Il mondo del sogno come passaggio fra mondo fisico e mondo morale

O.O. 225 -Tre prospettive dell’Antroposofia – 22.09.1923


 

Volendo conoscere i gradini della via al mondo spirituale e collocarli in ciò che già è noto della vita usuale,

occorre saper valutare in giusto modo i tre stati di coscienza della vita quotidiana già più volte descritti:

veglia, sogno e sonno.

 

Sappiamo anche che

• una reale veglia si presenta in fondo solo nel pensare, nelle rappresentazioni,

• che il sentire agisce in modo da aver nelle sue esperienze un aspetto diverso dal mondo del sogno,

anche se nel suo complesso, nel modo in cui vive in noi, è simile al mondo di sogno.

 

Nella coscienza quotidiana sperimentiamo il sentire in modo tanto indefinito quanto nel sogno;

non solo così indefinito, ma anche in certo qual modo nella stessa concatenazione del sogno.

 

Il sogno fa seguire immagine a immagine e, nel disporre la successione,

non si cura delle connessioni nel mondo; ha una coerenza sua propria;

altrettanto avviene in fondo nel mondo del sentire.

 

Chi nella coscienza quotidiana avesse un mondo del sentire come quello delle idee,

sarebbe tremendamente prosaico, spaventosamente arido, gelido.

Nel mondo delle rappresentazioni, quindi nella piena veglia, occorre guardare a ciò che per il senso comune è la logica;

sarebbe impossibile progredire nella vita reale se si sentisse ogni cosa come la si pensa.

 

Abbiamo spesso detto che il volere emerge dalle nascoste profondità dell’essere umano.

Ce ne si può fare un’idea, ma il suo vero essere, come agisce e tesse nell’organismo,

ci resta così sconosciuto o incosciente come l’esperienza stessa del sonno;

sarebbe oltremodo sconcertante se si sperimentasse che cosa il volere realmente fa.

 

Il volere in realtà è un processo di combustione, di consunzione;

percepire sempre come proprio nel volere consumiamo il nostro organismo,

come ciò che viene consumato debba essere sempre di nuovo sostituito con l’alimentazione o il sonno,

sarebbe un processo per nulla gradevole per la coscienza normale, se accompagnasse tutta la vita di veglia.

 

Ora potremmo in un certo senso mettere a confronto nelle loro immagini il mondo del sentire nello stato di veglia, in certo senso il sognare da desto e il mondo del sogno nello stato semidormiente, così da non sentire dapprima quelle immagini come io, ma come mondo esterno.

 

L’uomo che sogna sente le immagini del sogno tanto forti come fossero un mondo esterno,

e talvolta può percepire se stesso entro quelle immagini.

Quel che oggi di quelle immagini di sogno particolarmente ci deve interessare,

è che nella vita quotidiana esperienza si pone accanto ad esperienza.

Il sogno invece le scompiglia in modo disordinato, tiene in poco conto i nessi delle esperienze della vita di veglia;

è un poeta che manifesta le più strane inclinazioni.

 

Un filosofo raccontò che sognava spesso di aver scritto un libro, che in realtà non aveva scritto ma lo credeva in sogno, un libro migliore di ogni suo altro. Sognava anche di aver perduto il manoscritto, di non riuscire a trovarlo: lo aveva smarrito. Si affannava di cassetto in cassetto; nel sogno cercava dappertutto, ma non ritrovava il manoscritto. Aveva nel sogno la sgradevolissima sensazione di aver proprio perso il manoscritto del suo miglior libro e forse di non riuscire più a ritrovarlo; con quella sensazione poi si svegliava. Naturalmente fu una notevole esperienza per il filosofo cui mi riferisco, che scrisse molti libri. Ne sono apparsi in così gran numero che una volta in occasione di una visita a cui era presente anche sua moglie, ella mi disse: «Mio marito scrive tanti libri, che si fanno concorrenza fra loro».

