I ritmi della natura umana

O.O. 107 – Antropologia Scientifico-Spirituale Vol. II – 12.01.1909


 

Abbiamo già detto, in queste nostre riunioni, che, nel corso di quest’inverno, riunione dopo riunione, vogliamo mettere insieme il materiale, le pietre da costruzione, per così dire, che alla fine si comporranno in una più profonda conoscenza dell’essenza dell’uomo, nonché di varie altre cose che attengono alla vita e all’evoluzione intera dell’uomo stesso, e che ci introdurranno sempre più a fondo nei segreti dell’universo.

 

Oggi vorrei che richiamaste alla mente la penultima conferenza, perché avrei intenzione di partire di lì. Ricorderete che abbiamo parlato di un dato ritmo, ossia del ritmo inerente alle quattro parti costitutive dell’essere umano. È appunto ciò da cui prenderemo le mosse per rispondere a questa domanda: come può aiutarci una simile cognizione a comprendere ancora più a fondo la necessità e il fine del movimento spirituale antroposofico?

 

Oggi dovremo collegare fra loro due cose apparentemente molto distanti l’una dall’altra.

Fra l’io, il corpo astrale, il corpo eterico e il corpo fisico dell’uomo sussistono, come ricorderete, determinati rapporti.

 

Quello che c’è da rilevare a proposito della quarta componente, cioè dell’io, salta per così dire agli occhi con la massima evidenza se pensiamo ai due stati di coscienza che l’io sperimenta alternativamente nell’arco di ventiquattro ore, ossia di un giorno.

Noi, questo periodo di un giorno costituito di ventiquattro ore, entro il quale l’io ha esperienza del dì e della notte, del sonno e della veglia, lo assumiamo per un certo verso come unità.

 

Se diciamo perciò che quanto l’io sperimenta in un giorno obbedisce all’uno, come numero, dobbiamo anche dire che, analogamente, il numero sette è quello che corrisponde al ritmo del nostro corpo astrale.

Mentre l’io, l’io quale è oggi, torna per così dire al suo punto di partenza in ventiquattro ore, si riporta dov’era in un giorno, il nostro corpo astrale fa la stessa cosa in sette giorni.

Cercheremo adesso di precisare un po’ meglio questo aspetto.

 

Pensate dunque al vostro risveglio mattutino, il quale consiste, come si usa dire comunemente – ma anche impropriamente -, nel fatto che riemergete dall’oscurità dello stato d’incoscienza e che gli oggetti del mondo fisico-sensibile vi si ripresentano intorno. Questo è ciò che sperimentate al mattino e che, salvo eccezioni naturalmente, tornate a sperimentare in capo a ventiquattrore.

 

Il processo si svolge di regola così, e possiamo dire quindi che

• il nostro io, dopo un giorno fatto di ventiquattr’ore, torna al punto di partenza (1).

 

Esaminando con il medesimo criterio ciò che accade corrispettivamente nel corpo astrale,

dobbiamo dire che, se vi si svolge effettivamente quello che di regola è il suo specifico processo,

• il corpo astrale dell’uomo torna al suo punto di partenza in capo a sette giorni (7).

Dunque, mentre l’io compie un ciclo in un giorno, il corpo astrale va molto più lento, compie il suo ciclo in sette giorni.

 

• Il corpo eterico, poi, compie il proprio ciclo in quattro volte sette giorni,

torna nuovamente al punto di partenza dopo quattro volte sette giorni (4×7).

E ora prego di fare attenzione a quello che ho già detto nella penultima conferenza:

nel caso del corpo fisico, il processo non è così regolare come per il corpo astrale e per il corpo eterico.

Anche in questo caso possiamo nondimeno calcolare un numero approssimativo:

• il corpo fisico compie il proprio ciclo, all’incirca, in dieci volte ventotto giorni,

(10x4x7) così da tornare anch’esso al punto di partenza.

 

Vi è noto infatti che l’uomo presenta quella cospicua diversificazione per la quale il corpo eterico femminile possiede caratteristiche maschili e, viceversa, il corpo eterico maschile possiede caratteristiche femminili.

Già questo sarà sufficiente a spiegare perché, sotto un certo aspetto, nel ritmo subentri necessariamente una irregolarità quando si tratta del corpo eterico e del corpo fisico.

 

In generale, comunque, la proporzione di 1 : 7 : (4 x 7) : (10 x 7 x 4) esprime i rapporti numerici che stanno a indicare, diciamo così, le “velocità di rotazione” delle quattro partì costitutive della natura umana. Questo, naturalmente, solo in senso figurato, perché qui non si tratta di rotazioni, ma del ripetersi dei medesimi stati; si tratta di cadenze ritmiche.

 

Ho già dovuto sottolineare, due settimane fa, come i fenomeni della nostra vita di tutti i giorni si facciano comprensibili soltanto se abbiamo cognizione di ciò che sta dietro al mondo fisico-sensibile. E, nel corso di una conferenza pubblica, ho richiamato altresì l’attenzione su di un fatto singolare che neppure lo scienziato o il medico più risoluta- mente materialisti possono negare, che neppure loro possono annoverare fra le “chimere della superstizione”, dato che si presenta per l’appunto come un fatto.

