Il secondo grande periodo di civiltà dell’evoluzione post-atlantica

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (IV)


 

In seguito alle continue migrazioni determinatesi da ponente verso levante dal principio della catastrofe atlantica, si stabilì nelle regioni dell’Asia occidentale una collettività umana i cui discendenti sono conosciuti nella storia sotto il nome di popolo persiano, con le sue ramificazioni. La conoscenza soprasensibile deve risalire a tempi assai più remoti dei tempi storici di questi popoli.

 

Si tratta dapprima di antichissimi antenati di quegli uomini che furono poi detti Persiani, e presso i quali si costituì il secondo grande periodo di civiltà dell’evoluzione post-atlantica, quello che fa seguito al periodo della civiltà indiana. I popoli di questo secondo periodo avevano un compito diverso da quello del popolo indiano; le loro disposizioni, le loro aspirazioni non erano rivolte soltanto verso il mondo soprasensibile. Essi erano predisposti anche per il mondo fisico-sensibile; impararono ad amare la terra. Apprezzavano ciò che l’uomo ne può trarre e ciò che può acquistare a mezzo delle forze di quella; le loro imprese guerresche, e i mezzi che inventarono per trarre dalla terra i suoi tesori, sono frutti della loro peculiare natura. Per loro non esisteva il pericolo che l’aspirazione verso il soprasensibile li distogliesse completamente dall’« illusione » della materialità fisico-sensibile; esisteva piuttosto un altro pericolo, e cioè che la tendenza verso quest’ultima facesse perdere loro del tutto il rapporto animico col mondo soprasensibile.

 

Anche i santuari degli oracoli, che dall’antica Atlantide erano stati trasferiti in quella regione, portavano a loro modo l’impronta del carattere generale del popolo. Delle forze che prima l’uomo poteva acquistare per mezzo delle esperienze nel mondo soprasensibile, e che potevano ancora esser dominate in certe forme inferiori, vennero allora coltivate in maniera da guidare i fenomeni della natura per servire gli interessi personali dell’uomo. Quell’antico popolo possedeva ancora grande potere per dominare alcune forze della natura che più tardi si sottrassero alla volontà umana. I custodi degli oracoli avevano potere su forze interiori in rapporto col fuoco e con altri elementi; essi si possono chiamare dei maghi. La conoscenza e le forze soprasensibili, rimaste a costoro come eredità degli antichi tempi, erano certo ben poca cosa in paragone di ciò che possedeva l’uomo dell’antichità remota; ma questa eredità si esplicava nondimeno in svariate forme, sia nelle arti più nobili, che avevano per solo scopo il bene dell’umanità, sia nelle pratiche più riprovevoli.

 

L’azione luciferica agiva in modo speciale su questi uomini; essa li aveva messi in relazione con tutto ciò che li distoglieva dalle direttive di quelle entità elevate che avrebbero guidato da sole l’ulteriore evoluzione dell’umanità verso il progresso, se l’intervento luciferico non si fosse verificato. Anche gli individui ancora dotati di un residuo dell’antica facoltà chiaroveggente, descritta come uno stato intermedio fra veglia e sonno, si sentivano fortemente attratti dagli esseri inferiori del mondo spirituale. Occorreva che a questo popolo venisse dato un impulso spirituale capace di controbilanciare tali disposizioni caratteristiche, e l’impulso gli pervenne appunto dalla medesima sorgente che aveva alimentato l’antica vita spirituale indiana. Il custode dei misteri dell’oracolo solare mandò a quel popolo una guida.

 

A questa guida dell’antica civiltà spirituale persiana, mandata a quel popolo dal custode dell’oracolo solare, si può dare il nome che già è conosciuto nella storia, cioè quello di Zaratustra o Zoroastro. Bisogna però tener presente che la personalità a cui qui alludiamo appartiene a un tempo assai più antico di quello cui appartiene la personalità indicata dalla storia con tale nome. Ma non si tratta qui di ricerca storica, bensì di scienza dello spirito, e quando pensiamo a chi più tardi portò il nome di Zaratustra, dovremo ricordarci di considerarlo, in accordo con la scienza dello spirito, come un seguace di quel primo grande Zaratustra, del quale ha assunto il nome e diffuso la dottrina.

