I fatti narrati dal vangelo di Matteo e quelli narrati dal vangelo di Luca non avvengono contemporaneamente

O.O. 114 – Il Vangelo di Luca – 19.09.1909


 

Le rivelazioni che l’umanità ha ricevuto dal cristianesimo

non sono da considerarsi esaurite e registrate una volta per sempre nei libri,

né sono state date al mondo in forma di libro interamente compiuto.

• Le parole: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 28,20) sono vere.

 

Cristo è con noi, non come un morto, bensì come un vivente.

E coloro ai quali sono stati aperti gli occhi spirituali,

possono di nuovo apprendere da lui stesso ciò che egli ha da insegnarci.

 

Il cristianesimo spirituale vivente e le sue rivelazioni continueranno finché gli uomini saranno in grado di accoglierle.

Perciò oggi narreremo alcuni fatti che, nelle loro conseguenze, si trovano nei Vangeli,

ma non vi si trovano narrati direttamente.

Si possono però esaminare alla luce dei fatti esteriori e trovarli da questi confermati.

 

Le nascite dei due bambini Gesù avvennero a pochi mesi di distanza l’una dall’altra.

Ma tanto il Gesù del vangelo di Luca, quanto Giovanni Battista

nacquero più tardi della cosiddetta strage degli innocenti, la quale così non potè colpirli.

Non si è mai pensato infatti, a proposito di quella strage avvenuta a Betlemme,

come mai fu possibile che Giovanni sopravvivesse?

 

Pensiamo un po’: il Gesù del vangelo di Matteo vien condotto dai suoi genitori in Egitto per sfuggire alla strage; e poco rima di lui, dunque, dovrebbe esser nato Giovanni. Questi, secondo la tradizione comune, non fugge come Gesù, ma resta in Palestina dove avrebbe dovuto soggiacere al decreto di Erode. Egli avrebbe dovuto morire per l’eccidio degli innocenti e perciò non avrebbe potuto esser vivo più tardi.

 

Quanto si deve riflettere su tutte queste cose! Essendo stati allora veramente uccisi tutti i bambini al di sotto dei due anni, Giovanni avrebbe dovuto essere ucciso egli pure. Ma di ciò avremo una spiegazione, se terremo conto delle indagini ella cronaca dell’akasha, la quale ci dice che i fatti narrati dal vangelo di Matteo e quelli narrati dal vangelo di Luca non avvengono contemporaneamente; cosicché la nascita del Gesù atavico precede la strage degli innocenti, e precede pure la nascita di Giovanni. Si tratta solo di pochi mesi di differenza che bastano però a render possibili quegli eventi straordinari.

 

Similmente impareremo a comprendere, dai fatti più intimi, il Gesù del vangelo di Matteo.

In questo bambino si incarna l’individualità

che abbiamo imparato a conoscere come lo Zaratustra della civiltà paleo-persiana.

 

Di Zaratustra sappiamo che egli è colui che diede al popolo persiano la sublime dottrina di Ahura Mazdao, del sommo spirito solare. Sappiamo che dobbiamo rappresentarci questo essere solare come controparte animico-spirituale di ciò di cui il Sole fisico è la arte fisica. Perciò Zaratustra potè dire: non guardate soltanto allo splendore del Sole fisico; ma guardate all’essere possente che irraggia su di noi i suoi benefici effetti spirituali, come il sole fisico irraggia i suoi benefici effetti nella luce e nel calore.

 

Ahura Mazdao che più tardi, con altro nome, fu chiamato Cristo, fu annunciato da Zaratustra al popolo persiano. Egli non lo annunciò ancora come un essere che dimorava sulla Terra; non potè che indicare il Sole, e dire: Ahura Mazdao dimora lassù; va a poco a poco avvicinandosi alla Terra, e un giorno dimorerà in un corpo sulla Terra.

Qui ci si rivela la grande, la poderosa differenza fra zaratustrismo e buddismo.

 

Finché restano separate, fra queste due correnti ci sono differenze profonde;

ma le differenze si livellano nel momento in cui le due correnti confluiscono negli eventi di Palestina

e vengono ringiovanite.

