre mani afferrano, vediamo che tutte nascono e periscono. Vediamo il fiore nascere ed appassire, l’intera vegetazione dell’anno crescere e deperire; e se pure vi sono nel mondo delle cose come le montagne e le rocce, che sembrano sfidare i secoli, l’anima umana ha l’intuito, come già si scorge nel proverbio gutta cavat lapidem, che perfino le rocce e le montagne maestose sono soggette alle leggi della caducità.

 

L’uomo sa che sorge e scompare quanto è formato dagli elementi,

che nasce e muore non solo quello che l’uomo chiama la propria corporeità,

ma ciò che egli chiama il suo « io transitorio ».

• Ma chi sa come si può penetrare nel mondo spirituale,

sa pure che l’uomo non penetra nel mondo spirituale

mediante gli occhi e le orecchie e gli altri organi dei sensi,

ma che egli vi può arrivare attraverso la via del risveglio, della rinascita, dell’iniziazione.

 

E che cosa rinasce?

Quando l’uomo guarda nella propria interiorità, arriva in ultimo a dire a se stesso:

• «Quello che mi si presenta nella mia interiorità è quello che chiamo “io”».

L’io si differenzia, già col proprio nome, da tutte le altre cose del mondo esteriore.

 Ad ogni altro oggetto del mondo esteriore si può assegnare un nome dall’esterno;

tutti possono dire « tavolo » al tavolo, o «orologio» all’orologio.

 

Ma non potrà mai risuonare il nome «io» al nostro orecchio

quando si riferisce a noi stessi, perché l’«io» deve venir pronunziato dall’interiorità.

Per tutti gli altri uomini noi siamo un «tu».

 

Già da questo fatto l’uomo si avvede come l’entità io si differenzi da tutto ciò che di solito vi è in lui e attorno a lui.

Ma bisogna ora aggiungere anche quello che gli occultisti in tutti i tempi

hanno sempre ripetuto all’umanità come frutto delle loro esperienze:

che dall’interiorità di questo io ne nasce un altro, un io superiore, come un bambino nasce dalla madre.

 

Quando consideriamo l’uomo nella sua vita, possiamo dire che lo vediamo dapprima quale bambino, come guarda inesperto gli oggetti del mondo esteriore, come impara poi gradatamente a capire le cose, e a poco a poco a diventare giudizioso, cresce d’intelletto e di volontà, aumenta la sua forza e la sua energia.

Vi sono però uomini che non crescono soltanto in questo modo; vi sono sempre stati uomini che si elevano ad uno sviluppo superiore al normale; essi arrivano a trovare per così dire un « secondo io » capace di dire « tu » al primo io, come quest’ultimo dice « tu » al proprio corpo fisico e al mondo esteriore ; in un certo senso capace di guardare dall’alto al primo io.

 

Questo rappresenta un ideale per l’anima umana,

e si presenta come una realtà per chi segue le indicazioni degli indagatori dello spirito, e per chi dice a se stesso:

• « L’io che finora ho conosciuto prende parte a tutto il mondo esteriore ; esso è effimero come il mondo esterno.

In me è però latente un secondo io del quale gli uomini non sono consapevoli, ma del quale possono divenir coscienti;

esso è altrettanto collegato con ciò che è imperituro, come il primo io è collegato con ciò che è transitorio e perituro ».

 

Con la rinascita questo io superiore può guardare nel mondo spirituale,

come l’io inferiore, per mezzo dei sensi, occhi, orecchie e così via, può guardare nel mondo sensibile.

Ciò che si chiama appunto risveglio, rinascita, iniziazione, è il più grande evento dell’anima umana,

anche a parere di quelli che si professano seguaci della croce con le rose.

Essi sapevano che l’evento della rinascita dell’io superiore,

che può guardare giù all’io inferiore, come l’uomo guarda le figure esteriori, ha un nesso con l’evento del Cristo Gesù.

 

Cioè: come per ogni singolo uomo, nel corso della sua evoluzione, può verificarsi una rinascita,

così col Cristo Gesù una rinascita si è verificata per l’intera umanità.

• Ciò che per il singolo uomo è un avvenimento interiore, mistico spirituale,

che egli possa sperimentare la nascita del suo io superiore,

• nella storia si è verificato per l’intera umanità nel mondo esteriore con l’evento di Palestina, mediante il Cristo Gesù.

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Gli scrittori dei Vangeli hanno descritto il Dio nell’uomo, fino all’evento di Palestina,

hanno descritto come il Dio si è evoluto, come egli è rinato e così via.

Coloro invece che dovevano mostrare di essere i continuatori degli scrittori dei Vangeli,

dovevano indicare che questo è il momento della rinascita dell’io superiore,

quello in cui si ha a che fare soltanto con la parte spirituale che risplende ora al di sopra di tutto il resto.

 

Quelli che si chiamavano cristiani giovanniti e che avevano eletto a loro simbolo la croce con le rose, dicevano:

proprio ciò che è risorto per l’umanità, quale mistero dell’io superiore dell’umanità, è stato conservato.

È stato conservato da quella comunità ristretta che ha avuto il suo inizio con i rosacroce.

 

Questa continuità viene indicata simbolicamente nel seguente modo: quella sacra coppa,

dalla quale il Cristo Gesù ha mangiato e bevuto coi suoi discepoli, che vien chiamata il Santo Graal,

e in cui il sangue che uscì dalla ferita venne raccolto per opera di Giuseppe di Arimatea, come si racconta,

è stata trasportata dagli angeli in Europa.

Per essa venne costruito un tempio, e i rosicruciani divennero i guardiani del contenuto della sacra coppa,

vale a dire di ciò che era l’essenza del Dio rinato.

Il mistero del Dio rinato domina nell’umanità; questo è il mistero del Graal.

 

Questo è il mistero che viene dato come un nuovo Vangelo,

e del quale viene detto di alzare lo sguardo ad un saggio, come l’autore del Vangelo di Giovanni, il quale poteva dire:

•  « Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Quello che in principio era presso Dio

è rinato in colui che abbiamo veduto soffrire e morire sul Golgota, e che è risorto ».

 

La continuità del principio divino attraverso tutti i tempi, e la rinascita del principio divino, è ciò che lo scrittore del Vangelo di Giovanni voleva esporre. Ma tutti coloro che hanno voluto esporre quel fatto sapevano che il principio presente dalle origini era stato conservato.