 

Si tratta della circostanza – circostanza che in verità dovrebbe dare molto da pensare – per cui nel settimo giorno di decorso della polmonite compare un fenomeno particolare, insorge cioè una crisi, e bisogna fare di tutto perché, da questo settimo giorno, il malato possa uscire indenne. La febbre scende d’improvviso e, se non si riesce a far superare questa crisi al malato, può ben darsi che non sopravvenga nessuna guarigione. Questo fatto, in generale, è sì conosciuto, ma non sempre si diagnostica con esattezza il momento iniziale della malattia e, senza sapere quale sia il primo giorno, è normale non sapere neppure quale sia il settimo. Il fatto comunque esiste.

 

Di conseguenza, è inevitabile domandarsi: perché, nella polmonite, il settimo giorno la febbre si abbassa? Perché proprio nel settimo giorno si manifesta un fenomeno particolare?

Solo chi scruta dietro le quinte dell’esistente, affondando lo sguardo nel mondo spirituale oltre le apparenze fisico-sensibili, ha cognizione di questi ritmi, e sa, nello stesso tempo, a che cosa siano dovuti certi fenomeni, come ad esempio l’insorgere della febbre.

 

Che cos’è propriamente la febbre? Perché compare?

La febbre non è la malattia.

Al contrario, è qualcosa che l’organismo produce

per combattere il processo patologico vero e proprio.

È la difesa che l’organismo oppone alla malattia.

 

Supponiamo che nell’organismo si presenti una lesione, una lesione ai polmoni per stare al nostro esempio. Se tutte le attività interne dell’uomo sano sono fra loro in armonia, è logico che, quando un organo qualsiasi, una qualsiasi parte del corpo umano ha un disturbo, queste attività interne finiscano necessariamente in disordine. Tutto quanto l’organismo cerca allora di rimettersi in sesto, e di sviluppare da se stesso le forze capaci di compensare quel disturbo isolato. Quindi, si compie una rivoluzione nell’intero organismo. Esso, diversamente, non ha bisogno di chiamare a raccolta le proprie forze, perché non c’è nessun nemico da combattere. L’espressione di questa chiamata a raccolta delle forze dell’organismo è appunto la febbre.

 

Ora, chi riesce a vedere dietro le quinte dell’esistente sa che i vari organi del corpo umano hanno cominciato a strutturarsi e si sono poi sviluppati in periodi molto diversi dell’evoluzione dell’uomo.

 

• Ciò che s’intende per «studio del corpo umano», dal punto di vista scientifico-spirituale,

è quanto di più complicato si possa immaginare,

poiché l’organismo umano è qualcosa di assai complesso,

e ciascuno dei suoi organi ha cominciato a strutturarsi in epoche diversissime.

• Con il passare del tempo, questa struttura iniziale è stata poi ripresa e ulteriormente sviluppata.

 

• Tutto ciò che esiste nell’organismo fisico è un’espressione delle parti costitutive superiori dell’uomo, ne è un prodotto,

cosicché le componenti fisiche esprimono sempre i livelli superiori di organizzazione delle relative componenti superiori.

Quelli che noi oggi chiamiamo i polmoni sono in rapporto, quanto alla loro struttura iniziale,

con il corpo astrale dell’uomo, hanno a che fare con esso.

 

Come si configuri poi questo rapporto, come la primissima struttura dei polmoni, la loro struttura originaria, sia stata innestata nell’uomo nel periodo dell’antica Luna che ha preceduto la nostra Terra, come il corpo astrale sia stato proprio allora, diciamo cosi, “inoculato” nell’uomo da entità spirituali superiori, ebbene: queste sono tutte questioni delle quali dovremo tornare a parlare di nuovo.

 

Per oggi, ci limiteremo a constatare che anche nei polmoni c’è un’espressione del corpo astrale. L’espressione vera e propria del corpo astrale è in realtà il sistema nervoso.

Ma, appunto, l’uomo è complesso, e vi è sempre un parallelismo dei processi evolutivi. Con l’evolversi del corpo astrale e l’incorporarsi dell’attuale sistema nervoso hanno cominciato a strutturarsi anche i polmoni. Anch’essi dunque rientrano in una certa maniera nel ritmo del corpo astrale, in quel ritmo che obbedisce al numero sette.

 

Il fenomeno conosciuto come febbre è connesso con determinate funzioni del corpo eterico.

La presenza di un dato decorso febbrile implica necessariamente che nel corpo eterico stia accadendo qualcosa.

La febbre è perciò inserita, in un certo modo, nello stesso ritmo nel quale è inserito il corpo eterico.

Comunque si presenti, è sempre inserita in questo ritmo. Ma come?

Sarà necessario, a questo punto, avere ben chiaro quel che segue.

Il corpo eterico, compiendo il suo ciclo in quattro volte sette giorni,

si muove molto più lentamente del corpo astrale, il cui ritmo si misura in sette giorni.