 

In casa di quel filosofo aleggiava anche un notevole senso pratico, al punto che una volta, durante una visita insieme a un editore, mi irritai in quanto volevo parlare con lui di problemi gnoseologici. Portai l’editore con me, in realtà ci venne di sua iniziativa, e il filosofo attaccò dicendo: «Voi che ne avete cognizione, sapreste dirmi se si possono avere dagli antiquari molti esemplari di una certa mia opera?» Vi era un gran senso pratico nella casa di quel filosofo; non lo dico per disprezzare, lo racconto solo come un tratto caratteristico. Qualcun altro avrebbe forse sognato qualcosa di diverso, che altrettanto copra nel fantastico le esperienze.

 

Tutti sanno che il sogno non procede come la vita, ma che in esso vengono a crearsi differenti connessioni. D’altra parte tutti sanno anche come il sogno sia in profonda relazione con ciò che realmente siamo; in effetti molti sogni non sono che riflessi della nostra interiorità corporea, e già nel sogno si tesse come entro qualcosa che è in intima relazione con noi.

A poco a poco ci si rende conto di come il sogno disponga a suo modo le esperienze. Per far chiarezza, si arriva man mano a riconoscere che noi stessi viviamo nel sogno. Vi si vive proprio nei momenti in cui si esce dal corpo fisico e dall’eterico o vi si rientra.

Il sogno in fondo si svolge sempre in questi passaggi tra veglia e sonno, sonno e veglia.

 

Ho portato ripetuti esempi che mostrano che ciò che conta nel sogno si svolge al risveglio e all’addormentarsi. Si ricorderà che ho addotto come caratteristico esempio quello di uno studente che sogna due studenti davanti alla porta di un’aula. L’uno dice all’altro qualcosa che secondo l’uso goliardico esige soddisfazione. Si giunge a un duello. Tutto è sognato con vivezza: il terreno del duello, la scelta dei secondi e così via, fino allo sparo. Egli sente il colpo, che però, mentre si sveglia, si tramuta subito nello sbattere di una sedia che egli ha rovesciato in quel momento. Si sveglia proprio in quel momento: la caduta della sedia ha suscitato l’intero sogno. Il sogno si svolge dunque nel momento del risveglio; si presenta in modo da avere in sé la propria durata, e non quella che dovrebbe avere.

 

Secondo il loro tempo intrinseco, alcuni sogni durano tanto che non si è dormito a lungo quanto si sarebbe dovuto, se il sogno avesse dovuto durare il tempo corrispondente alla sua durata. Tuttavia il sogno è in stretta relazione con quanto sperimentiamo interiormente fin nel corpo fisico.

 

Gli antichi ben conoscevano tutto questo, e gli antichi Giudei per un certo tipo di sogni, come si può leggere nella Bibbia, dicevano: Dio ti ha punito nei tuoi reni. Sapevano cioè che un certo tipo di sogni era collegato alla funzione renale. D’altra parte basta leggere La veggente di Preporsi per trovare come gli uomini ricavino dal sogno il cattivo stato dei loro organi; alcuni sono predisposti in modo che un organo malato si manifesti simbolicamente in potenti immagini, e possa condurre a vedere il medicamento che lo possa guarire. In tempi più antichi ciò serviva persino a indurre il malato stesso a indicare i suoi rimedi in base alla spiegazione del suo sogno. Occorre studiare anche in questa direzione come veniva usato a ragione il sonno del tempio.

 

Osservando tutte queste relazioni del sogno con le esperienze esteriori,

si deve proprio dire che il sogno protesta contro le leggi della natura

secondo le quali viviamo dal risveglio fino all’addormentarci.

Il sogno non si preoccupa di quelle leggi; le prende in giro.

 

Le leggi naturali indagate nel mondo fisico, non si adattano al sogno

che ha in sé una vivace protesta nei confronti di esse.

Se da una parte si domanda alla natura che cosa sia vero, essa risponde con le leggi naturali;

domandandolo al sogno, questo non risponde con le leggi di natura.

 

Chi giudica lo svolgimento di un sogno secondo le leggi della natura

dirà che il sogno mente, e secondo il senso comune, mente.

