Il 3 aprile dell’anno 33 rappresenta il fulcro dell’evoluzione dell’umanità.

O.O. 130 – Cristianesimo esoterico e la guida spirituale dell’umanità – 27.01.1912

 


 

Sommario: Secolo XIII° riveste un’importanza straordinaria. Inizio dell’occultismo moderno. Christian Rosenkreutz. Il 3 aprile dell’anno 33 rappresenta il fulcro dell’evoluzione dell’umanità.

 

Oggi è possibile comprendere il rosicrucianesimo

solo intendendo con intensità di sentimento che esso

non è un movimento disciplinato da una norma storica perennemente valida,

poiché in realtà si trasforma in ogni secolo in qualcosa di diverso.

È necessario che sia così perché è suo dovere adeguarsi alle condizioni del tempo presente.

 

Sebbene ci sia ben chiaro che gli impulsi fondamentali della scienza dello spirito debbano penetrare sempre più nella cultura contemporanea, sappiamo altrettanto bene come questo sia difficile nella cultura occidentale.

 

• Proprio perché il nostro karma ci ha fatto nascere nella civiltà occidentale,

non è possibile diventare dall’oggi al domani altri uomini grazie alla scienza dello spirito.

Per noi le cose non sono così facili come per i rappresentanti di certe collettività umane

che possono procedere da presupposti razziali o religiosi.

Il nostro principio basilare è, infatti, quello della non appartenenza ad una confessione religiosa,

poiché nei vari sistemi religiosi noi ravvisiamo delle configurazioni di un’unica vita spirituale.

La scienza dello spirito

ha il compito di ricercare il nucleo di verità presente in tutte le concezioni religiose del mondo.

 

È ovviamente facile che gli antroposofi, essendo occidentali, vengano fraintesi, specie dalle varie confessioni religiose e dalle diverse concezioni del mondo presenti intorno a noi.

Comprenderemo giustamente il nostro ruolo di scienziati dello spirito se lo intenderemo fondato sul terreno del divenire storico. Dobbiamo capire che la scienza dello spirito è un evento all’interno dell’evoluzione storica. Tutte le persone qui presenti sono state incarnate, e più volte, in tutti i periodi di civiltà. Ma quale significato hanno le incarnazioni?

Perché l’essere umano deve compiere tutti questi periodi d’apprendistato incarnandosi nelle varie evoluzioni culturali? Questo è l’interrogativo che ha condotto Lessing ad ammettere l’idea della reincarnazione. Egli diceva: gli uomini hanno vissuto tutti i periodi di civiltà possibili; devono ritornare al fine di acquisire nuove conoscenze e di collegare il vecchio al nuovo.

 

Si può esprimere il pensiero lessinghiano ad un dipresso così:

le nostre varie incarnazioni non possono non avere un senso,

e questo risiede nel fatto che l’uomo, in ogni nuova incarnazione,

compie nuove esperienze che aggiunge a quelle vissute nel passato.

 

Abbiamo già rilevato spesse volte che le epoche, nel loro avvicendarsi, sono radicalmente diverse le une dalle altre. Oggi esamineremo con maggiore precisione un secolo, il XIII, che riveste un’importanza straordinaria.

Si può dire che gli uomini incarnati in quel tempo vissero delle esperienze del tutto eccezionali, esperienze che gli uomini discesi nell’incarnazione in tempi diversi non hanno potuto vivere. Quel che ora dirò lo esprimo in piena sintonia con tutti coloro cui è stato dato di vivere, per così dire, una vita spirituale superiore e che oggi sono nuovamente incarnati. Queste individualità conoscono tutti i nessi che ora esporrò.

 

Nel XIII secolo,

tutti gli uomini, persino gli spiriti più illuminati, anche gli iniziati, sperimentarono un oscuramento spirituale.

• In quel secolo tutte le conoscenze dei mondi spirituali si acquisivano dalla tradizione, o grazie ad individualità iniziate nel passato e che erano capaci di risvegliare in sé il ricordo delle esperienze vissute in precedenza. Ma per un breve periodo di tempo neppure questi spiriti furono in grado di avere una visione diretta del mondo spirituale.

