Il contenuto profondo della festa di Pasqua

O.O. 233a – Sedi di Misteri nel medioevo e festa di Pasqua – 20.04.1924


 

Sommario: Rapporto di epoche antiche con le forze lunari del Padre, e quello di tempi ancora più antichi con le forze solari del Figlio. Nascita terrestre e nascita lunare; gli effetti della necessità. La «seconda nascita» verso il trentesimo anno di vita: nascita solare; possibilità di una libera configurazione di se stessi. I cinque gradini dell’iniziazione, fino al sepolcro del «Risorto». Il contenuto profondo della festa di Pasqua, come esperienza umana di tale gradino evolutivo. L’ingresso delle forze solari nella sfera terrestre, quando andò perduta la possibilità di quel tipo di iniziazione. Il mistero del Golgota.

 

Si può veramente affermare che l’idea originaria di una festività sia quella di indurre l’uomo

ad innalzare lo sguardo dalla sua dipendenza dalle cose terrestri a quella dalle cose extraterrestri.

In modo speciale può suggerire questi pensieri la considerazione della festa di Pasqua.

 

L’evoluzione spirituale del mondo civile negli ultimi quattro o cinque secoli

ha effettivamente allontanato sempre più l’uomo dal rendersi conto

della sua connessione con le forze e le potenze cosmiche.

 

L’uomo si trovò sempre più limitato a considerare soltanto i suoi rapporti con le forze e le potenze terrestri.

 

Certo, con i mezzi di conoscenza riconosciuti validi oggi, non si possono nemmeno immaginare rapporti di natura diversa. Se qualcuno che nei tempi precristiani, o anche nei primi secoli cristiani, fosse stato vicino ai misteri potesse avere nozione dell’odierno modo di conoscere, se cioè potesse percepire la realtà moderna, ma con l’atteggiamento proprio di quei tempi passati, egli non potrebbe affatto comprendere come l’uomo possa vivere senza la consapevolezza delle sue connessioni cosmiche, extraterrene.

 

Per cominciare, vorrei oggi accennare a certi punti che ho trattato nei particolari in diversi cicli di conferenze. Non posso entrare qui in troppi particolari, perché in queste conferenze mi propongo essenzialmente di approfondire il pensiero della Pasqua.

Prendiamo come esempio di un sistema religioso antico quello che è rimasto più vicino, più accessibile anche all’uomo moderno, cioè il sistema religioso ebraico.

 

Nei sistemi religiosi antichi monoteistici si ritrova l’adorazione di una sola divinità:

di quella cioè che, in termini cristiani, si può chiamare Dio Padre, la prima persona della divinità.

In tutte le religioni nelle quali vive l’idea del Dio Padre era più o meno nota

la connessione del Dio Padre con le forze cosmiche lunari, con le forze che dalla Luna fluiscono verso la Terra;

anzi, i sacerdoti dei misteri antichi avevano ben chiara questa idea.

 

Oggi ben poco sopravvive di quell’antica coscienza del nesso fra l’uomo e le forze lunari; tutt’al più ne sopravvive qualche traccia nel sentimento della fantasia poetica, e nella durata della vita embrionale dell’uomo che viene computata in dieci mesi lunari.

 

Nelle concezioni più antiche invece, c’era una chiara consapevolezza del fatto che,

• quando l’uomo discende dall’esistenza spirituale pre-terrena all’esistenza terrena,

egli viene compenetrato dalle forze e dagli impulsi provenienti dalla Luna.

Per afferrare ciò che opera nel suo processo nutritivo, in quello respiratorio, e in genere nei suoi processi vitali,

l’uomo non deve guardare alle forze terrestri, ma a quelle di origine extra-terrestre.

 

Se guarda alle forze terrestri, l’uomo può certo constatare in qual modo esse si comportino nei suoi riguardi. Se certe forze extra-terrestri non conservassero continuamente il nostro corpo e la sua forma, che cosa potrebbero conferirgli le forze terrestri, ai fini del suo mantenimento?

 

Nel momento stesso in cui le forze extra-terrestri sono uscite dal corpo umano,

questo viene a trovarsi esposto alle forze terrestri: e allora il corpo si decompone, si dissolve, diventa cadavere.

Le forze terrestri non sono in grado di configurare l’uomo, ma possono soltanto fare dell’uomo un cadavere.

È all’influsso delle forze lunari che l’uomo deve di essere sottratto alla sfera terrestre,

deve la propria coerente configurazione e organizzazione, fra la nascita e la morte;

a quelle è debitore del fatto di non cadere in balia delle forze

che poi, al momento della morte, lo afferrano e lo distruggono.

 

Durante tutta la vita terrena l’uomo dispone di forze che continuamente devono lottare contro la distruzione del corpo.

