Il meditante cerca di formarsi idee sulla conoscenza chiaroveggente del mondo elementare

O.O. 12-16-17 – Sulla via dell’Iniziazione – (Terza meditazione)


 

Quando non si percepisce mediante il corpo fisico, bensì al di fuori di esso per mezzo del corpo elementare, si sperimenta un mondo che rimane sconosciuto alla percezione sensoriale e al comune pensiero intellettuale. Se si vuole paragonare questo mondo con qualcosa che rientra nell’esperienza comune, ci si presenta il mondo dei ricordi, le rappresentazioni della memoria. Come queste emergono dall’intimo dell’anima, così avviene pure per le esperienze soprasensibili del corpo elementare.

 

Di fronte a un ricordo, l’anima però sa che esso si riferisce a una precedente esperienza nel mondo sensibile.

La rappresentazione soprasensibile contiene anch’essa in sé una correlazione.

Come la rappresentazione mnemonica si presenta di per se stessa diversa da un puro prodotto della fantasia,

così avviene anche per la rappresentazione soprasensibile.

Scaturisce dall’esperienza animica, ma si manifesta subito come un’esperienza interiore riferita a qualcosa di esterno.

 

• Mediante la rappresentazione mnemonica si presenta nell’anima qualcosa che si è sperimentato.

• Mediante la rappresentazione soprasensibile diviene esperienza animica interiore

ciò che in un momento qualunque, o in un luogo qualunque esiste nel mondo soprasensibile.

La natura stessa delle rappresentazioni soprasensibili rivela dunque

che possiamo considerarle come comunicazioni

che si dischiudono da un mondo soprasensibile all’interiorità umana.

 

Dall’energia con la quale si esercita il rafforzamento dell’anima, dipende fino a che punto si possa pervenire, in questo modo, mediante le esperienze nel mondo soprasensibile.

Che si acquisti solo il concetto che una pianta non è soltanto ciò che se ne vede nel mondo dei sensi, o che si acquisti un concetto analogo nei confronti della Terra intera, in entrambi i casi si tratta della medesima sfera dell’esperienza soprasensibile.

 

Se chi ha acquistato la facoltà di percepire al di fuori del suo corpo fisico osserva una pianta, oltre a quanto gli mostrano i sensi egli potrà percepire una tenue forma che compenetra tutta la pianta.

Quella forma gli si presenta come un’entità composta di forze, ed egli perverrà a riconoscere in essa ciò che forma la pianta dalle sostanze e dalle forze del mondo sensibile e che promuove la circolazione dei suoi succhi.

 

Egli potrà dire, usando un’espressione pratica anche se non del tutto esatta: nella pianta vi è qualcosa che fa circolare i succhi, come la mia anima mette in moto il mio braccio.

Egli scorge un elemento interiore nella pianta; e deve riconoscere a quell’elemento interno un’autonomia nei confronti di ciò che della pianta percepiscono i sensi. Deve riconoscere anche che esso esiste prima della pianta materiale.

Egli arriva a osservare come una pianta cresca, appassisca e produca semi dai quali si sviluppa una nuova pianta.

 

La forma soprasensibile di forze è particolarmente rigogliosa quando l’osservazione è rivolta al seme della pianta:

qui l’entità materiale è minima, quella soprasensibile invece è altamente differenziata.

Essa contiene tutto ciò che dal mondo soprasensibile concorre alla formazione e alla crescita della pianta.

All’osservazione soprasensibile dell’intera Terra risulta un’entità di forze,

della quale si può sapere con piena certezza che essa esisteva

prima che si formasse tutto ciò che sulla Terra e dentro di essa è percepibile ai sensi.

 

Per questa via si giungono a sperimentare direttamente

le forze soprasensibili che nei primordi della Terra contribuirono alla sua formazione.

