I tre gradi dell’iniziazione

O.O. 225 -Tre prospettive dell’Antroposofia – 21.07.1923


 

Sommario: Saggezza del corpo eterico e il corpo fisico. Le sollecitazioni dell’eterico sul fisico. I tre gradi dell’iniziazione

 

Sappiamo che, addormentandoci, l’io e il corpo astrale si separano dal corpo fisico e da quello eterico; il corpo eterico resta legato col corpo fisico. Impiegando solo la coscienza terrena, non si saprà mai come sia fatto il corpo eterico. Svegliandoci infatti ci immergiamo nel corpo eterico col corpo astrale e l’io. Quando vi siamo, viviamo quel che noi stessi abbiamo portato con l’io e il corpo astrale. Se un essere molto più altamente organizzato si immergesse nel corpo eterico durante il sonno dell’uomo, mentre l’io e il corpo astrale sono fuori, un essere che potesse vedere obiettivamente che cosa è realmente il corpo eterico, scoprirebbe che cosa come corpo eterico ci lasciamo indietro nel sonno con il corpo fisico.

 

Se si constatasse che cosa ci si lascia indietro, si troverebbe che

• il corpo eterico è la quintessenza di tutta la saggezza, in senso terreno e in un senso ancor più elevato.

 

Per una reale conoscenza non si può negare che, quando di notte abbandoniamo il corpo fisico e l’eterico, i due insieme sono molto più intelligenti di quanto lo siamo noi quando vi siamo immersi. Infatti nell’io e nel corpo astrale siamo figli dell’evoluzione della terra e della luna, mentre il corpo eterico risale fino all’evoluzione solare, e il corpo fisico addirittura alla saturnia. Essi sono a un grado di perfezione molto più alto.

 

Con l’io e il corpo astrale oggi non possiamo misurarci con la saggezza accumulata nel corpo eterico, nel corso del tempo dall’evoluzione solare. Si potrebbe dire che il corpo eterico è saggezza concentrata.

Portando però la nostra saggezza con l’io e con il corpo astrale nel corpo eterico, ci occorre un contrasto, come sempre ci occorre se vogliamo vedere l’immagine riflessa dallo specchio; ci serve il corpo fisico come contrasto. Come non potremmo stare in piedi se non ci fosse il suolo fisico, così non potremmo vivere nel corpo eterico se questo non confinasse col corpo fisico, non vi si scontrasse ovunque, non ne avesse un contrasto. La vita interiore del corpo eterico sarebbe come quella di chi si librasse nell’aria senza alcuna base. Così nella comune esistenza terrena la vita dell’anima vive certo nel corpo eterico, ma ha bisogno del corpo fisico come sostegno.

 

Con questa disposizione animica possiamo avvicinarci solo al mondo minerale,

possiamo capire solo il mondo inanimato;

per arrivare al mondo vegetale ci occorre la facoltà di usare il corpo eterico senza il corpo fisico.

 

Come lo possiamo fare? come possiamo usare il corpo eterico senza quello fisico? Lo possiamo se, da uomini abituati a vivere con il fisico nell’elemento del peso, con esercizi interiori diventiamo sempre più capaci di vivere attraverso la luce nell’elemento della leggerezza, se grazie alla luce non sentiamo più la connessione con la terra, ma con le vastità del cosmo, se a poco a poco l’attenzione rivolta a stelle, sole, luna e vastità del cosmo ci diventa tanto familiare come quella delle piante che ricoprono i prati.

 

Finché siamo solo figli della terra, guardiamo verso le piante che coprono i prati, ne godiamo, ma non le capiamo perché siamo uomini terreni legati al peso. Se invece, come impariamo a stare eretti quali uomini terreni legati al peso, potessimo unirci alle vastità del cosmo, ai campi celesti disseminati di stelle (ora non il suolo ma il manto stellato), se potessimo sentirci affini ad essi, come lo siamo al suolo terrestre, trasformando la coscienza terrena in cosmica, cominceremmo a usare il corpo eterico in noi come solitamente facciamo con il fisico. Solo allora saremmo in grado di comprendere il mondo vegetale, perché le piante non sono sorte dalla terra verso l’alto, ma sono state aspirate dalla terra tramite il cielo.

 

Goethe era colmo di questa nostalgia quando sviluppò la sua metamorfosi delle piante; molto di ciò che disse è come se avesse teso più al sole che alla terra, al punto da sentire come il sole già nella radice aspiri dalla terra le forze di crescita delle piante, come il sole a poco a poco, in unione all’azione dell’aria, crei la foglia, come il sole infine, nella formazione del fiore e del frutto, cuocia pian piano ciò che ha aspirato dalla terra.

Si legga il meraviglioso scritto di Goethe apparso nel 1790, La metamorfosi delle piante, e si troveranno ovunque gli spunti per tale esposizione. In Goethe viveva la nostalgia di penetrare il mondo vegetale, ma egli tentò sempre di nuovo, senza riuscirvi, di sviluppare realmente lo sguardo eterico invece di quello fisico. Questo era l’impulso già presente in Goethe, ed è ciò che deve formare ulteriormente chi si accosti davvero non al morto, ma al vivente, attivo Goethe.

