Il primo periodo dell’essere umano dopo la morte

O.O. 140 – Ricerche occulte sulla vita fra morte e nuova nascita – 12.03.1913


 

Il primo periodo dell’essere umano dopo la morte

in realtà è riempito da una sorta di relazione con l’ultima vita terrena.

• È qualcosa che cresce direttamente dall’ultima vita terrena, tanto che in questi primi tempi dopo la morte

continua veramente ad esistere tutto ciò che aveva afferrato il corpo astrale umano nella vita terrena.

• Continua ad esistere tutto ciò che l’occupava in vita: affetti, passioni, sentimenti.

 

E poiché tutto ciò viene sperimentato coscientemente, nel corso dell’incarnazione fisica, solo quando si è dentro il corpo fisico, l’esperienza di tutte queste forze presenti nel corpo astrale appare naturalmente sostanzialmente diversa quando si attraversa la sfera fra morte e nuova nascita.

Nei casi normali – ve ne sono molte eccezioni – l’esperienza dei primi tempi dopo la morte è permeata da una certa privazione, provocata dal fatto che ora l’essere umano deve vivere le sue esperienze nel corpo astrale senza avere a disposizione il corpo fisico.

Egli sente l’urgenza di riavere il proprio corpo fisico e questo lo trattiene per un tempo più o meno lungo – lo si può definire tale – nei casi normali nella sfera della Terra.

Tutto il kamaloka si svolge realmente nella sfera tra la Terra e l’orbita lunare, ma la parte più significativa si svolge molto più vicino alla Terra che all’orbita lunare.

 

Le anime che hanno sviluppato in misura minore sentimenti e sensazioni che esulino dalla vita terrena vengono trattenute dalla loro stessa brama molto più a lungo nella sfera della vita terrena.

Se una persona – ed è facile quasi vederlo esteriormente – ha generato in sé per tutta la vita solo sentimenti e sensazioni che possono essere soddisfatti mediante gli organi fisici e le condizioni terrene, non può fare altro che rimanere legata alla sfera terrestre per un periodo di tempo più lungo.

Si può rimanere legati alla sfera terrestre ancor più di quanto si creda, per i desideri e gli istinti più vari. Pensiamo per esempio a persone molto ambiziose che si occupano solo di prendere in considerazione un aspetto o l’altro delle condizioni terrene, che attribuiscono a ciò il massimo valore e che fanno dipendere tale valutazione da giudizi inerenti all’umanità terrestre e che perciò sviluppano anche nel corpo astrale un’eccitazione che le rende anime legate alla Terra per un lungo periodo di tempo. Vi sono così molte ragioni che trattengono l’essere umano nella sfera terrestre. E la maggior parte delle cose che vengono trasmesse per via medianica all’uomo dai mondi spirituali deriva effettivamente da anime simili ed è sostanzialmente ciò che queste anime aspirano ad abbandonare.

 

Non occorre pensare sempre che tali anime restino legate alla Terra per motivi poco nobili, anche se spesso è qualcosa del genere. I motivi possono anche essere legati alla preoccupazione per ciò che si è lasciato sulla Terra. Le apprensioni per gli amici, i parenti, i figli lasciati sulla Terra possono anche agire come una specie dipeso, trattenendo l’anima nella sfera terrestre. Ed è bene rivolgere l’attenzione proprio a questo punto, perché, se lo prendiamo in considerazione, possiamo anche mediante ciò essere d’aiuto al defunto. Se sappiamo che per esempio un defunto può sentire una determinata preoccupazione per i suoi cari in vita – e si possono sapere talune cose a questo proposito – è utile togliergli questa ansia. Si può facilitare la condizione di un defunto, infatti togliendogli ad esempio la preoccupazione per il figlio, che ha lasciato privo di mezzi. Se si fa quindi qualche cosa per il figlio, si toghe veramente una preoccupazione al defunto e questo è proprio un giusto servizio d’amore.

 

Immaginiamo infatti la situazione. Il defunto non ha di fatto i mezzi per risolvere le proprie ansie; dal mondo in cui vive talvolta non può fare ciò che potrebbe alleggerire la condizione di un figlio, di un parente, di un amico lasciati sulla Terra e si trova spesso condannato – e questa in molti casi è una sensazione straordinariamente opprimente per il chiaroveggente – a nutrire la sua preoccupazione finché la condizione della persona lasciata sulla Terra non migliora da sé o per altre circostanze. Se facciamo quindi qualcosa noi per migliorarla, di fatto abbiamo reso al defunto un giusto servizio d’amore.