• Da un lato possiamo dunque enunciare in teoria che le forze lunari condizionano la configurazione del corpo umano;

• dall’altro, dobbiamo riconoscere che certe religioni antiche veneravano come forze del Padre divino

quelle forze che per così dire portano l’uomo entro l’esistenza fisica, attraverso la sua nascita.

 

Gli iniziati dell’ebraismo antico erano ben coscienti che si irraggiano dalla Luna le forze che portano l’uomo all’esistenza terrena, che in questa lo conservano, e alle quali l’uomo fisico si sottrae quando passa per la porta della morte.

Il contenuto di certe antiche religioni monoteistiche era dunque questo: si amavano caldamente le forze del Padre divino e si esplicava questo atteggiamento nel culto, nella preghiera e così via. Però quelle antiche religioni monoteistiche traevano certe conseguenze da questo atteggiamento, con maggior rigore di quanto oggi si creda; infatti questi problemi vengono trattati del tutto erroneamente dalla storiografia moderna che si fonda solo sui documenti, e non su quanto può venire osservato dalla veggenza spirituale.

 

In realtà le religioni che guardavano alla Luna e alle entità spirituali in essa presenti,

sono religioni di tempi relativamente vicini a noi.

Le religioni antichissime, oltre a questa concezione della Luna,

avevano anche una chiarissima nozione delle forze del Sole,

e perfino delle forze di Saturno, come va rivelato a questo punto.

 

Qui certo si giunge a parlare di tempi per i quali non esiste nessuna documentazione esteriore, tempi che risalgono a molti millenni prima della fondazione del cristianesimo. Di quel tempo ho trattato nel mio libro La scienza occulta, designandolo come il periodo paleo-indiano, tanto per dargli un nome, in quanto quella civiltà si svolse nel territorio dell’India attuale; la successiva civiltà fu poi quella paleo-persiana. In quelle due prime civiltà l’uomo si evolvette in modo del tutto diverso dai tempi successivi, e le religioni furono appunto condizionate dalle caratteristiche evolutive di quei tempi.

 

Già da più di due millenni noi uomini ci evolviamo in un modo particolare:

nel nostro sviluppo sulla Terra c’è uno strappo del quale però non ci accorgiamo affatto.

Del resto, è veramente arduo l’accorgersene.

Per l’uomo attuale rimane per la massima parte nell’inconscio

quello che avviene interiormente verso il trentesimo anno di vita.

 

Le cose erano ben diverse per l’umanità che viveva otto o nove millenni prima della fondazione del cristianesimo.

A quei tempi l’uomo aveva uno sviluppo continuativo, fin verso il trentesimo anno;

a quel punto sopravveniva però una profonda metamorfosi, che vorrei definire in termini piuttosto radicali,

perché solo così si può caratterizzare il fatto in questione.

 

Poteva allora accadere che un tale avesse fatto conoscenza, prima dei trent’anni di età, con un’altra persona più giovane, mettiamo più giovane di tre o quattro anni. Poi quel tale passava per la metamorfosi del trentesimo anno. Poteva dunque accadere, se quei due non si erano più veduti per qualche tempo, che s’incontrassero e che quel tale non riconoscesse affatto l’amico che lo salutava: a tal punto si era modificata la sua memoria!

 

In quei tempi più antichi esistevano certe istituzioni connesse con i misteri,

nelle quali venivano per così dire registrati i fatti della vita dei giovani.

Nelle piccole comunità che esistevano allora, i giovani stessi dimenticavano la propria vita,

per effetto della profondissima trasformazione che la loro vita subiva a un certo punto:

essi dovevano imparare a conoscere le esperienze fatte da loro stessi prima del trentesimo anno.

 

Quelle persone si rendevano conto che dopo il trentesimo anno erano diventate del tutto diverse da prima:

si sentivano spinte a recarsi (per usare un termine moderno e un po’ paradossale) all’ufficio del registro,

per apprendervi veramente ciò che avevano sperimentato prima di quella svolta!

Venivano poi istruiti,

e apprendevano che prima del trentesimo anno di vita avevano agito su di loro soltanto le forze lunari.

Dal trentesimo anno in avanti penetrano invece nello sviluppo della loro vita terrena le forze solari

che operano sull’uomo in modo del tutto diverso dalle forze lunari.

 

Che cosa mai conosce delle forze solari l’uomo d’oggi? Ne conosce alcuni effetti fisici esteriori: sa che le forze solari lo fanno sudare (scusatemi!), lo riscaldano; sa anche poche altre cose, come certi effetti terapeutici (come i cosiddetti bagni di sole), ma sempre in modo del tutto esteriore.

L’uomo d’oggi non è per niente in grado di apprezzare

l’azione che esercitano su di lui le forze spiritualmente congiunte col Sole.

Giuliano l’Apostata, ultimo fra i Cesari pagani, aveva ancora appreso qualche cosa di tali forze solari, come in un’eco dei misteri antichi; egli fu assassinato durante una campagna contro la Persia, proprio perché aveva cercato di valorizzarle nuovamente. Tanta era la potenza di chi, in quei primi secoli cristiani, voleva cancellare la conoscenza di queste cose! Non è quindi da stupirsi che ai giorni nostri non sia possibile acquistarne conoscenza.

