Il Cristo – compimento e modello della nuova iniziazione

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 07.09.1910


 

Che cosa è dunque avvenuto grazie all’evento del Cristo?

E’ avvenuto da un lato che l’entità Cristo stessa discendesse nel corpo fisico e nel corpo eterico. E in quanto il corpo fisico e il corpo eterico di un essere umano hanno potuto essere santificati al punto da accogliere l’entità Cristo (e questo avvenne una sola volta), è stato dato all’umanità l’impulso perché ogni uomo che vi aspiri possa liberamente sperimentare una tale discesa nel corpo fisico e nell’eterico. A questo fine l’entità Cristo dovette discendere sulla Terra e compiere qualcosa che non era mai prima stato compiuto, che mai prima era avvenuto.

 

Infatti negli antichi misteri veniva attuato, con l’aiuto degli assistenti, qualcosa di ben diverso. Negli antichi misteri l’uomo poteva discendere entro i segreti del corpo fisico e dell’eterico, e poteva ascendere ai segreti del macrocosmo, ma soltanto se non si trovava veramente nel suo corpo fisico. Poteva sì penetrare nei segreti del corpo fisico, ma non mentre vi stava dentro: doveva per così dire liberarsi interamente del suo corpo. E quando vi rientrava, egli era sì in grado di ricordarsi delle esperienze fatte nei mondi spirituali, ma non poteva trasferirle entro il corpo fisico. Si trattava di un ricordo, non del trasferimento di quelle esperienze nel corpo fisico.

Per effetto dell’evento del Cristo, questo stato di cose dovette trasformarsi radicalmente.

 

Prima dell’evento del Cristo

semplicemente non erano mai esistiti un corpo fisico e un corpo eterico

che avessero sperimentato la penetrazione dell’io nell’interiorità umana totale, fin entro la corporeità fisico-eterica.

Questo avvenne per la prima volta col Cristo.

 

Da lì prese le mosse anche l’altro influsso: quello di un’entità certo infinitamente superiore agli uomini,

ma pur sempre congiunta con la natura umana, che si effuse nel macrocosmo senza aiuti estranei,

in virtù del proprio io. Ciò fu attuabile soltanto ad opera del Cristo.

 

Solo grazie al Cristo è ora possibile che l’uomo acquisti la facoltà di penetrare a poco a poco in piena libertà nel macrocosmo. Queste sono le due colonne fondamentali che ci si presentano sia nel vangelo di Luca, sia in quello di Matteo. E in che modo ci si presentano?

 

Abbiamo veduto che Zaratustra nel secondo periodo postatlantico era stato un grande maestro nell’Asia; che più tardi s’incarnò come Zarathas o Nazarathos; e che, con la medesima individualità, s’incarnò infine nel bambino Gesù del vangelo di Matteo, discendente da Davide per la linea salomonica. Abbiamo veduto che l’individualità di Zaratustra elaborò per dodici anni in questo bambino (cioè in se stesso) tutte le facoltà che era possibile elaborare con gli strumenti del corpo fisico e del corpo eterico di un discendente di Salomone. Egli disponeva di quelle facoltà solo per il fatto di essere vissuto per dodici anni in quel corpo fisico e in quel corpo eterico; le facoltà umane infatti si conseguono elaborandole con adeguati strumenti.

 

L’individualità di Zaratustra abbandonò poi questo bambino Gesù per passare nell’altro, descritto dal vangelo di Luca, cioè in quello che discende dalla linea natanica della casa di Davide e che fu educato a Nazaret vicino all’altro bambino Gesù. Zaratustra si trasferì nel Gesù natanico come ce lo descrive il vangelo di Luca: cioè proprio nel momento in cui il fanciullo viene ritrovato dai genitori nel tempio di Gerusalemme, dopo che lo avevano smarrito durante la festa. Mentre poi il fanciullo Gesù salomonico morì presto,

 

Zaratustra visse nel Gesù del vangelo di Luca fino all’età di trent’anni.

• Durante quel periodo egli acquisì tutte le facoltà che potè acquistare grazie agli strumenti di cui disponeva;

portava infatti in sé quanto gli proveniva dal corpo fisico e dall’eterico del fanciullo salomonico,

che erano stati preparati nel modo che abbiamo descritto, e possedeva inoltre quanto gli fu dato di acquistare

mediante un corpo astrale e un portatore dell’io come quelli del Gesù di Luca.

 

Zaratustra dimorò dunque nel corpo del Gesù di Luca fino al trentesimo anno; e con tutte le qualità che aveva potuto sviluppare giunse a un tal punto di perfezione da poter ormai compiere il suo terzo sacrificio: il sacrificio del corpo fisico che per tre anni diventa ora il corpo fisico del Cristo.

 

Così l’individualità di Zaratustra, che in tempi remoti aveva sacrificato a Ermete e a Mosè

il proprio corpo astrale e il proprio corpo eterico, sacrifica ora il proprio corpo fisico.