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Nelle scuole caldaiche si sviluppò fra i discepoli di Zaratustra un profondo attaccamento per l’individualità (non la personalità) del loro maestro. I saggi d’oriente si sentivano legati alla loro grande guida. Vedevano in lui l’«astro» dell’umanità; e Zoroastro infatti vuol dire stella d’oro o stella dello splendore. Vedevano in lui un riflesso del Sole stesso.

Alla loro profonda saggezza non poteva restar celata la rinascita del loro maestro a Betlemme. Allora vennero guidati dal loro astro e gli portarono i segni esteriori di quanto di meglio egli aveva potuto offrire all’umanità.

 

Per un discepolo di Zaratustra il miglior dono era

la sapienza del mondo esteriorela saggezza dei misteri del cosmo

accolta nel corpo astrale umano, nel pensare, sentire e volere.

• Perciò i discepoli di Zaratustra

compenetrarono le forze della loro anima, il loro pensare, sentire e volere,

con la saggezza che si può accogliere dal profondo del mondo divino-spirituale.

 

Simboli della saggezza, che si può acquistare accogliendo i misteri del mondo esterno,

erano l’oro, l’incenso e la mirra.

• L’oro era simbolo del pensiero;

• l’incenso era simbolo del sentimento della devozione;

• la mirra era simbolo della forza di volontà.

In tal modo, presentandosi al loro maestro rinato a Betlemme,

i suoi discepoli gli dimostrarono l’appartenenza alla sua corrente.

 

Perciò l’autore del vangelo di Matteo dice effettivamente il vero, quando ci narra che i savi, fra cui Zaratustra aveva operato, sapevano che egli era ricomparso fra gli uomini; e gli espressero la loro affinità spirituale, mediante i tre simboli di quanto di meglio egli avesse trasmesso loro: l’oro, l’incenso e la mirra (Matteo, 2,11).

 

Ora era essenziale che Zaratustra, nella persona del Gesù salomonico della stirpe di Davide, potesse agire con energia al fine di ridare all’umanità, in forma ringiovanita, tutto ciò che già precedentemente le aveva dato. Era necessario perciò che egli concentrasse in sé tutta la forza già prima da lui posseduta. Non poteva quindi nascere in un corpo discendente dalla linea sacerdotale della casa di Davide, ma soltanto in un corpo discendente dalla linea regale. Nel vangelo di Matteo troviamo infatti espressa l’affinità fra i re dell’antica Persia ed il bambino in cui Zaratustra si reincarnò.

 

A questi avvenimenti hanno sempre alluso anche gli antichi libri sacri dell’Asia minore. Chi comprenda veramente tali scritture, le leggerà diversamente da chi non conosce i fatti e quindi confonde tutte le cose. Abbiamo per esempio nell’Antico Testamento due profezie: una di esse, negli Apocrifi di Enoch, allude piuttosto al messia natanico della linea sacerdotale; e l’altra, nei Salmi, allude al messia della linea regale. In quelle scritture ogni particolare concorda coi fatti che possiamo leggere nella cronaca dell’akasha.

 

Zaratustra dunque dovette raccogliere in sé tutte le forze che aveva posseduto in altri tempi. Alla civiltà egizia ed alla civiltà ebraica, ossia ad Ermete e a Mosè, egli aveva ceduto le forze del suo corpo astrale e del suo corpo eterico. Con queste forze ora egli doveva nuovamente ricongiungersi. Dovette così, in certo modo, andare a riprendere in Egitto le forze di quei suoi corpi.

 

E qui ci viene dischiuso un profondo mistero: il Gesù della linea salomonica della casa di Davide, lo Zaratustra reincarnato, deve esser condotto in Egitto (e vi viene infatti condotto) (Matteo, 2,13-17) perché lì risiedono le forze che sono emanate dal suo corpo astrale e dal suo corpo eterico che egli aveva ceduto ad Ermete e a Mosè.

Avendo egli esercitato un influsso sulla civiltà egizia, egli doveva per così dire andare a riprendersi là le forze che vi aveva lasciato. Da ciò, la fuga in Egitto e i fatti spirituali connessi con quella; ossia la necessità di riassorbire tutte le forze, già cedute in passato, per poterle restituire energicamente all’umanità in forma ringiovanita.

 

Così vediamo il Gesù di Betlemme, quello cioè i cui genitori risiedevano in origine a Betlemme,

descritto giustamente da Matteo.