 

Se vogliamo fissare un rapporto fra il moto ritmico del corpo eterico e quello del corpo astrale, possiamo usare, come termine di confronto, le lancette di un orologio. Prendete la lancetta delle ore: nel medesimo tempo in cui la lancetta che segna i minuti gira dodici volte (in 12 ore), essa gira una volta soltanto. Avete di conseguenza un rapporto di 1 : 12.

 

Immaginate adesso di osservare l’orologio nel momento in cui, a mezzogiorno, la lancetta dei minuti si sovrappone a quella delle ore. Qui le due lancette collimano perfettamente l’una con l’altra. Ora, quando la lancetta dei minuti, dopo avere fatto un giro, ritorna sulle dodici, non può collimare più con la lancetta delle ore, perché nel frattempo quest’ultima si è spostata sull’una. Le due lancette potranno collimare di nuovo solo dopo cinque minuti circa; vale a dire che la lancetta dei minuti non torna a sovrapporsi all’altra dopo un’ora, ma soltanto dopo un’ora e cinque minuti o poco più.

Ebbene, nel compiere ciascuno il proprio ciclo, corpo eterico e corpo astrale presentano fra loro un analogo rapporto.

 

Supponete che il vostro corpo astrale, che comunque è sempre unito al corpo eterico, si trovi a coincidere con quest’ultimo in un determinato stato. Dopo di che, esso comincia a mettersi in moto. Quando il corpo astrale, passati sette giorni, si ritrova nel suo stato iniziale, non torna a coincidere come prima con il corpo eterico, perché, dopo sette giorni, il corpo eterico ha compiuto soltanto un quarto del suo ciclo. Dopo sette giorni, dunque, lo stato del corpo astrale non coincide più con il precedente stato del corpo eterico, ma con un suo stato che, rispetto a quello iniziale, è indietro di un quarto di giro.

 

Supponete ora che insorga la malattia di cui abbiamo parlato. In questo momento, un determinato stato del corpo astrale coincide con un determinato stato del corpo eterico. Nello stesso momento, sotto l’azione combinata di questi due stati, che stanno interagendo fra loro, compare la febbre in funzione di appello contro il nemico.

 

Sette giorni dopo, il corpo astrale coinciderà con un punto del corpo eterico del tutto diverso da quello di prima. Ora, il corpo eterico non può avere in sé solamente la forza di far salire la febbre, perché altrimenti, una volta che fosse entrato in azione per farla salire, la febbre non scenderebbe mai più. Invece, il punto del corpo eterico che dopo sette giorni viene a coincidere con quel punto del corpo astrale dal quale la febbre era stata cagionata, sette giorni prima, ha la tendenza a far recedere la febbre, a farla scendere di nuovo.

 

Se quindi il malato, passati sette giorni, si trova ad aver superato il disturbo che era all’origine della sua malattia, va tutto bene. Se il disturbo, però, non è superato, se in quel momento il corpo astrale non ha la tendenza a rimuovere la malattia, si incontra malauguratamente con quello stato in cui il corpo eterico ha la tendenza a fare scendere la febbre. Si tratta dunque di prestare grande attenzione ai due punti che si sovrappongono l’uno all’altro, che coincidono l’uno con l’altro.

 

Questi punti potremmo individuarli per ogni possibile fenomeno della vita umana.

E proprio la scoperta di questi ritmi, di queste misteriose regolazioni interiori,

ci consentirebbe di far piena luce sull’essere umano nella sua totalità.

 

Il corpo eterico ha in effetti una tendenza che corrisponde a quattro per sette. In altri fenomeni patologici è possibile osservare altresì come sia specialmente il quattordicesimo giorno, due per sette quindi, a rivestire un’importanza particolare. Possiamo mostrare senz’altro come il culmine del parossismo, in certe patologie, si raggiunga necessariamente dopo che sono passati quattro volte sette giorni. In questi casi, se poi segue un’attenuazione del fenomeno, si può sperare comunque nella guarigione.

 

Tutti questi fatti sono legati a dei ritmi, e precisamente a quei ritmi dei quali tre settimane fa abbiamo cominciato a parlare, e che oggi abbiamo portato più analiticamente all’attenzione della nostra anima. Cose come queste, che appaiono indubbiamente difficili ma si possono nondimeno capire, ci fanno penetrare solo in piccola parte oltre la superficie del mondo fisico-sensibile. Sarà necessario penetrare sempre più a fondo.

Cerchiamo di chiarire adesso taluni aspetti relativi alle origini dei ritmi in questione.

 

Ebbene, anche le origini di questi ritmi risiedono nei grandi rapporti cosmici. Siamo tornati più e più volte, infatti, a sottolineare come quelle che chiamiamo le quattro parti costitutive dell’uomo – corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io – abbiano dietro di sé, appunto, una evoluzione che passa attraverso l’esistenza di Saturno, l’esistenza del Sole, quella della Luna e quella della Terra.

 

Se guardiamo retrospettivamente alla nostra antica Luna, troviamo che anch’essa si era separata per un certo tempo dal Sole. Allora, peraltro, una grande parte di quella che è la Luna attuale era unita alla Terra. Ma fuori vi era un Sole, e, se questi corpi celesti sono reciprocamente connessi, le loro forze, che a loro volta non sono altro se non l’espressione delle loro entità, hanno sempre un influsso sulla regolarità della vita dei loro esseri.

