Il Goetheanum terreno e il Goetheanum soprasensibile

Rudolf Steiner e la Fondazione dei Nuovi Misteri


 

Se consideriamo oggi, come un tutto, l’operato terreno di Rudolf Steiner nella sua grandezza e nella sua varietà,

ci balzano agli occhi, anzitutto le sue due più significative azioni,

che incisero massimamente nello sviluppo del movimento antroposofico e in quello della Società Antroposofica:

• la posa della pietra fondamentale e la costruzione del primo Goetheanum,

• e il Convegno di Natale del 1923/24.

 

Nella prima parte di questo libro si è cercato di accennare al carattere misterico di queste due grandi azioni, e al rapporto speciale ed enigmatico che sussiste tra di loro. Mentre prima abbiamo cercato di considerare questi due eventi piuttosto dal punto di vista della loro relazione con il corso della vita di Rudolf Steiner, dobbiamo ora approfondire il destino proprio del Goetheanum stesso, e guardare da un altro punto di vista il segreto del suo rapporto con il Convegno di Natale, affinchè in questi due eventi siano riconoscibili le pietre angolari poste alla base del centro dei nuovi misteri micheliani. Inoltre c’è da domandarsi quale significato abbiano questi misteri per la attuale vita spirituale del mondo occidentale, e che posto prendono in essa.

 

Ma prima di occuparci di questi problemi, volgiamoci ancora una volta ai quattro sacrifici vitali di Rudolf Steiner, e partiamo dal dato di fatto che ogni singolo sacrificio concerneva particolarmente una delle quattro parti costitutive dell’uomo. Un determinato rapporto intimo si scorge tra le due prime, ma ancor più tra le altre due. Capito questo, acquistiamo un importante punto di partenza per proseguire nella nostra considerazione.

 

Tra le quattro parti costitutive fondamentali dell’entità umana,

solo l’io come centro e nucleo essenziale di ogni uomo, è il portatore delle sue qualità e particolarità individuali.

Mediante il suo io ogni uomo porta in se stesso il suo proprio microcosmo individuale,

unico e irripetibile in tutto l’universo.

 

Diversa è la situazione nel corpo astrale,

che entro l’entità umana è il portatore della vita di sentimento e delle emozioni,

delle sue antipatie e simpatie, e anche della sua vita di pensiero.

• Ma in questa sfera l’uomo non è così isolato interiormente come nel suo io,

poiché i sentimenti e i pensieri si trovano anche negli altri uomini, o vi possono trovare una eco,

seppure quando l’uomo vive astralmente, rimane ciononostante nei limiti della sua esistenza personale individuale.

 

Per quanto riguarda ora il corpo eterico,

per mezzo di questi, ogni uomo fa il passo verso l’esterno,

superando i confini del suo essere individuale separato.

• Grazie al suo corpo eterico ogni uomo esce dal suo isolamento e rientra nell’ambito sociale,

in collegamento con un gruppo di uomini che sono collegati karmicamente con lui:

con la famiglia, con gente del suo ambiente, e così via.

 

A tale funzione sociale accenna il Padrenostro microcosmico1: «E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori.»; É attraverso il corpo eterico che noi entriamo in rapporto con gli uomini o con interi gruppi di uomini.

 

Con il suo corpo fisico, l’uomo entra ancora più profondamente nella vita sociale;

mentre con il suo corpo eterico egli è membro di un determinato gruppo di uomini,

con il suo corpo fisico egli fa parte dell’elemento umano generico,

mediante di esso diventa un membro di tutta l’umanità terrena.

 

É questo che viene a espressione nelle parole: ▸«Dacci oggi il nostro pane quotidiano» del Padrenostro microcosmico.

In esse ci vien indicato come per ogni essere umano sussiste la necessità di mantenere la vita fisica mediante il pane quotidiano e come l’umanità si congiunge così in un organismo unitario, in un’unità vivente e indivisa.

 

• Così le due prime parti costitutive, io e corpo astrale,

sono più collegate con il principio personale e individuale dell’uomo,

• le altre due invece, corpo eterico e corpo fisico,

con quanto ha un significato generalmente umano,

che trova quindi necessariamente la sua sede nell’elemento sociale.

 

Ne deriva che i due primi sacrifici di Rudolf Steiner, che egli commise intorno al 1899 e al 1907, riguardavano particolarmente le forze dell’io e del corpo astrale, ed ebbero perciò un carattere più intimo, personale e individuale, per cui non si toglie nulla del loro significato generalmente umano, come azioni al servizio delle potenze spirituali conduttrici dell’umanità. Tuttavia, proprio questo fatto era la causa per la quale se ne seppe qualcosa relativamente tardi, e solo grazie ad accenni indiretti di Rudolf Steiner stesso.2

I due ultimi sacrifici sono per Rudolf Steiner – come abbiamo descritto nella prima parte – congiunti più strettamente con i corpi eterico e fisico, di conseguenza essi hanno tutt’altro carattere e si distinguono dai due primi per il fatto fondamentale che Rudolf Steiner non poteva compierli da solo, bensì solamente con il concorso di altre persone.

Proprio questo carattere sociale occulto degli ultimi due sacrifici – la loro più importante singolarità – fu di decisiva importanza non solo per l’ulteriore sviluppo del movimento antroposofico sulla Terra, bensì anche per la Società Antroposofica stessa, e ciò vuol dire per il destino attuale dell’antroposofia.3 Ecco perchè divennero la sicura base sulla quale potè venire ad esistenza nel nostro mondo il centro dei nuovi misteri di Michele, nel cui tempio può entrare ogni persona di buona volontà, che voglia consacrarsi liberamente all’evoluzione superiore e al servizio sacrificale per il bene del mondo.

 

C’è ancora un altro aspetto, dal quale possiamo ottenere un’indicazione sulla relazione misteriosa che sussiste tra il primo Goetheanum con la posa della sua pietra fondamentale, la sua costruzione e l’ulteriore suo destino, e il Convegno di Natale 1923/24.

Se ci si immerge nelle parole misteriche pronunciate da Rudolf Steiner nel giorno della posa della pietra fondamentale del primo Goetheanum, leggendo le rimembranze delle svariate persone presenti in quella sera del 20 settembre 1913 a Dornach, e si cerchi poi di rivivere le forme plastico-immaginative del primo Goetheanum, si potrà allora sentire la loro stretta affinità con la meditazione antroposofica «Anima umana…» data da Rudolf Steiner al Convegno di Natale e con il carattere generale con cui il Convegno stesso venne configurato.4

 

Nel suo libro «La pietra fondamentale» Zeylmans van Emmichoven riassume il rapporto tra il primo Goetheanum e la meditazione della pietra fondamentale, con le seguenti parole:

۰ «Già nel triplice appello all’anima umana si può sperimentare con commozione che a Rudolf Steiner fu possibile richiamare in Terra le possenti immaginazioni che avevano vissuto nell’edificio del Goetheanum, che passarono per le fiamme divoratrici, per ascendere nelle altezze spirituali, e a riportarle ora in forma ispirativa nella meditazione della pietra fondamentale5

Con queste poche parole siamo direttamente indirizzati alla pura relazione esoterica che corre tra questi due eventi, senza la cui conoscenza non ci potremmo procurare alcuna comprensione per l’essenza del centro dei nuovi misteri, fondato nel Convegno di Natale.

 

In ogni uomo che veda per la prima volta le forme con le quali era costruito il primo Goetheanum, può sorgere un sentimento del tutto speciale, che deriva dall’impressione immediata che questo edificio può fare. Immaginiamoci di osservarlo da una certa distanza, forse da una delle alture che circondano Dornach, così da potere abbracciare liberamente con lo sguardo tutto il paesaggio circostante, e al suo centro l’edificio a doppia cupola, coperta di ardesie argentee, che scintilla lieve nella luce del sole al tramonto. Se tentiamo di rappresentarci nitidamente questa immagine, ecco che sorge in noi spontaneamente il sentimento: lì si cela un segreto.

In effetti nessun’altra costruzione dell’architettura mondiale ha risvegliato tante sensazioni contrastanti come lo ha fatto il Goetheanum, che fu motivo di una intera gamma di sentimenti umani, da quelli di un amore profondo e pieno di abnegazione, fino a quelli dell’odio più fanatico. Di fronte a tale insolita presa di posizione riguardo a questo edificio, vien fatto di chiedere: qual’è la ragione di questa «scissione degli spiriti»? Deriva dall’edificio stesso o dagli uomini che ne vengono a contatto?

 

Durante l’attività decennale di costruzione del Goetheanum, Rudolf Steiner parlò spesso del senso e del significato di questo edificio, tanto nel suo complesso, quanto nei suoi singoli elementi e parti. É tra le molteplici dichiarazioni di Rudolf Steiner su questo tema, che possiamo trovare la risposta alla nostra richiesta. La risposta fu la seguente:

▸ «E l’edificio diventa uomo.»

In queste parole laconiche, che Rudolf Steiner pronunciò in occasione dell’incisione dei vetri rosa per le finestre meridionali del Goetheanum, abbiamo un’indicazione sulla specialissima relazione che corre tra l’edificio e l’enigma di ogni singolo uomo, di ogni vita umana.

Così tale visione del primo Goetheanum ci apre la comprensione del fatto che il rapporto con esso è, nel senso più profondo, quello di un’affinità, oppure, esprimendoci in senso più generale, quello del rapporto di ogni uomo con l’autoconoscenza, in quanto, quale essenza interiore nascosta dell’uomo, che l’uomo stesso cerca sulla via dell’autoconoscenza, diventa per la prima volta visibile anche alla vista esteriore, nelle forme architettoniche del Goetheanum.

 

Diventa chiaro allora che la ragione della «scissione degli spiriti» non sia da ricercare nell’edificio e nelle sue insolite forme, bensì solo negli uomini. Infatti tanto disparata può essere la presa di posizione dell’uomo verso l’autoconoscenza, altrettanto disparato può essere il suo rapporto con il primo Goetheanum.

Ecco perchè Rudolf Steiner ebbe a dire una volta che l’aspetto più tragico della distruzione del Goetheanum non era tanto quello di essere stato tolto agli antroposofi sul piano fisico, bensì che l’intera umanità occidentale sia stata privata della vista delle sue forme, una visione nella quale le si poteva aprire la via alla vera autoconoscenza.

 

Da tutto ciò desumiamo che è impossibile comprendere l’essenza di quell’edificio senza penetrare nell’enigma stesso dell’uomo. Ma numerosi dati scientifico-spirituali ci permettono di sollevarne un po’ il velame. Vogliamo metter specialmente in rilievo un aspetto ivi connesso dell’evoluzione dell’umanità:

 

Da svariate descrizioni di Rudolf Steiner sappiamo che ci sono due esperienze che solo l’uomo può avere,

e che lo distinguono radicalmente da tutte le entità divine del cosmo,

nonostante queste siano situate infinitamente più in alto dell’uomo:

infatti per gli dèi, nel mondo spirituale, non esiste nè nascita nè morte,

nel senso in cui l’uomo incorre in esse sulla Terra.