• Essa abbandona cioè questo involucro, con il corpo eterico e quello astrale che vi sono contenuti.

• E quella corporeità, che fino allora era stata riempita dall’individualità di Zaratustra,

viene ora abitata da un essere di natura assolutamente ineguagliabile,

fonte di ogni saggezza per i grandi maestri: viene abitato dal Cristo.

 

Questo evento, che ci viene accennato nel battesimo operato da Giovanni nel Giordano e che descriveremo più esattamente, è di importanza capitale, come ci indicano le parole del vangelo di Matteo (3,17): tu sei il mio figlio dilettissimo, in cui vedo me stesso, in cui mi si presenta il mio proprio io. Così andrebbe a un dipresso tradotto questo passo, e non superficialmente con le parole: «… nel quale mi sono compiaciuto».

In altri passi del Nuovo Testamento si trovano le parole: «Tu sei il mio figliolo, oggi ti ho generato» (Atti 13,33; Epist. di Paolo agli Ebrei 1,5 e 5,5): qui ci viene chiaramente indicato che si tratta di una nascita, cioè della nascita del Cristo entro l’involucro che Zaratustra aveva prima preparato e poi sacrificato.

 

• Nel momento del battesimo da parte di Giovanni

l’entità Cristo penetra nell’involucro umano preparato da Zaratustra.

• Si tratta qui di una rinascita di quei tre involucri,

in quanto essi vengono compenetrati dalla sostanzialità del Cristo.

Il battesimo giovanneo è una rinascita degli involucri elaborati da Zaratustra,

e significa la nascita del Cristo sulla Terra.

 

Da quel momento il Cristo è presente in un corpo umano, e precisamente in un corpo umano preparato in modo speciale, ma pur sempre un corpo umano come quello che, sia pure di grado meno perfetto, posseggono gli altri uomini.

 

Il Cristo, l’individualità più alta che possa congiungersi con la Terra, è ora presente in involucri corporei umani.

• E mediante la sua vita

il Cristo ha da presentare agli uomini l’azione più grande, cioè la piena iniziazione,

egli ne dovrà vivere come modello entrambi gli aspetti:

• la discesa nel corpo fisico e nel corpo eterico, da un lato,     • e dall’altro l’ascesa al macrocosmo.

Difatti il Cristo li presentò entrambi, come un modello, all’umanità.

 

Quegli eventi però ci si dovranno presentare nella sua vita in modo conforme alla natura del Cristo: così nella discesa entro i corpi fisico ed eterico il Cristo risulterà invulnerabile a tutte le tentazioni o le respingerà; così pure non avranno presa su di lui i pericoli che si presentano all’uomo, quanto penetra nel macrocosmo.

 

• Nel vangelo di Matteo ci viene descritto come l’entità Cristo discenda nel corpo fisico e nell’eterico:

la storia della tentazione ne è appunto la descrizione (Matteo 4,1-11).

 

Vedremo più avanti che la scena della tentazione riproduce in ogni particolare le esperienze che si fanno in genere, quando si discende, mediante l’iniziazione, nel corpo fisico e nell’eterico. In quella scena viene presentato come un archetipo la penetrazione del Cristo in un corpo fisico e in un corpo eterico umano, la sua concentrazione nell’egoità umana; o come se si dicesse: tutto questo è possibile, tutto questo vi può accadere!

Se vi ricorderete del Cristo, se diverrete simili al Cristo, troverete la forza di far fronte a tali esperienze, di superare tutte le difficoltà che provengono dal corpo fisico e dall’eterico.

 

Quella della tentazione è dunque la prima scena significativa nel vangelo di Matteo.

Essa rappresenta il primo degli aspetti dell’iniziazione, cioè la discesa nei corpi fisico ed eterico.

L’altro aspetto dell’iniziazione, l’effondersi nel macrocosmo, è descritto anch’esso,

e precisamente ci viene mostrato come il Cristo intraprenda questa effusione nel macrocosmo

con la natura umana tutta intera.

 

A questo punto si presenta un’obiezione possibile; ne riparleremo più diffusamente nelle prossime conferenze, ma qui vorrei almeno accennarne i punti principali. Si potrebbe obiettare: ma se il Cristo era veramente un’entità talmente elevata, perché dovette passare per tutte quelle prove, perché discese in un corpo fisico e in un corpo eterico, perché dovette, come un uomo qualunque, effondersi nel macrocosmo?

 

Non lo ha fatto per se stesso; ha dovuto farlo per gli uomini. Nelle sfere superiori, con le sostanzialità delle sfere superiori, entità affini al Cristo potevano compierlo. In un corpo fisico ed eterico umani ciò non era ancora mai stato compiuto; nessun corpo umano era stato prima compenetrato dall’entità del Cristo. Sostanza divina si era già effusa nello spazio cosmico, ma mai prima vi si era effuso ciò che vive nell’uomo. Solo un Cristo era in grado di portarlo con sé ed effonderlo nello spazio. Ciò doveva avvenire per la prima volta per opera di un essere divino entro la natura umana.

