Il Natale

O.O. 101 – “Miti e saghe. Segni e simboli occulti”- 13.12.1907


 

Miei cari amici,

La Teosofia – se bene e profondamente compresa – ricondurrà sempre più l’uomo alla vera vita; a quella vita alla quale la filosofia materialista certo non lo avvicina, come generalmente si crede, ma lo allontana sempre più

Ciò è stato detto e ripetuto qui e altrove, per caratterizzare la missione del movimento teosofico; ma non per questo sembrerà meno strano ai nostri contemporanei, usi, per lo più, a considerare come “vera vita“ tutt’altro di quello che la Teosofia può dare, e persuasi che la Teosofia è meno di ogni altra cosa in grado di condurre l’uomo alla realtà pratica della vita. Eppure vi riuscirà davvero nelle piccole come nelle grandi cose.

 

La Teosofia riuscirà,

se coloro che si occupano di vita pubblica o d’altre questioni vorranno lasciarsene compenetrare,

a risolvere tutti i grandi problemi del nostro tempo

nel modo necessario a condurre l’umanità verso una più piena espansione di vita.

 

• Tutta la confusione, il disordine, le condizioni malsane dell’epoca nostra, le così dette “questioni del giorno” che da veri dilettanti si cerca di risolvere partendo sconsideratamente or da questo or da quel punto di vista, non potranno esser trattate con vero profitto, se non quando i nostri contemporanei si risolveranno a compenetrarsi della verità teosofica. Non di questo però vogliamo intrattenerci oggi; ci basti l’avervi accennato.

 

Ci occuperemo oggi della Teosofia dal punto di vista del sentimento; considereremo con l’occhio dell’anima come la vita d’oggi debba apparire fredda, arida, ottusa, di fronte a una concezione della vita più profonda e più calda; ce ne accorgeremo specialmente all’avvicinarsi di una delle grandi feste: Natale, Pasqua, Pentecoste; vedremo allora come ciò che si conserva e si osserva, non siano che le forme e le abitudini esteriori.

Ben poco è rimasto di ciò che in tali ricorrenze sì profondamente commoveva l’anima dei nostri antenati di quella viva e penetrante intuizione dei rapporti tra l’uomo e l’universo e della sua essenza divina che sempre esisteva in loro e si accentuava ancor più nei giorni di festa. Queste feste erano qualche cosa di reale per l’anima, e l’anima sentiva diversamente in quei giorni che negli altri giorni dell’anno.

 

L’uomo dei nostri tempi non riesce più a farsi un’idea di ciò che nelle età primitive commoveva le anime allorché, raccorciandosi le giornate, si avvicinava la fine dell’anno e si celebrava la nascita del Cristo Gesù; oppure la Resurrezione del Cristo Gesù, quando di sotto la fredda coltre di neve che lentamente scompariva, tornava alla luce tutto ciò che la terra vi aveva nascosto.

La nostra vita sembra concreta; ma in realtà i sentimenti dei nostri contemporanei sono diventati delle fredde e vuote astrazioni. La gente va per le strade e della festa del Natale non s’accorge più che per i regali, gli altri sentimenti non sono più che un’eco lontana dei sentimenti profondi da cui erano penetrati i nostri progenitori in simili ricorrenze.

 

L’uomo ha perduto il contatto immediato colla vita,

ed è uno dei compiti della Teosofia il ristabilire questo contatto per la via del sentimento.

 

Chi si occupa soltanto delle teorie e delle dottrine teosofiche, di quello che comunemente si chiama “ la concezione teosofica, “ non ha compreso che una minima parte della Teosofia. La comprende bene chi sa quale trasformazione dovrà avvenire in tutto il mondo delle sensazioni e dei sentimenti umani quando la Teosofia compenetrerà i cuori e le anime.

 

• Il profondo significato delle nostre feste – dimenticato per un certo tempo, divenuto vuota astrazione – si riaffaccerà più vivo davanti all’anima, quando l’uomo sarà nuovamente penetrato degli intimi rapporti esistenti tra lui e tutto il mondo circostante, rapporti che la Teosofia rivela e mette in luce.