Queste esperienze appartengono esclusivamente all’uomo che cerca l’incarnazione nel mondo fisico.

Perciò l’enigma della vita umana ci si palesa mediante la conoscenza di nascita e morte.

 

Nè possiamo rappresentarcele come delle qualsiasi porte

attraverso le quali l’anima umana vien fatta entrare nella sfera terrena e poi di nuovo fatta uscire.

• Le forze di nascita e di morte compenetrano piuttosto l’intera vita dell’uomo,

e conoscono solo una specie di apice all’inizio e alla fine della vita.

• Ma qual’è l’essenza di questi importantissimi eventi della vita umana?

 

• Con la nascita si estingue l’io superiore dell’uomo,

nel quale egli viveva come nell’io cosmico fino alla discesa nel corpo terrestre;

con questa però si genera il suo io individuale che, durante l’intera vita fisica,

è collegato alle percezioni del mondo dei sensi,

ed è mediante il suo graduale sviluppo sulla Terra che l’uomo si acquisterà col tempo la sua vera libertà interiore.

 

• La morte è l’opposto della nascita:

con essa si estingue il nostro io inferiore, terrestre, che era stato vincolato alle percezioni dei sensi esterni,

e si desta la coscienza dell’uomo per il suo io superiore mediante il quale egli può inserirsi nella vita cosmica.

 

In base a queste due importantissime esperienze che l’uomo prova durante la sua vita terrena, si formarono nel corso dei tempi due correnti di misteri.

• Nell’una si tendeva, mediante la conoscenza delle forze della nascita, di penetrare nei segreti di come l’uomo passa dall’esistenza preterrena in quella terrena.

• Nell’altra si cercava, mediante la conoscenza della morte, di perscrutare il segreto dell’ascesa dell’anima nei mondi spirituali.

 

Nell’anno 3001 prima di Cristo ebbe inizio l’epoca oscura del Kali Yuga, nella quale l’umanità, per raggiungere la libertà interiore, si immerse definitivamente nella sfera della materia. Per questo, da allora predominarono i misteri della nascita, i quali condussero gradualmente l’uomo, attraverso l’individualizzazione della sua coscienza, dentro il mondo fisico materiale, nel quale egli, per amore di libertà, rinunciò al suo collegamento con i mondi spirituali: i misteri della morte furono offerti in sacrificio ai misteri della nascita.

Di questa tendenza fondamentale del Kali Yuga a immergersi nella materia, testimonia il sorgere della forma piramidale nell’architettura egizia, subito dopo l’inizio di quell’epoca. Analogamente il costume egizio, che ha inizio circa in quel tempo, di mummificare il corpo dei morti, parla chiaro sul fatto che la sapienza dei misteri della morte si oscurava lentamente.6

Più tardi, al tempo di fioritura della Grecia antica, si perde definitivamente la sapienza dei misteri della morte. La vita dell’anima dopo la morte diventa sempre più inaccessibile ad una percezione spirituale diretta. I misteri della nascita sono in testa, mentre la morte comincia ad incutere paura. Risuonano con profonda tragicità le parole dell’eroe greco, nelle quali sembra riassumersi il sentimento universale di quell’epoca:

«Meglio essere un mendico sulla Terra, che un re nel mondo delle ombre.»

 

Nello stesso tempo l’umanità percorre, proprio nel medesimo periodo, una breve epoca, sorprendentemente armonica, di sviluppo, nella quale sperimenta interiormente l’equilibrio delle forze terrene. Essa è invero già in considerevole misura in loro balìa, tuttavia le concepisce in maniera straordinariamente spiritualizzata, così che nel tempio greco abbiamo a che fare con della materia terrestre che è stata portata nell’equilibrio delle forze della pesantezza e della leggerezza, del cielo e della terra, e nella forma dell’uomo divinizzato, in piena armonia con lo spirito. Nell’arte greca ci si fa incontro l’uomo che, stando assolutamente con i piedi in terra, si sente in sintonia con le potenze spirituali che la compenetrano e la formano.

Ma l’influsso dei misteri della nascita agisce con forza particolare su quel popolo che doveva preparare in alto grado la seguente quinta epoca postatlantica di cultura, sui romani.

 

Quando essi cominciarono a sviluppare la giurisprudenza, in quanto fissarono i principi del «jus civile», furono i primi a parlare dei diritti della singola personalità e con ciò posero le basi per l’autodecisione dell’io individuale umano, per cui attinsero gli impulsi dalla sapienza segreta dei misteri della nascita. Trovarono anche la prima forma architettonica che porta massimamente ad espressione l’essenza di questi misteri: è la forma della cupola, che è stata realizzata appunto nel Panteon di Roma, il tempio di tutti gli dèi, nella sua accezione più perfetta.

• Qui la forma della cupola, che ritrae il nostro organismo della testa, e il cui prototipo è la volta della testa umana, ci introduce nell’essenza stessa dei misteri della nascita. La testa dell’uomo è immobile e troneggia elevata sul corpo umano, che si trova in continuo movimento. Al pari di essa, anche la cupola è perfetta e immobile, sottoposta nelle sue forme architettoniche solo alle leggi dello spazio e del mondo materiale, ciò che ne fa il simbolo di quel principio intellettualistico che, più tardi, dovrà prevalere tra gli uomini.

Dall’altro lato la cupola è, proprio come il capo umano, una copia della sfera stellare che, per il fatto che essa lo circonda stabilmente, allude all’uomo terreno prima della nascita, a quell’esistenza stellare alla quale partecipava prima della sua discesa in Terra. Tuttavia questa esistenza spirituale appare nella cupola solo come oscuro ricordo, infatti la cupola, nella sua assomiglianza alla sfera stellare, limita nel contempo la cerchia visiva dell’uomo e non gli permette di attraversarla per penetrare nel mondo dello spirito puro.

 

Perciò nella forma della cupola sperimentiamo l’uomo distaccato dalla sua patria stellare,

che ormai egli non sperimenta più in sè, bensì la contempla da fuori attraverso le leggi morte dello spazio.

• Nel Panteon l’uomo si trova al centro della cupola, e per quanto gli dèi siano ancora attorno a lui,

egli li concepisce in maniera sempre più esteriore e astratta, poiché egli si libera a poco a poco dal suo legame con loro.

• Così la cupola limita gradualmente l’orizzonte visivo dell’uomo alle percezioni che sono possibili solo ai sensi corporali,

e l’uomo si prepara, per il fatto che sperimenta in sè come si estingue la coscienza cosmica e si desta quella terrena,

a divenire in misura crescente un essere terreno, ma nel contempo compiutamente libero.

 

Quando più tardi la forma a cupola cominciò a penetrare anche nel cristianesimo, ci si valse di essa soprattutto nella costruzione di battisteri a pianta circolare, che con la loro stessa forma alludevano al mistero del battesimo, nella quale si scorgeva l’immagine simbolica della nascita dell’uomo dall’elemento spirituale. Ma dall’inizio dell’epoca dell’anima cosciente, sull’intero mondo cristiano si erge la cupola di S. Pietro in Vaticano, come simbolo della vittoria definitiva dei misteri della nascita, attraverso i quali l’uomo è diventato un essere che cerca la verità esclusivamente sul piano fisico, e che determina se stesso.

• In questo senso il posteriore tempestoso sviluppo del materialismo è un’ultima conseguenza dei misteri della nascita, ora già decaduti e degenerati, ma un tempo così potenti e profondamente spirituali, il cui principio esoterico viene a espressione nelle parole: «Ex Deo nascimur»; ma la forma architettonica loro corrispondente è pur sempre la cupola.

 

• La cosa è del tutto differente in rapporto ai misteri della morte la cui conoscenza l’umanità dovette perdere con l’inizio del Kali Yuga, quando essa si collegò definitivamente con il mondo materiale.

Siccome si andò estinguendo lentamente il sapere che la morte può essere la risvegliatrice della vera vita superiore, non fu neanche più possibile all’umanità di accedere alla conoscenza del principio spirituale della morte, e si trovò infine distaccata quasi completamente dalla sua patria spirituale e dai mondi superiori soprasensibili, e dovette cadere sempre di più in balìa delle potenze avverse Lucifero e Arimane. In altre parole, l’umanità stette allora di fronte alla reale possibilità che la mèta dell’evoluzione terrena non si sarebbe mai raggiunta, e che la morte si impossesserebbe definitivamente delle anime umane.6a Una cosa sola poteva salvarla: che fosse introdotta nel suo sviluppo una nuova conoscenza della morte come mistero della trasformazione dell’io inferiore mortale nell’io superiore immortale, nel sè spirituale.7

 

A compiere la grande azione che ridesse all’evoluzione della Terra il suo senso cosmico, fu il Cristo Gesù,

il quale, quando nel Mistero del Golgota vinse le forze della morte,

mostrò all’umanità il vero volto della morte come mistero dell’ascesa alla vita superiore,

come risurrezione dell’io individuale dell’uomo all’esistenza immortale indistruttibile nei mondi stellari.7a

 

Questi nuovi misteri della morte trovarono la loro completa espressione architettonica nei duomi romanici e gotici, alla cui base sta la forma della croce come simbolo della morte, così come l’altare fu costruito in forma di sepolcro, e come tali sono una memoria del Mistero del Golgota. Ma l’uomo che entra sotto le volte di un duomo gotico, può sentire distintamente come tutto in lui si dirige verso l’alto, nelle altezze dei mondi spirituali. Il tempo accetta la lotta con lo spazio. L’anima vorrebbe liberarsi dall’oscurità del corpo, vincerne le forze e superare le leggi spaziali che la vincolano, con l’aiuto dell’impulso del tempo che le è stato donato dal suo collegamento con il Cristo.8

L’architettura gotica è dinamica, sembra una fiamma animica, che brucia la sostanza materiale e tende verso la soglia della morte come si può sentirla a oriente, nell’altare a forma di sepolcro. Solo al di là di quella soglia è possibile la definitiva riunificazione con lo spirito, con l’esistenza superiore cosmica.

 

Così il duomo gotico ci conduce

dalla croce, alla quale vien crocifisso l’io inferiore terrestre dell’uomo,

alla risurrezione nella vita dell’al di là, nell’io superiore cosmico.

• Con ciò il principio esoterico del nuovo mistero della morte, quello dell’«In Cristo morimur»

trova nel duomo gotico la sua più perfetta realizzazione exoterica.

 

Nel seguito coesistettero, una accanto all’altra, nell’architettura europea cupola e croce, come le due forme architettoniche per i due misteri fondamentali della vita umana.

D’altra parte sorse già nei primi tempi cristiani, sempre più chiaramente l’urgenza di riunire realmente questi due misteri, o in altre parole, di realizzare artisticamente il principio del «Per Spiritum sanctum reviviscimus» che esprime la nuova risurrezione dell’anima nei mondi superiori.

