Il karma e gli antichi maestri dell’umanità

O.O. 236 – Nessi karmici Vol. II – 11.05.1924


 

Sommario: Aspetti etici e spirituali del karma. Il karma e gli antichi maestri dell’umanità. Mondo animico ed esperienze nelle notti. La saggezza primordiale.

 

Per un certo tempo ancora ci occuperemo dei nessi conformi a determinate leggi nello sviluppo del karma umano, e oggi tratterò della sua configurazione interiore e in particolare di quella parte che riguarda soprattutto l’aspetto morale ed etico e l’aspetto spirituale della vita umana.

Dobbiamo considerare che non appena si guarda oltre il mondo fisico (ed esaminando il karma, i nessi che si presentano sono spirituali, anche se si esplicano nel fisico, per esempio in malattie), si vede che quanto in una malattia è karmico ha cause spirituali.

Quando si procede all’osservazione del karma si penetra quindi sempre nella sfera spirituale.

Ora vogliamo soprattutto esaminarne il lato etico-spirituale, il lato animico.

 

Già un’altra volta feci rilevare che il karma, la formazione del karma, è in relazione con gli esseri che in remotissimi tempi dell’evoluzione terrena erano sulla Terra, che poi se ne separarono col distacco della Luna, e che da allora vivono nell’universo come una particolare categoria di esseri lunari, di esseri che hanno dimora sulla Luna.

L’astro chiamato Luna, di cui la parte fisica, quella generalmente descritta, è solo un aspetto, dobbiamo rappresentarcelo come la dimora di certi esseri spirituali, fra cui i più importanti sono quelli che un tempo vissero sulla Terra quali grandi maestri primordiali e posero le basi dell’antichissima saggezza di cui spesso ho parlato.

Un tempo, dunque, quegli esseri vivevano sulla Terra quando la Luna non se n’era ancora staccata. A quel tempo essi infusero per così dire negli uomini la saggezza primordiale, così che gli uomini pervennero a quella saggezza mediante una specie di illuminazione interiore. Come quegli esseri agirono è del tutto diverso da come oggi possono agire gli uomini sulla Terra.

 

Il tipo di attività svolta tra gli esseri umani da quegli antichissimi maestri dovrebbe in verità essere designato come una specie di attività magica, come azioni avvenute per l’influsso molto maggiore di quanto non abbia l’odierna volontà umana anche su ciò che può accadere esteriormente.

Oggi la volontà può unicamente agire sul mondo esterno per mezzo di un tramite fisico. Se vogliamo urtare un oggetto, dobbiamo sviluppare la volontà di urtarlo attraverso il braccio e la mano. Al tempo di quegli antichi maestri esisteva ancora un influsso diretto del volere su quei processi esterni, che oggi chiamiamo naturali, in una forma che oggi chiameremmo magica. Si può dire che gli ultimi residui di quel potere della volontà umana durarono fino a un tempo relativamente vicino.

 

Rousseau per esempio narra che in certi paesi caldi gli riusciva di paralizzare, anzi perfino di uccidere dei rospi semplicemente guardandoli fisso.

Quel potere della volontà umana, che in paesi caldi durò fino al secolo diciottesimo, andò poi sempre più svanendo. Nell’antico Egitto esisteva ancora come azione della volontà umana sulla crescita delle piante; la volontà poteva favorirne lo sviluppo.

Al tempo in cui quegli antichissimi maestri vivevano sulla Terra, la volontà umana poteva agire perfino sugli stessi processi della natura inanimata.

Naturalmente queste cose dipendono, o per meglio dire dipendevano, anche dall’avere una giusta penetrazione istintiva nelle correlazioni del mondo, da una penetrazione che all’odierna più grossolana scienza manca del tutto.

 

L’importanza del calore rispetto all’influsso esercitato dalla volontà umana appare di nuovo quando quello stesso Rousseau che in paesi caldi era stato capace di uccidere un rospo col suo sguardo, più tardi, a Lione, si provò a fissare un rospo pensando di poterlo per lo meno paralizzare, ed ecco che il rospo, non solo non rimase paralizzato, ma fissò a sua volta Rousseau in modo così penetrante che questi restò come tramortito e tornò a condizione normale solo mercé una sostanza venefica somministratagli dal medico.

Quello sviluppo della volontà si collega assolutamente con la conoscenza istintiva di quanto esiste intorno a noi.