Quel breve periodo di oscuramento fu allora necessario

per preparare quella che è la peculiarità della nostra epoca attuale: la cultura intellettualistica.

 

Nel quinto periodo di civiltà postatlantico è questo l’elemento importante. Diversa era la situazione nel periodo di civiltà greco ove il carattere dominante era la visione diretta e non il pensiero intellettualistico. L’uomo si fondeva, per così dire, con quanto vedeva ed udiva, ma non solo: la fusione avveniva persino con quel che pensava. In quel tempo gli uomini non erano soliti abbandonarsi alle elucubrazioni, come invece accade e deve accadere oggi, perché questo è la missione del quinto periodo postatlantico.

Nel XIII secolo la selezione delle personalità da avviare all’iniziazione doveva avvenire secondo canoni di idoneità estremamente accurati. Quanto all’iniziazione stessa, potè compiersi solo dopo la conclusione del breve periodo di oscuramento. Oggi non è ancora possibile fare il nome del luogo in Europa in cui occorsero gli eventi che ora esporrò, ma non è lontano il tempo in cui si potrà comunicare anche questo.

 

Oggi parleremo, dunque, dell’aurora dell’occultismo moderno.

Nel periodo in cui avvenne quell’oscuramento,

dodici individualità, dodici spiriti di eccezionale levatura,

si riunirono allo scopo di promuovere il progresso dell’umanità.

 

Nessuno di loro era in grado di avere una visione diretta del mondo spirituale,

ma tutti possedevano la facoltà di attivare in sé il ricordo delle esperienze vissute in precedenti iniziazioni.

Il karma dell’umanità aveva disposto che in sette di quelle dodici individualità

si incarnasse il residuo retaggio dell’antica civiltà atlantica.

 

Nella mia Scienza occulta ho già rilevato come nei sette savi maestri dell’antichissima santa India fosse stato trasfuso quanto era rimasto dell’eredità dell’epoca atlantica.

I sette uomini reincarnati nel XIII secolo, che erano parte dei dodici, possedevano la facoltà che consentiva loro la visione retrospettiva delle sette correnti dell’antica civiltà atlantica e di ciò che di queste correnti era sopravvissuto. Ognuna di queste sette individualità era in grado di sviluppare fecondamente, per il loro e il nostro tempo, sempre e solo una delle correnti suddette.

 

Unite a queste sette erano altre quattro individualità che, diversamente dai sette saggi prima ricordati,

non erano dotate della facoltà della visione retrospettiva in epoche da lungo tempo trascorse.

Queste quattro individualità erano però in grado di contemplare nella visione retrospettiva

le verità occulte acquisite dall’umanità nel corso dei quattro periodi di civiltà postatlantici.

 

• La prima di queste personalità poteva rivolgere lo sguardo retrospettivo al periodo paleoindiano,

• la seconda al periodo paleopersiano,

• la terza a quello egizio-caldeo-assiro-babilonese

• e la quarta al periodo greco-latino.

 

Nel XIII secolo, l’unione tra queste quattro personalità e le altre sette,

portò alla costituzione del collegio dei saggi.

Il dodicesimo era, per così dire, il meno dotato di ricordi, il più intellettuale,

quello cui era affidato il compito di coltivare specialmente le scienze esteriori.

• Queste dodici individualità, infatti, oltre a continuare a vivere le esperienze dell’occultismo occidentale,

erano anche in grado di incorporarsi in personalità che conoscevano in qualche misura l’occultismo.

 

La poesia di Goethe “I Segreti” accenna a questi nessi in modo del tutto particolare.