Il sogno però, pur appartenendo le sue immagini all’inconscio,

come lo si chiama in astratto, si avvicina al soprasensibile spirituale nell’uomo;

non conoscendo che si avvicina all’interiore realtà spirituale dell’uomo, non lo si giudica in modo corretto.

 

Questo è già qualcosa che nella nostra epoca diventa difficile ammettere.

Si vuole rendere astratto il sogno, lo si vuole giudicare solo per quel che ha di fantastico;

non si vuol vedere che nel sogno si ha qualcosa che è in connessione con l’interiorità umana.

Se infatti il sogno è in un certo senso collegato alla nostra interiorità e protesta contro le leggi della natura,

è un segno che anche la nostra stessa interiorità protesta contro di esse.

 

• Nel considerare l’uomo, prego di capire quanto sia importante il concetto che il suo intimo protesta davvero contro le leggi della natura. Che cosa significa?

Se oggi il modo di pensare della ricerca scientifica osserva le leggi di natura col metodo di laboratorio, tale pensare si rivolge anche all’uomo, e lo tratta come se quelle leggi continuassero in lui anche nella sua interiorità, potrei meglio dire entro a sua pelle.

Ma non è affatto così.

 

Il sogno, con la sua negazione delle leggi naturali, sta molto più vicino all’interiorità umana di quelle leggi.

L’interiorità umana è tale che non agisce e non sviluppa le proprie azioni secondo le leggi della natura;

perciò il sogno, che nella sua composizione è in un certo senso un’immagine dell’interiorità umana,

ne è una testimonianza.

 

Chi lo comprende, deve semplicemente dire che è assurdo credere

che nel cuore o nel fegato vigano le stesse leggi della natura esterna.

In essa vi è la logica, nell’interiorità umana vi è il sogno;

chi definisce fantastico il sogno, allo stesso modo deve chiamare fantastica anche l’interiorità umana.

 

Lo può sentire, perché è molto più vicino al sogno che alla logica esteriore come l’interiorità umana proceda tra nascita e morte qui nella vita terrena, dove si susseguono, provenienti da qualche parte, malattia e salute.

Al nostro attuale modo di pensare manca del tutto ravvicinarsi in questo modo all’interiorità umana, perché è del tutto invischiato in quel che si fa osservando in laboratorio la natura esterna. Lo si vuol comunque trovare anche nell’interiorità umana.

 

A questo riguardo riveste grande valore conoscere ad esempio il modo in cui la scienza oggi spesso tratti ciò che è importante nel fisico dell’uomo. Fanno parte della vita umana le proteine, i grassi, i carboidrati, i sali, naturalmente nella loro essenza. Lo si sa. Ma che cosa fa la scienza? Analizza la proteina, vi trova tanto per cento di ossigeno, tanto di azoto, tanto di carbonio; analizza i grassi, i carboidrati e così via.

Ora se ne conosce la quantità presente in ogni cosa, ma da tale analisi non apprendiamo mai quale influsso abbia avuto per esempio la patata nella civiltà europea.

 

Ancor meno si parla dell’influsso dell’alimentazione a base di patate sulla civiltà europea, perché da quell’analisi, nella quale troviamo come siano diversamente ripartiti in ciascun alimento carbonio, azoto, ecc., mai troviamo perché ad esempio la segale sia assimilata preferibilmente dalle forze dell’addome, mentre la patata richieda fin dal cervello forze per la sua assimilazione; così, mangiando troppe patate, dobbiamo impiegare il cervello per digerirle, perdendo un poco della forza cerebrale per il pensiero.

Propria da queste cose si riconosce come né l’odierna scienza materialistica, né le opinioni più indirizzate in senso teologico giungano alla verità.