 

Infatti con questo principio si dà la possibilità di trovare nella coscienza

una via verso il sè spirituale, l’io superiore dell’uomo,

non solo dopo la morte, bensì già durante la vita terrena.

Ma è il sè spirituale – secondo la terminologia del cristianesimo esoterico –

la scintilla della divina Sofia, ossia dello Spirito Santo nell’uomo.9

 

Tuttavia, fino alla fine del Kali Yuga non si poteva realizzare organicamente una tale sintesi, che si basa sulla metamorfosi vivente della coscienza umana. Per questo i tentativi fatti in questa direzione, risultarono in fin dei conti solo delle combinazioni più o meno intellettuali del principio del «Ex Deo nascimur» con il «In Cristo morimur», senza ascendere al nuovo principio del «Per Spiritum Sanctum reviviscimus».

Ne è un esempio significativo la cattedrale di S. Sofia, costruita nel VI secolo a Costantinopoli, che è appunto emblematica per il tentativo di combinare con la forma della cupola la croce greca, che fin dapprincipio stava alla base della pianta della cattedrale di S. Sofia, senza raggiungere una sintesi organica, ma solo una combinazione esteriore dei due principi suddetti, da cui non poteva nascere alcunché di nuovo.

In un senso più profondo, la ragione di ciò era da ricercarsi nel fatto che in quei tempi non era ancora possibile all’anima umana di giungere, attraverso un reale risveglio interiore nello spirito a sperimentare direttamente i mondi spirituali, non in uno stato estatico di coscienza, ma in una coscienza desta e chiara.

 

Solamente dopo la fine del Kali Yuga nell’anno 1899, l’umanità ottenne per la prima volta

la possibilità di raggiungere la nuova coscienza superiore mediante il «Per Spiritum Sanctum reviviscimus»,

e con ciò questa sintesi armonica.

 

Ecco che avvenne come se si aprissero le porte cosmiche che conducono nei mondi superiori, e da allora è data ad ogni io umano la possibilità di cercare l’associazione con il proprio io superiore cosmico, già durante la vita nel corpo fisico.

 

L’io umano, se accoglie in sé la nuova rivelazione del Cristo nel XX secolo,

può oggi sperimentare un vero destarsi nello spirito,

una riunificazione pienamente cosciente con i mondi spirituali superiori,

che aveva una volta dovuto abbandonare per conseguire la libertà individuale nel mondo della materia.

 

• L’ascesa nei mondi spirituali attraverso la compenetrazione con l’impulso Cristo, questo nuovo principio ci è stato dato anche nelle forme plastiche architettoniche dell’edificio a doppia cupola, nel quale la forma a cupola sembra entrare in movimento, ciò che si esprime nel continuo confluire delle forme plastiche dalla grande alla piccola cupola e viceversa.

Ecco perchè in questo caso il tempo non accetta la lotta con lo spazio, come avveniva nella cattedrale gotica, ma lo spiritualizza, dando alla materia stessa la possibilità di divinizzarsi, di inserirsi nel regno dello spirito eterno.

• Per quanto riguarda l’anima umana, la metamorfosi improntata nelle forme del Goetheanum ci mostra l’immagine dell’intelletto umano che si spiritualizza, del pensiero umano che si libera dai vincoli dello spazio, liberato dalla prigionia del pensiero immobile e indurito nella materia, e si trasforma in un pensiero mobile e vivente che cerca la sua sorgente originaria nello spirito eternamente vivente e creante, che si mostra nell’uomo come il sé spirituale che lo illumina dall’alto.

 

Possiamo dire che nel Goetheanum diventa mobile ciò che è immobile, vivente ciò che è morto,

poiché la mobilità delle sue cupole ci mostra l’immagine dei pensieri umani che si animano10

e la loro redenzione dal regno della morte, mediante la loro risurrezione nel regno dello spirito.

Così nel contemplare le forme plastiche del Goetheanum, si apre la via che conduce l’uomo in piena libertà,

dal suo io terreno al suo io superiore, dalla coscienza terrena a quella superiore.

 

Qui la piccola cupola del Goetheanum ci mostra l’immagine dell’io umano come microcosmo,

come egli, sviluppandosi dal passato al futuro attraverso sette culture postatlantiche, accoglie in sé il Cristo,

come è descritto nel gruppo plastico posto nel lato orientale dell’edificio, e sopra, nella pittura della piccola cupola.

• Poiché solo l’impulso Cristo dà all’uomo la possibilità di cercare il collegamento con il macrocosmo.

 

La sua immagine – l’io superiore cosmico dell’uomo

è impressa nella grande cupola, con le sue sette paia di colonne,

che ci presentano l’evoluzione del mondo dall’antico Saturno fino all’esistenza di Venere,

e attraverso l’immagine della creazione del mondo da parte degli Elohim,

i quali dal cosmo dotarono l’uomo della sua coscienza dell’io.10a

 

Nell’insieme ci appare, nella metamorfosi vivente delle due cupole,

l’essenza e lo scopo dell’intera evoluzione umana.

• Dopoché l’uomo ha adempito al compito dei misteri della nascita,

in quanto è disceso completamente sul piano fisico e vi ha trovato il suo io individuale,

accoglie ora in sé, con un libero atto d’amore, l’impulso Cristo, e con il suo aiuto cerca di nuovo l’ascesa.

 

L’uomo aspira a trovare la via verso il macrocosmo,

non soltanto dopo la morte, bensì durante la vita e, grazie alla forza del Cristo,

a conservare in essa pienamente la propria coscienza divina dell’io.

 

L’anima umana cerca oggi il vero risveglio nello spirito!

Essa, ancora durante la sua vita, cerca la morte, per giungere all’io superiore nel mistero della risurrezione,

che sola può condurre l’uomo nell’esistenza spirituale divina dei mondi stellari.

 

• Come grande risposta del cosmo a tale profonda aspirazione animica dell’umanità attuale, vennero in Terra le forme architettoniche del primo Goetheanum, con le quali venne offerta all’uomo, per la prima volta nel nostro tempo, la possibilità di percepire, non solo il «Ex Deo nascimur» e il «In Cristo morimur», bensì la loro completa ed armonica conciliazione nel «Per Spiritum Sanctum reviviscimus», che l’uomo può trovare nella libera ascesa al suo io superiore, al sé spirituale, attraverso il transito pienamente cosciente per il mistero della morte in Cristo.

Ecco perchè il Goetheanum non ha in origine alcuna forma di croce, che non è stata posta alla base della sua pianta, come è avvenuto nel duomo gotico e nella cattedrale di S. Sofia.

 

Nel Goetheanum

la forma della croce nasce organicamente dalla metamorfosi vivente dell’anima,

dalla sua tendenza a riunirsi, mentre è ancora nel corpo,

con i mondi superiori e con la patria spirituale-divina d’origine.

 

Perciò nel Goetheanum, non per un dogma esteriore, ma per metamorfosi vivente, all’asse principale (ovest-est) dell’edificio si aggiunge l’asse trasversale, nato dalla giuntura delle due cupole, quella del microcosmo e quella del macrocosmo, che a differenza dell’asse principale, che esprime la necessità dell’evoluzione del mondo, è il risultato dell’azione libera dell’uomo, della sua volontà di ascesa dall’io inferiore all’io superiore, per il fatto che egli accoglie in sè liberamente l’impulso Cristo e realizza in sè la signoria dello spirito: «Per Spiritum Sanctum reviviscimus!»

Ci sta così davanti nelle forme plastiche del Goetheanum il più profondo segreto dell’essere umano, il segreto dell’uomo che si desta nello spirito alla vita superna, poiché concilia in sè coscientemente i misteri della nascita e della morte nella loro sintesi conclusiva, raggiungibile solo nel mistero dell’eternità,11 nel mistero dello spirito vivente in eterno.

Il Goetheanum ci indica l’immagine dell’uomo nel suo aspetto eterno e divino.

 

E come il corpo umano, secondo le parole dell’apostolo Paolo, è il tempio dello Spirito Santo12 il quale, in quanto portatore della sapienza divina dell’intero cosmo vive in questo corpo, che è risultato dal lavoro compiuto in esso da tutte le nove gerarchie fin dal tempo dell’antico Saturno, così anche il Goetheanum è la vera casa dell’«Anthropos-Sophia» della sapienza dell’uomo nata dallo Spirito Santo, ove questa sapienza cosmica è diventata per la prima volta visibile sul piano fisico dagli occhi dell’uomo terreno.

Ecco perchè nel Goetheanum il pulpito era collocato al centro della croce.

 

Da quel luogo doveva venir annunciata l’antroposofia agli uomini del tempo presente, come vero messaggio spirituale della sapienza dell’uomo, come parola dello spirito stesso. Le forme del Goetheanum dovevano essere la personificazione plastica di questa parola, quali forme viventi parlanti, come una laringe creata dalla volontà e dall’amore degli uomini per il parlare degli dèi. Rudolf Steiner si espresse in riguardo nella conferenza del 31 dicembre 1923, anniversario della tragica fine:

▸ «Se il nostro Goetheanum fosse stato compiutamente ultimato, a chi vi fosse entrato da ovest, lo sguardo si sarebbe posato su quella statua nella quale l’uomo avrebbe trovato l’invito a conoscer se stesso come essere cosmico, collocato tra le potenze luciferiche e le potenze arimaniche, in pareggio interiore esistenziale sorretto da Dio. E se si fossero mirate le forme delle colonne, degli architravi, tutto questo avrebbe parlato una lingua che era la continuazione di quella che, provenendo dal podio, era una lingua che interpretava lo spirito nelle idee. Le parole continuavano ad echeggiare lungo le forme plasticamente configurate. E sopra, nella cupola si potevano vedere le scene capaci di portare allo sguardo spirituale l’evoluzione dell’umanità.»13

 

Così l’uomo, già con la contemplazione delle forme plastiche e dei colori del primo Goetheanum,

immergendosi in loro meditativamente, poteva divenire a poco a poco capace di udire in sè il loro linguaggio

come linguaggio dello spirito risvegliantesi in lui,

come parola degli dèi che «al singolo io per il suo libero volere…» (III,9-10) si rivolge,

che scopre a lui i più profondi segreti del suo proprio essere

e abbraccia passato, presente e futuro dell’evoluzione del mondo.

 

Vivente, eterica parola degli dèi che si manifesta in forme fisiche,

che vuol parlare all’uomo d’oggi attraverso il suo io superiore ridesto, questo era il primo Goetheanum.

Era la personificazione dell’antroposofia stessa, era una vera casa della parola,

nella quale ogni uomo poteva sperimentarci il proprio essere come nel suo prototipo celeste.14

Questo doveva essere il Goetheanum per ogni antroposofo, e questo era prima di tutto per Rudolf Steiner stesso.

Numerose sue dichiarazioni lo dicono eloquentemente:

▸ «… perchè si vedrà direttamente, nelle forme impresse artisticamente intorno a noi

l’impronta di quanto ha da esser fatto, detto ed effettuato entro il nostro edificio con parole viventi.