Dobbiamo dunque parlare di dodici uomini eccezionalmente elevati e, inoltre, di una tredicesima individualità che venne ad aggiungersi alle altre dodici per essere poi condotta, al termine del periodo dell’oscuramento, all’iniziazione necessaria alla civiltà occidentale. Le circostanze in cui ebbero questi eventi sono misteriose, e io, ovviamente posso solo descrivervi quel che ora seguirà, ma per me tutto è verità pienamente oggettiva. Voi, però avete la possibilità di verificare quel che adesso dirò, sommando tutto quanto la scienza dello spirito orientata all’antroposofia ha comunicato nel corso degli ultimi anni con le conoscenze che avete acquisito dalla storia esteriore dal XIII secolo in poi.

 

Il collegio dei dodici savi sapeva che in quell’epoca doveva nascere un bambino vissuto in precedenza in Palestina al tempo dell’evento del Cristo e che era stato presente al Mistero del Golgota. Questa individualità possedeva un cuore grandemente evoluto e, anzi, un’intima configurazione dell’affettività del tutto speciale, conseguita da quell’incarnazione in poi nell’ambito di particolari condizioni di vita. Un’individualità straordinariamente spirituale era incarnata in quel bambino.

 

Ad un certo punto s’impose la necessità di agire secondo modalità che, in quella forma, non si dovranno mai più realizzare. Quello che ora descriverò non è certo un esempio tipico dell’iniziazione, rappresentando anzi un evento assolutamente eccezionale.

Fu, infatti, necessario sottrarre il bambino all’ambiente in cui era nato, trasferirlo in un determinato luogo in Europa e porlo poi sotto la tutela dei dodici savi.

Ma di primaria importanza non erano i provvedimenti adottati dai dodici saggi sul piano esteriore, bensì la possibilità che il bambino crescesse vicino a loro. Le sapienze dei dodici poterono così fluire nel bambino.

 

Consideriamo, ad esempio, quello dei dodici savi che recava in sé la sapienza di Marte: ebbene, per effetto di tale sapienza quest’anima viveva in sé una vita configurata in un modo assai peculiare, la cultura di Marte le aveva conferito una speciale connotazione animica, uno speciale stato d’animo. Uno dei caratteri propri della cultura di Marte era, ad esempio, quello che conferiva all’anima una certa capacità che la rendeva atta a testimoniare con entusiasmo le verità occulte. Influssi planetari analoghi avvenivano sulle altre anime. La consonanza delle varie correnti che emanavano dai dodici savi conformò armoniosamente l’anima di quel bambino che potè crescere sotto la loro costante tutela.

Poi giunse il momento, un momento particolare, in cui il bambino, ormai giovane quasi ventenne, si rivelò capace di portare ad espressione come una sorta di riflesso delle dodici correnti sapienziali. I contenuti che egli esprimeva rappresentavano qualcosa di nuovo anche per i dodici savi. La trasformazione si compì associata a profondi mutamenti organici. Anche nel fisico il bambino si distingueva nettamente dagli altri esseri umani.

 

In certi periodi si ammalava gravemente, diventava perfettamente trasparente – il corpo del giovanetto diventava come traslucido.

Giunse poi il momento in cui la sua anima lasciò completamente il corpo per alcuni giorni, durante i quali il giovane giacque come morto. E quando l’anima ritornò si era compiuta come una nascita del tutto nuova delle dodici sapienze, sicché anche i dodici savi poterono apprendere dal giovane delle conoscenze totalmente nuove. Ora egli era in grado di parlare di esperienze del tutto nuove.

 

Grazie al Mistero del Golgota egli potè vivere un’esperienza simile a quella compiuta da Paolo sulla via di Damasco.

Questi eventi consentirono di riunire nell’unica visione nata dai dodici

tutte le concezioni del mondo, le religiose come le scientifiche

– fondamentalmente, sono possibili solo dodici concezioni del mondo.

 

Era venuta così a determinarsi la possibilità di riunire le dodici concezioni del mondo in una sola visione capace di soddisfare tutte le esigenze. Parleremo dopodomani dell’insegnamento.

 

Ora devo dire che il giovane morì poco dopo, a conclusione di una breve esistenza terrena.

La sua missione fu quella di riassumere concettualmente le dodici correnti sapienziali,

di viverle appieno pervenendo così a creare quel nuovo che lasciò in eredità ai dodici perché lo elaborassero.