 

La scienza descrive gli alimenti all’incirca come se, volendo descrivere un orologio, si cominci dicendo che l’argento si estrae dalle miniere, con un certo procedimento; quindi lo si carica e lo si trasporta nelle città, ma ci si arresta all’orologiaio, non si vuol guardare nel suo laboratorio. Poi si descrive forse il quadrante di porcellana, come si fabbrica la porcellana, e di nuovo ci si ferma davanti al laboratorio dell’orologiaio. La scienza attuale procede in questo modo con gli alimenti; li analizza e ne dice qualcosa che nulla offre sul significato degli alimenti nell’organismo umano; al di là di ogni analisi, vi è infatti una gran differenza se di una pianta si mangiano i frutti, ad esempio della segale o del grano, o se ci si nutre di tuberi, come con le patate.

 

I tuberi si inseriscono nell’organismo umano in tutt’altro modo rispetto ai frutti o ai semi. Si può così dire che l’attuale modo di pensare non penetra più la vita materiale; ne consegue che il materialismo è la concezione del mondo che non conosce affatto la materia nel suo agire. Qui deve fare luce la scienza dello spirito per conoscere la materia.

Per questo coloro che aderiscono al pensiero scientifico-materialistico dicono che l’antroposofia è fantasticheria spirituale. I teosofi o i teologi vogliono attenersi allo spirito astratto che mai giunge al reale agire, che mai arriva a mostrare realmente come, quale spirito, esso operi nell’agire materiale; costoro dicono che l’antroposofia è materialistica, perché estende le proprie conoscerne sino alla materia.

 

Abbiamo così attacchi su due fronti; sia da parte di coloro che trattano ogni cosa in modo ideale e astratto, sia da coloro che lo fanno in modo materialistico. Gli uni, che trattano tutto in modo ideale, astratto, non conoscono però lo spirito; gli altri, materialisti, non conoscono la materia. Così oggi si va sempre più formando un pensare che proprio non si avvicina all’uomo.

 

Negli ultimi tempi della nostra evoluzione spirituale è avvenuto qualcosa di molto singolare. Se non vogliono essere proprio del tutto cocciuti, gli uomini non possono fare a meno di riconoscere almeno il lato notturno della vita spirituale. Ed è assai caratteristico il modo in cui si comportano coloro che sono del tutto irretiti nella scienza, quando entrano in queste oscure regioni della vita dello spirito, o in altro che ora menzionerò, che comunque non possono negare.

Ne è memorabile esempio il libro di Ludwig Staudenmaier La magia come scienza sperimentale. È quasi come se si dicesse: l’usignolo come macchina; comunque venne scritto come qualcosa di caratteristico nella nostra epoca.

 

Come procede dunque quest’uomo? La sua peculiarità è che la vita lo portò a che la magia sperimentale gli si presentò attraverso lui stesso. Un giorno dovette iniziare a sperimentare su se stesso, e direi che ciò produsse un oscuro destino. Non poteva negare quel che aveva sperimentato, ad esempio che vi è la scrittura medianica. Non consiglio queste cose e sempre le espongo come pericolose; ma in ciò che appunto scrivono i medium vi è qualcosa di singolare, in cui però occorre sempre separare in modo critico la verità dall’errore. Lo scrivere cose che non si hanno in capo nel momento in cui si scrive, la scrittura medianica, divenne per Staudenmaier un problema sperimentale, ed egli cominciò a disporre lui stesso la matita per scrivere, e qui uscirono cose che mai aveva pensato. Scrisse le cose più curiose. È davvero sorprendente: un pensatore scientifico prende in mano una matita, diventa medium e crede che non funzionerà, ma d’improvviso la matita prende forza, guida la mano e scrive ogni sorta di cose di cui si resta stupitissimi. Questo è successo a Staudenmaier.

 

Quel che più lo stupì, fu che la matita, divenuta lunatica come diventa lunatico il sogno, scriveva tutt’altre cose da quelle da lui pensate; una volta diede alla mano addirittura l’obbligo di scrivere: sei una testa di cavolo, e altro di simile.

