Il legame dell’uomo con le entità spirituali nell’arte

O.O. 102 – L’Agire di entità spirituali nell’uomo – 11.06.1908


 

Nelle ultime considerazioni fatte durante gli incontri serali del nostro gruppo, abbiamo presentato diversi punti di vista che illustrano come interagiscano misteriosamente, fra l’uomo e i mondi spirituali, le entità spirituali che sono sempre attorno a noi, e che non sono solo sempre attorno a noi, ma che passano anche di continuo attraverso di noi e insieme alle quali continuamente viviamo.

Non dobbiamo però immaginarci che il rapporto tra l’uomo e le entità spirituali del suo ambiente si sviluppi solo in quel senso – diciamo così – più grossolano che abbiamo citato nelle ultime considerazioni fatte.

 

• Anche attraverso le svariate mansioni e azioni umane

che appartengono soprattutto alla sfera del pensiero,

si crea una relazione tra l’uomo e il mondo spirituale.

 

Nelle due considerazioni precedenti abbiamo dovuto richiamare l’attenzione su quelle entità spirituali che in un certo senso sono subordinate. Da conferenze precedenti, però, noi sappiamo che abbiamo anche a che fare con entità spirituali che stanno al di sopra dell’uomo, e che esistono anche rapporti e relazioni tra l’uomo e queste entità superiori.

Abbiamo detto che ci sono entità spirituali superiori che vivono attorno a noi e che non sono costituite di corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e così via, come l’uomo, ma la cui parte costitutiva inferiore consiste nel corpo eterico. Dal momento che la loro corporeità è finemente eterica, esse non sono visibili allo sguardo ordinario, per cui l’uomo vi vede attraverso. E poi arriviamo ad entità ancora superiori parte costitutiva inferiore è il corpo astrale, le quali offrono quindi all’uomo una corporeità ancora più rarefatta.

Tutte queste entità, però, hanno un certo rapporto con l’uomo, e la cosa più importante al giorno d’oggi è il fatto che l’uomo, durante la sua vita sulla scena terrestre, può sicuramente fare qualcosa per entrare in relazione con esse.

Gli uomini, a seconda di cosa fanno sulla Terra per favorire le condizioni di vita, entrano sempre in relazione con i mondi superiori – per quanto ciò possa apparire improbabile ad un uomo del nostro tempo cosiddetto illuminato, che in realtà non è per nulla illuminato per quanto riguarda le verità profonde della vita.

 

Prendiamo innanzitutto in considerazione quelle entità la cui parte costitutiva inferiore è il corpo eterico, e che con questo sottile corpo eterico vivono attorno a noi, ci circondano e inviano verso il basso fino a noi le loro azioni e le loro rivelazioni. Poniamo spiritualmente queste entità davanti alla nostra anima e chiediamoci: può fare l’uomo qualcosa qui, su questa Terra? O meglio: hanno mai fatto gli uomini qualcosa affinché queste entità avessero una relazione, un ponte attraverso il quale agire più intensamente sull’uomo nella sua totalità?

Sì, da sempre gli uomini hanno fatto qualcosa in questo senso! Se vogliamo farci una chiara idea di questo ponte, dobbiamo approfondire alcune percezioni e rappresentazioni che abbiamo potuto accogliere in noi nelle ultime conferenze.

Immaginiamoci quindi queste entità che vivono a partire dal mondo spirituale e che da lì protendono i loro corpi eterici. Esse non hanno bisogno di un corpo fisico come quello che ha l’uomo.

 

Esiste però una corporeità fisica tramite la quale esse possono collegare i loro corpi eterici alla nostra sfera terrestre, una corporeità terrestre che noi per così dire possiamo posare sulla nostra Terra e che costituisce un’attrazione, così che queste entità con i loro corpi eterici scendono verso questa corporeità terrestre ove colgono l’occasione per trattenersi in mezzo agli uomini. Per gli esseri spirituali, queste occasioni di soggiornare tra gli uomini sono, ad esempio, i templi dell’architettura greca, sono i duomi gotici.

Se noi poniamo nella nostra sfera terrestre quelle forme di realtà fisica con i loro rapporti di linee e di forze quali sono quelle di un tempio, oppure quali sono quelle di un capolavoro plastico dell’arte scultorea, si origina allora l’occasione affinché, secondo questi rapporti tra le forze, i corpi eterici di queste entità possano aderire in ogni parte di queste opere d’arte da noi erette.