 

• Mentre le forze lunari determinano l’uomo, gli impongono una certa necessità interiore,

imprimendo alle sue azioni il carattere del suo temperamento, delle sue emozioni, di tutto il suo corpo fisico ed eterico,

• le forze solari spirituali lo liberano da quelle necessità.

Esse dissolvono per così dire in lui le forze di quella condizione di necessità:

grazie alle forze solari l’uomo diventa un essere libero.

 

Ora, nei tempi più antichi dell’evoluzione, queste due sfere erano rigorosamente separate nel corso della vita umana.

• A partire dal trentesimo anno di età si diventava un uomo solare, un uomo libero;

• prima di quel momento l’uomo non era libero, era un uomo lunare.

 

Oggi invece le due condizioni si interpenetrano:

• le forze solari agiscono già nell’età infantile, accanto alle forze lunari,

• mentre queste ultime continuano ad operare anche nelle età successive,

sì che necessità e libertà si esplicano l’una a fianco dell’altra.

Non fu però sempre così, nel passato.

 

Nei tempi preistorici dei quali sto ora parlando, gli influssi lunari e quelli solari erano rigorosamente distinti nel corso della vita. Si considerava allora un fatto anormale, patologico, se qualcuno non faceva nel trentesimo anno di vita l’esperienza di quella svolta, di quella metamorfosi; perciò si diceva che l’uomo non nasce una volta sola, ma due.

Quando poi, nel corso dell’evoluzione, la seconda nascita, la nascita solare dell’uomo (la prima nascita era chiamata nascita lunare) era diventata meno evidente, si cominciarono ad applicare agli iniziandi nei misteri certi esercizi, certe azioni di culto, o più genericamente determinati fatti.

In tal modo gli iniziandi facevano certe esperienze che erano andate perdute per l’umanità in genere: diventavano allora i «nati due volte».

 

Quando oggi si ritrova il termine «nati due volte» in certi antichi scritti orientali, si tratta sempre di un termine derivato da conoscenze più antiche. Il nostro amico professor Beckh, qui presente, potrà confermare, nella sua competenza di orientalista, di sanscritista, che dalla moderna scienza orientalistica non è possibile ricavare in modo chiaro ed esatto il significato sostanziale dell’espressione «nati due volte». Certo, ne vengono proposte molte spiegazioni formali, però si ignora il suo vero significato che è accessibile solo a chi sappia che essa risale alla realtà della quale ho parlato adesso. In questo campo la parola spetta appunto all’osservazione spirituale. Quando però la conoscenza spirituale si è espressa, allora se ne potrà trovare la conferma in tutti i risultati della scienza esteriore, fondata sui documenti, punto per punto. La scienza confermerà tutti i frutti della conoscenza spirituale, purché i fatti vengano esaminati nella giusta luce. Tuttavia bisognerà mettere in evidenza alcuni punti che precedono tutto quanto è accessibile alla scienza fondata sui documenti; quest’ultima da sola non consente infatti di comprendere la vita dell’uomo.

 

Possiamo dunque distinguere nel passato

• un’epoca in cui si parlava della nascita lunare dell’uomo come della creazione ad opera del Padre.

• Quanto alla nascita solare, si sapeva che nei raggi spirituali del Sole agisce la forza del Cristo, del Figlio,

e che tale forza conferisce all’uomo la libertà.

Infatti, che cosa effettua tale forza, la forza del Sole?

La forza solare fa sì che gli uomini qui sulla Terra possano fare qualcosa di se stessi.

 

Noi saremmo rigidamente determinati, saremmo inseriti in un’immodificabile necessità (non di destino, ma di natura),

se non fossimo esposti all’azione liberatrice delle forze solari, degli impulsi che infrangono la necessità.

 

Guardando al Sole, il seguace delle più antiche concezioni del mondo sapeva:

quell’occhio dell’universo, dal quale si irraggia la forza del Cristo,

mi consente di non rimanere sottoposto alla rigida necessità con la quale io sono nato dalle forze lunari;

fa sì che io non rimanga un uomo che si sviluppa per tutta la vita entro i vincoli di una necessità.

 

Grazie a quelle forze solari, grazie alle forze del Cristo che guardano alla Terra dall’occhio celeste del Sole,

nel corso della mia vita terrena io posso fare di me qualcosa, mediante la mia libertà interiore,

qualcosa che io non ero ancora, quando venni a trovarmi nella vita terrena ad opera delle forze lunari.

 

Questa consapevolezza dell’uomo di potersi trasformare, di poter fare qualche cosa di se stesso, ecco quello che si scorgeva nelle forze solari.

 

Per amore di completezza, e quasi tra parentesi, vorrei qui accennare che, in terzo luogo,

si guardava allora alle forze di Saturno.