 

• Più volte già ci siamo occupati della festa del Natale nel suo significato più profondo, ma oggi la considereremo da un altro lato, cercando di vedere come i pensieri e i concetti teosofici agiscano su tutti i nostri sentimenti; come essi realmente facciano diventare l’uomo affatto diverso da quello ch’è ora, restituendogli la facoltà di sentire l’immediato vibrare della vita spirituale nella Natura, e quel calore vivificante che pervade l’Universo animandone tutti gli esseri.

 

Oggi, chi alza gli occhi alla volta stellata del cielo, vede il firmamento popolato di tutti quei globi fisici, materiali, di cui parla l’astronomia astratta. Un giorno quei globi appariranno nuovamente all’uomo come corpi pervasi d’anima e di spirito; tutto lo spazio sarà per lui nuovamente compenetrato d’anima e di spirito. Egli sentirà in sé tutto l’Universo, caldo d’amore, come sentirebbe stringendo al cuore un amico, ma naturalmente un sentimento ben più grande e possente desterà in lui lo Spirito dell’Universo.

 

Sappiamo già che soltanto nell’uomo possiamo trovare ciò che chiamiamo un’“Anima individuale,” un’anima che dimori, per così dire, in un corpo separato. Per gli altri organismi viventi intorno a noi, l’anima è da cercare in altro modo e in altra forma. Anche gli animali hanno un’anima; ma noi la cercheremmo invano qui sul piano fisico. L’Io degli animali, quello che chiamiamo un “Io collettivo” o un’ “Anima di gruppo,” si trova sul piano astrale; e dei gruppi interi d’animali affini, come per esempio tutte le tigri, tutti i leoni, tutti i gatti, insomma tutti i singoli gruppi di specie affini, hanno una comune “Anima di gruppo,” un comune “Io collettivo.”

 

La distanza che separa i singoli animali qui sulla terra, non ha nulla a che fare con ciò; che un leone viva in un deserto e un altro in un serraglio, non importa: tutti gli esemplari della specie appartengono allo stesso “Io,” che l’occultista può trovare sul piano astrale. Questi “Io collettivi” sono sul piano astrale delle personalità separate; e come sul piano fisico la persona umana è separata, così “l’Anima di gruppo” di un dato gruppo di animali, forma una personalità separata sul piano astrale. Come le dieci dita appartengono ad una determinata persona, così, per esempio, tutti i leoni appartengono all’anima collettiva del leone. Chi potesse venire a conoscere le singole anime collettive sul piano astrale, troverebbe che la loro caratteristica più spiccata è la saggezza, per quanto poco saggi possano sembrarci i singoli animali sulla terra.

 

Nessuno può, dalla qualità dei singoli animali, giudicare delle qualità proprie alle Anime collettive del piano astrale. Come le dita non presentano le qualità d’un intero individuo, così un solo animale non presenta le qualità dell’Anima collettiva. Con saggezza agiscono queste Anime collettive, con molta maggior saggezza di quanto noi possiamo immaginare; tutto ciò che noi vediamo fare dagli animali, è effetto delle loro Anime collettive. Queste dimorano entro la nostra atmosfera intorno al globo terrestre, intorno a noi.

 

Seguendo il passaggio degli uccelli, ed osservando come essi migrino al principiare dell’autunno, dal Nord-Est verso Sud-Ovest, e come in primavera ritornino a migrare dal Sud-Ovest al Nord-Est verso la patria, facilmente ci domandiamo: “Chi mai dirige con tanta sapienza quelle migrazioni d’uccelli?” L’occultista, ricercando chi governa e dirige quegli stormi, trova, sul piano astrale, le Anime collettive delle singole specie.

 

Per ogni razza animale esiste un “Io” astrale, ch’è un vero “Io” sul piano astrale,

come è l’Io umano sul piano fisico: solo infinitamente più saggio!

 

Le personalità collettive degli animali sul piano astrale, che hanno i loro singoli membri sul piano fisico, sono realmente assai più sagge delle persone umane; e tutto ciò che ammiriamo come istinti meravigliosi dei singoli animali, è una manifestazione della sapienza delle Anime di gruppo. Come diversamente ci moviamo pel mondo, quando sappiamo che ad ogni passo siamo circondati da esseri di cui vediamo le azioni.

