Il sogno

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (III)


 

Il sogno costituisce uno stato intermedio fra sonno e veglia.

Ciò che l’esperienza del sogno presenta all’osservazione assennata è un mondo di immagini molteplici, variopinte e intersecantisi, che pur tuttavia nasconde in sé un ordine, una legge. Questo mondo palesa sulle prime come un flusso e riflusso, spesso in successione disordinata.

 

Nel sogno l’uomo è libero dalle leggi della coscienza di veglia, che lo incatenano alla percezione sensoria e alle norme del suo raziocinio. Eppure il sogno segue misteriose leggi che attraggono ed affascinano la mente umana e che costituiscono l’intima ragione per cui quel vago giuoco della fantasia, che è base di ogni emozione artistica, vien volentieri paragonato al « sognare ».

Basta ricordare qualche sogno caratteristico per trovare la conferma di questa asserzione. Per esempio qualcuno sogna che sta scacciando un cane che gli si avventa contro. Si sveglia e si trova nell’atto di respingere inconsciamente da sé parte delle coltri che, coprendo il suo corpo in modo incomodo, gli diventavano opprimenti. In qual maniera la vita di sogno trasforma qui il fatto percettibile ai sensi?

 

Ciò che i sensi percepirebbero allo stato di veglia rimane completamente nell’incoscienza; però il sogno ne trattiene un elemento essenziale, il fatto cioè che l’uomo desidera respingere da sé qualcosa, e intreccia intorno a questo fatto un procedimento immaginativo. Le immagini come tali sono echi della vita di veglia.

Il modo in cui esse sono prese dalla vita di veglia ha alcunché di arbitrario. Ognuno sente che la medesima causa esteriore potrebbe evocare nel sogno anche altre immagini. Nel caso suddetto esse esprimono simbolicamente la sensazione che l’uomo deve respingere qualcosa da sé.

 

Il sogno crea immagini, è simbolista.

I procedimenti interiori possono pure venir trasformati in tali simboli di sogno. Un uomo sogna di sentire accanto a sé il crepitio di un fuoco, ne vede in sogno la fiamma. Si sveglia e si accorge di esser troppo coperto, di aver caldo. La sensazione di caldo eccessivo si esprime simbolicamente in quell’immagine. Si possono attraversare così in sogno esperienze drammatiche.

Qualcuno per esempio sogna di trovarsi sull’orlo di un precipizio, mentre un bambino si avvicina di corsa. Il sogno gli fa sperimentare tutte le angosce della preoccupazione che il bambino possa essere disattento e cadere nell’abisso! Egli lo vede cadere e sente il tonfo sordo del corpo nel fondo. Si sveglia e si accorge che un oggetto sì è staccato dalla parete e ha prodotto, cadendo, un rumore sordo. La vita di sogno trasforma questo semplice avvenimento in un processo che si svolge in immagini affannose.

 

Non è necessario per ora fermarsi a considerare come avvenga, in questo caso, che la caduta dell’oggetto si esplichi in una serie di processi che sembrano svolgersi in un determinato tempo: basta solo tener presente come il sogno trasformi in immagini le percezioni che offrirebbe lo stato di veglia.

 

Si vede dunque che, non appena i sensi cessano la loro attività,

si manifesta nell’uomo una facoltà creativa.

Questa è la medesima forza creativa esistente anche nel sonno senza sogni,

nel quale rappresenta uno stato dell’anima opposto a quello della veglia.

Perché il sonno senza sogni possa verificarsi,

occorre che il corpo astrale si ritragga dal corpo eterico e da quello fisico.

 

Durante lo stato di sogno esso è separato dal corpo fisico

in modo da non aver più rapporto con gli organi dei sensi;

conserva però un certo rapporto col corpo eterico.

 

Il percepire in forma di immagini i processi del corpo astrale deriva da questa sua unione col corpo eterico.

Nel momento in cui anche questa unione cessa,

le immagini sprofondano nell’oscurità dell’incoscienza e si giunge al sonno senza sogni.

 

Il carattere arbitrario e spesso contradditorio delle immagini del sogno dipende dal fatto

che il corpo astrale, per la sua separazione dagli organi sensori del corpo fisico,

non può riferire in modo giusto quelle immagini agli oggetti e agli avvenimenti dell’ambiente esterno.

 

Particolarmente illuminante è a questo riguardo l’osservazione di un sogno in cui l’io si sia in certo qual modo scisso: come per esempio allorché uno sogna di essere scolaro e di non poter rispondere ad una domanda rivoltagli dal maestro, alla quale tuttavia subito dopo il maestro stesso risponde. Chi sogna, non potendo adoperare i suoi organi fisici di percezione, non è in grado di riferire i due processi a se stesso come ad un solo e medesimo individuo.

 

Così, anche per riconoscere se stesso come un io permanente,

occorre che l’uomo sia fornito di organi esteriori di percezione.

 

Solo quando l’uomo avesse acquistato la capacità di essere cosciente del proprio io in altro modo,

che non per mezzo di tali organi di percezione,

l’io permanente gli diverrebbe percettibile anche al di fuori del suo corpo fisico.

 

La coscienza soprasensibile deve acquisire queste facoltà,

e i mezzi per conseguirla saranno esaminati più oltre, nel corso di questo libro.