L’arte è un vero e proprio elemento di collegamento tra l’uomo e il mondo spirituale.

 

Fino ad arrivare a quelle forme di arte che si conformano nello spazio, abbiamo qui sulla terra corporeità fisiche verso le quali scendono le entità dotate di corpo eterico.

Le entità che hanno la loro corporeità inferiore nel corpo astrale hanno invece bisogno di qualcosa d’altro qui sulla Terra che funga da legame tra il mondo spirituale e la nostra Terra, e cioè hanno bisogno delle arti musicali o fonetiche.

Una sala che venga inondata dai suoni della musica offre ai corpi astrali molto mobili e in sé determinati di entità superiori un’occasione di esprimersi in questo spazio. Qui le arti, e ciò che esse sono per l’uomo, acquistano un significato molto reale.

Esse sono forze di attrazione magnetiche per le entità spirituali, le quali, in conformità alla loro missione, al loro compito, devono e vogliono avere a che fare con l’uomo.

 

Se noi prendiamo in considerazione le cose in questo modo, diventano più profondi i nostri sentimenti nei confronti dell’attività artistica umana e del sentimento artistico umano. E il nostro sentimento può diventare ancora più profondo, se accogliamo dentro di noi la sorgente umana dell’attività artistica (quindi anche la fonte del godimento artistico) dal punto di vista della scienza dello spirito. Se vogliamo far ciò, dobbiamo prendere in considerazione in modo più approfondito le diverse forme di coscienza dell’uomo.

 

Per diverse ragioni abbiamo richiamato l’attenzione sul fatto che nell’uomo che si trova nello stato di veglia diurna abbiamo di fronte a noi il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io; che nell’uomo dormiente abbiamo di fronte a noi, distesi sul letto, il corpo fisico e il corpo eterico, e fuori dal corpo fisico e dal corpo eterico abbiamo l’io e il corpo astrale.

È opportuno prendere in considerazione più nel dettaglio questi due stati di coscienza che in ogni uomo si alternano nel corso delle ventiquattro ore. Nell’uomo abbiamo in primo luogo il corpo fisico, quindi il corpo eterico o corpo vitale, poi quello che noi chiamiamo corpo astrale nel senso più esteso della parola e che però è propriamente il corpo animico, il quale appartiene al corpo astrale ma è legato al corpo eterico. Questa è la parte costitutiva dell’essere dell’uomo che anche l’animale possiede qui nella vita fisica in basso sul piano fisico.

 

Poi sappiamo però che a queste tre parti costitutive dell’entità umana (potete leggerlo nella mia Teosofia) è collegato ciò che si indica in sintesi come “io”, ma che è in realtà un’entità tripartita costituita da anima senziente, anima razionale (o anima affettiva) e anima cosciente, e sappiamo anche che l’anima cosciente è collegata con ciò che noi definiamo il sé spirituale o manas.

Se teniamo presente questa suddivisione più dettagliata dell’uomo, possiamo affermare quanto segue.

Ciò che noi chiamiamo anima senziente, e che appartiene sicuramente al corpo astrale e ha anche natura astrale, si distacca quando l’uomo si addormenta di sera; una parte del corpo animico resta tuttavia legata al corpo eterico che rimane nel letto.

Sostanzialmente nell’uomo si verifica il distacco dell’anima senziente, dell’anima razionale e dell’anima cosciente.

 

Durante lo stato di veglia diurno, nell’uomo il tutto è collegato, e per questa ragione il tutto agisce sempre nell’uomo. Quindi ciò che accade nel corpo fisico influisce su tutta l’interiorità: sull’anima senziente, sull’anima razionale e sull’anima cosciente.

Ciò che agisce sull’uomo nel corso della vita di tutti i giorni (che è veramente disordinata e caotica), le impressioni disordinate che egli assorbe dalla mattina alla sera – pensate alle impressioni che agiscono su di voi quando siete in mezzo al fragore e allo strepito di una grande città -, tutte queste impressioni si prolungano in tutte le parti costitutive che nello stato di coscienza diurna sono collegate al corpo fisico e al corpo eterico.