Nelle forze di Saturno si riconosceva tutto ciò che conserva l’uomo, quando egli passa per la porta della morte,

quando cioè passa per la terza metamorfosi terrestre.

 

 

Dopo questa terza metamorfosi, l’uomo viene conservato grazie alle forze di Saturno,

che allora operavano all’estremo limite del sistema planetario.

Queste forze sorreggono l’uomo, lo portano nel mondo spirituale,

conservano la compagine della sua entità quando si verifica la terza metamorfosi.

Di tutto ciò si era ben consapevoli nei tempi più antichi.

 

L’umanità però si evolve di continuo: sopravvenne quindi un’epoca in cui l’azione delle forze solari sull’uomo era ormai nota solo nei misteri. Più a lungo le nozioni sulle forze solari si conservarono nelle sezioni mediche dei misteri, perché proprio le forze che (nel suo sviluppo normale) conferiscono all’uomo la libertà, consentendogli di fare qualche cosa di se stesso, proprio le forze solari, le forze del Cristo, rivivono al tempo stesso anche in molte piante terrestri, e anche in altre cose terrestri, costituendovi dei princìpi curativi.

Per l’umanità in generale è però andata perduta la connessione col Sole. Mentre si conservò molto più a lungo una certa consapevolezza che l’uomo dipende dalle forze lunari, dalle forze del Padre, la coscienza della dipendenza dalle forze solari (ma veramente bisognerebbe dire «della liberazione ad opera delle forze solari») andò perduta assai prima.

 

Quelle che oggi vengono chiamate forze della natura,

le sole di cui si parli nell’ambito della comune conoscenza,

in realtà non sono altro che le forze lunari, rese completamente astratte.

 

Però il portatore del Cristo, cioè Gesù di Nazaret, era ancora capace di riconoscere le forze del Sole e di lasciarsene guidare: doveva conoscerle, in quanto egli era destinato ad accogliere nel proprio corpo quelle forze, quando fossero fluite giù sulla Terra, quelle stesse forze che negli antichi misteri si potevano raggiungere solo guardando al Sole. Ne ho parlato qui ieri.

 

Proprio questo è il nucleo essenziale dell’evento che sta alla base della fondazione del cristianesimo:

all’età di trent’anni nel corpo di Gesù di Nazaret si verificò una trasformazione,

corrispondente alla trasformazione che in tempi remoti aveva luogo in tutti gli uomini.

 

Solo che allora penetrava negli uomini per così dire la parvenza del Sole spirituale,

mentre quella volta l’essere primigenio del Sole, il Cristo stesso,

discese entro l’evoluzione umana e prese dimora nel corpo di Gesù di Nazaret.

Questo è appunto l’evento fondamentale

dell’intera esistenza terrestre, che sta a fondamento del mistero del Golgota.

 

Per comprendere a pieno i nessi fra tutte queste cose, occorre guardare al modo in cui nei misteri più antichi si compiva la festa della Pasqua, che allora aveva aspetti esclusivamente umani (essa infatti consisteva nell’iniziazione).

L’iniziazione passava per tre gradini, e la prima condizione per pervenire alla vera conoscenza, all’iniziazione, era l’estrema modestia che l’uomo aveva conseguito, grazie a quanto aveva appreso nei misteri: una modestia della cui profondità nessuno oggi può farsi un’idea. Oggi la gente crede di essere straordinariamente modesta, quanto alla conoscenza, mentre per chi vede come stanno realmente le cose, i più risultano pervasi da vera superbia.

 

Anzitutto, il candidato all’iniziazione doveva giungere a convincersi

di non essere affatto un uomo, ma di essere solo sulla via per diventarlo.

Oggi certo non si può pretendere da nessuno

che, in un momento qualunque della sua vita, non si consideri un essere umano!

La primissima qualità che si richiedeva era però proprio quella di non considerarsi un essere umano.

 

Bisognava saper dire a se stesso: certo, io ero un uomo, prima di essere disceso in un corpo terrestre,

nell’esistenza pre-terrestre ero un uomo, in senso animico-spirituale.

Poi il nocciolo animico-spirituale è penetrato nel corpo fisico proveniente dalla madre, dai genitori,

e si è non già rivestito (questo è un termine sbagliato), ma compenetrato del corpo fisico.

 

Certo, gli uomini non hanno nessuna coscienza del modo in cui l’animico-spirituale

compenetra (nel corso di un tempo piuttosto lungo) il corpo fisico,

di come compenetri il sistema dei nervi e dei sensi, e il sistema ritmico, e quello del ricambio e delle membra.

Gli uomini acquistano la facoltà di percepire:

essi percepiscono l’esterno attraverso i loro sensi, percepiscono il mondo ambiente.

 

Ma che cosa è in grado di fare l’uomo,

una volta che abbia ben compenetrato il suo corpo fisico con la sua natura animico-spirituale,

una volta che sia giunto a ritenersi un essere umano adulto, pienamente sviluppato?