Rilevante è stato l’impulso allora trasmesso.

 

L’individualità che lo impresse portava il nome di Christian Rosenkreutz. Questa individualità si reincarnò nel XIV secolo, per vivere questa volta una vita terrena ultracentenaria. Nel corso della nuova incarnazione questa individualità rese feconde, anche sul piano esteriore, le esperienze vissute nella breve vita precedente. Egli intraprese lunghi viaggi in ogni parte dell’Occidente e in quasi tutto il mondo allora conosciuto, allo scopo di assimilare in modo nuovo tutta la sapienza che nella vita precedente gli era stata fonte di ispirazione per il nuovo impulso destinato ad istillarsi, direi quasi come un’essenza, in tutta la cultura dell’epoca.

Il nuovo impulso si espresse anche sul piano exoterico. L’azione ispiratrice di quest’entità si manifestò, ad esempio, anche nella vita di Lessing. Sebbene questo intervento non sia dimostrabile sul piano esteriore, tutta la forma mentis di Lessing permette all’esperto di questi nessi di percepirvi l’impulso rosicruciano.

 

Un altro esempio: anche nel XIX secolo, pur così refrattario a idee come quelle del karma, della reincarnazione e così via, l’impulso rosicruciano ha potuto esplicarsi a livello exoterico. È interessante notare che proprio in quel tempo, verso la fine degli anni quaranta, una società scientifica istituì un premio destinato alla migliore opera filosofica sull’immortalità dell’anima.

Tra le opere inviate vi era anche uno scritto di Widermann – che poi vinse il premio – in cui l’autore sosteneva l’ipotesi delle ripetute vite terrene dell’anima. Naturalmente il testo di Widermann non parlava della reincarnazione come fa oggi la scienza dello spirito, nondimeno suscita interesse il fatto che un’opera di questo genere sia stata scritta e premiata in quegli anni. Anche altri psicologi di quel tempo si pronunciarono a favore delle ripetute vite terrene dell’anima.

Il filo della fede nella reincarnazione e nel karma non si è perciò mai spezzato del tutto. I primi scritti della fondatrice della Società Teosofica, la grande H. P. Blavatsky, sono anch’essi spiegabili solo se vi si riconosce l’ispirazione rosicruciana.

 

Ora, è molto importante sapere che l’ispirazione rosicruciana affluisce ogni volta, in ogni secolo,

in modo che non venga mai indicato sul piano esteriore colui che ne è il portatore.

Solo gli iniziati del massimo grado ne conoscevano l’identità.

Oggi, ad esempio, si può parlare all’esterno solo degli eventi che risalgono a cento anni fa.

Questo è, infatti, il lasso di tempo che deve essere trascorso dai singoli eventi

prima che sia permesso parlarne esternamente.

 

Troppo grande sarebbe, infatti, per il pubblico la tentazione di tributare un’adorazione fanatica ad un’autorità come questa, ove essa si presentasse connotata da elementi personali – un’eventualità, questa, che peggiore non potrebbe essere. Troppo grande è il pericolo che questo accada. Il silenzio, però, non è solo necessario contro le contestazioni esterne indotte dall’ambizione e dalla superbia, dalle quali forse sarebbe anche possibile difendersi, esso s’impone soprattutto avverso gli attacchi astrali occulti che contro un’individualità come questa verrebbero sferrati senza tregua. Ecco perché si è posta la condizione che impone che trascorrano cento anni dagli eventi prima che se ne possa parlare. Considerazioni come queste sono intese ad elaborare gradualmente il concetto che individua nel rosicrucianesimo il fulcro dell’evoluzione storica.

 

Consentitemi di dimostrarvi con un banale esempio che cosa si intenda per fulcro. Immaginate una bilancia: perché possa pesare deve avere in alto sul ponte un fulcro solo; se ne avesse due, la pesa sarebbe impossibile. Anche per l’evoluzione storica è necessario un fulcro. La visione del mondo orientale, ad esempio, e anche Schopenhauer, non ammettono l’esistenza di un tale fulcro, ma non solo, negano del tutto che vi sia un’evoluzione storica propriamente intesa.