 

Durante la notte l’interiorità (anima senziente, anima razionale e anima cosciente) è nel mondo astrale, da cui preleva le forze, le armonie che vanno perse durante la vita di veglia diurna a causa delle impressioni caotiche della giornata. Allora ciò che sinteticamente chiamiamo l’anima-io dell’uomo si trova in un mondo più ordinato e più spirituale di quanto sia durante la veglia diurna.

 

Di mattina questa interiorità animica emerge da questa spiritualità e si immerge nella triplice corporeità di corpo fisico, di corpo eterico e di quella parte del corpo astrale che è di fatto collegata al corpo eterico e che resta unita ad esso anche durante la notte.

 

Se l’uomo non dormisse mai, cioè se non prelevasse mai dal mondo spirituale nuove forze che lo rinvigoriscono, alla fine tutto ciò che vive nel suo corpo fisico e che compenetra di forze il suo corpo fisico, andrebbe sempre più in rovina, verrebbe sempre più minato.

Per il fatto che invece ogni mattina un’interiorità forte si immerge nelle forze del corpo fisico, si crea un ordine sempre nuovo – si vorrebbe dire -, una rinascita delle forze all’interno di questo corpo fisico. Perciò l’animicità umana porta con sé dal mondo spirituale qualcosa per ciascuna delle parti del corpo, qualcosa che agisce quando l’interiorità animica (che durante la notte è fuori) e lo strumento fisico esteriore sono uniti.

 

Ciò che ora succede nell’interazione tra l’interiorità animica e il vero e proprio strumento fisico – se l’uomo è pronto ad accogliere le armonie nel mondo spirituale – può compenetrare durante la notte il corpo fisico nelle sue forze (non nelle sue sostanze) con quelle forze che vogliamo chiamare le forze dello spazio.

Poiché l’uomo nella nostra cultura attuale si è tanto estraniato dal mondo spirituale, proprio queste forze dello spazio si esprimono molto poco in lui.

Là dove l’interiorità animica si scontra con la parte più densa del corpo umano, le forze che vi vengono apportate devono già essere effettivamente molto potenti, se si devono esprimere nel robusto corpo fisico.

 

Nei periodi di civiltà in cui la percezione era più sottile, le interiorità animiche portavano con sé gli impulsi animici e pervadevano con più facilità questo corpo fisico. Allora gli uomini percepivano che lo spazio fisico è attraversato continuamente in ogni direzione da forze, che questo spazio fisico non è assolutamente un ambiente vuoto indifferente, bensì è pervaso da forze in ogni direzione. Esiste un senso che coglie questa distribuzione di forze nello spazio che viene causata dalle condizioni che sono appena state descritte. Dovete richiamare ciò alla mente tramite un esempio.

Pensate ad uno dei pittori che vissero nelle grandi epoche artistiche, quando esisteva ancora un senso per le forze che agiscono nello spazio. Osservando un pittore di questo genere potreste vedere come egli dipinge un gruppo di tre Angeli nello spazio. Voi state davanti al quadro e avete l’impressione immediata che questi tre Angeli non possono cadere: è evidente che essi fluttuano, poiché si reggono reciprocamente tramite le forze dello spazio, così come le sfere universali si reggono tramite le forze dello spazio.

 

Quegli uomini che tramite l’interazione fra l’interiorità animica e il corpo fisico riescono ad acquisire questa dinamica interiore, hanno questa sensazione: sì, deve essere così, i tre Angeli si reggono nello spazio. Troverete ciò realizzato pienamente in alcuni dei pittori più antichi, di meno in quelli più recenti. Per quanto si possa stimare molto Bòcklin, la figura che fluttua sopra la Pietà suscita nello spettatore la sensazione che essa possa piombare giù da un momento all’altro: non si regge nello spazio.

Tutte queste forze che si muovono di qua e di là e che una persona percepisce bene nello spazio, sono realtà: da questo senso dello spazio si origina ogni arte della costruzione. La vera e propria arte della costruzione non si origina da niente altro che dal mettere le pietre o i mattoni nelle linee che devono già essere presenti nello spazio; così facendo, immettendovi la materia, non si fa altro che rendere visibile ciò che, idealmente e spiritualmente distribuito, è già presente nello spazio.

 

L’architetto greco

possedeva questo senso dello spazio nella forma più pura,

e nel suo tempio egli portava a manifestazione in tutte le sue forme

ciò che vive nello spazio, ciò che si può percepire nello spazio.

