Il corpo fisico e i Greci

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 09.10.1911


 

Se osserviamo anzitutto il corpo fisico quale esso si presenta alla coscienza umana in momenti decisivi, ci risulta qualcosa di molto singolare.

Osserviamo ora la coscienza di tre popoli diversi, tre forme di coscienza umana, e vediamo quale coscienza essi abbiano avuto appunto in epoche decisive dell’evoluzione dell’umanità, riguardo a tutto ciò che è connesso col nostro corpo fìsico.

Cominciamo con i greci.

 

Sappiamo che i greci sono quel popolo importante che; svolse il periodo giusto della sua evoluzione nel quarto periodo di civiltà postatlantica. Sappiamo che il quarto periodo di civiltà postatlantica inizia per noi a un dipresso col settimo, ottavo e nono secolo prima della nostra èra, e termina nel tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo secolo della nostra èra, cioè dopo l’evento di Palestina. Si può senz’altro avvalorare con facilità quel che è stato appena detto riguardo a questo periodo con le comunicazioni, le tradizioni e i documenti esteriori.

 

Vediamo che le prime notizie appena un po’ chiare sulla Grecia risalgono soltanto al sesto e settimo secolo prima della nostra èra, mentre ci pervengono notizie leggendarie da tempi anche più remoti. Sappiamo però anche che quel che forma la grandezza del periodo storico greco proviene ancora da tempi antecedenti, quando appunto si svolgeva anche in Grecia il terzo periodo di civiltà postatlantica.

 

Così le ispirazioni di Omero risalgono ai tempi che precedettero il quarto periodo postatlantico; ed Eschilo, che visse in tempi così remoti tanto che molte delle sue opere sono andate completamente perdute, ci ricorda i drammi dei misteri di cui egli ci offre solo una eco.

Così il terzo periodo postatlantico estende la sua influenza nel periodo greco, ma il quarto periodo di civiltà postatlantica si esprime completamente nella Grecia. Dobbiamo quindi dire che la mirabile civiltà greca è la più pura espressione del quarto periodo postatlantico.

Un detto mirabile ci risuona dalla Grecia, parole che ci permettono di guardare profondamente nell’anima degli uomini che sentivano completamente nel senso greco. Ci risuonano le parole dell’eroe: « Meglio essere un mendicante sulla terra, che un re nel regno delle ombre! ».

 

Sono parole che rivelano sentimenti profondissimi dell’anima greca. Si potrebbe dire: tutta la bellezza classica e la grandezza classica per il perfezionamento dell’ideale umano nel mondo esteriore che ci sono rimaste dal periodo greco, risuonano in certo modo da quelle parole. Ci fanno riflettere, ricordando i tempi greci, sul mirabile sviluppo del corpo umano nella ginnastica greca, nei grandi giuochi della Grecia, nei giuochi che attualmente, come in caricatura, vengono imitati soltanto da chi non intende affatto che cosa fu veramente la Grecia.

 

Bisogna tener conto che ogni tempo deve avere i propri ideali se si vuol comprendere come quell’educazione del corpo fìsico esteriore, quale si presenta nella sua forma sul piano fìsico, fosse uno speciale privilegio dello spirito greco; e come inoltre l’espressione dell’ideale artistico plastico dell’uomo, l’importanza data alla figura umana esteriore nella scultura, dovesse essere a sua volta un privilegio della Grecia.

 

Se inoltre osserviamo lo sviluppo della coscienza umana, come si manifesta per esempio in un Pericle, con la quale l’uomo tendeva a ciò che è universalmente umano, rimanendo d’altra parte solidamente piantato con i piedi sul terreno e sentendosi signore e re nell’àmbito della sua città, se lasciamo agire su di noi tutto questo, dobbiamo dire che il vero amore era diretto alla forma umana quale si presentava sul piano fisico, e che anche l’estetica era rivolta al perfezionamento di quella forma.

 

Dove era talmente amato e compreso quel che dell’uomo risiede sul piano fisico, ci si poteva abbandonare anche al pensiero: quando ciò che dà all’uomo questa bella forma sul piano fisico viene tolto alla natura umana, il residuo che rimane non può venir apprezzato quanto ciò che ci viene tolto dalla morte! Questo grande amore della forma esteriore conduceva necessariamente a considerare con occhio pessimistico quel che rimane dell’uomo dopo aver varcato la porta della morte.

 

Possiamo quindi comprendere bene l’anima greca se il medesimo occhio, che guardava con tanto amore la forma esteriore, si sentiva triste al pensiero che tale forma venisse tolta all’individualità umana e che essa proseguisse la sua vita senza quella forma. Prendiamo quindi quello che così ci è risultato, per ora solo dal lato del sentimento, e diciamo che in Grecia gli uomini amavano e apprezzavano soprattutto la forma esteriore del corpo fisico e sentivano tutta la tristezza del suo tramonto nella morte.