I pensieri universali nell’azione di Michele ed in quella di Arimane

O.O. 26 – Massime antroposofiche – Lettera del 23.11.1924 – massime n° 121-123


 

Chi esamina la posizione di Michele verso Arimane viene portato a chiedere:

« Come si comportano nei nessi cosmici queste due potenze spirituali,

dato che entrambe operano allo sviluppo delle forze intellettuali? ».

 

Michele sviluppò nel passato l’intellettualità attraverso il cosmo, e lo fece come ministro delle potenze divino-spirituali che diedero origine tanto a lui stesso quanto all’uomo. E vuole conservare questa sua relazione con l’intellettualità.

Quando questa si staccò dalle potenze divino-spirituali per trovare la via nell’interiorità dell’essere umano, Michele deliberò di prendere da allora in poi la giusta posizione di fronte all’umanità, per poter trovare in essa il suo rapporto con l’intellettualità.

Ma anche in seguito egli voleva compiere tutto ciò secondo gli intendimenti e quale ministro delle potenze divino-spirituali con le quali egli è collegato sin dall’origine sua e dell’uomo.

 

È dunque sua intenzione che in avvenire l’intellettualità fluisca attraverso i cuori degli uomini, pur rimanendo quella medesima forza che era già nel principio, quando emanava dalle potenze divino-spirituali.

Molto diverso è il caso di Arimane. Già da lungo tempo questo essere si è staccato dalla corrente di evoluzione a cui appartengono le entità divino-spirituali caratterizzate. Nel più remoto passato egli si collocò accanto ad esse come potenza cosmica indipendente. Ora egli sta sì spazialmente nel mondo al quale l’uomo appartiene, ma non ha alcuna relazione di forze con gli esseri legittimamente appartenenti a questo mondo.

 

Soltanto perché l’intellettualità, staccata dagli esseri divino-spirituali, si avvicina a questo mondo, Arimane la trova così affine a sé da potersi, per suo mezzo, collegare a modo suo con l’umanità. Già in un lontanissimo passato egli ha infatti unito a sé ciò che l’uomo riceve ora come un dono dal cosmo. Se gli riuscisse ciò che è nelle sue intenzioni, Arimane renderebbe simile al proprio l’intelletto dato all’umanità.

Senonché Arimane si è appropriato dell’intellettualità in un’epoca in cui non poteva ancora interiorizzarla in sé.

Nel suo essere essa rimaneva una forza che nulla aveva a che fare col cuore e con l’anima.

 

L’intellettualità emana da Arimane come un cosmico impulso gelido, senz’anima.

E gli uomini che vengono presi da quell’impulso sviluppano una logica che sembra parlare di per se stessa,

senza pietà e senza amore (in realtà è Arimane che parla per suo mezzo),

una logica in cui non si mostra per nulla il giusto e intimo collegamento dell’anima e del cuore

con ciò che l’uomo pensa, dice e fa.

 

Michele invece non si è mai appropriato dell’intellettualità. Egli la amministra come forza divino-spirituale, sentendosi unito con le potenze divino-spirituali. E compenetrando l’intellettualità, egli mostra anche come essa contenga la possibilità di essere un’espressione del cuore e dell’anima, altrettanto bene quanto lo è della testa e dello spirito.

Michele porta infatti in sé tutte le forze primordiali delle divinità, sue e dell’uomo.

Perciò egli non trasmette all’intellettualità nulla di gelido, di insensibile,

ma la accompagna in modo interiormente caldo e pieno di anima.

 

Qui è anche la ragione per la quale Michele si muove nel cosmo con volto serio e con serio gesto. L’essere così legato nel proprio intimo con il contenuto intelligente, come lo è Michele, significa al tempo stesso dover adempiere il compito di non inserire in quel contenuto nessun arbitrio soggettivo, nessuna brama o desiderio. Altrimenti la logica diventa arbitrio di un essere, invece che espressione del cosmo.

 

Michele considera sua virtù di badare severamente

a che il suo essere resti espressione dell’essere universale,

e di trattenere nell’interiorità tutto ciò che di individuale vuole agitarvisi.

• Il suo animo è rivolto verso i grandi nessi del cosmo: questo esprime il suo volto;

la sua volontà, che si accosta all’uomo, deve rispecchiare ciò che egli vede nel cosmo:

questo esprime il suo contegno, il suo gesto.

 

Michele è serio in tutto perché

• la serietà, come manifestazione di un essere, è il riflesso del cosmo attraverso quell’essere;

• il sorriso è invece l’espressione di ciò che, partendo da un essere, irradia nel mondo.

 

Una delle immaginazioni di Michele è anche questa:

• egli opera nel corso del tempo, portando la luce dal cosmo come essere nel suo essere;

• plasmando il calore dal cosmo come rivelatore del proprio essere;

• egli opera quale essere come un mondo, affermando se stesso soltanto con l’affermare il mondo,

• adducendo forze alla terra da ogni luogo dell’universo.

 

Invece un’immaginazione di Arimane è la seguente:

• nel suo cammino egli vorrebbe, dal tempo, conquistare lo spazio;

• egli ha intorno a sé tenebre in cui manda i raggi della propria luce:

• ha intorno a sé tanto maggior gelo quanto più raggiunge delle proprie intenzioni;

• si muove come un mondo che si restringe interamente in un essere, nel proprio;

• affermando se stesso soltanto nel rinnegare il mondo,

• si muove come se portasse con sé le forze paurose di oscure grotte sotterranee.