 

Il semplice rapporto dato dal fatto che la colonna è portante – ed essa porta i corpi lineari posti orizzontalmente o diagonalmente – è una riproduzione delle forze spirituali che si trovano nello spazio.

 

E il tempio greco nella sua totalità

non è altro che un riempimento materiale di ciò che vive dentro lo spazio.

• Per questa ragione il tempio greco è il più puro pensiero architettonico, è spazio cristallizzato.

 

Per quanto ciò possa apparire strano all’uomo moderno, il tempio greco, essendo una corporeità fisica realizzata a partire da pensieri, era l’occasione affinché quelle figure che i Greci riconoscevano come le loro figure divine potessero effettivamente sfiorare con i propri corpi eterici le linee dello spazio che sono loro familiari e viverci dentro.

 

• Affermare che il tempio greco è la dimora di dio  qualcosa di più di un vago detto.

• Il tempio greco ha una caratteristica particolare, per colui che ha un vero e proprio senso per queste cose:

ci si può immaginare che non vi sia nessuno che lo guardi, e che neppure dentro vi sia nessuno.

Il tempio greco non ha bisogno di nessun uomo che lo guardi, di nessuno che vi entri.

 

Immaginatevi il tempio greco che sta lì da solo, mentre a perdita d’occhio non c’è nessuno. Allora esso è nel modo più intenso ciò che deve essere. Allora esso è la dimora del dio che vi deve abitare, perché il dio può vivere nelle forme. Solo così si può capire l’architettura greca, la forma più pura dell’architettura.

L’architettura egizia, per come essa si esprime ad esempio nella piramide, è qualcosa di completamente diverso. Ora possiamo solo sfiorare questi argomenti. Qui ci sono i rapporti spaziali, le linee dello spazio, ordinati in modo che con le loro qualità e forme indichino la via alle anime che vogliono librarsi verso i mondi spirituali.

 

Dalle vie che l’anima percorre per andare dal mondo fisico a quello spirituale,

abbiamo preso le forme che si esprimono nella piramide egizia.

Dunque in ogni tipo di architettura abbiamo dei pensieri che sono comprensibili solo a partire dalla spiritualità.

 

Nell’architettura romanica – ove abbiamo l’arco a tutto sesto, ove abbiamo le chiese con una navata centrale e le navate laterali, oppure anche con una navata trasversale e un’abside, di modo che il tutto ha la forma di una croce sormontata da una cupola – ritroviamo il pensiero dello spazio tratto dal sepolcro.

 

• Non è possibile pensare la costruzione romanica così come si fa per il tempio greco.

Il tempio greco è la dimora del dio.

La costruzione romanica non deve essere intesa altrimenti che come rappresentazione di un sepolcro.

La cripta ne fa parte; ciò non significa naturalmente che non vi siano dentro persone vive,

ma è sua caratteristica il fatto di essere un luogo che concentra tutti i sentimenti

riguardanti la conservazione e la custodia dei morti.

 

Nella costruzione gotica troviamo di nuovo qualcos’altro.

• Come è vero che il tempio greco può essere pensato senza nessuno nei paraggi,

ed esso è tuttavia abitato perché è la dimora del dio,

• così è vero che il duomo gotico (che termina verso l’alto con archi a sesto acuto)

non sarebbe pensabile senza la massa dei credenti che vi stanno dentro.

 

Esso non è completo, se se ne sta lì da solo.

Dell’insieme fanno parte le persone che vi stanno dentro con le mani giunte, con lo stesso gesto dell’arco ogivale.

Solo allora è presente il tutto, quando gli spazi sono pieni dei sentimenti dei credenti devoti.

 

Queste sono le forze che diventano attive entro di noi, che nel corpo fisico vengono percepite come una compenetrazione dello spazio tramite i propri sentimenti.

Il vero artista sente lo spazio in questo modo e lo configura architettonicamente.

 

Se adesso saliamo fino al corpo eterico, abbiamo di nuovo ciò di cui l’interiorità animica si appropria nel mondo spirituale durante la notte e che porta con sé quando si infila di nuovo nel corpo eterico. Ciò che noi abbiamo qui come qualcosa che si esprime nel corpo eterico, il vero scultore lo percepisce e lo imprime in figure viventi. Questo non è il pensiero dello spazio, ma piuttosto la tendenza a mostrare e modellare più forma vivente di quanta glie n’è stata offerta dalla natura. Ciò che l’artista greco sapeva di più al riguardo (ad esempio su Zeus), è ciò che egli aveva portato con sé dal mondo spirituale e che si vivifica e viene percepito se entra in un rapporto di scambio con il corpo eterico.