 

• Se osserviamo il regno vegetale, troviamo che l’“Io” di questo regno dimora in un mondo ancor più elevato di quello in cui si trovano le Anime di Gruppo degli animali, cioè nel mondo mentale o Devachan. Questi “Io” o Anime collettive delle piante, sono ben pochi, perché ognuno d’essi abbraccia un numero stragrande di singole piante del mondo fisico, molte specie di piante. E la dimora delle Anime collettive delle piante, è il centro della terra. Là sono riuniti tutti gli “Io” delle piante.

Sarebbe molto ingenuo il chiedere se tutti questi “Io” possano poi trovar posto nei mondi spirituali dove tutto si interpenetra.

 

Chi non sa comprendere questo, arriverà a certe vedute, quali si trovano in un libro molto raccomandato anche ai teosofi, e dove si parla pure del mondo spirituale, ma in modo da porre, per esempio, la seguente questione: “Ammettendo che nel corso d’un migliaio d’anni abbiano vissuto circa trenta miliardi d’uomini le cui anime dovrebbero trovarsi nell’atmosfera terrestre, è da credere che ad un numero così immenso di anime, finirebbe per mancare lo spazio.” Quel libro (“Le forze ignote” di Flammarion) sarà pieno di buone intenzioni, ma è straordinariamente materiale.

 

Dobbiamo dunque ricercare le Anime collettive delle piante nel centro della Terra, perché la Terra stessa, come pianeta, è un organismo completo; e come i peli e i capelli fanno parte d’un organismo animale o umano, così le piante fanno parte dell’organismo della Terra. Esse non sono esseri autonomi, ma parti dell’organismo terrestre; il dolore e il piacere delle piante è dolore e piacere dell’organismo terrestre.

 

Chi è capace di osservare queste cose, sa che se noi lediamo una pianta nelle sue parti superiori, tale lesione non procura una sensazione di dolore all’organismo della nostra Terra, anzi gli dà una sensazione di piacere, simile a quella, pure piacevole, che prova la mucca quando il vitello le succhia il latte dalle mammelle: perché ciò che di vegetale germoglia e cresce dalla Terra, si può, per quanto solido, paragonare al latte prodotto dall’organismo animale. E quando la falce del mietitore passa sul campo recidendo migliaia di steli, colui che sa trasformare in sentimenti le idee teosofiche non vede in ciò solo un fatto materiale, ma vi sente il soffio di voluttà che passa pel campo, e le sensazioni di gioia e di piacere che la falciatura diffonde sulla Terra.

 

Così impariamo a sentire all’unisono coll’organismo terrestre come con un amico; impariamo anche a conoscerne il dolore, quando apprendiamo che la Terra soffre, per esempio, se si strappa una pianta con tutte le radici. Lo strappare una pianta con le radici causa dolore alla Terra: e non vuol dir nulla che, in date circostanze, possa essere più opportuno trapiantare una pianta con le radici che coglierne un fiore; questo non toglie che la Terra soffra, come soffrirebbe l’uomo che, cominciando ad incanutire, per sembrare più bello, si strappasse i primi capelli bianchi.

 

Così dunque impariamo a sentire all’unisono colla Natura che ci circonda, ed essa diventa per noi, sempre più, piena d’anima e di spirito. Noi la sentiamo quando in una cava di pietra vediamo le schegge saltar via dalla roccia in franta dal piccone del minatore, o quando un grosso blocco si disgrega sotto l’azione d’una mina. Noi la sentiamo ugualmente osservando come un pezzo di sale o di zucchero si disciolga in un bicchier d’acqua. Tutto ciò non resta un vuoto e freddo fatto materiale per chi abbia in sè vivificate col sentimento le idee teosofiche, egli sente un’anima in tutto ciò, e per scoprirla non deve già ricorrere alle solite analogie.

 

Poiché sarebbe facile pensare che il picchiare la roccia col martello o il disciogliersi del sale e dello zucchero nell’acqua dovesse causare dolore alla Natura; invece avviene il contrario. Tutto ciò che si disgrega, che si schianta, che si di scioglie nel mondo minerale, produce alla Natura la massima sensazione di voluttà e di gioia. Altri processi invece producono altri effetti.