 

Compito di Zaratustra fu di volgere il suo popolo verso una comprensione del mondo sensibile che non glielo facesse apparire vuoto di spiritualità, come gli appariva quando lo osservava sotto la sola influenza di Lucifero. L’uomo deve a quest’ultimo la sua autonomia e il senso della libertà; essa però deve agire in lui all’unisono con la natura spirituale ad essa contrapposta. L’antico popolo persiano, per il fatto della sua tendenza verso il mondo fisicosensibile, era minacciato di essere completamente assorbito dalle entità luciferiche; occorreva perciò mantener vivo in esso il senso della natura spirituale.

 

Zaratustra aveva ricevuto dal custode dell’oracolo solare un’iniziazione che gli permetteva di ricevere le rivelazioni delle alte entità solari. Durante speciali stati di coscienza a cui era pervenuto con l’iniziazione, gli era dato di scorgere la guida degli esseri solari la quale, come già dicemmo, aveva preso sotto la sua protezione il corpo vitale dell’uomo; egli sapeva che quell’entità solare dirige l’evoluzione umana, ma che sarebbe discesa soltanto a un determinato momento dallo spazio cosmico sulla Terra. Per questo era necessario che essa potesse agire nel corpo astrale di un uomo, così come aveva agito nel corpo vitale umano dopo l’intervento luciferico. Doveva perciò comparire un uomo che avesse trasformato il corpo astrale in modo da condurlo alla condizione che avrebbe raggiunto a un determinato momento dell’evoluzione (verso la metà dell’evoluzione atlantica), se l’intervento luciferico non si fosse verificato.

 

Senza l’azione di Lucifero, l’uomo sarebbe arrivato molto più presto a quel gradino dell’evoluzione, ma non avrebbe acquistato né l’indipendenza, né la possibilità della libertà. Ormai però, malgrado queste nuove facoltà, l’uomo doveva riuscire nuovamente ad elevarsi a quelle altezze. Zaratustra, nelle sue visioni chiaroveggenti, vedeva che nel corso dell’evoluzione una personalità umana sarebbe potuta sorgere, dotata di un corpo astrale adeguato; sapeva però anche che prima di quel tempo le forze spirituali solari non avrebbero potuto esser trovate sulla Terra, ma che potevano essere vedute dal veggente nella parte spirituale del Sole.

 

Zaratustra scorgeva quelle forze, quando volgeva verso il Sole il suo sguardo chiaro- veggente. Egli annunziò al suo popolo l’essenza delle forze che si potevano trovare dapprima soltanto nel mondo spirituale, ma che più tardi sarebbero discese sulla Terra. Fu questo l’annunzio del grande Spirito solare, o Spirito di luce (Aura solare, Ahura mazdao, Ormazd).

Lo Spirito di luce si rivelò a Zaratustra e ai suoi discepoli come lo spirito che volgeva verso l’uomo il suo volto dal mondo spirituale, e che preparava l’avvenire per l’umanità. L’essere annunziato da Zaratustra come Spirito di luce è il Cristo, prima della sua venuta sulla Terra.

 

D’altra parte Zaratustra rappresenta Arimane (Angra mainju) come una potenza la quale esercita un’influenza dannosa sulla vita animica dell’uomo, se questa le si abbandona unilateralmente. Questa potenza è la medesima che abbiamo già descritta; essa aveva acquistato forte imperio sul mondo, dopo il tradimento dei misteri di Vulcano.

 

Oltre all’annunzio del Dio di luce, Zaratustra comunicò anche degli insegnamenti riguardo a quegli esseri spirituali che appaiono allo sguardo purificato del veggente come compagni dello Spirito di luce; a questi si contrappongono i tentatori, visibili per gli uomini dotati della chiaroveggenza impura, residuo dell’epoca atlantica. Occorreva far comprendere chiaramente al popolo paleopersiano come nell’anima umana, in quanto è rivolta all’azione e alla lotta nel mondo fisico-sensibile, si svolga un conflitto fra la forza dello Spirito di luce e quella del suo oppositore, e come l’uomo debba comportarsi per non essere precipitato nell’abisso da quest’ultimo, ma per volgere invece il suo influsso verso il bene, per mezzo della forza del primo.