Sentendo infatti che l’anima lo può fare rendendosi cosciente del corpo eterico, essa riesce a percepire la propria origine celeste, la propria indipendenza dalla terra, il proprio esser trasferita su di essa.

 

L’anima umana può dirsi: tu hai origini cosmiche,

sei trapiantata sulla terra mediante un corpo fisico, ma hai origini cosmiche.

• E se qui ti rallegri del regno vegetale, quel che gioisce in te è un figlio del cielo che si rallegra

di quanto i cieli a loro volta aspirano dalla terra nel mondo vegetale.

Abbracciando realmente il proprio corpo eterico o delle forze formative, l’uomo si sottrae con l’anima alla terra.

 

Facendolo, arrivando cioè a vivere nel corpo eterico come solitamente si vive nel corpo fisico (e a questo ci può portare il vero amore per il regno vegetale), non si porta a coscienza solo il proprio corpo eterico, ma con esso si diventa coscienti del mondo eterico, come col corpo fisico si è coscienti della natura fisica per mezzo dei sensi.

Che cosa sentiamo guardando il mondo eterico con il corpo eterico, come con quello fisico guardiamo il mondo fisico? In quel che è dispiegato davanti ai nostri occhi fisici, vediamo il reale passato da cui è scaturito il mondo fisico; vediamo in spirito le immagini di ciò che fu, grazie a cui il presente può esistere.

 

• Per questo già nei tempi più antichi la prima iniziazione data all’uomo fu l’iniziazione del cosmo;

nelle antichissime scuole dell’umanità si lavorava all’iniziazione del cosmo.

I maestri dei primi misteri furono gli iniziatori alla lettura nell’etere cosmico,

che si può chiamare anche leggere nel caos, nella cronaca dell’akasha;

leggere l’akasha, leggere ciò che è passato e che fa apparire come per incanto il presente davanti ai nostri occhi.

• Questo, in sostanza, era il primo gradino dell’iniziazione

che l’umanità conseguì nell’esistenza terrena, l’iniziazione del cosmo.

 

Un secondo gradino che si può raggiungere è il seguente. Svegliandoci, lasciamo che il corpo astrale e l’io si immergano nel corpo fisico e nell’eterico. Li animiamo, ci colleghiamo ad essi. Dall’infinita saggezza del corpo eterico possiamo cogliere solo quanto vi immettiamo; ma esso ci stimola di continuo.

 

Quando abbiamo una buona idea,

è il corpo eterico, strettamente unito all’etere del cosmo, che ce ne dà lo stimolo;

tutte le idee, tutta la genialità che sviluppiamo nello stato di veglia,

scaturiscono dal corpo eterico e quindi indirettamente dal cosmo.

Il genio parla con il cosmo in quanto il corpo astrale è stimolato dal corpo eterico.

 

Chi non è consapevole di ciò vi vive ugualmente, e la sua parte animica consiste

nell’immergere il corpo astrale e l’io nel corpo fisico e nell’eterico nello stato di veglia.

• Familiarizzandoci con le stelle come lo siamo con i prati,

mentre in un certo qual modo rendiamo le vastità del cosmo il terreno superiore del nostro essere,

abbiamo la possibilità di sperimentare l’eterico.

 

Lo sperimentiamo sempre, solo non arriviamo a conoscerlo senza l’iniziazione;

in realtà però ognuno lo sperimenta.

• Cercando allo stesso modo il contrasto per il nostro corpo astrale, vediamo che è sempre presente;

la scienza dello spirito ci fa notare quel che in ognuno è sempre presente.

 

Supponendo di non vedere il suolo fisico, ci staremmo sopra lo stesso. Se qualcuno grazie alla scienza arrivasse a scoprire che esiste il suolo e ce lo dicesse, ci staremmo comunque sopra; così chi conosce la scienza dello spirito può dire che ci innalziamo al terreno superiore, al manto stellato, e comunque ci si innalza realmente ad esso.

Così con il suo corpo astrale l’uomo è inserito in un altro mondo, nel mondo degli esseri spirituali viventi che ho descritto come il mondo delle gerarchie superiori.

 

Come riteniamo reale il mondo fisico, ponendoci in esso, come qui nel mondo fisico vi sono minerali, piante, animali che formano il terreno da cui è scaturito da ultimo l’uomo nella sua evoluzione, così siamo con il corpo astrale nel mondo degli esseri delle gerarchie superiori. Vivendo in quel mondo, abbiamo il relativo contrasto per il corpo astrale; ma portiamo tuttavia sempre in noi ciò che si può conoscere con la scienza dello spirito. Lo portiamo in noi quale capacità di sentimento.

 

Tutto quanto facciamo nostro col sentimento, con la vita intima dell’anima,

consiste nel fluttuare ed intessere degli spiriti delle gerarchie superiori nel nostro corpo astrale.

Diventando coscienti dei nostri sentimenti,

quel che abbiamo in primo luogo è una coscienza del sentire,

ma nel sentire vive l’intessere e l’agire degli spiriti delle gerarchie superiori attraverso noi.