Ripensiamo all’età primitiva della Terra, quando essa era un globo liquido-incandescente, e tutta la materia metallica e minerale vi si trovava allo stato di fusione. La Terra non poteva rimanere così, poiché doveva diventare la nostra dimora, la solida dimora sulla quale possiamo moverci.

I metalli ed i minerali liquido-incandescenti dovevano consolidarsi; tutto ciò che si trovava allo stato di fusione doveva restringersi, cristallizzarsi, solidificarsi, precisamente come avviene in un recipiente d’acqua calda in cui sia stato sciolto del sale. Facendo raffreddare quella soluzione, si vedono formarsi i cristalli salini, staccandosi come piccoli corpi solidi dalla massa d’acqua. Ciò produce una sensazione di dolore nel regno minerale solo apparentemente privo di vita.

 

Tutto ciò che in apparenza si distrugge, si disgrega, si discioglie entro il regno minerale,

dà alla Terra un senso di piacere e di voluttà;

mentre tutto ciò che si condensa, si cristallizza e si consolida le produce dolore.

 

Nel dolore si è venuta solidificando l’ossatura della nostra Terra, si sono venuti formando i minerali e le rocce sui quali noi dimoriamo. Più o meno ciò è avvenuto per la formazione di tutta la crosta terrestre.

• Se pensiamo all’avvenire della nostra evoluzione terrestre, dobbiamo rappresentarci che tutte le sostanze ora solide della Terra, diventeranno sempre più liquide e più fluide. La Terra finirà per trasmutarsi in quello che chiamiamo la “Terra Astrale” quando la sua materia sarà andata via via raffinandosi fino a questo punto.

 

Mentre nella prima metà del processo formativo della nostra Terra, la materia inorganica andò, nel dolore e nella sofferenza, sempre più solidificandosi fino a poter diventare la nostra solida dimora, di mano in mano che l’evoluzione si avvierà verso la fine, essa sarà accompagnata da un sempre crescente senso di benessere e di piacere, finché la terra tutta intera sarà immersa nella gioia allorché si trasformerà in un pianeta celeste che avrà esistenza puramente astrale.

 

Quando gli Iniziati «parlano delle cose, enunciano spesso dei profondi misteri; le loro parole sono tanto pregne di significato, da poter esser spesso interpretate in diversi modi. Molte, per esempio, delle sentenze di S. Paolo, che era un Iniziato, hanno diversi significati; e più noi progrediamo nella comprensione del Cosmo e dei mondi spirituali, più profonda ci apparirà qualunque sentenza di San Paolo.

 

Ben egli sapeva che i corpi terrestri si sono solidificati con dolore e che sospirano verso il loro dissolvimento, verso l’esistenza celeste, spirituale, là dove disse: “Tutta la natura sospira nei suoi dolori aspettando l’adottazione.” [Rm 8,19-23 NdE]. Con questa sua sentenza profonda San Paolo, l’Iniziato, allude appunto alla sofferenza nella quale è venuta formandosi quella che è oggi l’ossatura minerale della nostra Terra.

 

Non interpretiamo giustamente la Teosofia finché essa resta per noi solamente un sistema di pensiero; ma lo strano è che le idee si tramutano in sentimenti, e che noi pure ci trasformiamo perché impariamo a sentire profondamente nell’anima nostra ciò che, ad ogni passo, vediamo nel mondo esterno. Questo intendevano coloro che veramente conoscevano gli insegnamenti esoterici del Cristianesimo.

 

Possiamo seguire fino al secolo decimo-ottavo gli scrittori cristiani che avevano ancora il sentimento di quello che vive nella Natura, di tutto ciò ch’è sua gioia o dolore. Nei loro scritti perciò troviamo cose che per l’uomo d’oggi sono solamente parole, tutt’al più allegorie e parabole, mentre sono da intendere come cose reali.

 

“Non dovete soltanto pensare la Natura, dovete compenetrarvene, sentirla, gustarla.”

Con questo essi intendevano che dobbiamo sentire, provare in noi stessi le sensazioni che passano pel campo quando il mietitore falcia le messi; che dobbiamo condividere il senso di benessere della Natura quando il minatore sminuzza le pietre nella cava; che dobbiamo sentire ciò che si produce di sofferenza, quando vediamo depositarsi la terra là dove il fiume versa le sue acque nel mare.