Sono cose che questo signore di certo non pensava! Essendosi ripetute tali cose, e con la matita che sempre scriveva le cose più strane, Staudenmaier chiese chi fosse realmente a scrivere. La risposta fu che a scrivere erano spiriti. Dal suo punto di vista non era vero, perché per un pensatore scientifico gli spiriti non esistono. Che cosa dovette dire allora? Non potendo dire che gli spiriti gli avevano mentito, disse che il suo subconscio mente sempre. È un’esperienza spiacevole che all’improvviso il subconscio arrivi alla convinzione che ad esempio noi siamo teste di cavolo, e in più lo scriva, come dire, nero su bianco.

 

Egli però continuò a comportarsi come se gli spiriti parlassero, e chiese loro perché non dicessero la verità; quelli risposero che era il loro modo di fare, che erano spiriti che dovevano mentirgli, che mentire era nel loro carattere.

Ciò era assai peculiare. Qui inizia una zona ove i fatti si fanno equivoci, perché quando in questo modo risulta che la verità sia solo in alto, e sotto si menta sempre, la situazione certo si fa spiacevole; se in più si è totalmente schiavi di una concezione scientifica non si può che giungere ad altro se non che il bugiardo si nasconde in noi.

 

Ciò nonostante Staudenmaier giunse così all’opinione che mai parlano obiettive entità spirituali, ma sempre solo il subconscio. In tali generiche espressioni si può riassumere ogni cosa.

È caratteristico che quegli spiriti non si siano curati di guidare la mano di Staudenmaier a scrivere, per esempio, una nuova dimostrazione matematica o a risolvere un problema scientifico; la caratteristica è che sempre dicevano qualcosa d’altro.

 

C’erano tutti i motivi perché Staudenmaier andasse su tutte le furie, e in questa situazione un medico amico gli consigliò di andare a caccia. Molti consigli medici consistono in tali indicazioni; un consiglio molto in uso in medicina è ad esempio di sposarsi. Ebbe dunque il consiglio di andare a caccia, per tirarsi fuori da quella follia, per distrarsi.

Capitò dunque, ed egli lo descrive con esattezza, che andando a caccia di gazze, cioè nel puntarle, sempre dagli alberi facessero capolino ogni sorta di forme demoniache, non gazze. Erano posate sui rami bestie bizzarre a metà gatto e metà elefante che gli facevano sberleffi o gli mostravano la lingua. Se poi dall’albero passava a guardare l’erba, non vedeva lepri, ma forme fantastiche che gli facevano giochi di prestigio.

 

Così non solo la matita scriveva ogni sorta di cose, ma fu stimolata anche la fantasia superiore in modo che al posto di gazze si mostravano demoni, ogni specie di fantasmica genia, quindi di nuovo falsa. Ciò che vide era davvero come in un sogno, e se la sua volontà fosse rimasta intatta, sarebbe potuto succedere che egli, anziché a una gazza, sparasse a qualche bizzarria come a un gatto-elefante, che cadendo si sarebbe di sicuro mutato in raganella-usignolo con coda da diavolo, trasformandosi durante la caduta.

 

In ogni caso si può dire che allo sperimentatore si avvicinò un mondo affine a quello del sogno, un mondo che era anche una protesta contro ogni nesso di legge naturale. Quale sarebbe stato il nesso secondo le leggi di natura? Se avesse portato il fucile alla spalla e sparato a una gazza, sotto ci sarebbe stata una gazza. Però non avvenne così, ma come ho mostrato: di nuovo, una protesta del lato notturno del mondo spirituale in cui era stato spinto, contro le leggi di natura.

 

Se egli fosse rimasto nel subconscio, come minimo avrebbe dovuto dirsi: se tutto questo è nel subconscio, il subconscio stesso sta protestando contro le leggi di natura. Che cosa gli dice in realtà il subconscio? Gli fa balenare davanti ogni sorta di demoni, come ho descritto. Gli dice cose diverse da quanto immaginava sopra di sé. Dovette così almeno dedurre che se il mondo fosse organizzato solo secondo le leggi di natura, non potrebbe esistere la sua interiorità, egli non esisterebbe come uomo, perché quando la sua interiorità parla, lo fa in modo diversissimo dalle leggi della natura.