Che cosa è in grado di fare?

Egli non può che guardare all’esterno con i suoi occhi, udire verso l’esterno con gli orecchi,

percepire il caldo e il freddo, il liscio e il ruvido con la sua pelle;

è in grado di percepire verso l’esterno, non verso l’interno.

 

Con gli occhi non è capace di guardare al proprio interno:

tutt’al più potrà scorticare il cadavere fisico e illudersi con ciò di vedere il proprio interno.

Ma in realtà non lo vede, ed è puerile il crederlo.

È come se, avendo dinanzi a noi una casa dotata di finestre, noi non guardassimo verso il suo interno,

ma con arnesi o macchine la distruggessimo, e ci limitassimo poi ad osservare il mucchio di macerie.

 

Proprio così si procede oggi: per conoscere l’uomo si scortica il corpo, lo si fa a pezzi.

Ma così facendo non si impara certo a conoscerlo: non è l’uomo che in tal modo si conosce.

Come oggi noi guardiamo fuori di noi, attraverso gli occhi,

così per conoscere l’uomo bisogna saper guardare con gli occhi verso l’interno, e udire verso l’interno con gli orecchi.

L’insieme di tutti i nostri organi di senso (occhi, orecchi, la pelle come organo del tatto e del calore, l’olfatto, e così via)

negli antichi misteri era chiamato «la porta verso l’uomo».

 

Del resto, l’iniziazione prendeva le mosse dalla consapevolezza di non conoscere nulla dell’uomo:

se uno sa di non avere un’autocoscienza umana, non può nemmeno essere un uomo!

Dovrà prima imparare a guardare entro di sé con i sensi, come al solito guarda fuori di sé.

 

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Questo era il primo gradino dell’iniziazione negli antichi misteri. Nel momento in cui si aveva appreso a guardare entro di sé a quel modo, ci si sperimentava anche nell’esistenza pre-terrestre. Infatti, allora si sapeva di trovarsi entro il proprio elemento animico-spirituale.

Nel disegno schematico è raffigurata con tratti gialli la visione verso l’esterno. A questa si sostituisce o si aggiunge la visione verso l’interno (freccia rossa verso l’interno).

 

Guardando in tal modo verso l’interno,

l’uomo percepiva l’esistenza pre-terrestre penetrata in lui attraverso l’occhio, l’orecchio, la pelle e così via.

L’uomo la percepiva: aveva dinanzi a sé la propria esistenza pre-terrestre. A questo punto gli veniva detto che solo ora avrebbe imparato a conoscere ciò che oggi verrebbe chiamata «scienza naturale».

 

In che modo noi oggi apprendiamo le scienze?

Le impariamo in quanto ci viene insegnato a osservare i fatti della natura, a descriverli, e così via. Questo procedimento corrisponde però a quanto avverrebbe se, incontrando una persona che avevo conosciuto da lungo tempo, qualcuno mi imponesse ora di dimenticare tutto quello che avevo avuto in comune con quella persona; come se mi si dicesse: ora che la incontri di nuovo, tu non devi ricordare nulla di quanto avevi avuto in comune con lei! È veramente impensabile!

Si provi a immaginare che cosa significherebbe per esempio per due coniugi, se venisse loro imposta una condizione del genere: se ritrovandosi dopo un certo tempo, dovessero dimenticare tutte le loro esperienze comuni! Certo, capisco bene che in determinate condizioni questo potrebbe anche riuscire piacevole, ma la vita non potrebbe davvero sussistere con una premessa del genere! Bene, questo è proprio ciò che il carattere della civiltà moderna impone a ogni uomo dei nostri tempi.

Infatti, prima di discendere sulla Terra, l’uomo ha già conosciuto i regni della natura, sotto il loro aspetto spirituale.

 

Mentre oggi si indirizza l’uomo a dimenticare tutto quello che sapeva sui minerali, sulle piante e sugli animali, prima di discendere sulla Terra, con gli antichi iniziati nei misteri si procedeva diversamente. Già nel cosiddetto primo grado dell’iniziazione si presentava all’iniziando, per esempio, un cristallo di quarzo, facendo poi di tutto perché egli si ricordasse quello che del quarzo egli aveva saputo prima della sua discesa sulla Terra; e così pure quello che aveva saputo del giglio, o della rosa.

La conoscenza della natura che allora veniva impartita, era un «ri-conoscere».

E si veniva poi accolti al secondo grado,

quando si aveva appreso la conoscenza della natura, intesa come un «ri-conoscere».

 

Nel secondo grado si imparava invece la musica,

si imparava ciò che a quei tempi equivaleva all’architettura, alla geometria, cioè all’arte di misurare, e così via.

Che cosa racchiudeva infatti quel secondo grado?