Così si anima per noi la Natura; così l’anima dell’uomo varca i suoi limiti e il sentimento pervade tutto il mondo all’intorno. Così diventiamo uno con ogni singola cosa che ci circonda; e quando ci uniamo in questo modo con tutta la Natura, allora veniamo a sentire in tutta l’anima loro e in tutto il loro spirito anche i più grandi avvenimenti.

 

Quando in primavera si allungano le giornate e sempre più luce si versa su di noi, quando dal grembo misterioso della Terra nascono le piante i cui germi ella rinserrava, quando tutto si riveste di verde, allora noi sentiamo prorompere dalla Terra non soltanto ciò che vediamo – il verde smagliante – noi sentiamo che avviene pure qualche cosa che ha rapporto con l’Anima.

E quando, verso l’inverno, si accorciano le giornate e la luce diminuisce, quando le piante sembrano ritirarsi in sé e le foglie ingialliscono, allora sentiamo che la Natura si avvia verso il sonno, come noi quando siamo stanchi la sera. Così sentiamo il risveglio della primavera, e tutto ciò non è più per noi un’allegoria, ma profonda realtà.

 

Sentiamo le alternative della Natura, le alternative dell’anima e dello spirito della Natura, e come dal colmo dell’estate in poi tutto discende, come l’anima della nostra Terra si avvia verso il suo sonno.

Ma allora, quando l’uomo la sera si addormenta, avviene quel processo vitale da noi più volte descritto: a poco a poco il corpo astrale dell’uomo, insieme col suo “Io,” si ritira dal corpo fisico, si svincola e si libra, per così dire, nel mondo che gli è proprio. E se l’uomo allo stato attuale dell’evoluzione umana potesse già quello che potrà più tardi, allora, quando il corpo astrale abbandona il corpo fisico ed il corpo eterico, si sveglierebbe in lui la coscienza spirituale: egli si sentirebbe circondato dal mondo e dall’azione spirituale, entrerebbe semplicemente, nel lasciare il suo corpo fisico, in un’altra forma di esistenza. Anche ora ciò avviene realmente, solo che l’uomo, al suo stato attuale di sviluppo, non ne ha coscienza.

 

Ora, la stessa cosa avviene colla nostra Terra. Il corpo astrale della Terra subisce, nelle varie stagioni, dei cambiamenti. Questi sono diversi per i due emisferi del globo, ma ciò qui non importa. Nell’epoca in cui la vita e le piante rinascono sulla Terra, il suo corpo astrale è impegnato nell’esistenza materiale della Terra; per opera sua crescono le piante, per opera sua tutto germoglia e si sviluppa. Invece nell’autunno, quando la Terra cade in una specie di sonno, il suo corpo astrale passa ad un’attività spirituale.

 

Chi sente in modo vivo questo processo della Terra, sa che in tutto quello che cresce e si sviluppa dalla primavera fino all’autunno, mentre il sole è alto sull’orizzonte, si ha la manifestazione esterna immediata dello spirito della Terra. Più tardi invece, quando viene l’autunno, ci si trova davanti al corpo astrale della Terra che si va liberando; e finalmente, nei giorni più brevi, quando la vita fisica esterna si avvicina maggiormente al sonno, allora si risveglia la vita spirituale della Terra. E che cos’è questa “vita spirituale della Terra?” Chi è lo “Spirito della Terra?”

 

Lo “Spirito della Terra ” si è indicato tale da Sé stesso quando disse:

“Colui che mangia il mio pane mi calpesta coi piedi, ”

e quando, accennando a ciò che la Terra produce di alimento solido per l’uomo, disse:

▸ “Questo è il mio corpo,

e quando, accennando ai succhi che scorrono in tutto ciò che vive sulla Terra, disse:

▸ “Questo è il mio sangue. ”

Con queste due sentenze Egli stesso ha indicato la Terra come il Suo organismo.

 

Tutto ciò non fu sempre così: le cose muta ronodall’epoca prima di Cristo all’epoca dopo Cristo; le condizioni esistenti nell’epoca cristiana ebbero origine soltanto a un dato momento dell’evoluzione della Terra.