 

Il periodo di rivoluzione di un pianeta intorno al suo sole, o di un satellite intorno al suo pianeta, non è affatto casuale né senza rapporto con la vita, ma è regolato da quelle entità che abbiamo conosciute nelle gerarchie degli spiriti. Abbiamo visto infatti che non è per niente vero che i corpi celesti orbitino come da se stessi, in virtù di forze puramente inanimate.

 

Una volta abbiamo accennato a quanto sia grottesca la dimostrazione della teoria di Kant e Laplace proposta oggi dai fisici con l’esperimento della goccia di grasso: attraverso la goccia di grasso galleggiante viene posto nel senso dell’equatore un disco di cartone, e da sopra infilato uno spillo, poi tutto l’insieme viene fatto ruotare; dalla grossa goccia si distaccano allora delle goccioline, che ruotano insieme in cerchio.

 

Con ciò, lo sperimentatore mostra come si formi, in piccolo, un sistema planetario, e il fisico ne trae la conclusione generale che nello stesso modo si dev’essere formato anche il sistema planetario in dimensioni reali. Quel che in altri casi è bene trascurare – ovvero se stessi – qui non può essere trascurato. Qui, infatti, ciò che il brav’uomo in genere trascura è che il sistema planetario in miniatura non potrebbe prendere forma, se egli non girasse la manovella.

 

Si possono benissimo fare esperimenti del genere, è utilissimo, ma nel farli non si può trascurare proprio la cosa più importante. Quante sono le persone che si lasciano incantare da questi esperimenti! Sono un’infinità. Non riflettono sul fatto che, a mettere in moto il tutto, è stato il “signor professore”.

 

Là fuori, si capisce, non c’è un gigantesco “signor professore”, ma vi sono le gerarchie delle entità spirituali, che regolano la periodicità del moto dei corpi celesti, che di fatto determinano tutta la disposizione della materia nel cosmo, onde i singoli corpi celesti ruotano gli uni intorno agli altri. E, se potessimo addentrarci in questi fenomeni – avremo prima o poi il tempo di farlo -, ravviseremmo nei moti dei corpi celesti, che formano un sistema coerente, il ritmo stesso delle parti costitutive dell’uomo. Per il momento, ci basterà richiamare l’attenzione su una cosa in particolare.

 

L’uomo di oggi, con la sua mentalità materialistica, sorride del fatto che in passato si siano messi in relazione certi frangenti della vita umana con i quarti della Luna. Eppure, proprio nella Luna si rispecchia prodigiosamente, al livello cosmico, quello che è il rapporto fra il corpo astrale e il corpo eterico. La Luna compie la propria orbita in quattro volte sette giorni.

 

C’è una perfetta identità con gli stati del corpo eterico, e tali stati, in numero di quattro per sette, si rispecchiano precisamente nei quattro quarti della Luna. Non è per niente un’assurdità cercare proprio nei quarti della Luna il termine di riferimento della comparsa della febbre, così come l’abbiamo caratterizzata poc’anzi.

 

Considerate che dopo sette giorni ci sono infatti un nuovo quarto di Luna e, allo stesso modo, un nuovo quarto del corpo eterico, e che il corpo astrale viene a coincidere con un diverso quarto del corpo eterico. In effetti, ciò che regola questo rapporto fra il corpo astrale dell’uomo e il suo corpo eterico è basato, all’origine, sul corrispondente moto di rivoluzione intorno alla Terra che le entità spirituali hanno impresso alla Luna.

 

E che fra tutte le cose esistano determinati rapporti lo potete desumere dal fatto che persino la medicina odierna continua a fondarsi su un residuo, che ancora conserva, dell’antica conoscenza dei ritmi. Poiché il ritmo del corpo fisico corrisponde a 10 x 28, e il corpo fisico dopo 10 x 28 giorni si ritrova per così dire nello stesso punto in cui si trovava all’inizio, proprio perciò, fra il concepimento e la nascita di un essere umano passano all’incirca 10 x 28 giorni, ossia dieci mesi siderali.

 

Esistono dei legami fra tutte queste cose e il modo in cui sono regolati i grandi rapporti cosmici.

L’uomo, in quanto microcosmo, è uno specchio fedele dei rapporti macrocosmici,

è modellato egli stesso in base a questi rapporti.

 

• Vogliamo puntare oggi lo sguardo su quello che, nell’ambito dell’evoluzione,

è il momento centrale dell’epoca atlantica.

Si è trattato di un momento di enorme importanza per l’evoluzione terrestre.

 

Nell’evoluzione dell’umanità noi distinguiamo inizialmente tre epoche:

• la prima è l’epoca polare,   • la seconda l’epoca iperborea,   • e la terza quella lemurica.

• Viene poi l’epoca atlantica.

Oggi ci troviamo nella quinta epoca, alla quale ne seguiranno altre due,

cosicché l’epoca atlantica cade giusto nel mezzo.

• Nell’arco dell’evoluzione terrestre, il punto centrale dell’epoca atlantica è in assoluto il più importante.