 

• Quando l’uomo cerca la libertà senza egoismo,

quando la libertà diventa per lui puro amore per l’azione da compiere,

allora egli ha la possibilità di avvicinarsi a Michele.

• Quando invece vuole agire in libertà sviluppando l’egoismo,

quando la libertà diventa per lui il superbo sentimento di manifestare se stesso nell’azione,

allora l’uomo è in pericolo di cadere nella sfera di Arimane.

 

Le immaginazioni qui descritte si accendono

• a seconda che l’azione umana sia mossa dall’amore dell’uomo per la azione (Michele),

• oppure dall’amore dell’uomo per se stesso in quanto agisce (Arimane).

 

Quando l’uomo, come essere libero, si sente vicino a Michele,

egli è sulla via di portare la forza dell’intellettualità « nell’intero suo essere »;

egli pensa sì con la testa, ma il cuore sente il chiarore o l’oscurità del pensiero;

la volontà illumina l’essere dell’uomo, mentre i pensieri, come intenzioni, fluiscono in lui.

 

L’uomo, diventando espressione del mondo, diventa sempre più uomo;

trova se stesso non cercandosi, ma, nel volere, collegandosi con il mondo nell’amore.

• Quando, nello sviluppare la sua libertà, l’uomo cade nelle reti di Arimane,

egli viene assorbito nell’intellettualità come in un automatismo spirituale nel quale è una parte, e non più se stesso.

• Tutto il suo pensare diventa esperienza della testa;

ma la testa lo separa dall’esperienza individuale del suo cuore e del suo volere, e annulla la vita individuale.

 

L’uomo va sempre più perdendo l’espressione della sua essenza umana interiore,

mentre diventa espressione del suo proprio essere;

cercando se stesso, si perde; si sottrae al mondo al quale nega l’amore;

egli sperimenta veramente se stesso soltanto quando ama il mondo.

 

Da quanto è stato detto risulta evidente come Michele sia la guida al Cristo.

Michele percorre il mondo con tutta la serietà del suo essere, del suo contegno, del suo agire mosso dall’amore.

Chi a lui si attiene, coltiva l’amore nel rapporto col mondo esterno.

E l’amore deve svilupparsi nella relazione col mondo esterno, altrimenti diventa amore egoistico.

 

Una volta creato questo amore nel senso di Michele, l’amore per il prossimo potrà anche ritornare a riflettersi nel proprio essere. Questo potrà amare senza amare se stesso. E sulle vie di questo amore il Cristo può essere trovato dall’anima umana.

Chi si attiene a Michele, coltiva l’amore nella relazione con il mondo esterno, e così trova quella relazione con l’interiorità della propria anima che lo congiunge al Cristo.

L’epoca che ora si inizia richiede che l’umanità rivolga lo sguardo ad un mondo spirituale immediatamente confinante col mondo che viene sentito come mondo fisico, ad un mondo spirituale nel quale si può trovare ciò che qui è stato descritto come entità e missione di Michele.

 

Infatti il mondo che l’uomo, osservando questo mondo fisico, si dipinge come natura,

non è nemmeno quello in cui immediatamente egli vive,

ma è un mondo che sta tanto al di sotto del mondo veramente umano, quanto il mondo di Michele ne sta al di sopra.

 

Soltanto l’uomo non si accorge che inconsciamente, facendosi un’immagine del suo mondo,

ne sorge veramente l’immagine di un altro.

Dipingendosi quell’immagine, egli sta già eliminando se stesso e sta per cadere nell’automatismo spirituale.

 

L’uomo può conservare la sua umanità soltanto se,

all’immagine nella quale egli perde se stesso, come nella concezione naturale,

egli oppone l’altra in cui domina Michele, nella quale Michele conduce alla via verso il Cristo.

 


 

121 Non si è ancora compreso nella sua importanza per il mondo qualcosa che vi agisce

— per esempio i pensieri universali — se ci si arresta a questo agente in sé;

bisogna invece guardare conoscitivamente agli esseri da cui proviene;

ad esempio, per i pensieri universali,

se siano portati nel mondo e attraverso il mondo da Michele o da Arimane.

 

122 Ciò che, provenendo da un essere, può agire salutarmente e costruttivamente

a causa della relazione che questo essere ha col mondo,

può dimostrarsi malsano e deleterio se proviene da un altro essere.

I pensieri universali portano l’uomo verso il futuro se egli li riceve da Michele;

lo sviano invece dal sano futuro per lui se glieli può dare Arimane.

 

123 — Da simili osservazioni si è sempre più indotti a superare la concezione

di una spiritualità indeterminata che debba valere panteisticamente sulla base delle cose;

e si è guidati ad una concezione determinata, concreta,

che è in grado di rappresentarsi entità spirituali delle gerarchie superiori.

Ché la realtà consiste dappertutto in entità;

e ciò che in essa non è entità, è attività che si esplica nella relazione fra un essere e un altro.

Lo si può capire soltanto quando si può gettare lo sguardo sugli esseri attivi.