 

In virtù dei sostrati spirituali del loro essere, gli antichissimi maestri dell’umanità possedevano ancora una conoscenza della natura del tutto diversa, più intensa e profonda di quella attuale. In breve, essi possedevano davvero facoltà che non si possono comprendere nell’ambito delle leggi naturali, e nemmeno sarebbe stato possibile comprenderle, poiché naturalmente a quel tempo le attuali scienze non esistevano. Agli uomini di allora esse sarebbero d’altronde apparse sommamente vane: essi non avrebbero capito a che cosa mirassero. Ogni azione si basava infatti su una conoscenza delle cose molto più interiore di quella odierna.

 

Quei maestri trasportarono il campo della loro attività dalla Terra sulla Luna, e poiché nell’universo tutte le cose stanno in relazione fra di loro, essi hanno ora un grande compito connesso con tutti gli eventi del mondo, e in modo rilevante anche col karma, con la formazione del karma umano.

 

Un’importante parte costitutiva della formazione del karma è infatti quella che possiamo osservare quando, pochi giorni dopo la morte, avendo deposto il proprio corpo eterico, l’essere umano vive a ritroso non l’esistenza di veglia sulla Terra, ma quella vissuta nel sonno. Dopo varcata la porta della morte, l’uomo ha anzitutto chiaramente davanti a sé un possente e vasto quadro retrospettivo di quanto egli sperimentò durante la vita. È una visione retrospettiva in immagini. Pochi giorni dopo la morte il corpo eterico si dissolve nell’etere cosmico generale, e quella visione retrospettiva lentamente svanisce. Allora ha inizio una reale visione retrospettiva.

 

La vita terrena si svolge in modo che, anche afferrandola nel ricordo come un’unità, è naturalmente un’illusione,

perché la vita non trascorre come un’unità:

noi sperimentiamo sempre in maniera cosciente un giorno,

e poi inconsapevolmente una notte,

quindi di nuovo in modo cosciente un giorno, in modo inconscio una notte e così via.

 

Quando poi ricordiamo il passato, dimentichiamo che fra una giornata e l’altra intercorsero sempre le notti. In quelle notti l’anima umana, il corpo astrale e l’io sperimentano molte cose, solo che non ne abbiamo conoscenza.

Ciò che si svolge e che durante l’esistenza terrena l’uomo attraversa in modo inconsapevole, lo sperimenta in un cammino a ritroso in modo che dopo la morte il tempo gli sembra davvero scorrere a ritroso; sperimenta allora le proprie notti in piena consapevolezza.

Poiché l’uomo trascorre dormendo circa un terzo della vita, quel cammino a ritroso attraverso il tempo dura anch’esso circa un terzo della vita. Una persona di sessant’anni percorrerà quel cammino a ritroso per circa vent’anni, avendo dormito press’a poco per un tempo corrispondente a tale numero di anni. Poi entrerà nella sfera propriamente spirituale e vivrà in modo diverso.

 

Ma quel cammino a ritroso, l’osservazione di quanto accade durante il sonno,

è la prima esperienza dopo la morte, un’esperienza per la quale si rimane stupiti

per la grande, spiccata diversità rispetto al modo solito di sperimentare durante la notte.

 

Prescindendo dai sogni che affiorano dal sonno, che riproducono con scarsa fedeltà e spesso in modo illusorio e fantastico i fatti della vita terrena, prescindendo dai sogni che affiorano dalla vita notturna, si ha scarsa coscienza di quanto allora si attraversa.

Descrissi altre volte che cosa avviene durante il sonno, ma dopo la morte l’essere umano sperimenta tutto questo con straordinaria chiarezza, con estrema evidenza, tanto da poter dire: la vita che trascorriamo nel mondo animico dopo la morte genera in realtà impressioni più forti che non la vita terrena. Le immagini che si vivono, il modo in cui si è inseriti in tali esperienze è intensissimo, non sognante ma molto intenso.

Tutto si sperimenta come guardando il negativo di una fotografia.

 

Se dunque durante la vita terrena abbiamo recato dolore a qualcuno, in essa sperimentiamo il fatto di aver causato quel dolore. Durante la vita terrena sperimentiamo quello che abbiamo fatto e che proviene da noi; quando, dopo la morte, si vive a ritroso, non si sperimenta quello che abbiamo sperimentato nella vita terrena, ma quello che soffrì chi subì la nostra azione, come se noi ci trasferissimo nell’altra persona.

Valendomi di un esempio piuttosto drastico, se quindi demmo uno schiaffo a qualcuno, non sperimenteremo quello che sentimmo nel proporci e nell’eseguire quell’azione che non ci recò alcun dolore, se non forse alla mano per lo sforzo troppo forte, ma invece della nostra esperienza nel vivere a ritroso sentiremo come nostra esperienza tutto quello che sperimentò la persona colpita e lo sentiremo con estrema chiarezza e in modo più intenso.

