Il destino dell’anima dopo la morte

O.O. 9 – Teosofia (II – L’anima nel mondo animico dopo la morte)


 

Dopo la morte solo i processi fisici del corpo possono essere osservati con i sensi fisici.

 

Ciò che accade dell’anima e dello spirito si sottrae invece ai sensi

poiché, anche durante la vita, l’anima e lo spirito possono essere osservati attraverso i sensi

solo in quanto si manifestano esteriormente nei processi fisici.

 

Dopo la morte una tale manifestazione non è più possibile.

 

• Perciò l’osservazione dei sensi fisici e della scienza che poggia su di essi

non vale per il destino dell’anima e dello spirito dopo la morte.

• Qui entra in campo una conoscenza superiore

fondata sull’osservazione dei processi del mondo animico e di quello spirituale.

 

Quando lo spirito si è sciolto dal corpo, resta ancora unito con l’anima.

• Come durante la vita fisica il corpo lo ha incatenato al mondo fisico,

• così ora l’anima lo incatena a quello animico.

 

Ma nel mondo animico non sta il vero essere originario dello spirito.

Il mondo animico deve soltanto congiungerlo col campo della sua attività,col mondo fisico.

 

• Per comparire in figura più perfetta in una nuova incarnazione,

lo spirito deve trarre vigore e forza dal mondo spirituale.

• L’anima l’ha però impigliato nel mondo fisico.

 

Lo spirito è vincolato a un’anima impregnata e tint

a della natura del mondo fisico,

e ha quindi ricevuto anch’esso questa direzione.

 

Dopo la morte

l’anima non è più congiunta col corpo, ma lo è solo con lo spirito: vive ormai in un ambiente animico.

Le sole forze di quel mondo possono quindi ancora agire su di lei.

 

• Alla vita dell’anima nel mondo animico è anzitutto vincolato anche lo spirito.

• È vincolato ad essa come lo è al corpo durante l’incarnazione fisica.

• Il momento della morte del corpo è determinato dalle leggi di questo.

 

In generale si può dire: non l’anima e lo spirito abbandonano il corpo,

il corpo viene piuttosto dimesso da anima e spirito

quando le sue forze non possono più operare nel senso dell’organizzazione umana.

Tale è anche il nesso tra anima e spirito.

 

L’anima lascerà andare lo spirito nel superiore mondo spirituale,

quando le sue forze non potranno più agire nel senso dell’organizzazione animica umana.

Lo spirito sarà liberato 

nell’istante in cui l’anima avrà abbandonato al dissolvimento

quel che essa può sperimentare soltanto entro il corpo,

conservando soltanto quel che può continuare a vivere con lo spirito.

 

La parte così conservata, che è sì stata sperimentata nel corpo,

ma che può venir impressa come frutto nell’elemento spirituale,

unisce l’anima allo spirito nel mondo puramente spirituale.

 

Il destino dell’anima dopo la morte

• Per conoscere il destino dell’anima dopo la morte,

bisogna dunque osservare il processo del suo dissolvimento.

• Essa aveva il compito di dare allo spirito la direzione verso il mondo fisico.

• Dal momento in cui ha assolto tale ufficio, prende la direzione verso il mondo spirituale.

 

Data questa natura del suo compito, l’anima dovrebbe in realtà essere attiva soltanto spiritualmente,

non appena il corpo si separa da lei, non appena essa non può più servire da anello di congiunzione.

Ciò accadrebbe infatti se, durante la vita nel corpo,

essa non ne fosse stata influenzata, e nelle sue inclinazioni non fosse stata attratta dal corpo.

 

Senza questa colorazione che aveva ricevuto dall’unione con la corporeità,

subito dopo il distacco dal corpo l’anima seguirebbe le sole leggi del mondo animico-spirituale,

e non svilupperebbe alcuna ulteriore tendenza verso il mondo sensibile.

 

Questo accadrebbe se, con la morte, l’uomo avesse perduto ogni interesse terreno,

se fossero soddisfatte tutte le sue brame, tutti i desideri connessi con l’esistenza che ha abbandonato.

Poiché così non è, i desideri che ancora sopravvivono, restano legati all’anima.

