Il sonno

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (III)


 

Non si può penetrare la natura della coscienza di veglia

senza studiare lo stato in cui vive l’uomo durante il sonno;

e così non si può affrontare l’enigma della vita senza studiare la morte.

 

In un uomo che non senta in alcun modo il significato della conoscenza soprasensibile, può nascere una certa diffidenza verso di questa, anzitutto per la sua maniera di considerare il sonno e la morte.

 

La scienza occulta può apprezzare i motivi che fanno sorgere tale diffidenza. Infatti non è inconcepibile che qualcuno dica che l’uomo esiste per la vita attiva e produttiva, che dal dedicarsi ad essa dipende il suo lavoro, che l’approfondimento di stati quali il sonno e la morte può sorgere solo dall’inclinazione a oziosi trasognamenti, e non può condurre ad altro che a vuote fantasticherie. Il respingere simili « fantasticherie » può quindi facilmente considerarsi come indice di mente sana, e l’abbandonarsi a quegli « oziosi trasognamenti » come una morbosità, propria di persone cui fa difetto la forza e la gioia di vivere, e che sono incapaci di vera attività produttiva.

 

Si avrebbe torto a scartare senz’altro come ingiusto questo giudizio perché esso ha in sé un certo nòcciolo di verità, un quarto di verità, ma questa deve essere completata dagli altri tre quarti che le appartengono. Chi vede chiaramente questo primo quarto giusto, e non sospetta neppure l’esistenza degli altri tre, diventa a ragione diffidente, se gli si contesta il quarto giusto. Bisogna invero ammettere incondizionatamente che lo studio di ciò che si nasconde sotto sonno e morte è cosa morbosa, se conduce ad un indebolimento, a un allontanamento dalla vera vita. E bisogna altresì ammettere che quanto in passato è andato per il mondo come scienza occulta, e che anche oggi va in giro sotto tale nome, ha molte volte un’impronta malsana e ostile alla vita.

 

Ma mai niente di malsano scaturisce dalla vera conoscenza soprasensibile.

Anzi la verità è piuttosto questa: come l’uomo non può esser sempre desto,

così nelle esigenze reali della vita, presa in tutta la sua estensione,

egli non può fare a meno di quello che gli è offerto dal soprasensibile.

 

La vita continua nel sonno, e le forze che lavorano o creano durante la veglia

prendono vigore e ristoro da ciò che il sonno dà loro.

 

Altrettanto avviene per quello che l’uomo può osservare nel mondo manifesto.

I confini del mondo sono più vasti del campo di questa osservazione,

e quel che l’uomo riconosce nel visibile deve essere completato e fecondato

per mezzo di quel che egli può apprendere circa i mondi invisibili.

 

Un uomo che non rinnovi continuamente col sonno il vigore delle forze esaurite,

giunge alla distruzione della propria vita;

parimenti uno studio del mondo, che non sia fecondato dal riconoscimento dell’invisibile,

conduce alla desolazione.

 

Similmente è della « morte »: gli esseri viventi soggiacciono alla morte perché possa sorgere nuova vita.

È la conoscenza del soprasensibile che diffonde chiara luce sulle belle parole di Goethe:

« La natura ha inventato la morte per aver molta vita ».

 

Come non vi sarebbe vita, nel senso ordinario, senza la morte,

così non vi può essere una reale conoscenza del mondo visibile senza che lo sguardo penetri nel soprasensibile.

 

Ogni conoscenza del visibile deve continuamente rituffarsi nel soprasensibile per potersi sviluppare. È quindi evidente che soltanto la scienza del soprasensibile rende possibile la vita della conoscenza manifesta; non indebolisce mai la vita, se si presenta nella sua vera figura; anzi la rinforza, e continuamente la rinnovella e la risana allorché, lasciata a se stessa, è divenuta fiacca e malata.

 

Quando l’uomo cade nel sonno, si modifica la connessione fra le sue parti costitutive.

Ciò che dell’uomo dormiente sta sul giaciglio contiene il corpo fisico e il corpo eterico, ma non il corpo astrale e non l’io.