 

Non possiamo realmente afferrare l’anima,

se non la sentiamo immersa nei mondi spirituali delle gerarchie superiori.

• Come grazie alla vista eterica ci viene svelato il passato per il presente sensibile,

quando viene riprodotto in modo moderno

ciò che l’iniziazione del cosmo sviluppò nei primi misteri della terra,

• così anche l’anima si può approfondire acquisendo coscienza di quel che si svolge realmente nel corpo astrale.

Per farlo è necessario immergersi pieni d’amore

nel rapporto con il mondo spirituale vissuto nei grandi misteri.

 

Se ci facciamo istruire dal cosmo sotto la guida della saggezza dell’iniziazione, arriviamo al primo gradino dell’elemento animico nella sua realtà. Se penetriamo in quel che davvero è avvenuto nei misteri, se per così dire possiamo non solo leggere il passato delle stelle, degli animali, dell’uomo fisico nella cronaca dell’akasha, se possiamo leggere ciò che viveva nelle anime dei grandi maestri dei misteri, se riusciamo a animare in noi per esempio ciò che cercai di presentare in modo adeguato all’uomo contemporaneo nel mio Cristianesimo come fatto mistico, se facciamo diventare vivente quel che i maestri dei misteri svilupparono in sé dalla loro relazione con gli esseri spirituali stessi, allora si arriva all’iniziazione che in tempi posteriori si associò all’iniziazione cosmica e che vorrei chiamare iniziazione dei saggi maestri.

 

Si può così parlare di due gradi di iniziazione: del cosmo e dei saggi; la conoscenza cosmica insegnata dai saggi formò il contenuto dell’iniziazione cosmica. Guardando nelle anime di coloro che ci hanno preceduto nella vita animica, arriviamo al secondo livello dell’essere animico; possiamo già cominciare osservando lo svolgersi della storia. Accogliendo con interiore vivezza ciò che ancora risplende dai tempi antichi, come ad esempio nella meravigliosa saggezza dei Vedanta e in altri contenuti di saggezza, tale vivezza a sua volta afferra la nostra interiorità, e così ci avviciniamo all’iniziazione del cosmo.

 

Immergendosi con profondo amore in queste cose, come le esposi nel mio Cristianesimo come fatto mistico, in cui tentai di mettere in relazione il contenuto degli antichi misteri con il mistero del Golgota, ci si avvicina all’iniziazione dei saggi.

Per il presente occorre inoltre conoscere senza preconcetti la propria interiorità, guardare lealmente in essa, conoscere il proprio spirito che dall’interno illumina l’anima.

 

Del terzo grado dell’iniziazione oggi necessaria parlerò più ampliamente la prossima volta:

è l’iniziazione dell’autoconoscenza.

 

• Quando oggi la scienza dello spirito parla dell’anima,

deve farlo sulla base dello spirito dei tre gradi di iniziazione:

l’iniziazione del cosmo, dei saggi e dell’autoconoscenza.

• Così si percorrono i diversi confini della vita dell’anima;

non è possibile fare anche solo i primi passi di questa via senza l’amore,

e dovetti dire che proprio l’intelletto contemporaneo,

quando è progredito in alto grado, dimentica l’amore, perde l’amore.

• In tal modo però si compie qualcosa di molto peculiare.

 

Ci si occupa pieni d’amore di quanto viene descritto quale corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale ed io, percependo qualcosa della voce del genio che domina il nostro tempo, avendo la buona volontà di ascoltare la voce del genio del nostro tempo. L’uomo del presente può prendere con la profonda e dovuta serietà quel che si intende dicendo “genio del nostro tempo”? non rimane una parola astratta per i più, quando si parla di genio del nostro tempo? Pensiamo a quanto l’uomo sia lontano dalla comprensione di un reale essere spirituale vivente, che nel nostro tempo agisce, tesse e vive, quando si parla del genio del nostro tempo.

 

Si può comunque dire che anche quando si neghi lo spirito, non ce ne si libera. Lo spirito è irrevocabilmente legato all’umanità. Se però si nega il genio di un’epoca, ci si avvicina il suo demone. Quando, all’inizio dell’ultimo terzo del secolo diciannovesimo, l’intelletto era tanto progredito che seguì esclusivamente i meccanismi del corpo fisico, diventando esso stesso meccanico e automatico, giungendo così al più alto grado, tanto da diventare così intelligente qual è e quali sono gli altri, quando l’intelletto arrivò fino all’idea che richiamò in vita in sé l’elemento meccanico, materiale, esso si comportò come fa l’uomo che nega il genio. Quindi lo afferra il demone del tempo.

 

L’intelletto si era separato dall’anima, divenne meccanico, senz’anima

e in queste condizioni fondò una filosofia.

• Non aveva l’amore, non poteva amare la saggezza;

la sua filosofia poteva diventare solo l’immagine intellettuale della demonologia terrestre,

della demonologia che concepisce l’ideale di una macchina

posta al centro della terra per far esplodere la terra nel cosmo.