 

In realtà durante quel percorso a ritroso ci diciamo: è straordinariamente impressionante quello che ora provo! Nessuna impressione terrena è altrettanto possente quanto quelle che si ricevono dopo la morte quando, in un tempo che dura un terzo della vita, viviamo a ritroso la nostra esistenza terrena.

In quel tempo sperimentiamo in realtà tutto il pareggio karmico delle azioni compiute, vivendo come nostre le sensazioni altrui. Sperimentiamo l’intero pareggio karmico, ma non ancora come nella vita terrena: questo avverrà nella nostra prossima esistenza.

Se anche non è molto intenso riguardo all’azione, come lo sarà più tardi nella vita terrena, l’impressione che se ne ha è ancora più forte di quanto non lo sarà in una qualsiasi vita terrena.

È una cosa che colpisce! La forza, l’intensità con cui allora si sperimenta è davvero singolare e straordinaria.

 

Se nel proprio io e nel corpo astrale l’uomo potesse sviluppare la forza che possiede quando varca la porta della morte, egli sperimenterebbe quel cammino a ritroso tutt’al più come un vivace sogno. Guardando solo alla vita terrena e a quello che la vita terrena può fare dell’uomo, ci si dovrebbe aspettare che quel cammino a ritroso venisse sperimentato come un vivace, un vivacissimo sogno. Tuttavia non è così, non è un sogno vivace, ma un’esperienza straordinariamente intensa, molto più intensa delle esperienze terrene.

Allora l’essere umano non ha né il corpo fisico né il corpo eterico attraverso i quali egli vive qui le sue esperienze. Immaginiamoci che cosa sperimenteremmo sulla Terra con la coscienza usuale se non avessimo né un corpo fisico né un corpo eterico: passeremmo velocemente sopra la Terra, ogni tanto ci apparirebbe un sogno, poi torneremmo ad addormentarci e così via.

 

Ci si può ben immaginare che il sogno che un sessantenne dopo la vita terrena ha per vent’anni sia continuo; qui però non si tratta di un sogno, ma di un modo di sperimentare energico ed intenso. Come avviene? Avviene perché non appena l’essere umano ha varcato la porta della morte e deposto il corpo eterico, nel momento in cui inizia il suo cammino a ritroso, gli esseri lunari gli si avvicinano, con il loro antico potere magico penetrano in lui, nelle sue esperienze, con la sostanza cosmica delle sue immagini.

Se mi è lecito un paragone, è come se io dipingessi un quadro. A tutta prima dipingo soltanto un quadro, non fa male a nessuno se non è proprio bruttissimo, e anche allora è soltanto un’impressione morale, quindi non fa male a nessuno.

 

Ma immaginiamo che io ritragga tre persone dei presenti e che faccia fluire nel quadro forza magica: le tre figure uscirebbero dal dipinto ed eseguirebbero tutto quello che potrebbero eventualmente aver tramato contro qualcuno. Esse si comporterebbero con intensità, con forza e attività maggiori di quelle solite agli antroposofi! Così è. Durante quel periodo tutto viene sperimentato con straordinaria vivacità perché gli esseri lunari compenetrano le immagini che ivi si sperimentano con tutto il loro essere: direi che le compenetrano e le saturano di « super-essere ».

Dopo la morte attraversiamo dunque in questo modo la regione degli esseri lunari. Come ho descritto, quello che sperimentiamo come pareggio degli atti compiuti si fissa con grande forza nell’etere universale.

 

Proprio questo cammino a ritroso, quando non ci si limiti a descriverlo teoricamente come feci nel libro Teosofìa ma si cerchi di descriverlo in modo concreto ed evidente come tento di fare adesso, proprio questo vivere a ritroso è estremamente interessante, e d’altronde tutta la vita dell’essere umano dopo la morte è una parte importantissima della sua esistenza.

In questi nostri tempi le esperienze che ivi si hanno di quel periodo sono particolarmente complesse.

 

Pensiamo solo alla grande diversità fra la struttura animica di quegli esseri lunari e quella degli abitanti della Terra. Gli esseri lunari con i quali, come dissi, tanto si ha a che fare dopo la morte, conferirono agli uomini l’antichissima saggezza che appunto in questo nostro periodo si è spenta, che durò ed ebbe una certa intensità solo fino al terzo e al quarto secolo dopo Cristo, visse poi ancora come tradizione e infine si spense del tutto.

Ho spesso detto che l’uomo non sarebbe mai pervenuto a libertà se la grandiosa e poderosa saggezza di quegli antichissimi maestri fosse durata. Essa dunque si spense e fu sostituita dal pensiero astratto.

 

L’uomo pensa oggi in concetti

che non hanno in realtà più molto a che fare col mondo spirituale.