Il popolo indiano antico non prestava tanta attenzione al mondo esterno

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 01.09.1910


 

Gli uomini che dopo la catastrofe atlantica si erano spinti verso oriente si trovavano a gradi molto diversi di evoluzione.

 

Si può dire che quanto più avanti ci si spostava verso oriente,tanto più elevato era il livello morale e spirituale delle popolazioni.

In certo senso, la nuova percezione esteriore veniva creando come un mondo nuovo che si mostrava con sempre maggiore chiarezza; in misura sempre maggiore agiva sugli uomini la grandezza e la magnificenza del mondo sensibile esterno.

Questo soprattutto quando si prendano in considerazione i popoli che si erano spinti più avanti, verso oriente.

 

Forti disposizioni in questo senso possedevano soprattutto i popoli che si erano stabiliti a nord dell’attuale India, fino al Mar Caspio, e lungo i fiumi Oxus ed Axiartes. In quelle regioni dell’Asia centrale si era stabilita una mescolanza di popoli, capaci di fornire il materiale per diverse correnti etniche che più tardi si sparsero in diverse direzioni; fra queste, anche il popolo paleoindiano della cui concezione spirituale del mondo abbiamo spesso parlato.

 

Là nel centro dell’Asia, in quel miscuglio di popoli, il senso per la realtà esteriore era già molto sviluppato poco dopo la catastrofe atlantica e in parte già durante quel periodo. D’altra parte gli uomini incarnati in quella regione possedevano ancora un ricordo vivace, una specie di conoscenza mnemonica delle esperienze fatte nel mondo atlantico; questa caratteristica fu più che altrove spiccata presso le popolazioni che si spinsero giù verso l’India.

Queste apprezzavano bensì grandemente lo splendore del mondo esterno, ed erano più progredite delle altre nell’osservare le percezioni sensoriali, ma al tempo stesso era in loro più sviluppato il ricordo delle antiche percezioni spirituali dell’epoca atlantica. Per questa ragione in quel popolo si sviluppò una grande attrazione per il mondo spirituale, del quale ci si ricordava, e una facilità di gettarvi nuovamente lo sguardo; contemporaneamente si acquistò il sentimento che quanto percepivano i sensi esteriori fosse maya o illusione.

 

Appunto perciò il popolo indiano antico non prestava tanta attenzione al mondo esterno, faceva di tutto (mediante uno sviluppo artificiale, lo yoga) per risollevarsi fino ai contenuti che l’uomo dell’epoca atlantica poteva ricevere direttamente dal mondo spirituale.

Questa caratteristica di sottovalutare il mondo esterno, considerandolo illusorio, e di sviluppare invece la tendenza verso lo spirituale, era meno spiccata presso i popoli che rimasero stabiliti a nord dell’India; si trattava però di un miscuglio di popolazioni in una situazione tragica.

 

Il popolo paleo-indiano era predisposto per natura a saper compiere con facilità una certa disciplina yoga, grazie alla quale poteva risalire alle regioni spirituali da lui conosciute durante l’epoca atlantica. Era facile per lui superare quello che credeva di dover considerare illusione: lo superava con la conoscenza.

Per lui, conoscenza suprema era questa: il mondo dei sensi è un’illusione, è maya; se però ti sforzi di sviluppare la tua anima, puoi raggiungere il mondo che sta dietro a quello dei sensi. L’indiano superava dunque mediante un processo interiore ciò che considerava maya, cioè l’illusione che appunto si proponeva di superare.

 

Le cose stavano in modo diverso presso i popoli stabiliti più a nord, che nella storia vengono poi chiamati gli Arii in senso più stretto, cioè i Persiani, i Medi, i Battriani, ecc.

Anche fra loro era fortemente sviluppato il senso dell’osservazione esteriore, la tendenza verso l’intelletto rivolto al mondo esterno. Era invece scarsamente presente l’impulso a raggiungere mediante una disciplina interiore del tipo dello yoga ciò che l’uomo atlantico aveva posseduto in modo naturale.

 

Presso quei popoli nordici il ricordo vivo dell’esperienza atlantica non era tanto forte da spingerli a voler superare con la conoscenza l’illusione del mondo esterno; il loro stato d’animo era diverso da quello dei paleo-indiani.