Racchiudeva tutto ciò che l’uomo percepisce

non solamente guardando al proprio interno con gli occhi o ascoltando al proprio interno con gli orecchi,

ma immergendosi veramente entro di sé.

 

Si diceva allora all’iniziando: ora tu arrivi nella grotta del tempio umano.

Era, questa grotta, ciò che veniva compenetrato fisicamente dalle forze animico-spirituali

di cui l’uomo consiste prima di essere disceso nella vita terrena.

Egli dunque penetrava ora entro se stesso.

Gli si diceva: la grotta di questo tempio consta di tre stanze.

 

• La prima era la dimora del pensare: vi si apprendeva a conoscere quella che, vista da fuori, è la testa.

La testa è piccola: ma quando si penetra in essa e la si contempla da dentro,

essa è grande quanto il mondo, e si impara a conoscere la propria natura spirituale.

Questa dunque era la prima stanza;

• la seconda era quella nella quale si apprendeva a conoscere il sentire;

• e nella terza poi si imparava a conoscere il volere.

 

In questo modo si imparava a conoscere l’organizzazione umana,

secondo gli organi deputati al pensare, al sentire e al volere:

si imparava cioè a conoscere quello che vale per l’esistenza terrena.

La conoscenza della natura non vale soltanto qui sulla Terra:

la si acquista già prima di discendere in Terra: qui si dovrebbe ricordarsene.

Nel mondo spirituale certo non si costruiscono case, al modo dell’architettura terrestre. Nell’aldilà esiste la musica, ma è melodia spirituale. La musica terrestre è come proiettata da lì entro l’aria dell’atmosfera terrestre: è una proiezione della musica celeste, ma l’uomo la sperimenta in forma terrestre. Lo stesso vale quando sulla Terra si procede a delle misurazioni: la geometria è una scienza terrestre.

 

Per l’aspirante al secondo grado dell’iniziazione era importante l’apprendere

che è insensato parlare di una conoscenza fondata esclusivamente su strumenti terrestri,

ove non si tratti di geometria o di architettura.

Egli imparava che una vera conoscenza della natura ha da essere il riacquistato ricordo di un sapere pre-terrestre,

che la geometria, l’architettura, la musica sono le scienze che si possono apprendere qui sulla Terra.

 

L’uomo discendeva dunque entro se stesso,

apprendendo a conoscere l’uomo cosmico costituito per così dire da tre concamerazioni,

in contrapposto all’organizzazione umana terrestre unitaria

che si presenta alla comune conoscenza quando l’uomo

viene conosciuto soltanto esteriormente, senza discendere nella sua interiorità.

 

Al terzo grado poi si imparava a conoscere l’uomo quando egli

non solo, si immerge entro se stesso, riconoscendosi come essere spirituale,

ma quando questo essere spirituale apprende a conoscere anche il corpo.

Ecco perché quel terzo grado in tutti i misteri antichi dovette essere chiamato «la porta della morte».

 

L’uomo vi percepiva l’aspetto che si ha dopo avere deposto il corpo terreno.

Tuttavia vi è una differenza fra questa vera morte e la morte degli iniziati.

Spiegherò nelle prossime conferenze la ragione per cui deve sussistere questa differenza;

per adesso mi limito a rilevare i fatti.

 

Quando si muore veramente, si depone il proprio corpo fisico:

non si è più legati ad esso e non si è più soggetti alle forze terrestri, se ne è liberati.

Quando invece si è ancora legati al proprio corpo fisico, come avveniva nell’iniziazione nei tempi antichi,

occorre conquistare per forza interiore ciò che nella morte si verifica spontaneamente,

cioè la liberazione dal corpo: bisognava conservarsi liberi per un certo tempo.

Per l’iniziazione era necessario conquistare le energiche forze animiche interiori,

grazie alle quali si poteva tenersi liberi nell’anima dal corpo fisico.

 

Tali forze che conferivano dunque la capacità di tenersi liberi dal corpo fisico,

conferivano una superiore conoscenza di tutto quello che non si può mai percepire coi sensi, né pensare con l’intelletto.

Esse trasferiscono l’uomo nel mondo spirituale, come il corpo fisico lo pone nel mondo fisico.

A quel punto però si era già in grado di riconoscersi

come uomo animico-spirituale, come iniziato, anche durante l’esistenza terrena.

 

Da quel momento, per l’iniziato la Terra era un astro collocato fuori dell’uomo,

e (soprattutto nei misteri più antichi) egli era in grado di vivere con il Sole, invece che con la Terra.

Egli sapeva che cosa riceveva dal Sole, e in qual modo agivano in lui le forze del Sole.

Da questo terzo grado che ho ora descritto derivava poi il quarto grado,

il quale agiva sugli iniziandi press’a poco nel modo seguente.

 

Quando qui sulla Terra si mangia, si sa di mangiare questo o quest’altro, di bere questo o quest’altro; si sa anche che l’alimento o la bevanda, prima si trovano fuori, e poi dentro l’organismo.