Ecco che cosa è il nostro edificio:▸ «una parola vivente!» (7 giugno 1914)15

▸ «Il nostro edificio deve parlare mediante le sue forme interne, ma deve parlare il linguaggio degli dèi.»

(7 giugno 1914)16

▸ «Cerchiamo di ascoltare gli organi divini, da essi stessi creati, in quanto Elohim, da essi dati alla Terra e agli uomini, osserviamo le forme eteriche delle piante e imitiamole nelle nostre forme alle pareti, e allora, come la natura ha creato nell’uomo la laringe per parlare, così noi cercheremo le laringi mediante le quali gli dèi potranno parlarci.» (7 giugno 1914)

▸ «Dobbiamo sentire vivente in noi il fatto che qui stai e gli spiriti dell’universo ti parlano» perchè, il Goetheanum è «la casa della favella, la casa parlante e vivente in ogni sua parte.» (17 giugno 1914)

 

Questo mistero della parola eterica che parlò attraverso le forme del Goetheanum e che era di un genere speciale, venne a espressione principalmente poiché il Goetheanum nella sua intima essenza era connesso con le prime parole del Vangelo di Giovanni, al quale fatto accennava Rudolf Steiner nella conferenza del 2 dicembre 1923 a Dornach, tre settimane prima dell’inizio del Convegno di Natale:

▸ «Infatti il Goetheanum era un luogo nel quale si era parlato sempre, e sempre di nuovo delle cose che stanno in rapporto con l’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era la Parola. E la Parola era presso Dio. E la Parola era un Dio”.»17

 

Ma con il Goetheanum era connesso ancora un altro mistero,

del quale abbiamo già parlato in relazione alla descrizione del terzo sacrificio, quello eterico, di Rudolf Steiner.

Perchè il più profondo enigma del primo Goetheanum consiste nel fatto che non è stato costruito

solamente secondo il principio della metamorfosi nel regno vegetale,

per il quale racchiudeva in sé le regole di un essere vivente,

bensì che era egli stesso un essere viventecioè un essere fornito di corpo fisico e di corpo eterico.

 

Rudolf Grosse accenna nel suo libro «Il Convegno di Natale come svolta dei tempi» a questo mistero che si connette con la posa della pietra fondamentale, con la costruzione e più tardi con la distruzione del primo Goetheanum: «La chiara e diretta conseguenza della frase ‘Il Goetheanum è spirato prematuramente” (ciò vuol dire che è spirato prima della sua reale inaugurazione) non può voler dire altro che: dunque era esistito prima come essere vivente»18

 

Della possibilità di tale «architettura vivente» di un tempio che è un essere vivente, parla anche la seguente asserzione di Rudolf Steiner stesso:

▸ «Per questo c’è il nostro tempo, per dare inizio a un’architettura che può dire a voce alta agli uomini del futuro:

il tempio è l’uomo stesso, è l’uomo che riceve lo spirito nella sua anima19

 

L’essenza di una tale architettura, che può però esser creata solo da colui che è realmente penetrato nei misteri, non solo del corpo fisico, ma anche del corpo eterico o corpo vitale dell’uomo, fu caratterizzata con particolare chiarezza da Rudolf Steiner nella conferenza del 29 dicembre 1914 a Dornach:

▸ «Impariamo a conoscere quello che per così dire è esteriore del nostro essere, ciò che avviene nel nostro corpo fisico a seguito degli effetti del nostro corpo eterico in un sistema spaziale di linee e di forze…Se pensiamo schematicamente i limiti più esterni del nostro corpo fisico e spostiamo al di fuori di noi la regolazione interiore che viene impressa nel corpo fisico dal corpo eterico, nasce l’architettura. Tutte le leggi che si possono trovare nella composizione della materia in architettura si trovano certamente anche nel corpo umano. Il proiettare l’ordinamento proprio del corpo umano al di fuori di noi nello spazio è l’architettura…»20

 

A questo mistero dell’azione scambievole del principio fisico e di quello eterico nelle forme e nei colori del primo Goetheanum, alludono anche le ali laterali della quarta finestra sud, dove nel color fior di pesco, quello del corpo eterico dell’uomo, è rappresentato un volto umano, in corrispondenza al portale ovest del Goetheanum,21 – su questo vetro però, nel motivo centrale è posta l’immagine dell’uomo che sperimenta il Cristo eterico.

Dobbiamo ora domandarci che cosa nel Goetheanum stesso, nelle sue forme architettoniche esteriori, era l’espressione concreta del suo essere nascosto, della sua somiglianza con l’organizzazione fisico-eterica umana, con quello che il Cristo nomina più volte nei Vangeli come «il tempio del corpo umano»; dove compariva esteriormente il vivente principio essenziale fisico-eterico del primo Goetheanum?

Per trovare una risposta a questa domanda, dobbiamo renderci coscienti che alla base del corpo umano come tale stanno in prima linea due diverse sostanzialità materiali, quella solida e quella liquida, con le quali l’uomo costruisce il suo corpo visibile.

 

• Laddove il principio solido è propriamente l’espressione delle leggi fisiche, il principio liquido è invece espressione della sua continua mobilità – del movimento del sangue e dei succhi – è l’immagine visibile della legge eterica dell’organismo umano, l’espressione esteriore dell’attività del suo corpo eterico.22

 

• Rudolf Steiner ha ripetutamente detto che dell’elemento solido che forma la figura fisica dell’uomo, si esprimono gli effetti e gli influssi delle stelle fisse e soprattutto dello zodiaco.

Alla base della figura fisica dell’uomo, fin dove essa è formata da sostanze solide, sta la legge dello zodiaco, la legge del cosmo spaziale, la dodicità.23

Negli organi vitali dell’organismo umano che, nei loro movimenti e nella loro mobilità, sono collegati con l’elemento fluido, vengono ad espressione le forze del corpo eterico umano, nel quale sono attive le azioni delle stelle, cioè i movimenti dei pianeti, le loro forze continuamente semoventi, la legge del cosmo temporale, la settemplicità.

 

In numerose conferenze Rudolf Steiner descrive

• come l’essenza della figura materiale solido-immobile dell’uomo

consista di dodici membra spaziali, che si riferiscono ai dodici segni zodiacali;

• e come l’essenza fluido-mobile-eterica dell’uomo stia sotto l’influsso di sette membra «temporali»

che si riferiscono ai sette pianeti principali del nostro sistema solare,24

poiché la legge del corpo fisico è spaziale e quella del corpo eterico è temporale.25

 

• Il corpo eterico si trova in continuo movimento, mutazione, metamorfosi,

• mentre il corpo fisico è invece immobile e immutabile,

ciò che riguarda i rapporti e le relazioni che hanno tra di loro i suoi dodici elementi fondamentali.

• Questa duplice maniera di regolamentazioni26 dell’organismo umano è realizzata

nella più ampia misura nelle forme plastiche e nei colori del primo Goetheanum.27

 

• Non possiamo tuttavia intendere il movimento e la metamorfosi delle forme eterico-vegetalizzanti del Goetheanum come qualcosa di formale simbolico o «solo architettonico», bensì come l’espressione della sua pura legge eterica, simile al movimento dei succhi nelle piante o del sangue nell’uomo. In questo diviene fisicamente visibile la sua realtà spirituale eterica, la realtà del Goetheanum quale essere vivente.

Si può dire che nel Goetheanum sono divenute visibili esteriormente quelle leggi cosmiche profondamente segrete, secondo le quali l’uomo, nell’ingerire quotidianamente sostanze solide e liquide, costruisce inconsciamente il suo corpo fisico e sostiene il suo corpo eterico, ossia il suo corpo acquoso. Perciò hanno in lui un ruolo speciale la dodicità come espressione del principio fisico-solido e la settemplicità come espressione del principio eterico-vivente.

 

• Ove nella piccola cupola compare piuttosto il principio della dodicità:

sotto, dodici troni, dodici colonne e capitelli

e sopra, nella cupola, due volte sei iniziati28 che rappresentano l’evoluzione postatlantica;

• nella cupola grande è operante essenzialmente il principio della settemplicità,

per cui qui compaiono con particolare rilievo le leggi della metamorfosi e del movimento:

due volte sette colonne e due volte sette capitelli, di sette essenze legnose differenti,

che rappresentano l’evoluzione planetaria dall’antico Saturno fino allo stato di Venere;

nella cupola i sette Elohim creatori e le rappresentazioni dei sei giorni della creazione,

racchiusi nel cerchio della cupola, quale settimo giorno,

nel quale gli Elohim possono contemplare simultaneamente la loro precedente creazione.

• Così nella cupola piccola predomina la legge zodiacale, nella cupola grande invece quella dei pianeti.

 

Finalmente il gruppo plastico avrebbe dovuto esser collocato a oriente dell’edificio, per rappresentare in questo ambiente come il Cristo viene dalla sfera dell’io macrocosmico, 9 dalla sfera che sta al di là dello zodiaco, e come procede da est a ovest attraverso tutte le sfere planetarie e attraverso tutte le epoche dell’evoluzione della Terra,30 fino ad apparire nel XX secolo in un corpo eterico, la cui regola, costruita sulla settemplicità, è rappresentata nella grande cupola.31

 

Riassumendo, si può dire che il Goetheanum

che è stato eretto secondo le leggi cosmiche del principio fisico e del principio eterico,

doveva essere come l’immagine dell’uomo ideale

che, in quanto consiste di un corpo fisico e di un corpo eterico,

si trova in una condizione di sonno divino,32 nel quale i membri superiori

– corpo astrale e io – devono venir aggiunti mediante il lavoro cosciente degli uomini,

che siano assolutamente compenetrati di antroposofia

e delle sue conoscenze spirituali attinte da immaginazione, ispirazione e intuizione.

 

Solo mediante tale attività

il Goetheanum potè diventare in verità la «Casa della parola», «l’edificio veritiero,

dal quale deve venir annunciato sempre di più il messaggio dello spirito.»33

 

Per questo «Rudolf Steiner ha pur sempre affermato che in nessun caso ci si poteva accostare al Goetheanum solamente con l’intelletto, che non lo si poteva «spiegare» poiché i le sue forme debbono esser accolte, non col pensiero, bensì nel sentimento e nella volontà.

Questo edificio deve stimolare a sperimentare e a realizzare le mete universali.

 

Nelle sue annotazioni per la conferenza del 28 giugno 1914, Rudolf Steiner si esprime in proposito nella maniera seguente:

▸ «Gli uomini, nel procedere di colonna in colonna, dapprima hanno bisogno solamente di volere. Il sentimento per la vita si desta nel senso giusto, quando essi comprendono le colonne. Nella cupola = l’anima. Nelle forme = il corpo…»34

 

Il Goetheanum creato dalla saggezza dell’intero cosmo, doveva condurre l’uomo alla piena trasformazione del suo sentire e del suo volere, doveva stimolarlo al puro amore e al servizio sacrificale alle potenze spirituali dirigenti l’umanità.