 

Appunto perché nel sonno il corpo eterico rimane connesso col corpo fisico, le attività vitali continuano;

il momento infatti in cui il corpo fisico fosse lasciato a se stesso dovrebbe necessariamente andare in sfacelo.

 

Quel che nel sonno è spento sono le rappresentazioni, il dolore e il piacere, la gioia e la pena,

è la facoltà di estrinsecare una volontà cosciente e fatti simili dell’esistenza.

Ma di tutto ciò è veicolo il corpo astrale.

 

Naturalmente chi giudichi senza preconcetti non può neppure prendere in considerazione l’idea che nel sonno il corpo astrale — con ogni piacere e ogni dolore, con tutto il mondo del pensiero e della volontà — sia annientato. Esiste infatti tuttora, ma in un altro stato.

 

Affinché l’io umano e il corpo astrale non solo siano riempiti di piacere e dolore e di quanto è stato sopra accennato,

ma ne abbiano anche una percezione cosciente,

è necessario che il corpo astrale sia congiunto col corpo fisico e col corpo eterico.

 

Nella veglia lo è, nel sonno non lo è; si è ritirato da loro.

Ha assunto una forma d’esistenza diversa da quella che possiede quando è congiunto col corpo fisico e il corpo eterico;

è compito della conoscenza soprasensibile di considerare quest’altra forma d’esistenza del corpo astrale.

 

Durante il sonno il corpo astrale sparisce per l’osservazione nel mondo esterno,

e la scienza occulta deve seguire la vita che esso vive fino a quando, al risveglio,

riprende possesso del corpo fisico e del corpo eterico.

 

Come in tutti quei casi in cui si tratta della conoscenza di cose e processi occulti del mondo,

così pure per la scoperta dei fatti reali dello stato di sonno nel loro vero aspetto

è necessaria l’osservazione soprasensibile;

ma quello che si può scoprire per tal via, una volta che sia reso noto,

riesce senz’altro comprensibile per un pensare veramente senza preconcetti.

 

Infatti i processi del mondo occulto si rivelano coi loro effetti in quello manifesto. Quando si riconosca che i risultati dell’indagine soprasensibile rendono comprensibili i processi visibili, in questa conferma che fornisce la vita si ha la dimostrazione che è lecito richiedere per simili cose. Chi non vuole usare i mezzi che indicheremo in seguito per giungere all’osservazione soprasensibile può fare l’esperienza seguente. Può cominciare con l’accettare i dati della conoscenza soprasensibile e indi applicarli alle cose manifeste nel campo della sua esperienza. Egli troverà allora che la vita diviene per tal mezzo chiara e comprensibile; e tanto più se ne convincerà, quanto più esattamente e più a fondo osserverà la vita ordinaria.

 

Anche se nel sonno il corpo astrale non ha rappresentazioni,

anche se non prova piacere e dolore, esso non rimane inattivo;

anzi proprio nel sonno lo attende un’attività intensa.

 

È un’attività nella quale esso deve entrare sempre di nuovo, a intervalli ritmici,

dopo esser stato attivo in comunione col corpo fisico e con quello eterico.

 

Come un pendolo, dopo avere oscillato verso sinistra, ed essere ritornato nella posizione centrale, deve oscillare verso destra per effetto della forza accumulata durante la prima oscillazione,

così  il corpo astrale e l’io che esso racchiude,

dopo avere svolto per un certo tempo la loro attività nel corpo fisico e nel corpo eterico,

debbono, per effetto di quella loro attività, esplicare per un certo periodo la loro azione

in un ambiente animico-spirituale al di fuori del corpo.

 

In questo stato extracorporeo del corpo astrale e dell’io,

per le abituali condizioni dell’uomo, si ha uno stato di incoscienza,

proprio perché questo rappresenta il contrasto con lo stato di coscienza di veglia

legato alla connessione col corpo fisico e con quello eterico,

come l’oscillazione verso destra del pendolo rappresenta il contrasto di quella verso sinistra.