Anche dell’aria che si respira si sa che essa si trova prima fuori, e poi dentro l’organismo.

La nostra connessione con le forze terrestri è tale che, dopo aver mangiato o bevuto, portiamo entro di noi le forze e le sostanze che di solito si trovano fuori.

 

Si spiegava all’antico iniziando:

prima di essere iniziato, tu sei un portatore di sostanze terrestri, del cavolo o della carne di cui ti sei nutrito.

Se invece sei stato iniziato al terzo grado, e ti viene ora trasmesso

ciò che è possibile trasmetterti quando ti sei liberato dal corpo,

non sarai più un portatore di alimenti vegetali o carnei:

sarai portatore di ciò che ti offrono le forze del Sole.

 

In tutti i misteri si dava il nome di Christos a ciò che di spirituale è trasmesso dalle forze solari.

Chi aveva oltrepassato i tre primi gradi si sentiva ormai portatore delle forze solari

(come qui sulla Terra si può essere portatori di questo o quell’alimento),

veniva perciò chiamato un Cristoforo, un portatore del Cristo.

Nella maggior parte dei misteri antichi questa era la denominazione di chi aveva raggiunto il quarto grado.

 

Nel terzo grado bisognava conseguire la comprensione di certe cose.

Anzitutto bisognava comprendere che la brama per il corpo fisico deve cessare nei momenti dedicati alla conoscenza;

bisognava discernere chiaramente che quanto al suo corpo fisico l’uomo appartiene alla Terra,

ma che in fondo la Terra serve solo alla distruzione del corpo fisico, non alla sua edificazione.

Egli imparava ora a conoscere le forze costruttive, edificatrici, provenienti dal cosmo.

 

E proprio quando diventava un «Cristoforo» egli imparava anche qualcosa d’altro:

che anche nelle sostanze della Terra agiscono forze spirituali, invisibili però alla percezione terrestre.

Se a quell’uomo antico si fosse parlato con le parole usate oggi, (e che io non posso fare a meno di usare),

gli si sarebbe spiegato quanto segue: se vuoi apprendere la dottrina delle sostanze materiali,

se vuoi imparare come le sostanze si combinano e come si separano,

devi rivolgere lo sguardo alle forze spirituali che dal cosmo le compenetrano.

Ma ciò non ti è possibile se non sei iniziato, e iniziato del quarto grado.

Per poter studiare la chimica devi essere capace di guardare con le forze dell’esistenza solare.

 

Ci si immagini un po’ quanto sembrerebbe pazzesco, se oggi si pretendesse da chi vuole laurearsi in chimica o in farmacia, che prima imparasse a sentirsi nei confronti del Sole come si sente riguardo alla Terra per quel che concerne gli alimenti vegetali! Eppure, queste erano un tempo delle realtà.

Gli uomini sapevano che con le forze che vivono nel corpo e delle quali ci si serve nella conoscenza ordinaria si può studiare solo la geometria o la musica o l’architettura: non però la chimica si può studiare con quelle forze. Se oggi si studia la chimica, si parla solo esteriormente.

 

È proprio così: da quando si è spenta l’antica saggezza iniziatica, ogni discorso sulla chimica è del tutto esteriore. Per chi voglia conseguire una conoscenza vera, c’è proprio da disperarsi ad esser costretto a studiare la chimica odierna, perché essa si fonda solo su asserzioni, e non sopra un’intima comprensione dei fatti.

Chi fosse veramente scevro da preconcetti, dovrebbe riconoscere che per studiare la chimica è necessario qualcosa d’altro, un diverso modo di conoscere le cose. Ma è proprio la viltà conoscitiva oggi dominante, quella che impedisce agli uomini di assumere un tale atteggiamento.

Quando, nei tempi passati di cui stiamo parlando, l’uomo aveva raggiunto un certo grado di maturità, poteva diventare astronomo, un grado ancora più alto. Conoscere gli astri esteriormente, per mezzo di calcoli o simili, non era allora considerato essenziale.

 

Negli astri vivono esseri spirituali che si possono conoscere

solo dopo aver superato la mera percezione corporea, ma superato anche la geometria,

quando si è diventati realmente capaci di vivere nell’universo e di conoscere l’elemento spirituale presente negli astri.

A questo punto però l’uomo era un «risorto».

Egli era veramente in grado di vedere come le forze della Luna e quelle del Sole agivano sull’uomo terrestre.

 

Ho dunque mostrato oggi da due diversi aspetti che negli antichi misteri

la Pasqua veniva sperimentata interiormente

come il risorgere dell’uomo animico-spiritualedal corpo fisico nell’universo spirituale:

non dunque in relazione a una determinata stagione dell’anno,

ma connessa con un dato gradino di sviluppo dell’uomo.