Quanto si sperimenta in tal modo può venir chiamato

entità originaria, o corpo eterico o elementare della pianta o della Terra,

così come il corpo per mezzo del quale si percepisce al di fuori del corpo fisico

viene chiamato il proprio corpo eterico o elementare.

 

Già all’inizio della facoltà di percezione soprasensibile, si potranno attribuire a certe cose o processi del mondo dei sensi, oltre alle loro qualità sensibili, anche siffatte entità originarie elementari. Si parlerà di un corpo eterico della pianta o della Terra; ma le entità elementari osservate in tal modo non sono affatto le sole a presentarsi all’esperienza soprasensibile. Del corpo elementare di una pianta si dirà che esso organizza le sostanze e le forze del mondo sensibile e che in questo modo si esplica la sua vita in un corpo sensibile.

 

Si possono però osservare anche entità che conducono un’esistenza elementare,

senza esplicarsi in un corpo sensibile.

Per l’osservazione soprasensibile esistono dunque anche entità puramente elementari.

 

Non solo si sperimenta qualcosa di più, in confronto al mondo dei sensi; si sperimenta un mondo entro il quale il mondo dei sensi assume circa l’aspetto di blocchi di ghiaccio galleggianti sull’acqua. Chi fosse capace di vedere soltanto il ghiaccio e non l’acqua, sarebbe portato ad attribuire realtà al ghiaccio e non all’acqua. Chi si vuole attenere solo a quanto si manifesta per tramite dei sensi, nega il mondo soprasensibile, entro il quale il mondo dei sensi non è che una parte, come i pezzi di ghiaccio fanno parte dell’acqua circostante.

 

Si troverà ora che chi è in grado di fare osservazioni soprasensibili, descrive ciò che percepisce, valendosi di termini tratti dalle percezioni sensibili. Si può ad esempio trovar descritto il corpo elementare di un essere del mondo sensibile, oppure un essere esclusivamente elementare, come un corpo di luce multicolore e in sé conchiuso; si dirà che esso sfavilla di colori, riluce, o risplende, e permette di riconoscere che questo fenomeno luminoso e cromatico è la sua manifestazione di vita.

 

L’osservatore parla di qualcosa che è assolutamente invisibile, e si rende conto che l’immagine luminosa o colorata ha con ciò che egli percepisce un rapporto simile, mettiamo, a quello che la scrittura ha con il contenuto stesso di uno scritto. Tuttavia non ci si è limitati ad esprimere qualcosa di soprasensibile in modo arbitrario, mediante rappresentazioni di percezioni sensibili; bensì durante quell’osservazione si è fatta veramente un’esperienza simile a un’impressione dei sensi.

 

Ciò deriva dal fatto che nell’esperienza soprasensibile la liberazione dal corpo materiale non è completa. Quest’ultimo continua à vivere insieme al corpo elementare e traduce l’esperienza soprasensibile informa sensibile. La descrizione che così si dà di un’entità elementare è allora formulata in modo da presentarsi come una composizione visionaria o fantastica di impressioni dei sensi. Se la descrizione è fatta in questo modo, pur tuttavia riproduce fedelmente l’esperienza fatta; infatti si è visto quello che si descrive.

 

L’errore in cui si può cadere non consiste nel fatto di descrivere l’immagine come tale.

L’errore comincia soltanto quando si prende per realtà l’immagine,

e non ciò a cui l’immagine stessa accenna come alla corrispondente realtà.

 

Un cieco nato che non abbia mai percepito colori, se acquistasse la necessaria capacità, non descriverebbe le entità elementari attribuendo loro uno sfolgorìo di colori; si esprimerebbe valendosi delle rappresentazioni di percezioni che gli sono abituali.

Per chi invece è dotato del senso della vista, è senz’altro idonea una descrizione che si esprima dicendo all’incirca che si manifesta una forma di colori. Ci si può così formare un sentimento di ciò che ha veduto l’osservatore del mondo elementare.