 

Se risalissimo a prima di quest’epoca, troveremmo comunque nei rapporti della vita esteriore degli uomini una precisa immagine speculare dei rapporti cosmici. L’uomo sarebbe finito molto male, allora, se avesse fatto ciò che fa oggi. Oggi infatti, in moltissimi casi, non si uniforma più ai rapporti cosmici. Per come spesso è necessario organizzare la vita nelle nostre città, l’uomo sta sveglio quando invece dovrebbe dormire, e dorme quando dovrebbe stare sveglio.

 

Ora, se mai fosse successo qualcosa del genere nell’epoca lemurica, come appunto lo stare svegli di notte e il dormire di giorno, se mai l’uomo si fosse così poco curato, in quei tempi, della corrispondenza tra i fenomeni esteriori e certi processi interiori, non avrebbe potuto assolutamente rimanere in vita.

 

Certo, allora non esisteva la minima possibilità che succedessero cose simili, perché era del tutto naturale che l’uomo regolasse il proprio ritmo interiore sul ritmo esteriore. Egli viveva allora, per così dire, del corso del Sole e del corso della Luna, regolava perfettamente il ritmo dei suoi corpi, astrale ed eterico, sul corso del Sole e sul corso della Luna.

 

Torniamo al nostro orologio. Anch’esso è regolato in certa maniera sul grande corso dell’universo. Il fatto che alle dodici la lancetta dei minuti e quella delle ore si sovrappongano è connesso proprio al presentarsi di una determinata configurazione del Sole e degli astri. Proprio su di essa regoliamo l’orologio, e un orologio va male quando le sue lancette, il giorno dopo, non tornano a sovrapporsi nel momento in cui si ripresenta la medesima configurazione degli astri. Gli orologi pubblici di Berlino vengono regolati elettricamente ogni giorno dall’osservatorio astronomico sulla Enckeplatz. Possiamo dire di conseguenza che i movimenti delle lancette dell’orologio, i loro ritmi, corrispondono, e vengono addirittura fatti corrispondere giorno per giorno, al ritmo del cosmo. Il nostro orologio va bene quando coincide con quello dell’ora esatta, che a sua volta è in sincronia con il cosmo.

 

Nelle epoche antiche l’uomo non disponeva certo dell’orologio, ma era egli stesso un orologio. Il corso della sua vita, del quale poteva rendersi chiaramente conto, era regolato in tutto e per tutto sui rapporti cosmici.

L’uomo era realmente un orologio. E, ove non si fosse regolato in armonia con i rapporti cosmici, la sua situazione sarebbe stata perfettamente analoga a quella di un moderno orologio il cui movimento non corrispondesse ai rapporti esteriori: vorrebbe dire, in questo caso, che l’orologio va male, proprio come allora avrebbe voluto dire che l’uomo stava male. Il ritmo interiore doveva corrispondere al ritmo esteriore.

 

Ora, l’aspetto essenziale dell’evoluzione dell’uomo sulla Terra

consiste precisamente in ciò, che, a partire dalla metà dell’epoca atlantica,

quest’assoluta coincidenza fra i rapporti esteriori e i rapporti interiori viene a mancare.

Subentra qualcosa d’altro.

 

Provate a immaginarvi uno che, per qualche sua stravaganza, non voglia che le lancette del suo orologio si sovrappongano in coincidenza con l’ora di mezzogiorno. Mettiamo che le regoli quindi in modo che, a mezzogiorno, segnino le tre. Perciò, quando per gli altri è l’una per lui saranno le quattro, invece delle due saranno le cinque, e così via. Tuttavia, non per questo il movimento interno del suo orologio si modificherà; avverrà solamente che sia sfasato rispetto ai rapporti esterni. Dopo ventiquattro ore, l’orologio segnerà nuovamente le tre, e dunque non avrà una corrispondenza con i rapporti cosmici quanto al percorso delle sue lancette, ma quanto al suo ritmo interno seguiterà a coincidere con essi, perché quella che si è prodotta è solo una sfasatura. Anche il ritmo dell’uomo ha subito un’analoga sfasatura.

 

L’uomo non sarebbe mai divenuto un essere autonomo

se tutta quanta la sua attività fosse rimasta ancorata ai rapporti cosmici.

La sua libertà egli l’ha ottenuta proprio in quanto,

pur conservando il ritmo interiore, si è svincolato dal ritmo esteriore.

 

È diventato come un orologio che, nel segnare le ore, non corrisponde più agli eventi cosmici, ma nondimeno serba con essi un’armonia interna. Così, nelle remote epoche di un passato primordiale, un essere umano poteva venire concepito solo in concomitanza con una data configurazione degli astri, per nascere poi a distanza di dieci mesi lunari. Questa simultaneità fra il concepimento e un dato rapporto cosmico è scomparsa, ma il ritmo è rimasto inalterato, proprio come rimane inalterato il ritmo di un orologio che, quando è mezzogiorno, venga messo sulle tre.

 

Una simile sfasatura, d’altra parte, non ha interessato soltanto i rapporti inerenti all’uomo, ma si è estesa anche ai tempi in quanto tali. A prescindere dalla sua sfasatura rispetto al cosmo, anche dal punto di vista interiore è avvenuto infatti per l’uomo qualcosa di estremamente particolare, in conseguenza del fatto che si è per così dire sfilato dai rapporti cosmici, che non è più un “orologio” nel senso vero e proprio della parola.