 

In questo modo considerarono il mistero del Golgota quelli fra i contemporanei che possedevano ancora in parte la conoscenza dei misteri. Essi potevano chiedersi che cosa sarebbe diventata l’umanità, se non si fosse compiuto il mistero del Golgota. Infatti nei tempi più antichi era esistita la possibilità di essere iniziati ai misteri del cosmo, dato che allora l’uomo sperimentava in modo naturale la sua seconda nascita, verso il trentesimo anno della sua vita. Più tardi poi c’erano almeno i ricordi, e c’era una scienza, scaturita dalle scuole dei misteri, che aveva conservato nella tradizione ciò che era stato sperimentato in un passato più remoto.

 

Quando poi si compì il mistero del Golgota tutto questo era già andato completamente perduto e dimenticato. L’umanità sarebbe del tutto degenerata, se quella potenza fino alla quale si erano innalzati gli iniziati dei misteri quando diventavano dei «cristofori», non fosse discesa in quell’Uno, in Gesù di Nazaret, in modo da essere poi presente sulla Terra, e in modo che da allora, tramite il Cristo Gesù, l’uomo potesse congiungersi con quella forza.

 

Ecco in qual modo ciò che oggi ci si presenta nella festività della Pasqua si trova connesso con un tratto della storia dei misteri. Per percepire il contenuto della festa di Pasqua, in fondo occorre far rivivere quell’aspetto dell’antica storia dei misteri. Così si potrà almeno accostarsi alle esperienze degli antichi candidati all’iniziazione; lo vedremo nelle considerazioni che seguiranno. Il discepolo poteva dirsi: grazie all’iniziazione ho potuto riconoscere come il Sole e la Luna operino in me, nei loro reciproci rapporti celesti; ora io so che in quanto uomo fisico sono conformato in un certo modo, so come sono conformati i miei occhi, il mio naso, tutta la mia figura corporea, all’interno e all’esterno; so che la forma del mio corpo ha potuto crescere, e ancora cresce, grazie alla nutrizione, e so che tutto questo dipende dalle forze della Luna. Da esse deriva ogni cosa soggetta alla necessità. Il fatto però che entro la mia corporeità io possa muovermi come un essere interiormente libero, che io possa trasformarmi, che io possa per così dire prendermi in mano, questo dipende dalle forze del Sole, dalle forze del Cristo.

 

Queste io debbo risvegliare in me, se voglio elaborare, configurandolo io stesso, quello che altrimenti le forze solari effettuerebbero in me a loro volta per una necessità.

Comprenderemo così che anche oggi si guardi al Sole e alla Luna, per determinare in base alla loro reciproca posizione la data della festività pasquale. Ecco che cosa è sopravvissuto di quelle antiche conoscenze: che si calcoli la data in cui cade la prima domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Si stabilisce appunto che la festa di Pasqua venga celebrata nella domenica che segue il primo plenilunio, accennando in tal modo che la configurazione della festa di Pasqua è qualcosa che deve essere determinato dall’alto, dal cosmo.

Il pensiero della Pasqua deve però venir riconquistato.

Si potrà riconquistarlo solo studiando i misteri antichi. In essi si insegnava come appare l’uomo quando guarda in fondo al proprio essere, scoprendo la «porta dell’uomo»: quando penetra e vive profondamente nel proprio intimo, scoprendo l’uomo interiore dotato della triplice concamerazione, e poi, quando si libera dalla propria corporeità, scoprendo la «porta della morte», quando si muove liberamente nel mondo spirituale, divenendo un «Cristoforo», un portatore del Cristo.

 

I misteri stessi sono regrediti, dal tempo in cui doveva affermarsi il libero sviluppo dell’uomo.

Ora è arrivato il tempo nel quale occorre ritrovare i misteri.

Bisogna proprio acquistare la piena consapevolezza che oggi è necessario predisporsi a riscoprire i misteri.

 

Sul fondamento di questa consapevolezza abbiamo tenuto il nostro recente Convegno di Natale,

poiché è una necessità urgente che sulla Terra esista un luogo

nel quale possano essere nuovamente fondati dei misteri.

La Società Antroposofica dovrà diventare, nel suo sviluppo ulteriore, la via ai rinnovati misteri.

Sarà compito, anche vostro miei cari amici, collaborare con la giusta consapevolezza a tale realizzazione.

 

A questo fine occorre però saper considerare la vita umana secondo le sue tre tappe:

• quella in cui si guarda nell’interiorità dell’uomo,

• quella in cui si tende a penetrarvi,

• e quella in cui la coscienza diventa quale di solito, nella realtà esteriore, è soltanto nella morte.

 

Dalle considerazioni svolte qui oggi, propongo di portar via con noi, come una memoria, le seguenti parole, che vogliamo lasciar agire nell’anima nostra:

Guarda alla porta della nostra vita: parole universali potrai leggervi.

Discendi in fondo all’anima dell’uomo: di un mondo nuovo sentirai l’inizio.

Pensa alla fine terrena dell’uomo: scoprirai dello spirito la svolta.