• Così il Goetheanum nel suo insieme, con al suo baricentro il gruppo plastico ad est, era veramente un tempio per la nuova Iside, che in lui riposa e dorme, la Sofia divina che è l’immagine dell’io superiore dell’uomo, del suo sè spirituale.

 

E questa nuova Iside, la divina Sofia, immersa nel sacro sonno del tempio, doveva venir ridestata da uomini che operassero attraverso un sentire e un volere trasformati interiormente dalle forme e dai colori del Goetheanum, affinchè essi poi, nello spirito della Parola di cui ci parla l’inizio del Vangelo di Giovanni, potessero portare nel mondo una volontà compenetrata e illuminata dall’amore, per una giusta azione sociale.

Infatti il Goetheanum, costruito con l’amore e con la volontà di sacrificio di uomini compenetrati dalla cosmica saggezza dell’antroposofia, doveva diventare, entro l’umanità attuale, il centro spirituale dal quale escano impulsi per un’azione sociale nel mondo.

Dobbiamo quindi riconoscere il primo Goetheanum come un essere vivente e dovremmo cercare di stabilire con esso un rapporto interiore, come con un essere assolutamente vivente.35a Allora ci troviamo davanti la storia del suo destino terreno e soprasensibile, come un completo ciclo di vita, che inizia con l’immissione del seme nella terra, attraverso gli stadi della nascita, dello sviluppo, della crescita e della morte, fino alla sua risurrezione nella figura spirituale.

 

Già la descrizione degli eventi del 20 settembre 1913 a Dornach, così come le parole esoteriche di Rudolf Steiner in occasione della posa della pietra fondamentale del primo Goetheanum, parlano del fatto che si trattava fin da principio di un essere vivente.

Come un vero seme, dal quale si elevò più tardi l’intero edificio del Goetheanum, venne affondato nel terreno il doppio dodecaedro della pietra fondamentale, nella cui forma – analogamente al seme delle piante nel quale è già contenuta tutta la pianta futura – era celato il principio fondamentale del futuro edificio.

 

Nel suo discorso alla posa della pietra fondamentale, Rudolf Steiner disse su di essa:

▸ «Abbiamo formato questa pietra come simbolo dell’anima umana, che si consacra alla nostra grande opera; nella sua doppia dodicità ci è di simbolo per l’anima umana anelante, quale microcosmo immerso nel macrocosmo: Antropos, l’uomo che deriva se stesso da entità delle gerarchie divino-spirituali. Così questa nostra pietra angolare è simbolo della nostra propria anima, che noi incorporiamo in quella che abbiamo riconosciuta quale giusta aspirazione spirituale per il tempo presente.»36

 

Se ora consideriamo attentamente la scrittura che venne impressa in questa pietra fondamentale, possiamo sentire come tutto in questi segni e in questi testi è vivente, colmo di genuina vita eterica. Ne fanno fede già le due lettere in alto: I N, che R. Grosse decifra in «Jesus di Nazaret», sicché noi possiamo intenderle come alludenti all’anima del Gesù natanico. Questa è infatti l’ideale prototipo cosmico dell’anima umana, prototipo di tutta l’umanità, che rimanda per un verso al suo remoto passato, quando questo prototipo venne salvato dal peccato originale e tenuto nel grembo delle gerarchie, e per l’altro verso addita al più lontano futuro, all’immagine dell’umanità che sarà completamente permeata dal Cristo. Infatti quando il Cristo apparve a Paolo davanti a Damasco, ciò avvenne nell’aura luminosa dell’anima natanica; è questo prototipo dell’anima umana che troviamo esposto al centro del documento formato da due dodecaedri, che ci indicano in un’immagine cosmica come l’essenza più pura dell’anima umana riposasse, dai tempi lemurici, nel grembo delle gerarchie divino-spirituali, le cui correnti eteriche di forze la avvolgevano e la reggevano amorosamente, formandole intorno come una coppa divina, un Gral cosmico.

 

Tuttavia le sigle che sono iscritte in questa immagine dell’anima umana e che rappresentano le tre più importanti parole rosicruciane, indirizzano possentemente al futuro, quali immagini dell’uomo completamente compenetrato dalle forze del Cristo.

Ma sopra di lui la parola «Anthropos» è un’indicazione al tempo presente nel quale l’uomo, per la prima volta come individuo libero, compie, mediante il suo collegamento con il Cristo, il passaggio dal passato cosmico al futuro cosmico.

 

L’uomo, l’Anthropos, di cui parla la pietra fondamentale

come di «colui che vuol cercare se stesso nello spirito,

che vuol sentire se stesso nell’anima universale,

che vuol presagire se stesso nell’io universale»,

grazie alla trasformazione del suo sentimento e della sua volontà,

derivata dalla saggezza spirituale, compie in libertà il passaggio

dall’indugiare passivo del passato nel grembo delle gerarchie,

in un attivo creare insieme ad esse nel futuro.

 

Da questa pietra fondamentale immessa nel «regno condensato degli elementi», pietra che è nel contempo un vero «simbolo dell’anima umana», crebbe poi verso l’alto, come da un seme vivente, per metamorfosi naturale fisico-eterica, l’intero edificio, che secondo le parole di Rudolf Steiner «…in tutte le sue forme è una personificazione dell’essere spirituale al quale siamo devoti.»

Per nove anni si lavorò alla costruzione del Goetheanum.

La sua crescita durò tre epoche di tre anni ciascuna; ogni anima partecipante a questo processo potè crescere essa stessa interiormente insieme alle sue forme e sperimentare così in sè un vero risveglio dello spirito. Perchè la partecipazione alla costruzione del primo Goetheanum si dimostrò come una reale via di iniziazione.

 

Fu quanto portò a espressione una collaboratrice, Margarita Woloschina, in una lettera diretta in Russia che essa scrisse da Dornach nel 1914:

▸ «… io guardavo il tempio, risplendente alla luce del sole al tramonto; pensavo che chiunque sappia fare qualcosa, che sia capace di vedere e di sentire, dovrebbe essere qui. Mi si spezza il cuore al pensiero che tutto il mondo non possa partecipare alla sua costruzione sul piano fisico. Crescere insieme a lui, immedesimarsi in tutti i suoi dettagli – questa è una via di iniziazione… Dai tempi di Hiram in poi non ci fu nulla che gli si possa paragonare. Il Dottore disse a Vienna: ” È in verità l’incorporazione dell’Essere Che noi serviamo.”… Mi rincresce solo di non essere stata qui dall’inizio, perchè bisogna vederlo crescere giorno per giorno…»39

 

• Così crebbe a poco a poco il Goetheanum, come in un processo naturale di crescita, fino alla notte di S. Silvestro del 1922/23, quando venne sottratto tragicamente al piano fisico dalla potenza dell’elemento del fuoco e, dopoché come un essere vivente ebbe percorso il processo della morte e dell’escarnazione, riapparve durante il Convegno di Natale come pura realtà spirituale, come Spirito del Goetheanum, sul quale Rudolf Steiner si espresse più volte in quel tempo con tale incredibile dirittura e concretezza, che, anche a non volerlo, sorge l’impressione che, da quell’attimo in poi, abbiamo a che fare con un Goetheanum risorto spiritualmente, con uno spirito del Goetheanum che, non solo ispirò Rudolf Steiner nella creazione della meditazione della pietra fondamentale, ma che stava perennemente davanti al suo occhio interiore come una immediata realtà soprasensibile, che sembrava compenetrare e adombrare soprasensibilmente il Convegno di Natale.

 

Per riprovarne la sensazione è sufficiente citare solo poche dichiarazioni di Rudolf Steiner.

Così egli disse, già il 27 dicembre 1923, in una conversazione con l’antroposofo olandese van Leer, rispondendo alla sua osservazione che ormai, dopo l’incendio, gli antroposofi non avevano più alcun Goetheanum:

▸ “Non siamo del parere che non abbiamo alcun Goetheanum… Ma siamo del parere che il Goetheanum è rimasto… Noi stiamo qui come Goetheanum nell’anima, come Goetheanum animico… Si può dire: l’edificio rimase animicamente… Esso è presente al nostro sguardo spirituale!”40

Più tardi, il 31 dicembre 1923, in una conferenza tenuta nell’anniversario dell’incendio:

▸ «Il Goetheanum potè esserci tolto, quello che non può venir tolto è lo spirito del Goetheanum, se in realtà noi sinceramente e francamente lo vogliamo.»

E finalmente alla fine del Convegno di Natale, Rudolf Steiner si espresse esplicitamente su questo mistero del «risuscitato» spirito del Goetheanum, quando riprese ancora una volta a parlare, dopo le parole di ringraziamento pronunciate da Klaus Werbeck a nome di tutti gli antroposofi presenti:

▸ «Cari amici, quello che qui è avvenuto, ben lo so, io potei dirlo, perchè fu espresso con pieno senso di responsabilità di fronte allo Spirito che è qui presente, che deve esserlo, e lo sarà, lo Spirito del Goetheanum. Mi sono permesso di dire in questi giorni parecchie parole in suo nome, che non avrebbero potuto riuscire così forti se non fossero state dette con il dovuto rispetto allo Spirito del Goetheanum, al buono Spirito del Goetheanum. Lasciatemi dunque accogliere anche questo ringraziamento nel nome dello Spirito del Goetheanum, per il quale vogliamo agire, anelare e lavorare nel mondo.»41

 

Riassumendo tutte queste singole dichiarazioni di Rudolf Steiner, possiamo provare il sentimento che esse ci pongono un quesito pieno di un altissimo significato, che si può forse compendiare nella frase seguente: che cos’è, dopo di allora, questo «Goetheanum risuscitato», che cosa significa «Spirito del Goetheanum», quale sarà la sua importanza per l’ulteriore sviluppo del movimento antroposofico e della Società Antroposofica?

Per trovare una risposta a questi interrogativi di straordinaria importanza, dobbiamo anzitutto volgerci interiormente a quel giorno fatale del 31 dicembre 1922, e domandarci: che cosa è avvenuto, in senso profondamente esoterico, in quel tragico giorno, quando il Goetheanum terrestre scomparve per sempre allo sguardo fisico degli uomini nell’elemento del fuoco?

Allora ci dobbiamo rivolgere con particolare attenzione al contenuto di quella conferenza che allora, per l’ultima volta, risuonò nella grande sala del Goetheanum, in speciale armonia con le sue forme, tanto che ognuno dei presenti potè sperimentare come, in risposta alle parole risuonanti dal podio, si rianimavano nel suo intimo le forme viventi del Goetheanum stesso, e cominciavano a parlare ▸ «un linguaggio che era la continuazione della lingua che dal podio interpretava lo spirito in idee», come esse rispondevano alle parole della conferenza stessa, e dirigevano lo sguardo animico dell’ascoltatore ▸ «verso l’ascesa dai campi terrestri ai campi stellari, che esprimono la volontà e la sapienza, la luce del cosmo spirituale».