Nei tempi antichi, quando si celebravano i sacri Misteri, nell’epoca dell’anno in cui i giorni erano più brevi, gli iniziandi si rivolgevano con tutta la loro anima verso il sole; e nella “profonda mezzanotte” del giorno, che per noi è il giorno di Natale, gli iniziandi ne i sacri Misteri antichi erano capaci di vedere il “Sole di mezzanotte,” acquistavano cioè della chiaroveggenza.

 

L’uomo attuale non può vedere il sole di mezzanotte, poiché materialmente il sole si trova dall’altra parte della Terra; ma per il veggente la Terra, infrapponendosi, non impedisce la vista del sole, giacché egli ne vede l’entità spirituale. E quando i veggenti, nei sacri Misteri antichi, vedevano il sole di mezzanotte, essi ne vedevano il Reggente, cioè il Cristo. Egli era là, per quelli che dovevano entrare in comunicazione con Lui, ma fino allora si trovava esclusivamente nel sole.

 

Quando sul Golgota il sangue sgorgò dalle ferite, avvenne un fatto importantissimo per tutta l’evoluzione della Terra; nessuno capisce tale avvenimento, se non sa comprendere come il Cristianesimo sia basato sopra un fatto mistico.

Se qualche chiaroveggente, da un lontano pianeta avesse potuto seguire, attraverso i millenni, l’evoluzione della Terra, ne avrebbe osservato non solo il corpo fisico ma anche il corpo astrale, e nel corpo astrale della Terra avrebbe potuto scorgere per migliaia e migliaia d’anni date luci, dati colori e date forme. In un dato momento ciò si è cambiato: altre forme apparvero, altre luci ed altri colori si accesero; e questo ebbe luogo nel momento in cui sul Golgota il sangue sgorgò dalle ferite del Redentore.

 

Non fu questo un avvenimento puramente umano, fu un avvenimento cosmico, in virtù del quale l’Io del Cristo che fino allora poteva essere ricercato soltanto nel sole, passò nella Terra. Egli si congiunse colla Terra; e nello “Spirito della Terra” troviamo l’Io del Cristo, l’Io del Sole. Quello Spirito del Sole che l’Iniziato, nei sacri misteri dell’antichità, ricercava nel Sole alla mezzanotte del Natale, l’Iniziato d’oggi può vederlo nello stesso Cristo, come Spirito centrale della Terra.

Nel sentire il vincolo vivo tra sé stesso e lo Spirito del Cristo sta la coscienza cristiana: non solo quella del cristiano ordinario, ma la coscienza dell’Iniziato cristiano.

 

Questo è il processo che ha luogo ogni anno quando le giornate si accorciano e la Terra fisica si addormenta:

allora noi possiamo entrare in comunicazione immediata con lo Spirito della Terra.

Perciò non a capriccio la Natività del Signore è stabilita nell’epoca dei giorni più brevi e delle notti più lunghe;

ciò dipende dai principi dell’iniziazione; e noi vediamo un fatto spirituale della più alta importanza

collegato coll’accorciarsi dei giorni e l’allungarsi delle notti;

sentiamo che in quell’avvenimento vi è un’anima, l’anima più elevata che possiamo sentire nell’evoluzione terrestre.

 

Quando i primi cristiani profferivano il nome del Cristo, non pensavano a una dottrina o a una somma di pensieri. Sarebbe loro sembrato assurdo chiamare “Cristiano” chi soltanto professasse quelle dottrine.

A nessuno sarebbe venuto in mente di negare che gli stessi insegnamenti si trovino anche in altre religioni; e nessuno avrebbe veduto in questo fatto qualche cosa di singolare. Soltanto oggi, appunto dalle classi colte, vien data particolare importanza al fatto che gli insegnamenti di Gesù Cristo sono conformi a quelli delle altre religioni. Ed è vero: a mala pena si potrà trovare una sentenza che non sia stata già prima insegnata; ma non è questo che importa.

 

Non è la dottrina sola che unisce il Cristiano col Cristo;

non è Cristiano colui che crede alle parole, ma colui che crede allo Spirito di Cristo.

Per esser cristiani bisogna sentire il vincolo vivo col Cristo che realmente dimora sulla Terra.

