Il Cristianesimo quale confluenza dei culti di Mithra e di Dioniso

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 04.10.1911


 

Occupandoci profondamente della storia, ci si mostra che una più o meno oscura coscienza di quel fatto esisteva presso i primi cristiani: ciò che altrimenti scorreva nell’anima umana solo attraverso l’appartenenza ai misteri, alla base divina del mondo, e che quale Mithra proveniva dal mondo o quale Dioniso sorgeva dalle profondità dell’anima, si era ora svolto come processo di una divinità cosmica unitaria in un unico fatto anche entro la nostra evoluzione terrestre.

 

Ciò che prima veniva cercato nei misteri e che non poteva venir trovato

senza che l’uomo si estraniasse dalla vita esteriore immergendosi nei misteri,

proprio questo venne incorporato ad un certo momento nella Terra dalla divinità che compenetrava il mondo,

in modo che non era più necessaria alcuna fatica umana,

perché la divinità si era riversata una volta nell’esistenza terrena.

 

Tale riversarsi della divinità nell’esistenza terrena fece sì

che, anche quando gli uomini avevano perduto la possibilità di inoltrarsi verso la base divina del mondo,

essi vi si potessero avvicinare in altro modo.

 

Il Dio che ora poteva penetrare nell’anima umana,

non nel modo di Mithra e neppure in quello di Dioniso,

il Dio che era un confluire di Mithra e di Dionisio

e che in pari tempo era profondamente imparentato con la natura umana,

quello è il Dio che viene afferrato con il nome di Cristo.

 

L’essere che con l’evento di Palestina era penetrato nell’umanità era in pari tempo Mithra e Dioniso,

e il cristianesimo era la riunione dei culti di Mithra e di Dioniso.

 

Il popolo ebraico era stato scelto per fornire il corpo necessario affinché quell’evento potesse realizzarsi.

Il popolo ebraico aveva imparato a conoscere sia il culto di Mithra, sia anche il servizio di Dioniso,

ma era rimasto lontano da entrambi i culti.

 

L’appartenente al popolo ebraico non sentiva come il greco, che diceva: « Quale io sono, sono un uomo debole

che deve sviluppare profonde forze se vuole penetrare nelle profondità della sua anima ».

Né sentiva come il discepolo di Mithra che si diceva: « Devo far agire su di me tutta l’aria che mi circonda

affinché le più profonde caratteristiche divine del mondo si uniscano a me ».

• L’ebreo si diceva invece: « Ciò che determina la profonda natura umana, e che è nascosto in essa,

era un tempo nel primo uomo ». Il popolo ebraico lo chiamava Adamo.

 

Secondo la concezione ebraica in Adamo esisteva in origine ciò che l’uomo può cercare per unirsi con la divinità.

Ma nel corso dell’evoluzione, mentre l’umanità si evolveva attraverso generazioni e generazioni,

gli uomini si sono sempre più allontanati dalle sorgenti dell’esistenza, a seguito degli effetti ereditari del sangue.

L’antico popolo ebraico diceva « essere soggetto al peccato originale » il fatto che l’uomo fosse divenuto diverso,

che non fosse rimasto come era quando venne staccato dalla sfera della divinità.

 

L’appartenente all’antico popolo ebraico sentiva quindi se stesso

posto più in basso rispetto al primo uomo, ad Adamo, e ne cercava la causa nel peccato originale.

Questa è per lui la ragione per la quale l’uomo è inferiore a quanto vive nelle profondità della natura umana.

Se può unirsi con le più profonde forze della natura umana,

egli è in tal modo legato con le forze attraverso le quali egli può risollevarsi.

 

L’appartenente all’antico popolo ebraico sentiva cioè che prima egli si trovava più in alto,

e che a causa delle proprietà legate al sangue egli aveva perduto qualcosa, e ora si trovava di conseguenza più in basso.

In questo modo chi professava l’antico ebraismo si poneva in un punto di osservazione storico.

 

Quello che il seguace dei misteri di Mithra vedeva nell’umanità tutta,

il seguace dell’ebraismo lo vedeva in tutto il suo popolo

del quale egli era cosciente che avesse perduto il legame con la sua origine.

Mentre cioè presso i persiani esisteva una specie di disciplina della coscienza,

presso l’antico popolo ebraico troviamo la coscienza di un’evoluzione storica:

Adamo era originariamente caduto in peccato, era disceso dalle altezze alle quali si trovava.

 

Di conseguenza questo popolo era il meglio preparato per il pensiero:

ciò che è avvenuto nel momento iniziale dell’evoluzione dell’umanità

e che ha portato a un peggioramento dell’umanità stessa,

può essere rimediato soltanto attraverso un evento storico

(il che realmente avviene, avviene nei sostrati spirituali dell’esistenza della Terra).