 

Quella possente conferenza concludeva un ciclo di dodici conferenze, dal titolo

«Il nesso del mondo stellare verso l’uomo e dell’uomo verso il mondo stellare», che era stato tenuto nei mesi di novembre e di dicembre 1922 nel Goetheanum e portava anche il sottotitolo «La comunione spirituale dell’umanità». In esso, dopo aver considerata l’essenza del corso dell’anno dal punto di vista occulto, descrivendo i processi fisico-eterici del nostro pianeta nel loro rapporto con l’organismo fisico-eterico dell’uomo, Rudolf Steiner giungeva al punto culminante dell’intero ciclo: egli parlò del fatto che quando l’uomo ingerisce delle sostanze solide per costruire il suo corpo fisico, può sperimentare in sè il principio essenziale del mondo stellare, del mondo cioè delle stelle fisse, che è principalmente rappresentato dalla dodicità dello zodiaco:

«Con la sostanza terrestre contenuta nell’agire terreno accogliamo in noi l’essenza delle stelle, l’essenza del cielo. Ma, come uomini dobbiamo portarci a coscienza che nel nostro volere, nella nostra volontà compenetrata di amore, ritrasformiamo in spirito ciò che era divenuto sostanza, compiamo una reale transustanziazione quando diveniamo coscienti di stare dentro il mondo in modo che diventi vivente in noi la nostra vita spirituale di pensiero.»42

 

Poi egli parlò del fatto che l’uomo quando, per costruire il suo corpo fisico, ingerisce sostanze terrestri liquide, che nella loro mobilità sono espressioni del corpo eterico umano, può sperimentare in esse le azioni delle stelle o, in altre parole, la settemplicità dei movimenti dei pianeti. Dopo aver così descritta l’essenza di questo processo, Rudolf Steiner indica che l’uomo, nel compenetrarsi di vero sentimento, può trasformare in puro spirito anche le sostanze liquide ingerite.

Prosegue quindi:

▸ «Mentre posso vedere l’essere e l’intessere delle stelle nella volontà, come questa si trasforma amando nel contenuto spirituale del futuro, così vedo trasformarsi saggiamente in sentimento quello che mi vien dato qui in Terra, in quanto assumo l’immagine delle azioni celesti (cioè dei movimenti dei pianeti) in quello che compenetra il mio organismo degli umori.»

E quando l’uomo si è del tutto compenetrato dell’essenza dell’immaginazione, dell’ispirazione e dell’intuizione, cui ha avuto accesso mediante la scienza dello spirito, allora l’uomo che si è così collocato nel mondo,

▸ può «sperimentare se stesso come essere senziente e volente. Dedito all’onniveggenza dell’esistenza universale cosmica che lo circonda, egli può sperimentare ciò che, per suo mezzo, vien compiuto nel grande tempio del cosmo nella transustanziazione, nella quale egli sta sacrificalmente in puro atteggiamento spirituale. Ciò che altrimenti sarebbe solo conoscenza astratta, diventa una relazione di volontà e di sentimento con il mondo. Il mondo diventa tempio, diviene casa di Dio. L’uomo che conosce (vale a dire: l’uomo che si è compenetrato di immaginazione, ispirazione e intuizione) prendendo vigore nel sentire e nel volere, diventa un essere sacrificante. Il rapporto fondamentale tra uomo e universo si eleva da conoscenza a culto universale, a culto cosmico.»

 

A conclusione della conferenza Rudolf Steiner dette due strofe mantriche, le quali contenevano, quasi in forma concentrata, l’essenza della comunione spirituale dell’uomo, che è la vera mèta promessa alla Terra. Infatti la Terra, che in quanto essere fisico-eterico appartiene al passato, può conseguire il proprio scopo futuro, che consiste nella sua trasformazione nell’esistenza spirituale, solo se l’uomo effettua il culto cosmico e la trasforma così in spirito.

Le due strofe suonano così:

 

Si accosta a me nell’agire terreno

dato a me nell’effige materiale,

l’essere celeste delle stelle:

lo vedo tramutarsi, con amore, in volontà.

Urgono in me nella vita dell’acqua,

formandomi con potere materiale

le azioni celesti delle stelle:

le vedo tramutarsi saggiamente in sentimento.

 

se ora ci si immerge ancora più profondamente nel significato di questo culto cosmico, la cui essenza consiste nel fatto che le sostanze fisiche solide e quelle eteriche viventi si trasformano in puro spirito, attraverso il sentire e il volere dell’uomo che è compenetrato dalla conoscenza superiore, allora si può provare il sentimento della loro profonda affinità interiore con i tragici eventi della notte di S. Silvestro 1922/23.

 

Già quando il Goetheanum era ancora in costruzione, cominciarono ad apparire in forma plastico-artistica quelle immaginazioni, ispirazioni e intuizioni dalle quali era precedentemente scaturita la «Scienza occulta». Ma nel Goetheanum esse erano divenute Parola vivente Parola parlante, Parola etericamente configuratrice, erano divenute Parola di Dio che si rivolge agli uomini (vedi pag. 157).

 

Così nel Goetheanum abbiamo la prima grande rivelazione di Michele»,

divenuta visibile agli occhi fisici dell’uomo: «E la Parola si è fatta carne.»43

• La Parola di Dio che era già stata annunciata nella «Scienza occulta»

è «divenuta carne» in maniera reale nelle forme del Goetheanum,

per cui questo ultimo potè divenire la vera «casa della Parola» cioè

«… una incarnazione dell’Essere spirituale cui siamo devoti.»44

 

• Tuttavia il Goetheanum, che nelle sue forme architettoniche fondamentali rispecchiava la legge delle stelle fisse, e nella mobilità delle sue forme nella metamorfosi rispecchiava le azioni dei pianeti e con ciò l’essenza del principio fisico-eterico dell’uomo, quando nella notte di S. Silvestro subì, nell’elemento del fuoco, l’atto solenne «della transubstanziazione nel grande tempio del cosmo», divenne spirito puro, divenne lo spirito del Goetheanum.

Il Goetheanum che era stato eretto nel mondo per atto di volontà d’amore, che era stato costruito da uomini che avevano accolto in se stessi le nuove rivelazioni dello spirito, entrò, in concordanza con il karma del mondo, nel grande tempio del cosmo, identificandosi con lui, e divenne perciò il prototipo della seconda grande rivelazione di Michele, secondo la quale tutto quanto è «carne» deve in futuro ridivenire spirito e dimorare nel regno dello spirito,45 ma nello stesso tempo divenne il prototipo della vera comunione, dell’«inizio di un culto cosmico conforme all’umanità del tempo presente» che desta negli uomini un nuovo sentire e un nuovo volere.

Così, per volontà del karma universale, il male massimo dovette tramutarsi in bene.

 

Quanto il karma universale ha così permesso che avvenisse, venne posto a grande modello per tutta l’umanità, di come in un futuro che ha già avuto inizio nel nostro tempo, nell’intimo di ogni singolo uomo che aspiri a una conoscenza spirituale si possa compiere, in pura maniera spirituale, una genuina comunione spirituale, la commutazione della materia in spirito. Questo è l’inizio del processo di spiritualizzazione della Terra. Quello che, durante la temporanea vittoria delle potenze delle tenebre sulle potenze della luce, è stato causato dall’odio dell’uomo, deve servire in futuro di prototipo all’uomo per il più profondo amore e per forte volontà di sacrificio.

Il massimo male dovette trasformarsi per «volere compenetrato d’amore» in un forte impulso verso il bene e verso il sacrificio interiore, dovette convertirsi nell’impulso alla convivenza cristiana e all’adattamento al principio d’esistenza del mondo, dove l’atto della comunione diventa un riunirsi spirituale alle forze del Cristo vivente, che a partire dal Mistero del Golgota opera come nuovo spirito della Terra, forze che spiritualizzano e redimono l’uomo solamente mediante la sua congiunzione con le forze del Cristo, mediante le quali gli sarà possibile di accogliere in sè i germi del futuro stato di Giove.

 

Una tale comprensione dell’essenza e del significato dell’incendio annientatore del Goetheanum per l’intera evoluzione ulteriore dell’umanità sulla Terra, può gettar luce, non solo sul nesso profondo tra il tragico avvenimento e il Convegno di Natale del 1923-24, bensì anche sul fondamento spirituale del mistero degli ultimi mesi della vita terrena di Rudolf Steiner, nei quali egli, come iniziato e come uomo, ci indicò esemplarmente che significa, al massimo grado di una vita individuale umana convertire in bene, per puro amore e libero sacrificio, ciò che è apparso quale tragico prototipo per l’intera umanità nella notte di S. Silvestro dell’anno 1922/23.46

 

Dell’altro ancora si connette agli avvenimenti di quella notte. Nella conferenza che Rudolf Steiner tenne a Dornach il 31 dicembre 1923, nell’anniversario dell’incendio, egli descrive esaurientemente come i Maestri medievali della Rosacroce davano la massima importanza nel loro insegnamento al fatto, che l’uomo consiste di corpo fisico solido, nel quale operano, creandolo e formandolo, le somme entità della prima gerarchia, ma l’uomo ha nella loro sfera un’esistenza solo minerale; essi insegnavano inoltre che l’uomo porta in sè delle sostanze fluide, come espressione del suo corpo eterico, nel quale operano le alte entità della seconda gerarchia, nella cui sfera l’uomo ha solamente un’esistenza vegetale; il discepolo veniva poi istruito su come le sostanze aeriformi siano anzitutto espressione del corpo astrale nel quale discendono le entità della terza gerarchia, nel cui grembo l’uomo ha solo un’esistenza animale.

 

Finalmente il Maestro Rosacroce istruiva il discepolo in modo che da allora in poi gli era chiaro che:

▸ «egli vive sulla Terra unicamente attraverso quello che egli porta in sè come elemento di calore. Con ciò il discepolo rosicruciano sentiva il calore che portava in sè, il calore fisico, come l’elemento propriamente terreno dell’uomo. E imparava sempre di più a sentire l’affinità di questo calore fisico con il calore animico e con il calore spirituale. E…nell’attimo in cui al discepolo del Maestro Rosacroce si era dischiuso l’arcano del rapporto dell’elemento del calore con ciò che è terrestre nell’uomo, in questo momento egli sapeva collegare il suo elemento umano all’elemento spirituale47

 

Allora il discepolo poteva dire al suo maestro:

▸ «Ora mi accomiato da te con il massimo conforto che mi possa venire sulla Terra, poiché per il fatto che mi hai indicato che l’uomo terrestre ha veramente il suo elemento nel calore, mi hai dato la possibilità di collegare il mio fisico con l’animico e con lo spirituale. Nelle solide ossa, nel sangue fluido, nella respirazione aeriforme non porto dentro l’animico, lo porto dentro nell’elemento calorico. Ed era con un’immensa quiete che i discepoli così istruiti si allontanavano a quel tempo dai loro maestri. Dalla tranquillità del volto, in cui si esprimeva l’effetto del grande conforto conseguito, si sviluppava a poco a poco quello sguardo mite da cui può parlare la favella del cielo.»