 

Il solo riconoscere le dottrine di Cristo non vuol dire “predicare il Cristianesimo.” “Predicare il Cristianesimo ” significa vedere nel Cristo quello Spirito che or ora abbiamo designato quale Reggente del Sole, e che nel momento in cui sul Golgota il sangue sgorgò dalle ferite, trasferì la sua attività sulla Terra, rendendo così la Terra partecipe all’opera del Sole.

 

Per questa ragione coloro che dapprima annunciarono il Cristianesimo, non ci tenevano molto a diffonderne solamente le dottrine; davano maggiore importanza all’annunciare la Persona di Gesù Cristo: “Noi L’abbiamo veduto quando fu con noi sul sacro monte! ” Questo era l’importante, ch’Egli era là, ch’essi Lo avevano veduto. “Abbiamo toccato con le mani le sue ferite!” Questo aveva valore per loro: L’averlo toccato. Da quell’avvenimento storico parte tutta la futura evoluzione dell’umanità sulla nostra Terra. Ciò fu sentito già allora; per questo dissero gli apostoli:

“Grande importanza ha per noi l’esser stati con Lui sulla montagna; ma cosa grande ci sembra pure che la parola dei profeti si sia adempiuta in Lui, quella parola che veniva dalla stessa Verità e Sapienza. ”

Per “profeti” s’intendevano allora quegli Iniziati che potevano predire l’avvento del Cristo avendolo veduto nei sacri Misteri del Natale all’ora della mezzanotte.

 

I primi apostoli del Cristo considerano l’avvenimento del Golgota come l’adempimento di quello che sempre si era saputo, e un grande rivolgimento avviene nei sentimenti di coloro che sanno.

Rivolgendo lo sguardo ai tempi anteriori al Cristo, troviamo l’amore collegato ai vincoli del sangue; e questo sempre più, quanto più risaliamo indietro nei secoli. Ancora nel popolo Ebreo, dal quale il Cristo stesso ha origine, vediamo esistere l’amore soltanto tra consanguinei; soltanto quelli si amano che hanno vincoli di sangue tra loro; ed anche prima degli Ebrei, l’amore si fondava sempre sulla base naturale della consanguineità.

 

L’Amore spirituale, indipendente dal sangue e dalla carne,

ha cominciato a esistere sulla Terra soltanto col Cristo; e in avvenire dovrà, adempiersi il detto:

“Chi non abbandona padre e madre, fratelli e sorelle, moglie e figli, non potrà essere mio discepolo.”1

Cioè colui che farà dipendere l’amore dalla base naturale, dai legami del sangue, non sarà Cristiano nel vero senso.

L’amore spirituale, che qual grande vincolo di fratellanza unirà tutta l’Umanità, è il portato del Cristianesimo.

 

D’altra parte per mezzo del Cristianesimo deriva all’uomo anche la massima libertà e la massima individualizzazione. Ancora il Salmista diceva: “Io ricordo i giorni antichi, e medito sui tempi primordiali.”

Gli antichi rivolgevano costantemente lo sguardo verso gli antenati; sentivano il sangue degli avi scorrere ancora nelle proprie vene, é il proprio Io intimamente legato a quello dei loro predecessori. Ancora gli antichi Ebrei quando volevano esprimere a sé stessi questo sentimento, pronunziavano il nome di Abraham perché sentivano il loro Io nella corrente comune di sangue che derivava da Abramo. Quando l’Ebreo voleva esprimere ciò che aveva di più sacro, diceva: “Io sono uno con Abramo” e quando il corpo fisico moriva, si diceva che l’anima ritornava nel grembo di Abramo, ciò che ha un senso recondito molto profondo.

 

Allora non esisteva ancora quella individualizzazione che è avvenuta nella coscienza umana per mezzo di Gesù Cristo.

 

Per mezzo del Cristo è penetrata nell’uomo la cognizione cosciente dell’“Io sono.”

Prima non si sentiva ancora la piena divinità dell’intima divina entità dell’uomo.

Sentivano l’“Io sono” ma lo ricollegavano ai propri antenati,

lo sentivano nel sangue comune a loro tutti fin dai tempi di Abramo.