Luca invece ci narra che i genitori del suo Gesù risiedevano a Nazaret,

che si recarono a Betlemme per un censimento, e che proprio in quel tempo venne alla luce Gesù;

dopo di ciò i genitori ritornarono a Nazaret.

 

Nel vangelo di Matteo si narra dunque soltanto che Gesù nacque a Betlemme e che fu condotto in Egitto.

Dopo il ritorno dall’Egitto, i suoi genitori si stabiliscono a Nazaret,

affinché il Gesù che è lo Zaratustra reincarnato

dimori vicino al Gesù che rappresenta l’altra corrente, ossia il buddismo.

Così queste due concezioni del mondo vengono congiunte nella realtà concreta.

 

Nei loro passi più profondi i Vangeli ci rivelano la profondità dei fatti ch’essi narrano.

 

• Quanto nell’uomo si riconnette maggiormente con la volontà e con la forza,

quanto si riconnette con l’elemento regale (per usare un termine tecnico)

viene trasmesso per eredità dall’elemento paterno, come sa chi è al corrente di questi misteri.

• Quanto invece si riconnette con l’interiorità, con la saggezza e l’interiore sensibilità dello spirito,

viene trasmesso dall’elemento materno.

 

Goethe, che penetrò così a fondo nei segreti dell’esistenza, ci mostra questa correlazione con le seguenti parole:

Dal padre ho la statura e nella vita un dignitoso andare;

da mamma, la natura gaia e la voglia di favoleggiare.

 

Si può trovare questa verità spesso confermata nel mondo.

La statura, la figura esteriore (ossia quanto nella figura esteriore direttamente si esprime)

e il dignitoso atteggiamento della vita (ossia ciò che si riconnette col carattere dell’io)

si ereditano dall’elemento paterno.

 

Perciò il Gesù salomonico dovette innanzitutto ereditare dall’elemento paterno la forza; fu sempre la sua missione, infatti, di portare nel mondo le forze divine irradiate dallo spazio. Ciò viene espresso grandiosamente nel vangelo di Matteo, nel passo in cui dal mondo spirituale viene annunciato che un’individualità speciale sta per incarnarsi; e non viene annunciato a Maria, ma al padre, a Giuseppe (Matteo 1,20-21). Non dobbiamo credere che sia detto a caso; anzi ciò esprime la più profonda verità.

 

Nel Gesù della linea natanica si trasmisero invece le qualità interiori che derivano dalla madre. Per questo il Gesù del vangelo di Luca dovette essere annunciato alla madre (Luca 1,26-38), come appunto ci narra quel Vangelo. Così profondamente si esprimono le scritture!

Anche nelle altre narrazioni evangeliche si esprimono verità importantissime.

 

Innanzitutto deve nascere il precursore di Gesù di Nazaret, Giovanni Battista. Solo più tardi potremo riuscire a comprendere l’individualità del Battista. Consideriamolo per ora come egli ci si presenta, ossia come colui che preannunciò il Cristo venturo. Egli deve preannunciarlo sintetizzando, con forza immensa, con forza poderosa, tutto ciò che era contenuto nell’antica rivelazione, nell’antica legge.

 

Il Battista esige dagli uomini che essi seguano quanto sta scritto nella legge,

quel che è detto nella legge antica e che essi hanno dimenticato;

che seguano quanto è divenuto maturo e gli uomini non osservano più.

Questa è la missione del Battista.

Perciò egli deve possedere anzitutto la forza che può possedere un’anima che nasca matura, più che matura.

 

Egli viene generato da genitori vecchi; vien generato in modo che, sin dal principio, il suo corpo astrale sia puro, e sia esente da tutte le forze che abbassano l’uomo; ed è puro perché nella coppia dei suoi vecchi genitori non agiscono brame e passioni. Ecco di nuovo una profonda saggezza che il vangelo di Luca ci addita (Luca 1,18).

 

Anche all’individualità di Giovanni Battista vien provveduto dalla loggia madre,

ossia dal centro spirituale dell’umanità.

• In quel centro spirituale la guida o manu dirige gli eventi secondo le necessità.

• Un io com’è quello di Giovanni Battista s’incarna

conforme alla direzione di quello che è il centro della vita spirituale della Terra.