 

Il seguace dell’ebraismo, se aveva compreso giustamente il senso dell’evoluzione cosmica,

era così preparato a riconoscere che il Dio, fosse il Dio Mithra

o anche il Dio che doveva venir tratto dalle profondità dell’anima umana, poteva discendere sulla terra,

senza che l’uomo attraversasse un’evoluzione nei misteri.

 

Vediamo così come nell’àmbito dell’antico popolo ebraico, e per primo in Giovanni Battista, nasca la coscienza del fatto che in un uomo sarebbe nata contemporaneamente la stessa cosa che avevano trasmesso i misteri di Dioniso e di Mithra.

Quelli poi che afferravano quell’evento in un senso più profondo si dicevano che come attraverso Adamo si era avuta la discesa dell’uomo nel mondo, come gli uomini discendono da un progenitore il quale ha lasciato loro in eredità le forze profonde che conducono al peccato e all’errore, così, attraverso Uno, che discenda dai mondi spirituali come unificazione di Mithra e Dioniso, doveva venir creato il punto di partenza al quale gli uomini potessero guardare se dovevano di nuovo elevarsi.

 

Mentre dunque i misteri, mediante la liberazione di profonde forze animiche

oppure guardando verso il cosmo, sviluppavano la natura umana,

gli uomini appartenenti al popolo ebraico vedevano, nel Dio che era disceso fino sul piano storico come entità storica,

ciò a cui l’anima deve guardare, verso cui deve sviluppare il più profondo amore, a cui deve credere;

vedevano ciò che può ricondurre l’anima, se guarda a quel grande modello, al punto da cui ha preso le mosse.

 

Il più profondo conoscitore di questo cristianesimo fu Paolo il quale riconobbe che l’uomo, come si riferisce ad Adamo per la sua origine corporea, attraverso l’impulso del Cristo può riferirsi al Cristo stesso come al suo grande modello; Paolo riconobbe pure che guardando il Cristo poteva venir raggiunto ciò cui si tendeva nei misteri e che deve nascere se l’uomo vuol conoscere la sua natura originaria.

Venne così presentato quel che nei misteri era rinchiuso nelle profondità dei templi, quel che l’uomo poteva raggiungere soltanto mediante un impegno ascetico; e venne presentato non mediante documenti esteriori, ma anche per colui che vede le più profonde basi spirituali e può quindi riconoscere ciò che è avvenuto non solo come un fatto esteriore ma come un fatto mistico, il fatto cioè che l’entità divina che compenetra il mondo sia apparsa in una singola figura umana. Così doveva essere pensato il fenomeno.

 

Ora doveva venir raggiunto mediante il Cristo ciò che i discepoli dei misteri di Mithra raggiungevano guardando i massimi esempi. I discepoli di Mithra conseguivano il coraggio, la padronanza di sé, la forza per l’azione; le stesse cose dovevano conseguire da ora in poi quelli che adesso non potevano più venir iniziati nel senso degli antichi misteri di Mithra; guardando al grande esempio del Cristo storico doveva ora venir dato all’anima ciò che portava allo stesso coraggio.

Come nei misteri di Mithra in un certo senso veniva generato l’intero universo nell’anima del discepolo, e l’anima si infiammava piena di coraggio con tutte le forze interiori tese all’azione, così nel battesimo di Giovanni si è infuso dall’alto qualcosa di cui la natura umana può diventare portatrice.

 

Se poi ci si compenetra del pensiero che la natura umana è capace di accogliere le più profonde leggi del cosmo, di fronte al battesimo di Giovanni si comprende che nella natura umana può nascere il dio Mithra.

Avvenne però anche che i discepoli dei misteri, quelli che avevano compreso il significato originario del cristianesimo, riconobbero che era giunta la fine degli antichi misteri. Il Dio che altrimenti penetrava nei sacri misteri, per il quale le singole anime dei discepoli fornivano l’accesso, era penetrato una volta per tutte nell’esistenza terrena attraverso la personalità che è all’inizio della nostra èra.

 

Questo è anche il senso della concezione di Paolo, che cioè da allora quell’entità non fosse più raggiungibile nel senso antico, come Mithra. Il dio nel senso antico era scomparso, e viveva ora nella natura di quel singolo uomo. Era disceso mediante un evento naturale. Quelli che comprendevano l’inizio del cristianesimo dovevano così in pari tempo ammettere la fine del culto di Mithra, la scomparsa della divinità esteriore dei misteri di Mithra entro la natura umana.

E com’è la situazione per i misteri greci, per i misteri di Dioniso?