 

Gli è successo, pressappoco, quello che succederebbe a uno che mettesse avanti di tre ore il proprio orologio, ma che poi non ricordasse più di quanto lo aveva spostato in avanti, e quindi non potesse più raccapezzarsi. La stessa cosa è accaduta all’uomo nel corso dell’evoluzione terrestre, una volta che egli ha perso il rapporto che aveva, come un orologio, con il cosmo. Da allora, l’uomo ha messo per certi aspetti in disordine il suo corpo astrale. Quanto più le condizioni della vita umana erano subordinate alla sfera corporea, tanto più si conservava il ritmo antico; ma, quanto più tali condizioni si orientavano alla sfera spirituale, tanto maggiore era il disordine che vi s’introduceva. Vorrei chiarire la cosa guardandola anche da un altro lato.

 

Noi, infatti, non conosciamo solamente l’uomo, ma conosciamo anche degli esseri che stanno al di sopra dell’uomo appartenente alla Terra attuale. Noi conosciamo i figli della vita, ovvero gli Angeli, e sappiamo ch’essi hanno attraversato il loro stadio umano sull’antica Luna. Conosciamo gli Spiriti del fuoco, o Arcangeli, che avevano attraversato il loro stadio umano sull’antico stato solare della Terra, e, ancora, conosciamo le forze primordiali, le quali avevano attraversato il loro stadio umano sull’antico Saturno.

 

Nell’evoluzione cosmica, queste entità si sono spinte più avanti dell’uomo. Se le studiassimo oggi, troveremmo che sono entità molto più spirituali dell’uomo. Per questo vivono altresì in mondi superiori. Ma è soprattutto in rapporto a ciò di cui abbiamo parlato quest’oggi che esse si trovano, rispetto all’uomo, in una condizione totalmente diversa. Nelle cose spirituali, queste entità si regolano interamente sul ritmo del cosmo.

 

Un Angelo, nel suo pensare, non sarebbe mai disordinato come l’uomo,

per la semplice ragione che il corso del suo pensiero è regolato dalle potenze cosmiche, alle quali si conforma.

 

È assolutamente escluso che il pensiero di un essere come l’Angelo non sia perfettamente in accordo con i grandi processi spirituali cosmici. Le leggi della logica, per gli Angeli, stanno scritte nell’armonia dell’universo. Gli Angeli non hanno bisogno d’imparare sui libri. Servono all’uomo, i libri, per il disordine che ha portato all’interno del proprio pensiero. Egli non riconosce più di doversi regolare secondo la grande scrittura degli astri. Gli Angeli conoscono il corso del cosmo, e il corso del loro pensiero ne rispecchia il ritmo regolato.

 

Quando si è presentato sulla Terra nella sua forma attuale, l’uomo è uscito da questo ritmo,

onde l’assenza di regole nel suo pensiero, nei suoi sentimenti, nella sua vita emotiva.

 

Mentre nelle cose sulle quali l’uomo ha meno influenza,

nel corpo astrale e nel corpo eterico, continua a prevalere la regolarità,

nelle parti sulle quali egli ha esteso il proprio controllo,

vale a dire nell’anima senziente, nell’anima razionale e nell’anima cosciente,

è subentrata una mancanza di regola e di ritmo, una aritmia.

 

Che nelle nostre metropoli l’uomo scambi il giorno con la notte è ancora il meno.

Importa ben di più il fatto che interiormente, nel suo flusso di pensiero,

si sia sradicato dal grande ritmo cosmico.

Tutto quanto il suo modo di pensare, a ogni ora, a ogni istante,

è sotto un certo aspetto in contrasto con il grande corso dell’universo.

 

Non crediate, però, che dire tutto questo significhi parteggiare per una qualche ideologia che miri a reinserire l’uomo entro il ritmo di un tempo. L’uomo doveva necessariamente venirne fuori: proprio su questo si fonda il suo progresso sulla via dell’evoluzione.

 

Quando certi profeti, ai giorni nostri, vanno predicando in giro il “ritorno alla natura”, vogliono appunto riavvolgere all’indietro il corso della vita, anziché farlo avanzare. Tutto quel sermoneggiare da incompetenti sulla necessità di un ritorno alla natura denota una totale ignoranza della vera realtà dell’evoluzione.

 

Quando un dato movimento pretende oggi che ci si nutra di certi alimenti solo in determinate stagioni, poiché, essendoci periodi specifici per la crescita dei vari alimenti, sarebbe la natura stessa a volerlo, non siamo di fronte ad altro che a discorsi astratti, a ciarle da dilettanti.

 

L’evoluzione consiste proprio nel fatto che l’uomo

si rende sempre più indipendente dal ritmo esteriore.

 

Non è neppure il caso, d’altra parte, di farsi mancare il terreno sotto i piedi. Il vero progresso dell’uomo, e la sua salute, non stanno nel fatto ch’egli ritorni nuovamente al ritmo antico, che si chieda come poter vivere in armonia con i quattro quarti della Luna. Nei tempi antichi, infatti, era necessario che l’uomo fosse come l’impronta di un sigillo rispetto al cosmo.