 

Un’altra interazione di questo tipo si verifica con ciò che chiamiamo il corpo animico.

• Quando l’interiorità animica incontra il corpo animico,

si origina allo stesso modo il senso per la conduzione delle linee, per i primi elementi della pittura.

• E per il fatto che di mattina l’anima senziente si unisce al corpo animico e lo compenetra,

si origina il senso per l’armonia dei colori.

 

Così abbiamo innanzitutto le tre forme artistiche che lavorano con mezzi esteriori,

che prendono il loro materiale dal mondo esterno.

Dal momento che ogni notte l’anima razionale (o affettiva) fugge nel mondo astrale, succede anche qualcos’altro.

 

Se noi adoperiamo la parola “anima razionale” nel senso della scienza dello spirito,

non dobbiamo pensare alla ragione arida e fredda a cui si pensa quando nella vita normale si parla di ragione.

Per la scienza dello spirito “ragione”

è il senso per l’armonia che non può essere incarnata nelle sostanze esteriori,

quindi il senso per l’armonia sperimentata interiormente.

Per questa ragione noi parliamo anche di anima razionale o affettiva.

 

Quando ogni notte l’anima razionale o affettiva si immerge nelle armonie del mondo astrale e di mattina diventa di nuovo cosciente di esse nel corpo astrale – nel corpo astrale che pure rientra, ma che nell’uomo moderno di notte non è cosciente della propria interiorità – allora succede quanto segue.

 

Durante la notte l’anima razionale o affettiva vive in ciò che noi abbiamo sempre definito l’armonia delle sfere,

la legge interiore del mondo spirituale, quell’armonia delle sfere a cui l’antica scuola pitagorica ha accennato

come a ciò che chi è in grado di sentire fino nel mondo spirituale

percepisce come le relazioni del grande mondo spirituale.

 

Anche Goethe vi accennò, quando all’inizio del suo Faust ci fa salire in cielo, e lo caratterizza dicendo:

Gareggia il sole, con l’antico suono

tra le sfere sorelle, in armonia:

e col rombante impeto del tuono

va ricompiendo la prescritta via.

 

Ed egli resta su questa immagine quando nella seconda parte, allorché Faust viene risollevato nel mondo spirituale, usa le seguenti parole:

 

Già l’intimo orecchio, d’attorno

avverte in immenso clamore

il sorger novello del giorno …

Battenti di roccia, girando

diffondono un alto clangore;

e Febo prorompe, rullando.

La luce che cresce più chiara

è un solo crescente clagore …

 

Ciò significa che durante la notte l’anima vive in questa musica delle sfere, e che

• questa musica delle sfere si accende quando il corpo astrale diventa cosciente di se stesso.

 

Il processo che ha luogo nel musicista che crea non è nient’altro che il fatto che nella coscienza diurna le percezioni della coscienza notturna si compenetrano, diventano ricordi, ricordi delle esperienze astrali o in particolare dell’anima razionale o affettiva.

 

• Tutto ciò che l’umanità conosce come arte musicale,

è espressione e impronta di ciò che viene vissuto inconsciamente nell’armonia delle sfere,

• ed essere musicali non significa altro

se non avere un corpo astrale che nello stato diurno è recettivo

nei confronti di ciò che durante la notte intera gli frulla attorno.

Essere non-musicali significa avere il corpo astrale

in uno stato che non consente di avere un ricordo di questo tipo.

• Ciò che l’uomo percepisce nell’arte della musica è il risuonare di un mondo spirituale.

 

E siccome l’arte della musica introduce nel nostro mondo fisico ciò che può essere acceso solo a livello astrale, per questa ragione ho detto che essa mette l’uomo in relazione con quelle entità che hanno il corpo astrale come parte costitutiva inferiore.

Durante la notte l’uomo vive insieme a queste entità, egli percepisce le loro azioni nell’armonia delle sfere e le esprime nella vita diurna tramite la sua musica terrena in modo tale che queste armonie delle sfere appaiono nella musica terrena come un’ombra.

