Evoluzione terrestre = evoluzione dell'”io sono”

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 20.05.1908


 

Abbiamo veduto ieri quale profondo contenuto si nasconda nelle prime parole del vangelo di Giovanni

e possiamo così riassumere le nostre considerazioni:

• l’autore di quel vangelo accenna al divenire del pre-uomo, in un remotissimo passato;

ci mostra come conformemente all’esoterismo cristiano

tutto venga ricondotto al Verbo, o Logos, il quale

• operava creativamente già durante l’antica èra saturnia,

• per poi diventar vita, durante lo stadio solare,

• e che divenne luce, durante lo stadio lunare dell’evoluzione.

 

Ciò che l’uomo era così divenuto, sotto l’influsso di forze ed entità divino- spirituali,

nel corso delle tre prime incarnazioni planetarie,

quando la Terra divenne il nostro attuale pianeta fu compenetrato dall’io umano.

 

Si può dunque dire:

dall’antica Luna provenne sulla Terra, come una specie di seme, un’entità composta

• di corpo fisico, nato dal divino Verbo primordiale;

• di corpo eterico o vitale, scaturito dalla vita divina;

• di corpo astrale, scaturito dalla luce divina.

• Nell’intimo di questa entità si accese durante l’esistenza terrestre la luce dell’io stesso.

 

Quella triplice corporeità (corpo fisico, eterico, astrale)

divenne capace di proferire in se stessa l’« io sono »:

cosicché possiamo in certo modo definire l’evoluzione terrestre

come l’evoluzione dell’« io sono », dell’autocoscienza umana.

• Questo « io sono », questa facoltà della piena autocoscienza,

sbocciò gradualmente nel corso dell’evoluzione dell’umanità terrestre.

 

Dobbiamo renderci conto di come si svolse l’evoluzione umana sulla Terra,

in quanto lento e graduale sviluppo dell’io, della piena autocoscienza.

 

Vi fu un tempo nell’evoluzione della nostra Terra che chiamiamo l’epoca lemurica: si tratta della più antica epoca in cui l’uomo compare sulla Terra nella sua forma attuale. In quell’antica epoca lemurica avvenne per la prima volta ciò che chiamiamo l’incarnazione dell’io, dell’intimo nucleo dell’uomo, nei tre corpi: astrale, eterico e fisico.

 

Venne poi l’epoca atlantica, quando la maggior parte dell’umanità viveva nell’antico continente che oggi forma il fondo dell’Oceano Atlantico, e che fu sommerso durante quella catastrofe atlantica, il cui ricordo è stato trasmesso presso quasi tutti i popoli nelle leggende del diluvio universale.

 

Nei tempi postatlantici l’uomo è andato poi reincarnandosi numerose volte, fino ai giorni nostri; ma propriamente incarnate in un triplice complesso, formato da corpo fisico, eterico e astrale, le nostre anime lo furono per la prima volta nell’epoca lemurica. Quanto avvenne in precedenza sarà oggetto di ulteriori considerazioni in altra sede.

Dobbiamo dunque risalire ben lontano, se prendiamo in considerazione il corso dell’evoluzione, poiché l’uomo raggiunse solo lentamente e gradualmente il suo attuale stato d’esistenza.

 

Che cosa s’intende dal punto di vista della scienza dello spirito per« attuale stato d’esistenza » dell’uomo?

L’esistenza attuale dell’uomo è caratterizzata da uno stato di coscienza quale è proprio dell’uomo odierno fra il suo risveglio al mattino e il momento in cui, la sera, s’addormenta. Entro questi limiti, durante lo stato di veglia, l’uomo percepisce le cose che lo circondano mediante i suoi sensi fisici esteriori; di notte, durante il sonno, non le percepisce. Perché?

 

Sappiamo che la ragione di questo diverso comportamento sta nel fatto che per le attuali condizioni evolutive

• durante il giorno il vero uomo interiore, cioè l’io e il corpo astrale,

sono presenti entro i corpi fisico ed eterico, sul piano fisico, cioè nel mondo fisico.

• In queste condizioni il corpo astrale e l’io possono servirsi degli organi fisici di senso,

cioè vedere, udire, percepire gli oggetti fisici.

 

• Durante il sonno notturno invece l’io e il corpo astrale si trovano fuori del mondo fisico, sul piano astrale.

• Qui essi sono separati dagli occhi, dagli orecchi fisici, e non possono quindi percepire quanto li circonda.