 

Ma è altrettanto indispensabile che egli non creda di poter vivere senza ritmo.

Come si è interiorizzato dall’esterno, così deve ricostruirsi dall’interno in base al ritmo.

È questo ciò che importa. Il ritmo deve pervadere l’interiorità.

Così come il ritmo ha edificato il cosmo, allo stesso modo l’uomo,

se vuole prender parte all’edificazione di un cosmo nuovo, deve farsi compenetrare da un nuovo ritmo.

Caratteristico della nostra epoca è, appunto, l’avere smarrito il ritmo antico – il ritmo esteriore –

senza avere ancora acquisito un nuovo ritmo interiore.

L’uomo è cresciuto tanto da sottrarsi alla natura – intendendo per natura l’espressione esteriore dello spirito -,

e però non è cresciuto abbastanza da immettersi nello spirito stesso.

 

Oggi, si dibatte ancora continuamente fra natura e spirito. È questo, lo ripetiamo, il tratto caratteristico della nostra epoca. Proprio questo continuo dibattersi dell’uomo fra natura e spirito ha conosciuto una fase culminante nel secondo terzo del diciannovesimo secolo. Attorno a quest’epoca, le entità che conoscono e interpretano i segni del tempo devono essersi perciò domandate: che fare, perché l’uomo non rimanga escluso da qualunque ritmo, perché possa introdursi in lui un ritmo interiore?

 

La caratteristica di fondo che potete osservare nella vita spirituale, oggi, è uno stato onnipresente di disordine.

Oggi giorno, di fronte a un prodotto dello spirito, la prima cosa che inevitabilmente vi colpisce è il disordine,

l’assenza di una regola interiore. È così in quasi tutti i campi.

 

Solo in quelli dove perdurano buone tradizioni antiche resta ancora qualcosa dell’ordine di un tempo. Nei campi che sono nuovi, l’uomo deve cominciare a costruire il nuovo ordine.

Ecco perché oggi, quando nel settimo giorno di decorso della polmonite la febbre scende, ci si rende conto del fatto in sé, ma le idee messe in campo per spiegarlo sono semplicemente caotiche. Nel ragionare su questo fatto, lo si avvolge – proprio perché non si ragiona secondo una regola – entro un cumulo di idee arbitrarie messe insieme a casaccio.

 

Tutte le nostre scienze isolano dal mondo un fatto esteriore e gli girano intorno con un miscuglio confuso di idee, senza alcun ordine interno, perché l’uomo si aggira nel mondo del pensiero come vagando in fondo a un abisso. Oggi, egli non ha dentro di sé delle linee di pensiero, non ha un ritmo di pensiero interiore, e l’umanità, senza acquisire un ritmo interiore, rischia di andare incontro a una completa decadenza.

 

Provate ora a considerare da questo punto di vista la scienza dello spirito.

Voi conoscete direttamente il terreno sul quale ci si incammina allorché si comincia a coltivare la scienza dello spirito.

 

Per prima cosa si apprende – e poi a poco a poco si comprende – che l’uomo, nella sua entità, consiste di quattro parti costitutive: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io.

Poi, si viene a conoscenza del lavoro compiuto dall’io, di come il corpo astrale venga trasformato nel manas, o sé spirituale, di come il corpo eterico venga trasformato nel buddhi, o spirito vitale, e di come l’uomo fisico, il principio dell’uomo fisico, venga trasformato nell’uomo spirituale, o atma.

 

Pensate adesso alla quantità di cose che abbiamo studiate sulla scorta di questa formula basilare, diciamo così, della nostra scienza dello spirito. Pensate alla quantità dei temi affrontati, che erano veramente temi di fondo, e pensate a come abbiamo dovuto strutturare ininterrottamente tutto quanto l’edificio dei nostri pensieri movendo da questo schema basilare: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, io.

 

In occasione di certe conferenze pubbliche, come ben sapete, qualcuno può arrivare addirittura a stancarsi del fatto che questi dati fondamentali debbano essere ribaditi in continuazione. Ma proprio questo è e rimane un saldo filo conduttore lungo il quale disporre i nostri pensieri: queste quattro componenti della natura umana, il loro interagire, e ancora, in un più alto senso, il trasformarsi delle tre componenti inferiori, della terza componente nella quinta, della seconda nella sesta, e infine della prima in quella che è la settima componente della nostra entità.

 

Se ora prendete l’insieme delle componenti della natura umana, cosi come le conosciamo – corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, io, sé spirituale, spirito vitale, uomo spirituale -, ebbene, ne contate sette. E se prendete quelle che stanno alla base, ossia il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io, ne contate quattro. Seguendo questo corso di pensiero, voi ripetete quindi nei vostri pensieri il grande ritmo di 7 : 4 e 4 : 7. Riproducete, a partire da voi stessi, il grande ritmo esteriore. Ripetete il ritmo che, su scala universale, era un tempo nel cosmo, tornate a generarlo.