 

Aveva luogo qui un insegnamento ▸ «che afferrava l’uomo intero, che faceva collegare all’anima umana il proprio essere alla sfera dello spirito cosmico

Questo però era possibile solo attraverso la conoscenza della natura segreta del calore, ossia del fuoco, nel quale può essere trovato sulla Terra l’io libero dell’uomo. Ecco perchè si possono designare le lezioni di quei maestri rosacruciani medievali come la dottrina all’elemento del fuoco o del calore, l’unico elemento nel quale l’uomo può sperimentare se stesso come essere interiormente conchiuso, individuale, dotato di io.48

 

Rudolf Steiner completò il 31 dicembre 1923 la descrizione delle lezioni dei maestri medievali della Rosacroce, rammentando l’ultima conferenza tenuta da lui nel Goetheanum esattamente un anno prima:

▸ «Quando per l’ultima volta potei stare sulla cattedra la cui collocazione si armonizzava con l’intero edificio, lo sguardo degli uditori di allora, il loro sguardo spirituale, potè venir diretto verso l’ascesa da ambiti terreni ad ambiti stellari, quelli che esprimono la volontà, la saggezza e la luce del cosmo spirituale. Io lo so: fungevano allora da padrini alcuni di quegli spiriti che nel medioevo istruivano i loro discepoli nel modo che vi descrivevo.»49

 

E ricordiamoci pure, per conseguire un’immagine completa di quella sera fatale, che il fuoco che consumò il primo Goetheanum fu scoperto solamente un’ora dopo il termine della conferenza, quando il fumo delle fiamme che riempiva già l’intercapedine delle cupole, sbucò da dentro e da fuori, da ogni parte. Ma le euritmiste, secondo il racconto di Assja Turghenieff50, mentre si preparavano alla rappresentazione serale, già prima della esecuzione euritmica, cioè alcune ore prima della conferenza, udirono uno strano crepitio, che era quello delle fiamme che già consumavano il legno tra le doppie pareti del Goetheanum.

 

Ora possediamo gli elementi singoli dai quali, al nostro sguardo interiore, si può configurare il vero quadro degli avvenimenti di quella tragica sera. Se cerchiamo di rappresentarci quel quadro, possiamo vedere Rudolf Steiner mentre sta in cattedra al centro del Goetheanum. Egli parla della grande comunione cosmica dell’uomo, parla del fatto che il mondo diventa il tempio in cui tutto il fisico-eterico si trasforma in puro spirito, perciocché vien conferito all’evoluzione della Terra il suo futuro cosmico. Questo può venir raggiunto solo attraverso l’agire libero e sacrificale dell’uomo sulla Terra, dell’uomo che, con le azioni di quell’amore che nasce dalla consapevole volontà di sacrificio, compie «l’atto della transustanziazione nel grande tempio del cosmo.»

Nello stesso momento, nel mondo spirituale limitrofo alla terra, stanno a semicerchio attorno a Rudolf Steiner i Maestri medievali della Rosacroce, quelli che insegnavano il grande mistero centrale e profondo dell’elemento del fuoco, nel quale l’uomo trova il rapporto tra la propria natura e la sfera divina, la sfera spirituale cosmica, e così sperimenta se stesso, nel proprio santissimo, come io individuale, libero, compenetrato dal Cristo.

Quei maestri medievali della dottrina del fuoco fanno da padrini di quel battesimo che, dopo il Mistero del Golgota, si celebra non con l’acqua, bensì con lo spirito e il fuoco.51 Tutto in giro, tra le doppie pareti del Goetheanum, già fiammeggia e infuria l’elemento del fuoco, anche se gli uomini non lo sanno ancora… Ma lo vede colui che, con dignità sovrumana, sta in cattedra e rivela all’umanità l’enigma della comunione cosmica con lo spirito, il segreto della promessa futura alla Terra.52 E lo vedono pure i «Padrini» che lo attorniano in ispirito, i veri Maestri-Rosacroce, che sono apparsi dai «campi stellari» a questo grande battesimo del fuoco.

 

Se si cerca di afferrare con la vista interiore la realtà fisico-spirituale di questa scena, il parteciparvi può servire di possente motivo a lavorare alla realizzazione di questo «atto nello spirito», mentre il suo prototipo, iscritto in eterno nella cronaca dell’Akasha, da allora appare come tale nel cosmo.

Questo ricordo può destare oggi nell’anima di ogni antroposofo l’impulso alla comunione spirituale interiore, che gli permette di «collegare il proprio essere con la sfera dell’elemento spirituale cosmico», e gli dà l’impulso alla comunione con la volontà, la saggezza e la luce del cosmo spirituale.

 

Il primo passo sulla via della realizzazione di questa alta meta deve essere il verace voto di fedeltà allo spirito del Goetheanum, che ogni antroposofo può deporre nel proprio cuore di fronte a quello spirito che oggi opera da quelle sfere cosmiche nelle quali l’uomo può entrare attraverso il «culto cosmico».33 Infatti

«che tutto ciò che costituisce il nostro rapporto con il mondo si riconosca dapprima come culto cosmico nell’uomo è il primo inizio di ciò che deve accadere se l’antroposofia deve attuare la propria missione nel mondo.»34

 

Un pegno affinchè l’antroposofia possa adempiere alla sua missione nel mondo attuale, è quel voto di fedeltà allo spirito del Goetheanum su cui Rudolf Steiner si espresse in parole così piene di significato alla fine della conferenza serale del 31 dicembre 1923 a Dornach:

▸ «Saremo degni del compito che ci è stato imposto in quanto abbiamo saputo costruire questo Goetheanum, se oggi nel ricordarlo, esprimiamo il voto, ciascuno di noi nel cospetto del miglior elemento divino che portiamo nell’anima, di rimanere fedeli agli impulsi spirituali che avevano la loro forma esteriore in quel Goetheanum. Questo Goetheanum ci potè essere tolto, ma lo spirito di questo Goetheanum non potrà esserci preso, se noi lo vogliamo onestamente e sinceramente. E tanto meno ci verrà tolto se noi in questa ora seria e solenne, che anticipa di poco il momento in cui, un anno fa, divamparono le fiamme dal nostro caro Goetheanum, se noi nel momento attuale, non solo rinnoviamo in noi il dolore, ma da questo dolore traiamo l’impegno solenne di mantenerci fedeli a quello spirito per il quale abbiamo costruito, nel corso di dieci anni, questa sede. Allora, miei cari amici, se questo voto interiore sgorga onestamente e sinceramente dai nostri cuori, se possiamo trasformare il dolore e la sofferenza nell’impulso all’azione, allora potremo anche trasformare il triste evento in una benedizione. Non per questo il dolore può diminuire, ma ci incorre l’obbligo di trovare, traendolo dal dolore, il motivo ad agire, all’azione nello spirito.

Così, miei cari amici, guardiamo a ritroso a quelle terribili fiamme che ci colmarono di un’indicibile afflizione, ma sentiamo oggi in noi stessi le migliori forze divine, che ci promettono solennemente che le fiamme sacre dei nostri cuori illumineranno e riscalderanno spiritualmente quanto nel Goetheanum era stato voluto, in quanto portiamo questa volontà nelle onde che conducono l’umanità verso il progresso.»

 

Questi «impulsi spirituali» che stimolano all’«atto nello spirito» e lo spirito del Goetheanum, che deve accendere «la sacra fiamma nei nostri cuori», ci danno la reale capacità di corrispondere nel giusto modo a quegli alti compiti e scopi che dal karma universale sono stati proposti a tutta l’umanità in quel giorno fatale della sera di S. Silvestro del 1922/23.

 

Abbiamo così considerato la distruzione per fuoco del primo Goetheanum nella sua immediata realtà fìsica e spirituale. Dobbiamo ora abbordare questo evento anche da un altro punto di vista, in quanto fa parte di un segreto contesto storico-occulto che abbraccia quasi tutta la storia evolutiva dell’umanità occidentale, cominciando dall’epoca della Grecia antica. Anche queste correlazioni storico-occulte erano presenti in Rudolf Steiner, in tutta la loro profondità e il loro significato, durante l’incendio.

 


 

Note:

1 – O.O. 96, 28/1/1907 EAM 1980.

2 – Possiamo trovare un accenno al primo sacrificio di Rudolf Steiner nel XXVI cap. della sua autobiografia. Al secondo sacrificio si accenna in diverse conferenze tenute tra il 1910 e il 1913, che sono riportate parzialmente nel terzo capitolo di questo libro. Sono pure raccolte nella conferenza di A. Arenson tenuta a Stoccarda il 30/3/1930, nel quinto anniversario della morte di Rudolf Steiner.

3 – Nel suo discorso di inaugurazione del Convegno di Natale, Rudolf Steiner disse le seguenti parole:

▸ «Ci vogliamo riallacciare oggi a ciò cui tanto volentieri ci saremmo riallacciati già fin dal 1913. Vogliamo ora riprendere nuovamente il filo, miei cari amici, e vogliamo iscrivere nella nostra anima quale supremo principio per il movimento antroposofico, che deve avere il suo involucro nella Società Antroposofica, che tutto in esso è voluto dallo spirito, che esso vuol essere un compimento di quanto i segni del tempo dicono in caratteri luminosi ai cuori degli uomini.» (O.O. 260, pag. 30)

Queste parole che si riferiscono anzitutto alla fondazione, avvenuta il 13 febbraio 1913, della Società Antroposofica indipendente, e per quanto concerne il loro contenuto più interiore, possono essere riferite alla posa della pietra fondamentale del primo Goetheanum che ebbe luogo a Dornach il 20 settembre 1913.

4 – Vedi anche Daniel van Bemmelen: «Das erste Goetheanum als Menscheitsbau» (Il primo Goetheanum quale edificio dell’umanità) Dornach 1975.

5 – Zeylmans van Emmichoven, op. cit., EAM 1982 pag. 24.

6 – Nella conferenza del 6/9/1918 (O.O. 184), Rudolf Steiner chiama i misteri della nascita e della morte misteri della Luna e del Sole. In questo la Luna si collega con gli impulsi dell’ereditarietà, che agiscono alla nascita, e il Sole con il destarsi della coscienza individuale, che sempre si collega con processi di morte. In tale connesso era particolarmente profonda nel popolo dell’antico testamento la conoscenza dei misteri lunari, poiché era appunto sua missione di preparare gli involucri terreni per la futura incarnazione del Cristo (Vedi O.O. 123, 4/9/1910). Perciò gli iniziati del popolo ebraico antico erano ispirati da Jehova, il dio lunare. E il Cristo, quando discese negli involucri di Gesù, per lui preparati, portando così in Terra la verace conoscenza del mistero della morte, venne tanto poco compreso proprio dal popolo ebraico, poiché questo aveva sviluppato fino allora solo una coscienza del mistero della nascita.