Si vede anche spesso che una personalità deceduta in vita si era prefissa ancora determinati scopi. Resta attaccata a tali propositi e noi possiamo aiutarla se cerchiamo di realizzare noi ciò che avrebbe voluto fare. Tutto ciò non è difficile da comprendere e va tenuto in seria considerazione poiché concorda con l’osservazione chiaroveggente.

 

Vi sono molte altre cose che possono trattenere un essere umano nella sfera eterica della Terra, ma prima o poi egli si dilata oltre la sfera eterica. Ho già avuto occasione di descrivere in parte come avviene tale espansione. Dobbiamo tuttavia trasformare i nostri concetti se vogliamo comprendere la vita tra morte e nuova nascita e non dà troppo fastidio se parliamo dei defunti con parole prese dalle condizioni terrene – e in realtà adatte solo ad esse – per avere un linguaggio effettivo per tale condizione. E anche se ciò che possiamo dire con le nostre parole sulla vita dopo la morte va bene solo come immagine, non necessariamente ciò che viene formulato in parole è veramente sbagliato.

 

Si deve per esempio considerare che il caratterizzare il defunto come chiuso in un luogo, come può esserlo una persona che vive nel corpo fisico, non è mai completamente giusto, perché in effetti l’esperienza dopo la morte, come pure quella nell’ambito dell’iniziazione, è un uscire dal corpo che si accompagna a una dilatazione dell’intera entità animica. E quando seguiamo un’anima giunta alla sfera lunare e cerchiamo di delimitarne il “corpo”, dobbiamo in realtà identificalo nell’espansione della capacità di esperienza. Questo “corpo” del defunto si dilata in una grande sfera che viene poi delimitata esteriormente dall’orbita lunare.

In effetti, l’uomo cresce spiritualmente fino ad una dimensione gigantesca; cresce dentro le sfere planetarie e le singole sfere dei defunti non sono separate come lo sono gli uomini sulla Terra, ma stanno spazialmente l’una dentro l’altra.

L’essere separati gli uni dagli altri si basa sul fatto che le coscienze sono separate tra loro, così da poter essere completamente immersi gli uni dentro gli altri senza sapere gli uni degli altri.

 

Ciò che ho detto l’ultima volta a proposito del sentirsi soli o in compagnia dopo la morte si riferisce quindi ai rapporti delle coscienze tra di loro. Non che il defunto si trovi per esempio su di un’isola solitaria, Se vogliamo immaginarcelo spazialmente, il defunto non si trova su un’isola deserta, ma compenetra altri di cui non sa nulla, nonostante si trovi con essi nello stesso spazio.

 

Prendiamo ora in considerazione ciò che accade quando è terminato il periodo del kamaloka.

Quando l’uomo inizia l’esistenza nel devachan dopo la vera sfera lunare, in fondo il kamaloka non è ancora completamente concluso. Ciò non esclude tuttavia che, nell’ambito della sfera lunare, si sistemino in certo qual modo anche cose che non sono significative soltanto come vissuti del kamaloka, ma anche per tutte le esperienze successive che l’anima compie quando rientra nell’esistenza attraverso la nascita.

Se consideriamo ciò che accade nel kamaloka, vediamo che l’essere umano, che attraversa qui la vita tra morte e nuova nascita, può essere in essa tanto attivo da eliminare dalla sua anima tutto ciò che è presente in lui come disposizione, così che non rimanga indietro nulla. Sono molteplici i modi con cui le persone possono lasciare indietro incompiute le loro disposizioni. Molte vite si presentano allo sguardo dell’anima in modo tale per cui possiamo dire a buon diritto: quest’uomo, in base alle sue capacità e predisposizioni, avrebbe potuto conseguire effettivamente nella vita qualche cosa di completamente diverso da ciò che ha conseguito; non ha risolto le proprie disposizioni.

 

Va considerato ancora qualcosa d’altro. Vi sono persone che intraprendono le cose più varie nel corso della vita. Non occorre quindi che si tratti semplicemente di predisposizione, ma di propositi che possono andare dal piccolo al grande. Quanto viene compiuto dagli esseri umani nel corso della loro vita senza riuscire veramente a giungere ad un reale sviluppo! E le cose vanno in modo tale che non si può necessariamente biasimare la loro vita.