 

Gettate dunque il piano, le fondamenta, su cui edificare il vostro sistema di pensiero,

così come un tempo gli dèi hanno gettato il piano sul quale si è edificata la saggezza dell’universo.

Dal caos in cui vive il pensiero si svilupperà, generandosi dall’interiorità dell’anima, un cosmo di pensiero,

se diamo vita in noi stessi a quel ritmo interiore del numero del quale abbiamo or ora parlato.

Gli uomini si sono affrancati dal ritmo esteriore.

Attraverso la scienza dello spirito, che è tale in senso vero e proprio, torneremo nuovamente al ritmo,

ci edificheremo dall’interno un mondo che porterà in sé questo ritmo.

 

Se ora ci volgiamo a considerare il cosmo,

e guardiamo al passato della Terra, a Saturno, al Sole, alla Luna e alla Terra stessa,

abbiamo anche qui una tetrade, e sappiamo che seguiranno

• un quinto stadio nel quale la Luna, in forma spiritualizzata, esisterà come Giove,

• un sesto stadio nel quale il Sole esisterà come Venere,

• e un settimo stadio nel quale l’antico Saturno esisterà come Vulcano.

 

Saturno, Sole, Luna, Terra, Giove, Venere, Vulcano: è quindi sette il numero delle nostre fasi evolutive.

Quattro è il numero delle fasi attraverso le quali

il nostro corpo fisico si è evoluto fino a raggiungere il suo stato attuale: Saturno, Sole, Luna e Terra.

Esso, a poco a poco, verrà completamente trasformato e spiritualizzato nell’avvenire.

Anche qui, pertanto, abbiamo il quattro guardando al passato che sta dietro di noi,

e il tre guardando al futuro che ci sta davanti; anche qui abbiamo 4 ; 3,

ovvero 4 ; 7 se rapportiamo il passato all’evoluzione nel suo insieme.

 

La nostra attività scientifico-spirituale non è che agli inizi, pur se ad essa ci dedichiamo ormai da anni. Oggi potevamo solo richiamare l’attenzione su ciò che hanno voluto dire quanti parlavano in passato del «numero interno» che sta alla base di tutti i fenomeni.

Vediamo dunque come l’uomo, per conquistarsi la sua libertà, abbia dovuto estraniarsi dal ritmo primordiale. Egli deve tuttavia ritrovare in se stesso le leggi per regolare l’“orologio”, il suo corpo astrale.

E il vero regolatore è la scienza dello spirito, perché la scienza dello spirito è in armonia con le grandi leggi del cosmo, che il veggente sa scrutare.

 

Il futuro, quale verrà costruito dall’uomo, mostrerà in relazione ai grandi rapporti numerici

le medesime caratteristiche del passato del cosmo, ma ad uno stadio superiore.

Perciò gli uomini, nel generare il futuro, dovranno trarlo da sé sulla base del numero,

così come, sulla base del numero, gli dèi hanno edificato il cosmo.

 

Ci rendiamo conto, quindi, di come la scienza dello spirito sia legata al grande corso dell’universo. Se arriviamo a distinguere chiaramente ciò che sta dietro l’uomo nel mondo spirituale, vale a dire il numero, il quattro e il sette, capiremo anche perché dobbiamo trovare in questo stesso mondo spirituale l’impulso che ci permetta di dare seguito a tutta quanta l’evoluzione dell’umanità, così come la conosciamo fino ad oggi. E comprenderemo perché, proprio in un’epoca nella quale tutta la vita interiore degli uomini, la vita del pensiero, del sentimento e della volontà, è sprofondata più che mai nel caos, proprio in un’epoca simile, quelle individualità cui spetta interpretare i segni del tempo dovevano additare all’uomo una saggezza che gli rende possibile edificare in rispondenza a una regola, dall’interno, la propria vita animica.

 

Noi impareremo a pensare in accordo con un ritmo interiore, com’è necessario che avvenga in vista del futuro, quando avremo accordato il nostro pensiero a questi rapporti fondamentali.

E l’uomo farà propria una parte sempre più estesa del cosmo dal quale proviene. Acquisirà, in un primo momento, quello che possiamo considerare il piano fondamentale di costruzione del cosmo. In seguito progredirà, e si sentirà compenetrato da certe forze fondamentali, e, infine, da entità fondamentali.

 

Tutto questo, oggi, è solo agli inizi. E noi avvertiremo l’importanza e il significato universale della missione antroposofica a condizione di non vedervi un atto arbitrario del tale o tal altro individuo, ma disponendoci a comprenderla sulla base di tutto l’impianto di fondo, l’impianto interiore della nostra esistenza.

 

Potremo allora arrivare al punto di dirci: non sta affatto in noi l’assumere o no questa missione antroposofica; invece, se vogliamo comprendere il nostro tempo, noi dobbiamo riconoscere i pensieri di quel mondo divino-spirituale che è alla base dell’antroposofia, e farcene compenetrare.

 

E dobbiamo poi far sì che, da noi, tutto ciò rifluisca nel mondo, affinché il nostro operare e il nostro essere non si riducano a un caos, ma divengano un cosmo, così come era un cosmo quello da cui siamo nati.