 

Questo non vale solo per le comunicazioni che un chiaroveggente (possiamo chiamare così chi è in grado di osservare mediante il proprio corpo elementare) fa ad un non chiaroveggente, ma anche per la comprensione reciproca tra chiaroveggenti.

 

Nel mondo dei sensi l’uomo vive appunto nel corpo materiale, e questo gli riveste le osservazioni soprasensibili di forme sensibili; perciò durante la vita terrena dell’uomo l’espressione delle osservazioni soprasensibili mediante le immagini sensibili da esse provocate, è pur sempre, in un primo tempo, un modo pratico per comunicarle.

 

È importante che chi riceve una tale comunicazione ne tragga un’esperienza che si trovi in giusto rapporto col fatto in questione. Le immagini sensibili vengono comunicate solo perché per loro tramite si sperimenti qualcosa. Così come si presentano, non possono verificarsi nel mondo sensibile; proprio questa è la loro caratteristica. Perciò provocano esperienze che non si riferiscono a nulla di sensibile.

 

All’inizio della sua chiaroveggenza, l’uomo avrà difficoltà a non esprimersi per mezzo dell’immagine sensibile. Col progredire della sua facoltà, nascerà però il bisogno di ideare mezzi descrittivi piuttosto arbitrari, per comunicare ciò che ha visto. Ne risulterà sempre la necessità di chiarire preventivamente i determinati segni di cui ci si serve. Quanto più la civiltà contemporanea esige che le conoscenze soprasensibili vengano pubblicate, tanto più s’imporrà la necessità di comunicarle con i mezzi d’espressione propri della vita ordinaria nel mondo materiale.

 

Può darsi che le esperienze soprasensibili si presentino in determinati momenti: in tal caso sorprendono l’uomo. Egli allora ha occasione di fare una propria esperienza del mondo soprasensibile, nella misura in cui questo gli accorda più o meno spesso la grazia di illuminare la vita ordinaria della sua anima.

 

Tuttavia, una capacità più alta consiste nel saper provocare volontariamente l’osservazione chiaroveggente, partendo dalla normale vita dell’anima.

La via per conseguire questa facoltà si trova, in genere, proseguendo energicamente nel rafforzamento della vita animica. Molto però dipende anche dal conseguimento di una determinata disposizione d’animo.

 

È necessario un atteggiamento calmo e sereno di fronte al mondo soprasensibile:

un atteggiamento altrettanto distante

• dal desiderio ardente di sperimentare il più possibile e il più chiaramente possibile,

• quanto anche dall’indifferenza verso quel mondo.

 

Il desiderio ardente fa sì che la veggenza extracorporea venga velata come da un’invisibile nebbia.

L’indifferenza produce l’effetto che le cose soprasensibili si manifestano bensì davvero,

ma semplicemente non ci si accorge di esse.

Tale indifferenza talora si esprime in una forma del tutto particolare.

 

Esistono uomini che in tutta sincerità vorrebbero avere esperienze di chiaroveggenza; ma si fanno in partenza un’idea ben precisa di come quelle esperienze dovrebbero essere, perché essi le riconoscano come vere. Ecco che poi certe esperienze si verificano davvero, ma sfuggono inosservate, senza incontrare alcun interesse, appunto perché non sono come ci si era immaginati che dovessero essere.

 

Nella chiaroveggenza prodotta volontariamente

giunge il momento, nel corso dell’attività psichica interiore, in cui si sa:

«Ora l’anima prova qualcosa che prima non ha mai provato».

Non si tratta di un’esperienza determinata, ma del sentimento generico

di non trovarsi di fronte al mondo sensibile esterno, né in esso,

ma neppure in se stessi come nella vita animica ordinaria.

 

L’esperienza esteriore e quella interiore confluiscono,

si fondono in un sentimento di vita fino a quel momento sconosciuto;

e l’anima sa che non potrebbe averlo, se vivesse solo col mondo esterno

per tramite dei sensi, o entro i propri sentimenti e ricordi usuali.