 

Ad evitare confusioni, occorre qui distinguere con cura

• tra le cose che incatenano l’uomo al mondo

in modo da poter esser compensate anche in una successiva incarnazione,

• e quelle che lo incatenano a una determinata vita e precisamente ogni volta all’ultima.

• Le prime vengono pareggiate dalla legge del destino, dal karma:

• le altre possono invece venir rimosse dall’anima soltanto dopo la morte.

 

Alla morte segue per lo spirito umano un periodo

in cui l’anima si libera delle sue inclinazioni verso l’esistenza fisica,

per tornare a seguire le sole leggi del mondo animico-spirituale e liberare così lo spirito.

• È naturale che questo periodo sia tanto più lungo quanto più l’anima sarà stata legata al mondo fisico.

 

Sarà breve per chi fu poco legato alla vita fisica;

lungo invece per chi vi legò tutti i suoi interessi;

in tal modo, al momento della morte, nella sua anima vivono ancora molte brame e molti desideri.

 

Una riflessione gioverà a farsi un’idea della condizione in cui l’anima viene a trovarsi nel primo periodo dopo la morte.

Allo scopo si prenda un esempio alquanto grossolano:

i piaceri di un buongustaio, il quale gode delle solleticazioni che i cibi producono al suo palato.

 

Il piacere non è naturalmente qualcosa di corporeo, ma di animico.

Nell’anima vivono il godimento e anche la brama di esso.

• Al soddisfacimento della brama sono però necessari gli organi corporei corrispondenti, cioè il palato, e così via.

 

Dopo la morte l’anima non è subito liberata dalla brama, ma non ha più l’organo corporeo che è il mezzo per soddisfarla. Per ragioni diverse, ma con effetti analoghi benché molto più forti, è come chi soffre di una sete ardente in una zona senz’acqua. L’anima soffre ardentemente per la mancanza del piacere, per aver deposto l’organo corporeo che le permetteva di goderlo. Così è di tutto ciò verso cui l’anima aspira e che può venir soddisfatto soltanto dagli organi corporei.

 

• Questa condizione (privazione ardente) dura finchè l’anima non abbia imparato

a non bramare più nulla di quanto può essere appagato soltanto dal corpo.

• Il tempo che viene trascorso in questa condizione può chiamarsi

regione delle brame, benché naturalmente non si tratti di una “regione”.

Quando l’anima entra dopo la morte nel mondo animico, soggiace alle sue leggi.

 

Esse agiscono su di lei, e dalla loro azione dipende il modo in cui sarà cancellata la tendenza verso il mondo fisico.

Gli effetti dovranno essere diversi secondo le specie delle sostanze e delle forze animiche nel cui dominio l’anima ormai si trova.

Ognuna delle specie esplicherà la sua azione purificatrice.

 

Il processo che ora avviene consiste nel graduale trionfo delle forze di simpatia sopra tutte le antipatie dell’anima, e nell’intensificarsi della simpatia fino al più alto grado.

Infatti l’anima si unificherà, per effetto del massimo grado di simpatia, con la sostanza di tutto il restante mondo animico, si effonderà per così dire in esso; allora il suo egoismo sarà tutto esaurito.

 

L’anima cessa di esistere come entità rivolta all’esistenza fisico-sensibile: lo spirito è da essa liberato.

L’anima si purifica dunque attraverso le regioni animiche descritte, finché nella zona della perfetta simpatia si unifica con l’insieme del mondo animico.

Che fino all’ultimo momento della liberazione dell’anima lo spirito le sia legato, è perché attraverso la vita le si è strettamente imparentato.

 

Questa sua parentela con l’anima è assai maggiore di quella col corpo, poiché a quest’ultimo lo spirito è congiunto solo indirettamente, attraverso l’anima, mentre con l’anima è unito direttamente. Essa è la sua vita.

 

Perciò lo spirito non è legato al corpo in via di decomposizione,

ma all’anima che va a poco a poco liberandosi.

A causa dell’unione diretta con l’anima,

lo spirito può sentirsene libero solo quando essa si è fusa con l’insieme del mondo animico.