 

Ma l’umanità occidentale ha la missione di riconoscere la storia. E la missione del rosicrucianesimo è quella di elaborare una concezione che ammetta l’esistenza di un fulcro nel divenire storico. E ora, rispetto a quel che dirò, l’appartenenza a questa o quella confessione è del tutto priva di importanza. La cronaca dell’akasha permette, infatti, di costatare che il giorno che rappresenta il fulcro dell’evoluzione dell’umanità è il 3 aprile dell’anno 33. Per il rosicrucianesimo è particolarmente importante che si riconosca in quel giorno il fulcro dell’evoluzione dell’umanità.

 

Che cosa è avvenuto allora? È avvenuta quella che si può definire “la crisi del mondo dei demoni”.

Che cos’è questa crisi?

Noi sappiamo che in epoche passate gli uomini erano dotati di una chiaroveggenza primitiva.

Con il passare del tempo

questa chiaroveggenza primitiva venne sempre più indebolendosi fino a scomparire quasi del tutto.

 

Occorre tenere presente che fino a quel giorno cruciale

gli uomini vivevano con la loro coscienza principalmente nel corpo astrale, meno nell’io.

Ora, a scatenare la crisi fu il progressivo oscuramento dell’antica chiaroveggenza,

un ottenebramento che portò l’uomo a percepire solo le regioni più basse del mondo spirituale.

 

L’io viveva ancora nell’astrale,

ma le potenze che era ancora in grado di percepire erano sempre peggiori, sempre più immonde.

L’uomo aveva perduto la visione delle potenze buone.

Quelle che riusciva a scorgere quando volgeva lo sguardo all’astrale erano ormai solo le potenze maligne.

La salvazione sarebbe venuta con la cultura dell’io.

Il processo salvifico iniziò con il battesimo operato da Giovanni nel Giordano.

 

Quali esperienze viveva un uomo che si faceva battezzare? In primo luogo sperimentava la procedura fisica connessa con l’immersione nell’acqua e la conseguente separazione dei corpi astrale ed eterico dal corpo fisico. Questa esperienza gli consentiva di vedere nel mondo dei demoni l’incombere di un’inevitabile crisi. I battezzandi dicevano a se stessi: dobbiamo mutar senno! Deve venire il tempo in cui lo spirito potrà entrare direttamente nella coscienza dell’io. Il battezzando provava il seguente sentimento: oh! sono ancora tutti dentro di me questi orridi esseri astrali, penetrano in me incessantemente.

 

Doveva venire chi supera l’astralità: l’io.

L’io renderà possibile la formazione di comunità puramente umane,

nate dalla libertà dell’anima e non più legate da vincoli di sangue.

 

Immaginate ora un uomo ossesso da demoni della peggior specie, consci dell’imminente crisi che li aspetta. Immaginate quest’uomo dinnanzi all’entità cui è affidata proprio la missione di contrastare i demoni. Quali sensazioni dovranno avere questi demoni? Sensazioni di estremo disagio proveranno! A disagio si sentivano i demoni dinnanzi al Cristo Gesù.

 

Il rosicrucianesimo reca in sé gli impulsi da opporre ai demoni.

Sono gli impulsi grazie ai quali l’io sarà di nuovo innalzato

– questo innalzamento, però, non ha ancora compiuto molti passi avanti.

 

Tornando all’inizio delle nostre considerazioni, comprenderemo come sia naturale che noi antroposofi dobbiamo affrontare maggiori difficoltà rispetto ad altri per affermarci nel mondo. Gli antroposofi sono perseguitati più dei seguaci di altre concezioni del mondo, poiché non v’è nulla di più sgradito agli uomini della descrizione della vera figura del Cristo. Ma i nostri princìpi si fondano sugli esiti di ricerche esoterico-scientifiche autentiche, e questi princìpi noi sosterremo con tutte le nostre forze.