 

L’io di Giovanni proviene dallo stesso centro da cui proviene anche l’anima del bambino Gesù del vangelo di Luca; solo che a questo bambino vengono trasmesse in prevalenza qualità psichiche che non erano state ancora compenetrate dall’io divenuto egoistico: vale a dire che quell’anima giovane viene diretta appunto là dove deve incarnarsi il nuovo Adamo.

 

Sembrerà strano che, in questo caso, un’anima possa essere condotta ad incarnarsi senza possedere un vero io.

Infatti, l’io che in sostanza non viene dato al Gesù del vangelo di Luca,

viene dato invece al corpo di Giovanni Battista; cosicché, fin dal principio,

l’anima che vive nel Gesù del vangelo di Luca e l’io che vive in Giovanni Battista hanno fra loro un intimo rapporto.

 

Normalmente, quando l’embrione umano sta sviluppandosi nel seno materno, fin dalla terza settimana l’io si unisce con gli altri elementi dell’organismo umano; soltanto negli ultimi mesi prima della nascita, però, esso comincia gradatamente ad entrare in attività. Allora soltanto l’io diventa una forza motrice interiore.

 

Normalmente, quando l’io mette in moto l’embrione umano,

si ha a che fare con un io che proviene da incarnazioni precedenti.

• Nel caso di Giovanni si tratta di un io che è connesso con l’entità animica del Gesù natanico.

Per questa ragione, nel vangelo di Luca, troviamo che la madre di Gesù deve recarsi dalla madre di Giovanni Battista,

quando quest’ultima si trova nel sesto mese di gravidanza.

• E quanto normalmente viene stimolato dall’io, da dentro,

in questo caso viene stimolato da fuori, ossia dall’altro embrione.

 

• Quando gli si avvicina la donna che porta in sé Gesù,

il bambino di Elisabetta comincia a muoversi

perché esso appunto è l’io che è connesso col bambino dell’altra madre (Luca 1, 39-44).

• Tanto profondo è il nesso fra chi effettuerà in sé

la congiunzione di buddismo e zaratustrismo e chi dovrà preannunciarlo!

• Vediamo al principio della nostra èra fatti straordinariamente grandiosi.

 

Gli uomini, in genere, vorrebbero che la verità fosse semplice; ciò deriva dalla loro inerzia che è restia a formarsi molti concetti. Ma alle verità massime non si può giungere se non col massimo sforzo spirituale. Già dobbiamo fare grandissimi sforzi per descrivere una macchina; come potremo pretendere di trovare semplici le verità superiori?

Queste verità sono grandi e complesse; e dovremo adoperare tutte le nostre forze spirituali se vorremo comprendere a poco a poco quelle che si riferiscono agli eventi di Palestina.

Nessuno sollevi dunque l’obiezione che qui le cose vengono descritte in modo troppo complesso: le cose vengono descritte come sono, e sono così perché si tratta appunto del fatto più importante di tutta l’evoluzione terrestre.

 

Vi sono dunque due bambini Gesù:

• uno è figlio della coppia natanica; e lo vediamo nascere da una madre giovane,

perché chi doveva operare come anima giovane doveva nascere da una madre giovanissima.

Con questo bambino, la coppia natanica prende nuovamente dimora a Nazaret.

Essi non hanno altri figli, perché questa madre era tenuta in serbo per essere madre unicamente di questo Gesù.

 

• L’altro Gesù è quello nato dalla coppia della linea salomonica.

Questa coppia, tornata che fu dall’Egitto e trasferita a Nazaret,

ebbe ancora molti figli che troviamo menzionati nel vangelo di Marco:

Simone, Giuda, Giuseppe, Jacopo e anche due figlie (Marco 6,3).

 

I due bambini Gesù crescono.

• Quello che alberga in sé l’individualità di Zaratustra

si sviluppa gradualmente portando a rapidissima maturazione le sue forze,

perché nel suo corpo è attiva una possente individualità.

• L’altra individualità, che è presente nel corpo dell’altro Gesù, è di natura diversa.

In essa l’elemento più importante è il nirmanakaya del Buddha che adombra il bambino.