 

Osservando con sguardo umano Gesù di Nazareth, nel quale visse Mithra e che poi è passato attraverso la morte, veniva fatto rilevare che con la morte di Gesù di Nazareth era morto lo stesso Mithra, il dio che dava alle anime coraggio, forza per l’azione, dominio su se stessi, se le anime si legavano a lui. Nella morte di Gesù, del Cristo, si doveva vedere quasi per definizione la morte di Mithra. Veniva poi osservato anche un altro fatto: in quanto il dio Mithra è scomparso in Gesù di Nazareth, e proprio perché è scomparso, anche ciò che l’uomo trova nella più profonda interiorità della natura, ciò che prima raggiungeva mediante i misteri di Dioniso, nell’unico Gesù di Nazareth è diventato immortale vincitore della morte.

 

• Questo è il significato della risurrezione nel vero senso cristiano, quando la si comprende con la scienza dello spirito. Considerando il battesimo di Giovanni nel Giordano si sapeva chiaramente che l’antico Mithra era penetrato nell’uomo una volta per tutte. E per il fatto che la natura umana aveva conseguito la vittoria sulla morte, aveva creato un esempio con il quale l’anima poteva legarsi con il più profondo amore al fine di pervenire a ciò che veramente vive nelle profondità dell’anima stessa e che i greci cercavano in Dioniso.

 

Nel Cristo risorto doveva esser visto il fatto

che l’uomo, sperimentando quell’unico evento storico, giunge a elevarsi al di sopra dell’umanità comune.

Nel punto centrale della storia universale venne così posto un evento storico

in luogo di ciò che innumerevoli volte era stato cercato nei misteri.

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Se guardiamo negli antichi misteri, abbiamo la possibilità di scoprire che cosa i discepoli dovessero fare per giungere al Dio in un modo o nell’altro. Si possono chiamare processi animici interiori ciò che essi sperimentavano. L’anima doveva sperimentare determinate cose.

Così, per esempio, dopo aver superato il primo gradino, dopo essersi approfondita in se stessa, doveva sperimentare le sensazioni e i sentimenti interiori in modo che essi divenissero più vivaci e intensi di quanto non lo siano di solito nell’uomo. L’uomo diveniva così anche conscio di quanto egli sia impigliato in una natura inferiore che gli impedisce di pervenire alle fonti dell’esistenza.

 

In altre parole soltanto così l’uomo diveniva conscio di come la natura inferiore fosse una seduttrice per l’uomo che tende verso l’alto, conscio che quanto ha portato giù l’uomo dai primordi della esistenza è divenuta la sua propria natura inferiore. Questa era la tentazione che si presentava ai discepoli dei misteri. Nel momento in cui il dio si risvegliava, il discepolo si accorgeva di che consista nell’uomo la natura inferiore delle brame; egli sapeva che qualcosa di simile a un’entità estranea gli diceva di non seguire le altezze mobili ed aeree del mondo spirituale, ma di seguire le solide cose materiali che gli erano vicine. Tutti dovevano attraversare questa esperienza; a ognuno appariva come di fronte al solito mondo sensibile fosse irreale quello spirituale, come tutto ciò che è sensibile fosse seducente in confronto alle aspirazioni spirituali.

 

Su di un altro gradino nell’evoluzione dei misteri ci si mostra come il discepolo superasse quelle forze seduttrici, come pervenisse ad un gradino superiore mediante lo sviluppo delle sue forze rinvigorite quali il coraggio, l’intrepidezza e così via. Tutto ciò veniva avvolto per il discepolo dei misteri in determinate prescrizioni e può ancora riecheggiare tanto in quello che dissero gli scrittori non iniziati, quanto anche nei metodi iniziatici, quali possono venir dati dalla scienza dello spirito e quali sono anche descritti nel mio libro: La scienza occulta. Vi erano così diversi metodi: quelli dei misteri greci e quelli dei misteri di Mithra. Alla fine il discepolo sperimentava l’unione con ciò che era l’uomo divino. I metodi erano comunque differenti, e si può rilevare che nei paesi più diversi esistevano le più diverse prescrizioni per l’iniziazione.

 

Ecco quello che volevo mostrare nel mio libro II cristianesimo quale fatto mistico, che cioè nei Vangeli ci si presenta soprattutto un rinnovamento delle antiche prescrizioni iniziatiche, ci si presenta ciò che i discepoli dovevano fare al fine di pervenire all’unione con la divinità. Quel che esteriormente è avvenuto è simile ai processi che si svolgevano nei misteri. Così l’entità divina che viveva in Gesù di Nazareth doveva per esempio sperimentare la tentazione, dopo che era discesa in lei l’entità di Mithra. Come ai discepoli dei misteri il tentatore si presentava in piccolo, così di fronte al Dio che diviene uomo si presenta del pari il tentatore. Ciò che era vero nei misteri si trova ridato nei Vangeli.