 

Anche l’altro aspetto dell’iniziazione ci viene descritto nel vangelo di Matteo, come una specie di secondo pilastro fondamentale. Esso ci mostra che la seconda forma dell’iniziazione, l’ascesa al macrocosmo, l’unione col Sole e con le stelle, è stata compiuta veramente dal Cristo con la natura umana.

Egli fu dapprima unto, come ogni altro uomo, perché fosse purificato, perché divenisse invulnerabile a quanto poteva accostarglisi dal mondo fisico. Vediamo qui che l’unzione che rappresenta un rito degli antichi misteri ci si presenta ad un grado superiore, sul piano storico, mentre prima si trattava di un’unzione mistica (Matteo 26,6-13).

 

Nella cena di Pasqua il Cristo esprime questo effondersi nell’universo; esprime non solo l’esser chiuso in se stesso, ma l’essere effuso nel mondo intero; ciò avviene quando spiega ai discepoli che egli si sente uno con quanto sulla Terra si manifesta come solido. A questo alludono le parole: io sono il pane. Altrettanto vale per quanto sulla Terra è liquido (Matteo 26,17-30).

Nell’ultima cena si allude a questa cosciente penetrazione nel macrocosmo, che è il corrispettivo dell’inconscia penetrazione che l’uomo compie nel sonno. E il senso di abbagliamento da cui l’iniziando è colto quando si effonde nel macrocosmo si esprime nelle grandiose parole: l’anima mia è afflitta fino alla morte (Matteo 26,38). Il Cristo Gesù sperimenta realmente ciò che nell’iniziazione si sperimentava come un annientamento, come una paralisi, come un abbagliamento.

 

Nell’orto di Getsemani il Cristo sperimenta qualcosa che si può definire così:

il corpo fisico abbandonato dall’anima manifesta il suo stato di paura.

• Quanto il Cristo sperimenta in quel momento

rappresenta l’effondersi dell’anima nell’universo e l’abbandono del corpo (Matteo 26,36-46).

• Tutto ciò che segue descrive effettivamente l’ascesa al macrocosmo:

la crocifissione, la sepoltura e tutto quanto veniva di solito compiuto misticamente nei misteri,

costituisce l’altro pilastro del vangelo di Matteo, ossia l’ascesa al macrocosmo.

 

Il vangelo di Matteo ci esprime chiaramente tutto ciò, indicandoci che fino a quel momento il Cristo Gesù era vissuto nel corpo fisico che fu poi appeso alla croce. Egli era concentrato in quel punto dello spazio, ma adesso si espande per tutto il cosmo. Chi avesse dovuto cercarlo ora, non lo avrebbe veduto in quel corpo fisico, ma avrebbe dovuto cercarlo chiaroveggentemente nello spirito che compenetra gli spazi.

Il Cristo compì realmente ciò che prima veniva compiuto, ma con aiuto estraneo, nei tre giorni e mezzo dell’iniziazione: egli compì ciò che gli venne aspramente rimproverato, poiché aveva annunciato che avrebbe riedificato in tre giorni il tempio di Dio, cioè il suo corpo (Matt. 26,61), alludendo così chiaramente all’antica iniziazione nel macrocosmo che veniva compiuta in tre giorni e mezzo.

Ma poi egli afferma anche che da quel momento in avanti non si sarebbe più dovuto cercarlo entro il corpo fisico, ma nello spirito che pervade gli spazi universali. Questo pensiero risulta evidente perfino nelle mediocri traduzioni moderne: «… fra poco dovrete cercare l’Essere, che è nato dall’evoluzione dell’umanità, alla destra della potenza, ed esso vi apparirà dalle nuvole» (Matt. 26,64). È là che dovrete cercare il Cristo, effuso nell’universo, come l’archetipo della grande iniziazione che l’uomo sperimenta quando abbandona il corpo e si espande vivente nel macrocosmo.

 

In tal modo ci vengono presentati l’inizio e la fine della effettiva vita del Cristo:

• l’inizio ha luogo con la nascita del Cristo, nel corpo che ricevette il battesimo operato da Giovanni.

In quel momento essa cominciò, raffigurando uno dei due aspetti dell’iniziazione,

cioè la discesa nel corpo fisico e nel corpo eterico.

 

• Essa si conchiude poi con l’altro aspetto dell’iniziazione,

cioè con l’effusione nel macrocosmo che comincia con l’ultima cena,

proseguendo con la descrizione della flagellazione, dell’incoronazione di spine, della crocifissione e della resurrezione.

 

Sono questi i due estremi fra i quali stanno racchiusi gli eventi narrati dal vangelo di Matteo.