 

L’interiorità umana fa quindi parte di un mondo del tutto differente da quello in cui si svolgono le leggi di natura, un mondo che, nelle sue connessioni, protesta contro di esse.

Questa è la sola cosa interessante di questo magico sperimentatore o sperimentante mago che tanto impressionò moltissime persone. Ciò ci mostra come in effetti si possa giungere alla percezione di tale mondo, anche in altro modo da come il mondo di sogno, che in genere si presenta nella vita, è nelle sue connessioni.

 

• Grazie a una giusta visione della vita corrente, questo porta a riconoscere che, semplicemente per il fatto che l’uomo esiste, al mondo in cui viviamo, sottoposto alle leggi di natura, ne confina un altro che ad esse non è sottoposto.

Osservando bene queste cose ci si deve proprio dire che qui vi è il mondo compenetrato dalle leggi naturali che noi studiamo; ad esso ne confina un altro che nulla ha a che fare con esse e nel quale regnano altre leggi. Immergendoci in modo reale nel mondo del sogno, arriviamo in un mondo ove cessano le leggi di natura.

 

Che in tale mondo con la coscienza normale si abbiano all’inizio percezioni fantastiche, origina solo dal non possedere la capacità di riconoscere i nessi che là si incontrano; noi vi portiamo l’elemento fantastico; tuttavia quel che là vive e tesse è un’altra sfera cosmica in cui ci immergiamo ne sogno.

(?) io ci porta direttamente a qualcos’altro.

 

Chi è del tutto inserito nella corrente concezione del mondo dice di ricavare la legge della gravitazione studiando la legge della caduta libera delle pietre; poi nel cosmo la applica anche alle stelle. Pensa quindi che qui vi sia la terra, dove trova le leggi di natura, e là il cosmo; pensa che le leggi ricavate sulla terra valgano anche per la nebulosa di Orione e per altro ancora.

Tuttavia ognuno sa che ad esempio la forza di gravità diminuisce in funzione del quadrato della distanza, indebolendosi man mano, che la luce si affievolisce; ho già detto che allo stesso modo decresce anche la verità delle nostre leggi di natura.

 

Le leggi di natura vere qui sulla terra non lo sono più nel cosmo, valgono solo fino a una certa distanza.

Nel cosmo però, oltre una certa distanza, comincia a valere l’ordinamento che incontriamo immergendoci nel sogno.

 

Guardando la nebulosa di Orione, per comprenderla dovremmo in fondo renderci conto che non si deve pensare fisicamente secondo il metodo sperimentale, ma iniziare a sognare, perché essa mostra il suo ordinamento alla maniera del sogno.

Un tempo gli uomini conoscevano in realtà queste cose, e intuizioni ne rimasero in tempi posteriori, in particolare nei pensatori in grado di raggiungere una profonda concentrazione.

 

Un tale ricercatore fu Johannes Muller, maestro di Haeckel, che visse nella prima e non nella seconda metà del secolo diciannovesimo. Era davvero sempre in grado di concentrarsi; viveva interamente in ciò che si proponeva in quel momento. Vivendo concentrati appieno in ciò che ci si propone, talvolta lo si raggiunge meglio; in qualche caso si possono avere svantaggi, come subito racconterò. Durante un corso estivo da lui tenuto, ad esempio, a una domanda rispose trattarsi di qualcosa che sapeva solo durante le lezioni invernali, non in estate. D’estate era tanto concentrato nella materia delle sue lezioni estive da ammettere apertamente di conoscere il resto solo d’inverno.

 

È molto interessante che una volta Johannes Muller ad esempio confessasse di poter sezionare a lungo cadaveri per arrivare a un certo risultato senza riuscire a penetrare in quel che desiderava comprendere. Gli riusciva però qualche volta di sognare ciò che aveva sperimentato, quindi di vedere assai più a fondo; poi le cose gli si chiarivano. Era la prima metà del secolo diciannovesimo, ci si poteva concedere ancora simili stravaganze, pur essendo un famoso ricercatore.

