Il germe animico per una prossima vita

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 08.04.1914


 

La scienza dello spirito condurrà gli uomini a riconoscere

che siamo noi stessi a vivere all’interno delle nostre rappresentazioni

e a preparare col nostro essere più profondo il corpo,

affinché esso diventi una struttura che riflette, che rispecchia.

 

• Nel momento in cui le nostre rappresentazioni diventano immagini mnemoniche,

deve però avvenire qualcosa di diverso.

• Affinché le rappresentazioni non ci passino dinanzi come sogni,

ma possano diventare ricordo, noi dobbiamo impiegare dell’attenzione.

 

Su tutto ciò che deve diventare ricordo, che deve rimanere nell’anima,

noi dobbiamo concentrarci più a lungo che non su una semplice immagine rappresentativa.

Un’immagine di colore non ci rimarrebbe nella memoria se la guardassimo solo di sfuggita.

Se la guardiamo un po’ più a lungo facciamo appello alla forza che la conserva come memoria nella nostra anima.

 

Spingiamo l’attività dell’anima in una più profonda sfera animica.

 

Essa si presenta all’indagine spirituale come un sottile corpo eterico;

nell’indagine spirituale lo si designa con l’espressione «eterico»,

che per altro non ha il significato di solito attribuitogli nella chimica;

si presenta appunto come un corpo eterico ed è già di natura spirituale.

 

La nostra anima non agisce però solo creando le immagini mnemoniche;

nella vita fra nascita e morte essa lavora ancora molto di più su se stessa.

 

• In proposito l’indagine spirituale scopre il fatto notevole che i nostri ricordi rimangono rappresentazioni

solo perché vengono trattenuti dal corpo eterico e non lasciati entrare nel corpo fìsico.

 

• Se fossero fatti entrare e diventassero attività,

essi si trasformerebbero in forze vitali del corpo fisico e lo organizzerebbero;

facendo in modo che le nostre rappresentazioni rimangano tali,

le conserviamo col loro carattere di rappresentazioni.

 

Esse possono rimanere ricordi, ma anche nella vita

l’anima sviluppa forze molto più forti di quelle che sviluppano i ricordi,

forze che in un primo tempo vengono comunque conservate nell’anima

e che, come una «supermemoria», rimangono dietro al tesoro usuale dei ricordi.

Esse sono in noi.

 

• Questo sperimenta l’indagatore dello spirito guardando attraverso la memoria al tesoro della «supermemoria», e sa allora che nella sua anima vive qualcosa che non può agire nel corpo fisico, che non può diventare attivo nel suo corpo fisico, quando egli si trova fra nascita e morte. È qualcosa che non rimane rappresentazione, ma che neppure diventa forza organica attiva.

 

L’indagatore dello spirito sperimenta tutto ciò mentre è al di fuori del suo corpo.

Contemporaneamente egli sperimenta dell’altro che può esprimere dicendo di sperimentare qualcosa nella sua anima, qualcosa che è in essa ma che in certo senso non trova impiego perché non può entrare nel corpo che è costruito dalla nascita, o diciamo dalla concezione.

 

Approfondendosi in quel che ora ho accennato, l’indagatore dello spirito sperimenta qualcosa che egli può riconoscere, come si riconosce il germe di una pianta. Essa si sviluppa fino al frutto in cui vi è il seme. Il seme come tale non ha significato alcuno per la pianta; non può inviare le sue forze in quella pianta, eppure vi è inserito, è il germe per la pianta dell’anno successivo.

 

Mentre dunque l’indagatore dello spirito si immerge, egli penetra in qualcosa che in lui è un germe animico,

che viene formato fra nascita e morte, ma che non può sviluppare le sue forze in questa vita.

 

Esso è immerso e si trova nella sua anima per una prossima vita,

come nel frutto vegetale vi è già il germe per la prossima pianta

che non potrebbe svilupparsi senza quella precedente.

 

Si giunge così all’idea delle ripetute vite terrene, sapendosi in tal modo immergere nella sfera spirituale-animica.