 

Da Luca sappiamo che il fanciullo cresceva e si irrobustiva pieno di saggezza

(cioè il suo corpo eterico era pervaso di saggezza); e che la grazia di Dio era su di lui.

 

Egli cresceva però in modo da sviluppare molto lentamente le facoltà umane comuni, atte a comprendere e a conoscere il mondo esterno. Volgarmente, tenendo conto soltanto della sua capacità di comprensione del mondo esterno, si è qualificato questo Gesù come un bambino relativamente arretrato. In compenso si sviluppavano in lui le forze suscitate dal nirmanakaya del Buddha che lo adombrava; si sviluppava cioè in lui una impareggiabile profondità di vita interiore, una profondità immensa di sentimento; e queste agivano in maniera straordinaria su tutto l’ambiente circostante.

 

Vediamo dunque svilupparsi nel Gesù natanico un’entità dotata della massima profondità di sentimento;

mentre nel Gesù salomonico vediamo crescere un’individualità straordinariamente matura,

dotata della più profonda comprensione per il mondo.

 

Alla madre del Gesù natanico, alla madre cioè di quel bambino dal sentimento profondo,

erano state dette cose molto significative.

Già Simeone, trovandosi al cospetto del neonato e vedendolo adombrato dal nirmanakaya

di colui che, nella sua incarnazione precedente in India, gli era stato negato di vedere,

veva predetto tutto quanto di grande si sarebbe compiuto.

 

Aveva però anche pronunziato parole significative

sulla spada che avrebbe dovuto trafiggere il cuore della madre del bambino (Luca 2,35).

Queste parole si riferiscono a qualcosa che cercheremo oggi di comprendere.

 

I due bambini crebbero e si svilupparono entrambi fino al loro dodicesimo anno circa, vicini l’uno all’altro; e le relazioni fra i loro genitori erano amichevoli. Avvicinandosi il Gesù natanico al suo dodicesimo anno, i suoi genitori si recarono a Gerusalemme, secondo l’usanza annuale, come dice il Vangelo, per partecipare alle feste pasquali; e portarono seco anche il bambino, come era d’uso per chi avesse raggiunto la maturità.

 

Ora il vangelo di Luca ci narra il fatto straordinariamente misterioso di Gesù dodicenne nel tempio. Vi si legge che, ritornando i genitori dalla celebrazione pasquale, ad un tratto si accorsero che il fanciullo mancava; e non avendolo trovato nella comitiva, tornarono a Gerusalemme dove lo trovarono nel tempio, seduto fra i dottori, che faceva stupir tutti con la sua sapienza (Luca 2,41-50).

Che cosa era accaduto?

 

Interrogheremo in proposito la cronaca imperitura dell’akasha.

I fatti del mondo sono tutt’altro che semplici. Quello che accadde allora, può accadere anche altre volte, sebbene in nodo diverso. Può accadere talvolta che una determinata individualità, giunta a un certo grado di evoluzione, abbisogni di condizioni diverse da quelle in cui si è trovata fino a quel momento. In tal caso potrà avvenire che l’uomo in questione, aggiunta una determinata età, venga colto ad un tratto da uno svenimento e rimanga come morto. Si effettua allora in lui una trasformazione: il suo io lo abbandona, e un altro io subentra nella sua corporeità. Un siffatto mutamento dell’io può avvenire; ed è un fenomeno noto ad ogni occultista.

 

Nel caso di Gesù dodicenne, avvenne quanto segue: l’egoità di Zaratustra, che fino allora aveva adoperato il corpo del Gesù salomonico per poter giungere all’altezza del suo nuovo compito, esce dal corpo del Gesù salomonico e si trasferisce nel Gesù natanico il quale ne appare trasformato. I genitori non lo riconoscono e non comprendono le sue parole. Dal Gesù natanico, infatti, parla ora l’io di Zaratustra che si è trasferito in lui. Questo è il momento in cui il nirmanakaya del Buddha si congiunge con la matrice astrale distaccatasi dal bambino, ed è pure il momento in cui l’io di Zaratustra si unisce col Gesù natanico. Ora l’io di Zaratustra vive nel Gesù natanico. Questo è il fanciullo che i genitori riconducono a casa; e si è trasformato in modo tale, che essi non riescono più a comprenderlo.

 

Qualche tempo dopo, la madre del fanciullo morì.