Questa alternanza di veglia diurna e di sonno notturno

si è stabilita nell’uomo solo a poco a poco e gradualmente:

non esisteva ancora nell’antica epoca lemurica, quando l’uomo passò per la prima volta per un’incarnazione fisica.

 

A quel tempo l’uomo, quanto al suo corpo astrale e all’io, stava entro il corpo fisico solo per una breve parte del giorno, assai meno a lungo d’oggi.

E per questo fatto, di trovarsi l’uomo solo per poco tempo desto entro il corpo fisico, e più a lungo invece fuori del corpo, la vita stessa era ancora del tutto diversa durante l’epoca lemurica.

Anche lo stato di totale incoscienza durante il sonno, eccezion fatta per il sogno, andò formandosi solo lentamente e gradualmente.

 

Durante l’epoca lemurica la coscienza dell’uomo era del tutto diversa dall’attuale, sia di giorno, sia di notte; a quel tempo tutti gli uomini erano ancora dotati di un’ottusa coscienza chiaroveggente.

Quando essi si trovavano di notte fuori del corpo fisico, nel mondo spirituale, lo percepivano intorno a sé, sia pure meno distintamente di come l’uomo odierno percepisca di giorno gli oggetti fisici.

 

Non dobbiamo paragonare questa percezione semplicemente ai nostri sogni attuali; oggi il sogno non è che un residuo del tutto atrofizzato di quell’antica chiaroveggenza.

L’uomo percepiva allora bensì delle immagini affini a quelle che oggi vede nel sogno, ma quelle immagini avevano un significato ben reale.

 

Cerchiamo di stabilirne appunto il significato.

In quei tempi remoti, quando l’uomo viveva nella coscienza diurna per una piccola parte delle ventiquattro ore (una parte assai minore della nostra giornata), egli poteva percepire gli oggetti fisici esterni solo molto vagamente, come fossero avvolti da una nebbia.

 

La percezione distinta degli oggetti si è andata sviluppando solo molto lentamente.

Di giorno, allora, l’uomo vedeva solo i primi accenni degli oggetti fisici, avvolti in nebbia, come noi oggi scorgiamo avvolti da una specie di aura luminosa i fanali in una serata nebbiosa.

Anche questo fenomeno non è che apparenza, ma proprio così l’uomo cominciò a veder emergere intorno a sé gli oggetti fisici.

 

D’altra parte quando s’addormentava non cadeva nell’incoscienza, ma durante la coscienza di sonno emergevano intorno a lui delle immagini, in forme e colori.

Si stendeva allora intorno all’uomo un mondo a paragone del quale la più vivida sfera di sogni, oggi, non è che una debole, pallida eco.

 

Quelle immagini significavano entità animiche e spirituali dell’ambiente.

Se dunque in quegli albori del suo cammino terrestre l’uomo si avvicinava, durante la peregrinazione notturna, a un essere nocivo, non lo scorgeva come lo scorgiamo noi oggi (ad esempio un leone che si appressa, sotto la sua forma di leone), ma vedeva emergere un’immagine di colori e di forme che istintivamente gli indicava il pericolo, la cosa da evitare.

 

Si trattava di reali riproduzioni della sfera animico-spirituale che circondava l’uomo: durante la notte tutto il mondo animico-spirituale veniva percepito.

Solo lentamente e gradualmente l’evoluzione portò a che l’uomo s’immergesse sempre più a lungo nel corpo fisico: la notte per lui divenne sempre più breve, e sempre più lungo il giorno.

 

E quanto più strettamente l’uomo si congiungeva col proprio corpo fisico,

tanto più scomparivano le immagini chiaroveggenti notturne,

tanto più emergeva l’odierna coscienza diurna.

 

Ma non dobbiamo dimenticare che una vera, schietta autocoscienza, quale l’uomo deve conquistarsi durante l’esistenza terrestre, non può venir conquistata che immergendosi nel corpo fisico.

 

Non come un essere indipendente si sentiva in passato l’uomo,

ma come un elemento delle entità divino-spirituali dalle quali era scaturito.

 

Come la mano si sente parte dell’organismo, così l’uomo, quando ancora era dotato di una ottusa chiaroveggenza, si sentiva parte della coscienza divina, dell’io divino.

Non avrebbe detto di se stesso «io sono», bensì «Dio è – e io in lui».