Il mondo spirituale

O.O. 9 – Teosofia – (I tre mondi)

 


 

Prima di seguire lo spirito nel suo ulteriore cammino, dobbiamo esaminare la regione in cui esso penetra. È il “mondo dello spirito”. È talmente dissimile da quello fisico che tutto quanto ne sarà detto dovrà apparire fantastico a chi voglia confidare soltanto nei sensi fisici. Qui più che mai vale ciò che si è già detto del “mondo dell’anima”: per descriverlo, bisogna ricorrere a similitudini, perché il nostro linguaggio, che serve per lo più alla sola realtà fisica, non è ricco di espressioni appropriate al mondo spirituale. È dunque particolarmente necessario chiedere di intendere alcune delle cose che saranno dette come semplici accenni. Tutto quanto verrà descritto è tanto diverso dal mondo fisico, che se ne può parlare solo in tale maniera. L’autore di questo libro sa bene come l’inadeguatezza dei mezzi di espressione linguistici, adatti per il mondo fisico, tolga alle sue comunicazioni la possibilità di rispecchiare veramente le esperienze dei mondi superiori.

 

Anzitutto va sottolineato che il mondo dello spirito è intessuto della stessa materia

di cui consiste il pensiero umano; (anche la parola “materia” è qui naturalmente usata in senso improprio).

• Quale vive nell’uomo, il pensiero non è che un’ombra, una pallida immagine del suo vero essere.

Il pensiero che si manifesta nella testa umana sta all’entità corrispondente del “mondo spirituale”

come l’ombra proiettata da un oggetto sta all’oggetto stesso.

• Quando dunque il senso spirituale dell’uomo è desto, percepisce l’essere-pensiero,

come l’occhio fisico percepisce una tavola o una sedia.

 

L’uomo vive in un ambiente di esseri-pensiero.

 

L’occhio fisico percepisce il leone,

e il pensare diretto alle cose fisiche percepisce l’idea del leone solo come uno schema, una pallida immagine.

L’occhio spirituale vede nel “mondo dello spirito” l’idea del leone

con la stessa evidenza reale con cui l’occhio fisico vede il leone fisico.

 

Anche qui può essere richiamata la similitudine di cui ci siamo valsi parlando del mondo animico. Come al cieco nato che abbia subito l’operazione ogni cosa appare a un tratto dotata delle nuove qualità della luce e del colore, così a chi impara a valersi dell’occhio spirituale tutto appare compenetrato di un mondo nuovo, del mondo dei pensieri viventi, o di esseri spirituali.

In questo mondo si vedono anzitutto gli archetipi spirituali di tutte le cose

e di tutti gli esseri esistenti nel mondo fisico e in quello animico.

Si pensi a un quadro esistente nello spirito, prima che sia dipinto dal pittore: si avrà così una similitudine per ciò che è inteso con l’espressione archetipo. Non importa qui osservare che forse il pittore non ha in testa un tale archetipo prima di accingersi al lavoro, e che l’idea del quadro si concreta solo a poco a poco durante l’esecuzione.

 

Nel vero “mondo dello spirito” esistono archetipi per tutte le cose,

e gli oggetti e gli esseri fisici sono calchi di tali archetipi.

 

È comprensibile che chi confida solamente nei sensi esteriori neghi questo mondo degli archetipi e sostenga che gli archetipi sono mere astrazioni che la ragione trae dal confronto con gli oggetti fisici: egli non è infatti in grado di aver percezioni in quel mondo superiore, e conosce quindi il mondo dei pensieri solo nella sua astratta forma schematica. Non sa che al veggente gli esseri spirituali sono familiari come a lui lo sono il suo cane o il suo gatto, e che il mondo degli archetipi è una realtà assai più intensa di quella del mondo fisico-sensibile.

 

Il primo sguardo gettato nel “mondo spirituale” è certo ancor più sconcertante di quello gettato nel mondo animico, poiché gli archetipi nella loro vera figura sono molto dissimili dai loro calchi fisici. Altrettanto dissimili essi sono dalle loro ombre, dai pensieri astratti.

 

Nel mondo spirituale tutto è in perpetua attività di moto, in creazione incessante.

Un riposo, una sosta, quali si verificano nel mondo fisico,

là non esistono, poiché gli archetipi sono entità creatrici.

Sono gli artefici di tutto quanto nasce nel mondo fisico e in quello animico.

 

Le loro forme mutano rapidamente, e ogni archetipo

ha la possibilità di assumere innumerevoli figure particolari.

Le fanno per così dire germogliare dal loro essere,

e non appena una è generata, l’archetipo si accinge a produrne un’altra.

 

Gli archetipi hanno poi fra loro relazioni di maggiore o minore affinità: non operano isolati.

L’uno ha bisogno dell’altro per la sua attività.

Innumerevoli archetipi cooperano spesso alla formazione di un essere nel mondo fisico o in quello animico.

 

Oltre a quanto si rivela alla “vista spirituale”,

vi è dell’altro che si presenta nel “mondo spirituale” come esperienza dell’“udito spirituale“.

 

Non appena il chiaroveggente ascende dal mondo animico a quello spirituale,

gli archetipi percepiti si rivelano infatti anche sonori.

Tale “risonare” è però un processo solo spirituale. Non va associato al pensiero di un suono fisico.

 

Il veggente si sente come immerso in un mare di suoni,

e nei suoni, nel risonare spirituale, si esprimono gli esseri del mondo spirituale.

• Nei loro accordi, nelle loro armonie, nei ritmi e nelle melodie,

si estrinsecano le leggi primordiali della loro esistenza, i nessi reciproci e le affinità.

• Quel che nel mondo fisico l’intelletto percepisce come legge, come idea,

si presenta all’orecchio spirituale” come musica spirituale.

 

(I pitagorici chiamavano perciò questa percezione del mondo spirituale “musica delle sfere”. Per chi possieda l’udito spirituale”, tale “musica delle sfere” non è una semplice immagine, un’allegoria, ma una realtà spirituale ben nota).

 

Per farsi un concetto di questa “musica spirituale”, bisogna però allontanare ogni rappresentazione di musica percettibile all’orecchio fisico.

Qui si tratta di “percezione spirituale”, di una percezione cioè che deve restar muta per l’udito fisico.

 

Nella descrizione seguente del mondo dello spirito vogliamo omettere per semplificazione di accennare a questa “musica spirituale”. Basterà pensare che tutto quanto sarà descritto come “immagine”, come qualcosa di “fulgente”, sia nello stesso tempo risonante. Ad ogni colore, ad ogni percezione luminosa corrisponde un suono spirituale, e ad ogni combinazione di colori, un’armonia, una melodia. Va tenuto presente che anche dove regna il suono, non cessa la percezione della “vista spirituale”. Allo splendore si aggiunge semplicemente il suono. Quando nelle pagine seguenti si parlerà di “archetipi”, bisognerà sempre pensare anche a “suoni primordiali”. A queste percezioni se ne aggiungono altre che per similitudine si possono indicare come “sapori spirituali”, e così via. “Ma non ci addentreremo qui nella loro descrizione, poiché vogliamo suscitare semplicemente un’idea del mondo spirituale mediante alcuni elementi tratti dal suo complesso.