Il secondo periodo di civiltà paleo-persiano

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 27.05.1908


 

In confronto alla civiltà paleo-indiana rappresenta già un passo avanti il secondo periodo di civiltà, preistorico anch’esso, che noi però denominiamo paleo-persiano, dal nome del popolo che più tardi abitò quelle regioni. Anche in questo caso dunque non si tratta della civiltà persiana posteriore, di quella storica, bensì d’una civiltà preistorica.

 

Questo secondo periodo si distingue già molto notevolmente, quanto al suo stato d’animo fondamentale, al suo contenuto affettivo, dal periodo di civiltà paleo-indiano. Diventava sempre più difficile di trar fuori il corpo eterico, ma era pur sempre ancora possibile, e in qualche modo si continuò a praticarlo, fino alla venuta del Cristo Gesù.

 

Una cosa tuttavia avevano raggiunto, questi uomini della civiltà paleo-persiana: avevano cominciato ad apprezzare la maya, l’illusione. L’antico indiano si sentiva a suo agio quando gli riusciva di sottrarsi all’illusione; per il paleo-persiano, questa era divenuta campo di attività. È vero che essa gli appariva ancora come un avversario, però come qualcosa che andasse vinto, e da questo atteggiamento scaturì più tardi la lotta fra Ormazd e Arimane, nella quale l’uomo si univa agli dèi buoni contro le potenze avversarie impigliate nella materia. Così venne formandosi lo stato d’animo caratteristico di quel periodo di civiltà.

 

Neppure all’uomo paleopersiano questa realtà fisica era cara; tuttavia non la sfuggiva più, come aveva fatto il paleo-indiano, bensì la trasformava colla sua attività, considerandola un campo d’azione per il proprio lavoro, dove c’era qualcosa da superare. In questo secondo periodo s’era fatto un passo nella conquista del mondo fisico.