6a – Nella conferenza del 15/4/1922 (O.O. 211) Rudolf Steiner parla esaurientemente del fatto che gli stessi dèi delle gerarchie superiori non conoscevano il segreto della morte, ma solo il mistero della nascita, che essi comunicavano all’umanità nei misteri. Rudolf Steiner lo presenta nel modo seguente: «Questi maestri divino-spirituali dell’umanità sapevano della nascita, ma non della morte…

Gli dèi vedevano in certo modo che, mentre prima essi potevano parlare all’uomo terrestre solo del mistero della nascita, la Terra si emancipava a poco a poco da quelle forze che essi stessi avevano introdotte, e come la morte avrebbe afferrato l’anima.»

7 – In rapporto a questo acquistano un particolare significato le parole di Rudolf Steiner della conferenza del 27/8/1924 (O.O. 240): ▸ «dopo venne sulla Terra il Cristo con il suo sé spirituale» (vedi nota 121, V cap.) cui accenna l’immagine della colomba (simbolo dello Spirito Santo) al battesimo nel Giordano.

7a – Rudolf Steiner descrive nella conferenza del 6/7/1909 (O.O. 112), in termini particolarmente significativi, questa rivelazione del vero volto della morte, come mistero della riunione, attraverso il Cristo Gesù, con la somma vita cosmica, cioè con il regno cosmico del Padre di ogni esistenza.

8 – Sul fatto che il Cristo portò dal Sole in Terra il vero impulso del tempo, vedi 4/6/1924 O.O. 236.

9 – Vedi O.O. 103, XII conf., e O.O. 96 25/3/1907 (RA 1957/66).

10 – Otteniamo un’indicazione sul carattere della metamorfosi del pensiero, impresso nelle forme del Goetheanum, sulla sua risurrezione dalla morte e sul suo affermarsi nel vivente e nel mobile, se prendiamo in considerazione quanto segue: nella conferenza del 28/6/1914 (O.O. 286), EAM 1979 pagg.72- 73, Rudolf Steiner caratterizza l’essenza dei pensieri artistici architettonici che sono alla base di questo edificio, come segue:

▸ «Noi entriamo con venerazione nello spirito, in quanto ci uniamo con lo spirito che si riversa intorno a noi nelle forme, poiché intorno a noi ci sono gli spiriti della forma; e lo spirito entra in movimento, poiché dietro gli spiriti della forma stanno gli spiriti del movimento, questo è il nuovo pensiero architettonico!»

Si devono poi confrontare questi detti con il contenuto della conferenza del 20/1/1914 (O.O. 151), dal titolo: «L’ascesa dal pensiero rigido al pensiero mobile, come ascesa dal regno degli spiriti della forma al regno degli spiriti del movimento». In questa conferenza Rudolf Steiner accenna in particolare anche a Goethe come a colui che, per primo nell’evo moderno, fece il tentativo, con la sua teoria della «Urpflanze» (proto-pianta) e della «Urtier» (proto-animale), di passare dal pensiero rigido a quello in moto. Se ora ci rammentiamo, in questo contesto, che Rudolf Steiner, nella sua prefazione all’edizione Kurschner degli scritti scientifici di Goethe, scrisse le parole memorabili: «Il percepire l’idea nella realtà è la vera comunione dell’uomo» (O.O. 1, VI articolo) e se inoltre abbiamo chiaro che il «percepire l’idea» è possibile solo a chi sia giunto ad un pensiero mobile e vivente, ci avviciniamo allora di un passo alla comprensione di quello che il Goetheanum con le sue forme architettoniche plastiche avrebbe dovuto rivelare all’umanità.

10a – La corrispondenza qui riportata della cupola grande con l’Io macrocosmico dell’uomo e di quella piccola con l’io microcosmico, ricopre piuttosto il punto di vista exoterico. in senso esoterico abbiamo invero la corrispondenza inversa, nella quale all’io terreno dell’uomo è ascritta la cupola grande, e al suo Io superiore quella piccola. A questa corrispondenza «esoterica» accenna anche l’orientazione che è stata data alla pietra fondamentale del primo Goetheanum, che consisteva di due dodecaedri di rame congiunti, uno più piccolo e uno più grosso, ove il dodecaedro più grande era stato posto nella direzione della cupola piccola e il più piccolo nella direzione della cupola grande.

11 – Nella conferenza del 18/5/1924 (O.O. 236), Rudolf Steiner parla esaurientemente dell’argomento che, a una reale comprensione dell’eternità si può giungere mediante la considerazione riunita dei due più importanti principi congiunti all’esistenza spirituale dell’essere umano: quello dell’innatalità e quello dell’immortalità. Ora il primo forma il nucleo nascosto dei misteri della nascita, e il secondo quello dei misteri della morte. Tuttavia la considerazione comune di entrambi ci conduce direttamente nell’essenza dei misteri dell’eternità.

12 – Prima lettera ai corinzi 3,12 e 6.19.

13 – O.O. 260, 31/12/1923.

14 – Le due ali laterali della finestra rosa, posta a sud, che è la metamorfosi del portale occidentale del primo Goetheanum, contrassegnano nel volto dell’«uomo ideale» che porta in sè la forza del Sole, il Goetheanum come l’edificio che rappresenta con le sue forme il prototipo celeste dell’uomo stesso.

15 – O.O. 286, 7/6/1914.

16 – Id. 17/6/1914.

17 – O.O. 232, 2/12/1923.

18 – Grosse op. cit. pag. 67.

19 – 12/12/1911, citato da Daniel van Bemmelen: «Das erste Goetheanum als Men- scheitsbau» (Il primo Goetheanum quale edificio dell’umanità) Dornach 1975.

20 – O.O. 275, 29/12/1914.

21 – Vedi la nota (14) di questo capitolo. Qui c’è inoltre da fare l’importante osservazione che nel volto, sull’ala destra della finestra, che è risultato dalla metamorfosi del portale ovest del Goetheanum, al posto del fior di loto a due petali, cioè nel punto in cui nell’uomo il corpo eterico si congiunge con il corpo fisico, è rappresentata una forma vegetale fiorita: è un’immagine del corpo eterico che, nel nostro tempo deve cominciare a liberarsi di nuovo, nell’ambito della testa, dal corpo fisico, ciò che dovrebbe portare, in ampie cerchie dell’umanità ad una chiaroveggenza naturale eterica. Quello che anzitutto si apre all’uomo con il risvegliarsi naturale dello sguardo immaginativo, è mostrato nel motivo centrale della finestra che abbiamo presa in considerazione.

22 – Sul dato di fatto che il corpo eterico agisce soprattutto nell’elemento liquido, vedi la conferenza del 1/2/1924, O.O. 234 e la nota 47 del V cap. Nella conferenza del 31/12/1922 (O.O. 219) RA 1989 pag. 14, Rudolf Steiner dice in argomento: «Quello che in noi fa circolare il sangue e mette in movimento gli altri succhi è l’organismo eterico.»

23 – Nella conferenza del 31/12/1922 O.O. 219 RA 1989 pag.14, così ne parla Rudolf Steiner: ▸ «Nella misura in cui il mondo stellare è un essere in riposo, si comporta per es. nello spazio cosmico in modo calmo rispetto alla Terra nelle immagini zodiacali, nella stessa misura l’uomo è in relazione alle forme dello spazio cosmico con il proprio organismo fisico.»

Sul carattere di questo collegamento del corpo fisico umano con le 12 immagini stellari, vedi il motivo centrale della finestra azzurra a sud del Goetheanum. Tale collegamento venne descritto da Rudolf Steiner anche da un altro punto di vista il 7/6/1912 (O.O.137).

24 – II rapporto del copro eterico con i pianeti principali si manifesta specialmente nella conferenza di Rudolf Steiner, del 21/4/1924 (O.O. 233): là si parla di come nella sfera della Luna, immediatamente prima dell’incarnazione dell’uomo sulla Terra, i maestri lunari della saggezza formano il suo nuovo corpo eterico, traendolo dalle forze dei sette pianeti. Vedi nota 87 del V cap.

25 – Sul carattere temporale della regolamentazione fondamentale del corpo eterico vedi nota 39 del VI cap.

26 – Sul rapporto vicendevole più profondo tra i numeri 12 e 7, vedi in particolare l’ultima conferenza dell’O.O. 113. Qui possiamo solo notare che la legge che si basa sul numero 7 si collega con i misteri del tempo (Sole) e la legge del numero 12 con quelli dello spazio (Luna).

27 – Vedi anche Andrej Belyj: «Epopeja Ja», nota 102 del III cap.

28 – Daniel van Bemmelen, op. cit. capitolo: «Das erste Goetheanum als Haus der Anthroposophie» (Il primo Goetheanum come casa dell’antroposofia).

29 – Vedi nota 80 e 81a del III cap.

30 – Una tale soluzione architettonica-plastica-pittorica dello spazio della cupola piccola, dove tutto è costruito sulla dodicità, nella quale come XIII, il Cristo entra provenendo dalla sfera macrocosmica dell’Io, ci scioglie anche l’enigma dei dodici troni che circondano il «Rappresentante dell’umanità» che sta al centro. Proprio in questa possente immaginazione sensibile-soprasensibile si apre l’immagine del sublime collegio dei 12 Bodisatva, la cui comune missione abbraccia l’intera evoluzione della Terra (rappresentata nella pittura della cupola piccola) i quali siedono solennemente sui 12 troni e contemplano imperturbabili il XIII che sta al centro, cioè il Cristo stesso. Dirigiamo ora la nostra attenzione sul fatto che nella periferia esterna del cerchio formato verso oriente dalle 12 colonne e dai 12 troni, stava la cattedra per l’oratore, dalla quale doveva venir annunciata agli uomini l’antroposofia, quale sapienza dello Spirito Santo, ci avvicineremo allora di un passo ulteriore alla comprensione del profondo mistero dell’umanità, quello che nel primo Goetheanum era celato il verace «Tempio della nuova vita spirituale».

31 – C’è ancora da indicare che questo principio del 12 e del 7, come fu già osservato da Zeylmans, è contenuto nella meditazione della pietra fondamentale: i primi capoversi delle parti I a III, consistono di 12 righe (senza contare l’appello all’anima umana); i secondi capoversi delle stesse parti consistono di 7 righe, a cui si aggiunge tre volte il discorso agli spiriti elementari, ognuno di tre righe.

32 – Vedi nota 35 di questo cap.

33 – O.O. 42/245, pag. 126.

34 – II testo completo nel taccuino di Rudolf Steiner dice: (O.O. 286) EAM 1979 pag.117

▸ «Gli uomini devono anzitutto volere procedendo di colonna in colonna.

Quando essi comprendono le colonne il sentimento per la vita si desta nel giusto senso.

Nella cupola = l’anima Nelle forme = il corpo

Volontà – avanzando Sentimento – ascendendo Pensiero – concludendo».