 

Per il fatto che ciò che è l’elemento di queste entità spirituali si abbatte in questa sfera terrestre e fluttua attraverso la terra vivificandola, queste entità spirituali hanno l’occasione di reimmergere i loro corpi astrali nel mare ondeggiante degli effetti musicali. Poiché l’anima razionale percepisce la loro azione durante la notte e porta con sé nel mondo fisico le impressioni ricevute, tramite l’arte si crea un ponte fra queste entità e l’uomo. Qui vediamo su quale livello si origini ciò che chiamiamo l’arte della musica.

 

E cosa percepisce l’anima cosciente quando di notte si immerge nel mondo spirituale, senza che in questo ciclo evolutivo l’uomo ne possa diventare cosciente? Essa percepisce le parole del mondo spirituale. Le vengono sussurrati dei messaggi che essa può ricevere solo dal mondo spirituale. Le vengono sussurrate delle parole, e se queste parole vengono portate nella coscienza diurna, esse vi appaiono come le forze di base dell’arte poetica, della poesia.

Quindi la poesia è l’ombra di ciò che l’anima cosciente vive nel mondo spirituale di notte.

 

Così cogliamo l’occasione per pensare veramente al modo in cui l’uomo – grazie al suo legame con i mondi superiori, e solo tramite questo – realizza qui sulla terra sfumature e manifestazioni della realtà spirituale tramite le cinque arti: architettura, scultura, pittura, musica e poesia. In realtà ciò accade solo quando l’arte si solleva veramente al di sopra della semplice osservazione esteriore tramite i sensi. In ciò che oggi viene grossolanamente definito naturalismo, dove l’uomo si limita a copiare quel che egli vede nel mondo esteriore, non v’è nulla di quanto egli porta con sé dal mondo spirituale. Il fatto che al giorno d’oggi abbiamo a che fare in molti campi con un’arte puramente esteriore, che vuole solo copiare, è solo una dimostrazione di come l’uomo del nostro tempo abbia perso il legame con il mondo divino-spirituale.

 

L’uomo che con tutto il suo interesse si dà al mondo fisico esteriore,

a ciò che i sensi esteriori vogliono fare valere come unica realtà,

tramite questo esclusivo interesse trasforma la propria corporeità astrale in modo tanto intenso

da renderla cieca e sorda durante la notte, quando essa si trova nel mondo spirituale.

 

Per quanto lì risuonino le più meravigliose musiche delle sfere, per quanto elevatissimi toni spirituali sussurrino all’anima qualcosa, essa non porta con sé nulla di tutto ciò nella vita diurna! E poi l’uomo si prende gioco dell’arte idealistica e spiritualistica, e sostiene che l’unico compito dell’arte è quello di fotografare la realtà esteriore, perché solo così essa avrebbe qualcosa di reale e di vero sotto i piedi.

 

Così parla l’uomo che sente in modo materialistico, poiché gli mancano le realtà nel mondo spirituale.

Il vero artista, però, parla in modo diverso. Egli dirà perciò:

 

• “Quando sento risuonare i toni dell’orchestra, è come se sentissi parlare i suoni di una musica archetipica,

che risuonava già prima che esistesse un orecchio umano che la potesse udire”.

 

Egli può anche dire:

• “Alla base di ciò che risuona in una sinfonia c’è la conoscenza dei mondi spirituali,

che è più elevata e più importante di tutto ciò che è logicamente dimostrabile

e che si può spiegare in modo deduttivo”.

 

Queste due affermazioni furono fatte da Richard Wagner,

che voleva fare intendere all’umanità che la vera arte inizia solo nel momento

in cui ci si riesce a sollevare al di sopra di ciò che è esteriore e sensibile.

 

Quando la visione scientifico-spirituale dice che nell’uomo vive qualcosa che va al di là dell’uomo stesso, che v’è qualcosa di sovraumano nell’uomo odierno che nelle future incarnazioni dovrà apparire sempre più perfetto, Richard Wagner percepiva la cosa tanto da affermare: “Non voglio avere di fronte a me delle figure che incedono sul palco come fossero uomini di tutti i giorni nella sfera terrestre”.

Egli vuole uomini che siano sollevati dalla quotidianità. Per questo egli utilizza delle figure mitologiche, che hanno un contenuto più ampio rispetto agli uomini ordinari. Egli cerca il sovrumano nell’umano.

 

Richard Wagner vuole rappresentare nell’arte

l’uomo intero con tutti i mondi spirituali,

così com’essi irraggiano sull’uomo del globo terrestre fisico.