Il quarto periodo di civiltà greco-latino

O.O. 104 – L’Apocalisse – 20.06.1908


 

Il quarto periodo di civiltà si è sviluppato da questo terzo.

Di questa attiva arte profetica degli Egizi furono conservati soltanto sparsi residui. Uno di questi resti si può ancora vedere. Cioè, quando si esercitava attivamente quest’arte profetica nell’antico Egitto, il periodo susseguente veniva diviso in sette parti, e si diceva: la prima parte deve contenere questo, la seconda quest’altro, la terza quello, e così via. Così seguivano i successori quello che doveva avvenire.

Questa era la caratteristica principale del terzo periodo di civiltà.

 

Il quarto ne mostrò soltanto qualche debole eco. Si può ancora riconoscere, per esempio, questo debole echeggiare in quello che ci vien raccontato sugli inizi dell’antica civiltà romana: Enea, figlio di Anchise di Troia, una città tipica della terza epoca, viaggia a lungo e arriva infine ad Albalonga. In questo nome è accennata una sede di antichissima sacra civiltà sacerdotale: Albalonga, o la lunga Alba, centro di una civiltà sacerdotale da cui doveva sorgere la civiltà di Roma. Nella tunica da messa dei preti cattolici abbiamo ancora conservato un ricordo di quella lunga veste bianca.

 

Un periodo di civiltà articolato in sette parti era previsto ancora nell’antica saggezza sacerdotale. Oh, questo susseguirsi nel tempo dei sette re di Roma era ben previsto! E gli scrittori di storia del secolo XIX si sono giocati di nuovo un brutto scherzo riguardo a questa settemplice epoca dei re. Essi sono arrivati a vedere che nel senso materiale profano non si raggiunge nulla con i re di Roma; ma non poterono arrivare a quello che ci covava sotto, cioè che lì è indicata una civiltà profeticamente articolata dai libri sibillini sul santo numero del sette.

 

Qui non è il caso di dilungarsi sui singoli re. Ma si potrebbe vedere per ciascun singolo re, Romolo, Numa Pompilio, Tulio Ostilio, e così via, come essi corrispondano con precisione alle epoche di civiltà che si susseguono secondo quei sette principi che ci si palesano in così svariati campi.

Ecco che, gradatamente, nel terzo periodo si era arrivati a render la maya adatta a lasciarsi penetrare dallo spirito umano. E questo fu portato a compimento nel quarto periodo di civiltà.

 

Guardate la civiltà greco-latina nella quale con mirabili opere d’arte l’uomo creò nel mondo materiale esteriore un’immagine compiuta di se stesso, dove nel dramma egli fa emergere il proprio destino umano (Eschilo). Guardate per contro come nella civiltà egizia si scrutava ancora la volontà degli dei. Questa conquista della materia, quale la vediamo nell’epoca greca, indica un gradino ulteriore sul quale l’uomo si affeziona ancor più all’esistenza nella materia; e nell’epoca romana l’uomo è disceso compiutamente sul piano fisico.

 

Chi capisce questo, sa anche che in ciò dobbiamo scorgere il pieno manifestarsi del principio della personalità. Di conseguenza comparve a Roma, per la prima volta, quello che noi intendiamo per concetto del diritto, nel quale noi abbiamo davanti l’uomo- cittadino. Soltanto una scienza confusionaria può far risalire la giurisprudenza a diverse epoche precedenti.

 

Ciò che prima si intendeva come diritto era tutt’altra cosa. Molto più giustamente l’Antico Testamento presenta le antiche leggi nei Dieci Comandamenti. Quello che Dio ordinava racchiudeva in sé il concetto di diritto. È un’assurdità del nostro tempo voler ricondurre il concetto di diritto fino a Hammurabi o giù di lì. Per la prima volta, in Roma, acquista validità il diritto propriamente detto, il vero e proprio concetto dell’uomo come cittadino.

 

In Grecia l’abitante di una città era considerato come parte costitutiva della città-stato.

L’Ateniese, lo Spartano, contava molto più come originario di una data città che come singolo uomo; egli sentiva se stesso come elemento della sua città-stato.

 

Di Roma invece, per la prima volta, il singolo uomo divenne cittadino, per la prima volta potè diventarlo.

Sarebbe possibile provare questo in ogni particolare.

 

Quello che oggi noi chiamiamo un testamento non acquistò la sua importanza prima dell’antica epoca romana. Il testamento nel suo attuale significato comparve, per la prima volta, allora, perché là, per la prima volta, il singolo uomo potè essere così determinante nella sua egoistica volontà di voler imporre questa sua volontà ai suoi posteri. Prima vi erano altri impulsi al posto della volontà personale a tenere insieme il tutto. Così si potrebbe indicare, con molti esempi, come l’uomo scese sul piano fisico.