 

Venne allora Gesù Cristo, recando la coscienza

• che esiste nell’uomo qualche cosa di molto più antico, di molto più indipendente;

• che l’“Io sono” non contiene soltanto tutto ciò ch’è comune ad un popolo,

ma anche ciò che esiste in ogni singola persona,

e che anche l’amore dovrà dunque rivolgersi alle singole personalità, per virtù propria.

 

L’Io che oggi è racchiuso in ognuno di noi, circoscritto e limitato all’esterno, cerca l’amore spirituale al di fuori di sé.

Non col Padre che era in Abramo, ma col Padre spirituale dell’Universo si sente unito quest’Io.

Io ed il Padre siamo uno.

 

Con queste e con parole ancor più profonde

(benché queste siano le più importanti perché aprono meglio alla comprensione)

Cristo cercò di chiarire agli uomini come esista qualche cosa di più profondo

di quello ch’esprimevano dicendo: “Io già ero in Abramo.”

 

Egli dichiarò loro che l’“Io sono” esisteva prima di Abramo, derivando da Dio medesimo.

“Prima di Abramo era “Io sono.

Così suona il testo originale, e non come generalmente si legge;

“Prima che Abramo fosse io sono” ciò che non significa nulla.

“Prima di Abramo era “Io sono,” cioè quella profonda entità spirituale che ognuno porta dentro di sé.

 

Chi comprende queste parole, penetra profondamente nell’essenza del pensiero Cristiano e della vita Cristiana, e comprende anche perché Cristo ci dice: “Io sono con voi ogni giorno fino alla fine del mondo.”

 

“Così dobbiamo pure sentire come vada interpretata l’antifona Natalizia che ci ripete ogni anno nella notte sacra Cristiana l’eterno segreto che l’“Io sono” è fuori del tempo.

Non già si canta di Natale come un ricordo: “Oggi rammentiamo che Cristo nacque per noi” ma si dice ogni volta: “Oggi nasce Cristo per noi.”

 

Perché questo avvenimento è fuori del tempo;

e ciò che una volta avvenne in Palestina, si compie nuovamente in ogni notte di Natale,

per chi sa trasformare la dottrina in sensazioni e sentimenti dell ’anima.

 

La contemplazione teosofica dell’Universo ricondurrà l’uomo al sentimento vivo di che cosa significhi veramente una simile festa.

Non un’arida dottrina, non un ’astratta teoria vuol essere la Teosofia; sua missione è di ricondurci piena mente alla Vita, di mostrarcela qual’è, non fredda e astratta, ma piena d ’anima, in ogni sua manifestazione.

 

Sua missione è di farci sentire l’anima della Natura, e nella cava spezzata dal martello, e nelle migrazioni degli uccelli, e nell’opera della falce sul campo, e nel levare e tramontare del Sole; anima sempre più profonda quanto più profondi sono gli avvenimenti osservati.

E più profondamente che mai la sentiremo nei giorni culminanti dell’anno, nei giorni degli equinozi e dei solstizi che sono rappresentati dalle nostre feste, imparando nuovamente a comprendere la somma importanza ch’essi hanno anche per la vita dell’anima.

 

Così dalle nostre feste spirerà di nuovo un soffio vivificante le anime umane, e in quei giorni l’uomo tornerà a vivere intensamente della piena vita spirituale della Natura. Come un pioniere il teosofo deve essere tra i primi a sentire che cosa torneranno ad essere quelle feste quando l’uomo ne comprenderà di nuovo l’intimo spirito.

 

Se i teosofi cominceranno fin d ’ora

a sentire all’unisono con la Natura in questi giorni festivi,

ricordandosi in tali solenni momenti che cosa la Teosofia porta agli uomini colla sua sapienza vitale,

ciò sarà una delle forze che ricongiungeranno l’uomo all’Universo.

 

Così la Teosofia sarà un fatto vivente dell’anima umana, sarà “Vitae Sophia,”

e più che mai nei giorni in cui l’Anima del mondo più specialmente verso noi si rivolge

e più intimamente si congiunge con noi.

 

 


 

Note:

1 – Co ciò non si vuol dire che non bisogna amare i consanguinei, ma che l’amore non deve limitarsi ad essi ed essere esteso a tutti gli esseri.