 

Dunque sognando, si giunge a un mondo diversissimo, a un altro ordine di leggi. Per una giusta riflessione occorre premettere che, volendo fare come Johannes Muller, non si dovrebbe riflettere sulla nebulosa di Orione come si fa negli osservatori astronomici o negli istituti di astronomia, ma si dovrebbe sognare; se ne saprebbe allora di più che non riflettendo.

 

Vorrei dire che è collegato a questo che negli antichi tempi i pastori, quando di notte dormivano nei campi, sognavano davvero le stelle, e ne sapevano di più che i posteri. È vero, è proprio così.

In breve, entrando nell’interiorità dell’uomo e avvicinandoci al mondo del sogno, oppure uscendo nell’universo, oltre lo zodiaco incontriamo il mondo del sogno, come dicevano gli antichi.

Ora siamo al punto di poter comprendere che cosa intendessero i Greci, che di questi fatti sapevano ancora qualcosa, quando usavano la parola «caos». Avendo letto tante possibili spiegazioni del caos, le ho sempre trovate lontanissime dalla verità.

 

Che cosa intendeva il Greco quando parlava del caos?

Intendeva l’ordinamento di cui si ha sentore quando ci si immerge nel sogno, o che si deve presupporre alle estreme lontananze dell’universo. Il Greco ascriveva questo ordinamento al caos, diverso dalle leggi di natura. Diceva che il caos inizia ove non vi sono più le leggi di natura, ove regna un altro ordinamento.

 

Per i Greci il mondo nacque dal caos, cioè da un contesto che non è ancora secondo le leggi di natura, ma che è come il sogno, oppure come ancor oggi le lontananze cosmiche, il Cane nella costellazione di Orione, e così via. Qui si giunge in un mondo che per lo meno si annuncia nella regione fantastica ma vivace delle immagini del sogno.

 

Vediamo così che qui vi è il mondo fisico naturale,

e che immergendoci nei sogni entriamo in certo qual modo in una seconda corrente;

quindi in una terza che sta oltre il mondo del sogno, che non ha più alcun rapporto diretto con le leggi della natura.

Col suo carattere di immagini il mondo del sogno protesta contro le leggi della natura.

Sarebbe del tutto insensato affermare che questo terzo mondo si regola secondo le leggi della natura;

le contraddice interamente, persino con audacia, perché si avvicina anche all’uomo.

 

Mentre il sogno si presenta ancora nel vivo mondo delle immagini,

il terzo mondo si presenta nella voce della coscienza, nella concezione morale del mondo.

Avendo così l’uno accanto all’altro, da un lato il mondo della natura e dall’altro il mondo della moralità,

non vi è fra di essi alcun passaggio;

lo si trova tuttavia nel mondo del sogno, o in quello vissuto dallo sperimentatore nella regione della magia,

in cui i fatti gli parlavano in modo del tutto diverso da quello che è il contesto delle leggi naturali.

 

Tra il mondo intessuto dalle leggi della natura e quello da cui fluisce e ci parla la coscienza,

per la coscienza normale vi è il mondo del sogno.

Avendo qui i mondi della veglia, del sonno e del sogno,

questo ci porta all’idea che davvero durante il sonno gli dèi ci parlino di ciò che è non naturale, ma morale,

di quel che poi, destandoci, ci resta nell’interiorità come voce divina, come coscienza.

 

In questo modo i tre mondi si congiungono, e si comprende

• da un lato perché il mondo del sogno protesta contro le connessioni della natura,

• e dall’altro che esso è un passaggio a un mondo occultato nella sua realtà alla coscienza normale,

al mondo da cui vengono anche le idee morali.

 

Orizzontandoci nel mondo del sogno si trova il successivo mondo spirituale

che non può più essere compreso con le leggi della natura, ma con quelle dello spirito;

invece nel sogno sono frammischiate le une con le altre,

perché il mondo del sogno è un passaggio tra quei due mondi.

Così abbiamo chiarito da un altro lato come l’uomo si inserisca nei tre mondi.