• Si sente inoltre che in tale stato d’anima s’intromette qualcosa

da un mondo finora ignoto, di cui però non si riesce a farsi un’idea.

• Si sperimenta, ma non si riesce a rappresentare.

 

Al contrario, chi sta sperimentando a quel modo è colto dal sentimento

che il suo corpo fisico gli sia di ostacolo alla rappresentazione di ciò che sta penetrando nell’anima.

• Se poi si persiste con costanza nello sforzo interiore, dopo qualche tempo

ci si sentirà come vincitore della resistenza opposta dal proprio corpo.

• Fino a quel punto, l’apparato intellettuale fisico

era idoneo a formare rappresentazioni collegate ad esperienze nel mondo sensibile;

esso è in un primo tempo incapace di elevare al livello di rappresentazione

ciò che vuole manifestarsi dal mondo soprasensibile.

• Occorre prima elaborarlo in modo da conferirgli quella capacità.

 

Come il bambino ha intorno a sé il mondo esterno, ma il suo apparato intellettuale deve venir preparato mediante l’esperienza del mondo esterno, prima di potersi fare delle rappresentazioni di quel mondo, così in generale l’uomo è incapace di rappresentarsi il mondo soprasensibile.

 

Il chiaroveggente principiante compie sul proprio apparato rappresentativo, a un livello più alto, ciò che si verifica nel bambino. Egli fa agire i propri pensieri rafforzati sopra il proprio apparato rappresentativo, trasformandolo in tal modo gradualmente, rendendolo atto ad accogliere nella vita del pensiero il mondo soprasensibile.

 

Avverte di esercitare un’azione formativa sul proprio corpo, per mezzo dell’attività dell’anima.

• In un primo tempo il corpo esercita una pesante resistenza alla vita dell’anima;

lo si sente in sé come un corpo estraneo.

• In seguito ci si accorge che esso si adatta sempre meglio all’esperienza animica;

infine non si sente più il corpo, ma in cambio si ha dinanzi a sé il mondo soprasensibile,

come non si percepisce l’occhio mediante il quale si vede il mondo dei colori.

Il corpo deve diventare impercepibile,

prima che l’anima possa scorgere il mondo soprasensibile.

 

Se in questo modo si è riusciti a rendere l’anima volontariamente chiaroveggente, di regola si sarà capaci di riprodurre tale stato ogni volta che ci si concentrerà sopra un pensiero vissuto in noi con particolare intensità. Come conseguenza della concentrazione su quel pensiero si produrrà allora la chiaroveggenza. Dapprima non si sarà ancora capaci di vedere una determinata cosa che si vorrebbe vedere. S’intrometteranno nella vita animica cose o processi soprasensibili ai quali non si è affatto preparati, e che non ci si era proposti di provocare come tali. Proseguendo però lo sforzo interiore si giungerà in seguito anche a dirigere lo sguardo spirituale verso oggetti che ci si è proposti di conoscere.

 

Come cerchiamo di richiamarci alla mente un’esperienza dimenticata, rievocando qualcosa di affine, così il chiaroveggente può prendere l’avvio da un’esperienza ritenuta a ragione collegata con ciò che si sta cercando.

Abbandonandosi intensamente al pensiero conosciuto, spesso dopo un tempo più o meno lungo vi si aggiunge ciò che ci si propone di sperimentare.

 

In linea generale va però messo in evidenza che per il chiaroveggente è della massima importanza una tranquilla attesa dei momenti favorevoli. Non si deve cercare di forzare niente. Se un’esperienza a cui si aspira non si verifica, è bene rinunciarvi per il momento e riprodurne l’occasione in un altro momento.

L’apparato umano della conoscenza necessita di una tranquilla maturazione per conseguire determinate esperienze. Chi non ha la pazienza di attendere tale maturazione, farà osservazioni errate o imprecise.