Così colui, in cui ora dimora l’io di Zaratustra, resta orfano di madre.

Vedremo poi come il fatto che questa madre sia morta, lasciando orfano di sé il fanciullo,

indichi un’altra connessione di cose particolarmente profonda.

 

Anche l’altro fanciullo, dopoché l’io di Zaratustra l’ebbe abbandonato, non potè continuare a vivere normalmente. Il Giuseppe della linea salomonica era morto già prima; e la madre del Gesù salomonico, coi suoi figli Jacopo, Giuseppe, Giuda e Simone, e con le due figlie venne accolta nella casa dell’altro Giuseppe, ossia del Giuseppe della linea natanica. In tal modo ora l’io di Zaratustra vive di nuovo nella famiglia in cui era nato, ad eccezione del padre.

Le due famiglie si sono riunite in un’unica famiglia; e la madre salomonica coi fratelli di Gesù (che possiamo chiamare così perché, rispetto al suo io, sono fratelli) vivono nella casa del Giuseppe natanico con quel Gesù che, rispetto al corpo, era originario di Nazaret. Così, essi vissero tutti insieme.

 

Abbiamo così veduto confluire buddismo e zaratustrismo nella realtà concreta;

infatti il corpo che ora albergava l’io maturo di Zaratustra aveva potuto accogliere in sé il nirmanakaya del Buddha,

che aveva assunto l’involucro astrale abbandonato dal Gesù natanico.

 

• Ed ora vediamo crescere in Gesù di Nazaret un’individualità che porta in sé l’egoità di Zaratustra,

irradiata e pervasa di spirito da parte del nirmanakaya del Buddha ringiovanito.

• Nell’anima di Gesù di Nazaret vediamo vivere la congiunzione di buddismo e zaratustrismo.

 

E poiché relativamente presto anche il Giuseppe della linea natanica morì,

così in realtà lo Zaratustra-Gesù è orfano, si sente orfano.

Egli non è quello che secondo la sua origine corporea dovrebbe essere.

 

Secondo lo spirito, egli è lo Zaratustra rinato.

Secondo la sua origine corporea, invece, suo padre è il Giuseppe della linea natanica;

ed il mondo, conforme all’apparenza dei fatti, lo ritiene tale.

 

Per questo riguardo, dobbiamo prendere alla lettera le parole di Luca che ci racconta le cose esattamente. Egli scrive: «Nel tempo in cui tutto il popolo veniva a ricevere il battesimo, anche Gesù fu battezzato e mentre stava pregando, il cielo si aperse e lo Spirito Santo scese su di lui in forma corporea a guisa di colomba, e venne una voce dal cielo che diceva: tu sei il mio diletto figliuolo, oggi ti ho generato. E Gesù, quando cominciò ad operare, aveva circa trent’anni, ed era tenuto per figlio di Giuseppe» (Luca 3,21-23).

 

Il vangelo di Luca dunque non ci dice semplicemente che Gesù era figlio di Giuseppe,

ma che era tenuto per figlio di Giuseppe.

Difatti l’io originariamente incarnato nel Gesù salomonico

non aveva in sostanza nulla a che fare col Giuseppe natanico.

 

Ci sta dunque davanti, in Gesù di Nazaret, un’entità unitaria che possiede una grande, possente interiorità;

un’interiorità in cui si congiungono tutti i benefici che possiamo attribuire al buddismo ed allo zaratustrismo.

• Quell’interiorità era chiamata a compiere opere immense, poderose;

ben diversa sarà la sua sorte da quella degli altri che Giovanni battezzava nel Giordano.

 

Vedremo poi che questa interiorità accolse in sé, durante il battesimo nel Giordano, l’individualità del Cristo.

Nello stesso tempo, la parte immortale della madre originaria del Gesù natanico tornò a scendere;

proprio in quel momento essa operò una trasformazione nell’altra madre,

che era stata accolta nella casa del Giuseppe natanico, e la rese nuovamente vergine.

 

Così, durante il battesimo nel Giordano, fu restituita a Gesù l’anima di quella madre ch’egli aveva perduto.

La madre che gli è rimasta nasconde ora in sé l’anima della madre originaria,

della Maria che nel vangelo di Luca è chiamata benedetta.