Per mostrare un esempio importante voglio portare la vostra attenzione su di un fatto, che alcuni dei nostri amici già conoscono: scrivendo Pandora, Goethe intraprese un’opera poetica sulla quale restò bloccato. Già una volta cercai di caratterizzare ciò che accadde a Goethe con Pandora, spiegando che gli venne impedito dal portarla a compimento proprio per la grandezza che viveva in lui e che aveva concepito l’intenzione di comporre Pandora, ma non la capacità di svilupparla da se stesso, cosa questa che avrebbe anche trasformato l’intenzione in realtà. Gli fu impedito di completare Pandora ed altre opere non dalla sua insufficienza, ma in certo qual modo della sua grandezza. Goethe lasciò alcune opere incompiute e il frammento che abbiamo di Pandora mostra che sotto il profilo artistico esteriore egli si era posto qui delle esigenze così elevate che semplicemente non gli bastarono forze per realizzare l’intera grande intenzione con la stessa facilità del pezzo che era riuscito a comporre. È un’intenzione non realizzata e appartiene senza dubbio alla regione delle intenzioni non attuate.

 

Abbiamo così da un lato la possibilità che l’uomo non superi le proprie predisposizioni per ragioni di comodo o per altre trascuratezze del carattere o intellettuali, ma dall’altro abbiamo anche la possibilità che l’uomo non porti a compimento i propri propositi, dai più grandi ai più piccoli. Tutto ciò che l’uomo porta in sé per così dire come imperfezione – è una nobile, grande imperfezione quella per cui un poeta non porta a termine Pandora, ma è un’imperfezione che riguarda la sua persona – dunque, tutto quello che l’uomo si addossa come imperfezione viene inciso nella cronaca dell’Akasha e portato sino alla sfera lunare; e per lo sguardo chiaroveggente è un’esperienza davvero preziosa quella di poter lasciar agire su di sé ciò che dell’imperfezione umana è impresso tra Terra e Luna. Vi è fedelmente registrato tutto ciò che può essere impresso riguardo alle incompiutezze umane più o meno nobili. Vi troviamo impressi casi che ci indicano come un uomo, a causa della salute fisica, della corporeità ben predestinata ad una capacità intellettuale, avrebbe potuto conseguire qualche cosa che invece non ha conseguito. Quando la persona ha varcato la porta della morte, ciò che avrebbe potuto diventare e non fu resta impresso nella cronaca dell’Akasha.

 

Vi prego però di non pensare che nella sfera lunare si trovi la fine di Pandora: ciò che vi è inciso è la realtà propria del corpo astrale di Goethe, una realtà che possiamo scoprire, se ci è chiaro che Goethe, pur avendo un obiettivo ben definito, lo realizzò solo in parte. Tali cose sono impresse tutte tra la Terra e la Luna. Ma anche tutto ciò che riguarda le piccole cose che appartengono a questa regione.

Chi, diciamo, ha fatto un proponimento, ma non lo ha realizzato, prima che varchi la porta della morte imprime la non realizzazione di questo proponimento nella sfera tra Terra e Luna.

Possiamo caratterizzare abbastanza esattamente tutto ciò che si mostra qui allo sguardo chiaroveggente. Per esempio, una promessa non mantenuta si imprime successivamente per prima cosa nella sfera di Mercurio. Invece, ciò che è proponimento si imprime nel la sfera lunare.

• Ciò che non tocca noi soltanto, ma tocca direttamente altre persone, non si imprime nella sfera lunare subito, ma solamente più tardi. Tuttavia, ciò che ci tocca, che ci lascia indietro nell’evoluzione, ciò che resta incompiuto nel nostro sviluppo personale, si imprime entro la sfera lunare.

 

È particolarmente importante che noi, oltre a tutto il resto detto qui da me lo scorso anno, prendiamo in considerazione anche il fatto che proprio le nostre imperfezioni, quelle che non avrebbero dovuto esservi secondo le predisposizioni, sono impresse nella sfera lunare.

Non si deve affatto immaginare che sia qualche cosa di spaventoso in tutte le circostanze aver impresso qualcosa di simile nella sfera lunare. In un certo senso le realtà così incise sono da annoverare tra le più preziose e le più ricche di significato.

 

Vogliamo subito parlare del significato di questo imprimersi nella cronaca dell’Akasha.

Mentre l’essere umano si espande progressivamente nelle altre sfere, imprime nelle sfere corrispondenti ciò che è rimasto indietro di se stesso, ciò che si è acquisito o manifestato nella vita precedente come imperfezione. Egli cresce oltre la sfera lunare e passa in quella di Mercurio.

Preciso che sto continuando ad usare il linguaggio dell’occultismo, non quello dell’astronomia. L’uomo lascia quindi impresso qualcosa ovunque nella sfera di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, Giove, Saturno ed oltre.