Il karma del singolo deve congiungersi col karma delle comunità.

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 11.09.1910


 

Gli ordinamenti umani dovevano ricevere l’impronta e l’armonia dell’io cosciente.

Questo è contenuto nelle ultime parole che il Cristo rivolge a Pietro in quella circostanza: «Quello che tu legherai sulla Terra (cioè che legherà la tua natura più profonda) coincide con ciò che sarà legato in cielo, e quello che la tua stessa natura scioglierà quaggiù, sarà sciolto anche in cielo» (16,19).

 

Nei tempi antichi tutto il valore della convivenza umana era fondato sulla consanguineità;

ma l’uomo deve svilupparsi fino a fondare rapporti spirituali, morali.

Le comunità fondate dagli uomini devono assumere per loro un valore sempre maggiore.

Dal punto di vista della scienza dello spirito antroposofica, ci si può esprimere così:

il karma del singolo deve congiungersi col karma delle comunità.

 

Come non contraddice all’idea del karma il fatto di donare qualcosa a un povero,

così non è in contraddizione con quel l’idea la possibilità che una comunità si assuma parte del karma di un singolo uomo.

• La comunità può aiutare il singolo a portare la sua sorte;

il karma può cioè congiungersi in modo che la comunità contribuisca a portare il karma del singolo.

 

In altre parole può verificarsi un rapporto morale di questo genere:

un singolo individuo che partecipa a una comunità commette un torto;

questo fatto verrà certamente registrato nel suo karma individuale

e dovrà venir pareggiato nelle connessioni cosmiche generali.

 

Può darsi parò che si trovi un altro uomo, disposto ad aiutare il primo a portare il suo karma.

Il karma deve certo pareggiarsi, ma un altro può aiutarci a pareggiarlo.

In tal modo intere comunità possono aiutare chi ha commesso un torto.

 

Il singolo può aver congiunto così strettamente il proprio karma con la comunità, che questa lo consideri un proprio membro,

al punto da toglierli coscientemente una parte del peso che egli ha da portare.

Tutta la comunità è unita nel sentimento e nella volontà di migliorare il singolo; è come se dicesse:

Tu uomo singolo hai fatto del male, ma noi prendiamo le tue parti,

assumendoci ciò che può portare un miglioramento al tuo karma.

 

Se la comunità si chiama Chiesa (16,18), allora la Chiesa si assume l’impegno di prendere su di sé le colpe del singolo,

di contribuire a portare il suo karma.

Non si tratta della cosiddetta remissione dei peccati, nel senso in cui la si considera abitualmente, ma di un legame reale,

di un impegno di prendere su di sé i peccati; e precisamente di un impegno cosciente da parte della comunità.

Se si intende in questo modo il «legare» e lo «sciogliersi»,

ogni remissione di peccati dovrebbe suscitare l’idea dell’impegno assunto dalla comunità.

Per il fatto che il destino dei singoli è talmente intessuto col karma dell’intera comunità, nasce una specie di rete.

 

Grazie a quanto il Cristo ha portato giù dalle altezze spirituali, quella rete dovrà riprodurre l’immagine dell’ordinamento del «cielo», vale a dire che il karma del singolo sarà intessuto con quello collettivo non arbitrariamente, ma in modo che l’organismo della comunità riproduca l’ordinamento del «cielo».

 

Per chi cominci a comprendere così questa scena della cosiddetta confessione di Pietro,

essa viene assumendo un significato profondissimo.

Si tratta per così dire dell’atto di fondazione dell’umanità futurafondata sopra la natura dell’io.

Questo appunto è il contenuto di quel colloquio confidenziale fra il Cristo e i suoi discepoli più vicini:

il Cristo trasferisce sulla comunità che i discepoli dovranno fondare le forze da lui recate dal macrocosmo.

 

Da questo momento il vangelo di Matteo ci descrive l’ascesa dei discepoli alle sfere da cui fluiscono in loro la forza solare

e la forza cosmica concentrate nel Cristo perché si trasmettano ai discepoli.

Sappiamo già che l’ascesa al macrocosmo è uno degli aspetti dell’iniziazione;

e il Cristo, in quanto guida dei suoi discepoli, li conduce fuori nel cosmo,

proprio perché egli rappresenta l’impulso verso quel tipo di iniziazione.

 

Come il singolo iniziando penetra coscientemente nel macrocosmo, imparando a conoscerlo pezzo per pezzo, così il Cristo discende per così dire dal macrocosmo, indicando ovunque le forze che vi operano e che ne fluiscono, e trasmettendole ai discepoli.

 

Ho già ricordato nella conferenza precedente in che modo questo avvenga.

Un uomo si addormenta; nel letto giacciono il corpo fisico e l’eterico,

mentre il suo corpo astrale e l’io sono effusi nel cosmo e vengono compenetrati dalle forze dell’universo.

Se il Cristo gli si avvicinasse in quello stato, sarebbe lui ad attirargli coscientemente e ad illuminargli quelle forze.

 

È proprio questo che avviene nella scena descritta dal vangelo (14,25-26): i discepoli stanno navigando, nell’ultima vigilia della notte, quando scoprono che quello che avevano preso per un fantasma è il Cristo che fa fluire in loro la forza del macrocosmo.

Quella descrizione ci fa toccar con mano che il Cristo conduce i discepoli alle forze del macrocosmo.

 

Le scene seguenti del vangelo di Matteo non rappresentano altro che il Cristo mentre guida passo per passo i discepoli sulla via dell’iniziazione. È come se il Cristo stesso facesse le relative esperienze, tenendo per mano, passo per passo, i suoi discepoli e guidandoli verso le tappe che l’iniziando deve percorrere.