 

La necessità di cadere in questa incoscienza viene sentita dalla parte animico-spirituale dell’uomo come stanchezza, stanchezza che è l’espressione del fatto che il corpo astrale e l’io si preparano, durante il sonno, a disgregare nuovamente nella veglia seguente ciò che, per effetto di un’attività formatrice puramente organica, incosciente, si è venuto formando nel corpo fisico e nell’eterico, mentre essi sono privi dell’elemento animico-spirituale. Questa attività formatrice incosciente è in contrasto con quanto si svolge nell’essere umano durante e per effetto della coscienza di veglia; e questi due stati opposti debbono alternarsi ritmicamente.

 

•  Al corpo fisico

può essere mantenuta la forma e la struttura adatta all’uomo solo per mezzo del corpo eterico;

ma questa forma umana del corpo fisico può essere solo mantenuta per mezzo di un corpo eterico

che a sua volta riceva le opportune forze dal corpo astrale.

 

• Il corpo eterico è il costruttore, l’architetto del corpo fisico,

ma può costruire convenientemente solo se riceve l’impulso, circa il modo in cui deve costruire, dal corpo astrale.

In questo sono i modelli secondo cui il corpo eterico dà forma al corpo fisico.

 

• Durante la veglia il corpo astrale non contiene però questi modelli,

o almeno li contiene solo fino a un certo grado, perché durante la veglia l’anima pone al loro posto le proprie immagini.

 

Quando l’uomo rivolge i sensi al mondo che lo circonda, forma nella sua mente, attraverso la percezione,

delle immagini che ritraggono il mondo circostante stesso.

Esse riescono di disturbo a quei modelli che stimolano il corpo eterico alla conservazione del corpo fisico.

 

Soltanto quando l’uomo potesse, per propria attività,

fornire al suo corpo astrale immagini capaci di dare il giusto impulso al corpo eterico,

solo allora quel disturbo non avrebbe luogo.

 

Tuttavia nell’esistenza umana tale disturbo ha una parte importante,

e fa sì che durante la veglia i modelli per il corpo eterico non agiscano con tutta la loro forza.

 

Durante la veglia, il corpo astrale lavora nell’interno del corpo fisico; durante il sonno lavora su di esso dal di fuori .

Come il corpo fisico ha bisogno del mondo esterno, che è della sua stessa natura,

ad esempio per la propria alimentazione, così avviene qualcosa di simile anche per il corpo astrale.

 

Si pensi un corpo fisico umano allontanato dal mondo che lo circonda: dovrebbe perire. Ciò mostra che senza l’intiero ambiente fisico quel corpo non è possibile. Effettivamente la Terra deve proprio essere tutta così come è, se su di essa debbono esistere dei corpi fisici umani.

In verità l’intero corpo umano è solo una parte della Terra; anzi, in un senso più lato, dell’intero universo fisico.

 

Da questo punto di vista lo si può paragonare ad esempio al dito di una mano rispetto a tutto il corpo umano. Se si separa il dito dalla mano, non è più un dito, si dissecca. Altrettanto avverrebbe del corpo umano, se venisse separato da quel corpo di cui è membro, dalle condizioni di vita che la Terra gli offre. Se venisse sollevato di un numero sufficiente di chilometri al di sopra della superficie della Terra, esso morirebbe, come accade al dito, quando si amputa dalla mano. Se l’uomo si accorge di questo rapporto fra il suo corpo fisico e la Terra meno che non di quello fra un dito e un corpo, ciò proviene semplicemente dalla circostanza che il dito non può andare in giro per il corpo come può fare l’uomo sulla Terra, e che quindi nel primo caso la dipendenza salta maggiormente agli occhi.

 

Ora, come il corpo fisico è inserito nel mondo fisico al quale appartiene,

così appartiene il corpo astrale al suo proprio mondo.

La vita di veglia lo strappa però da quel suo mondo.

 

 Si può dare un’idea di quanto avviene con una similitudine. Immaginiamo di aver un vaso d’acqua. Una goccia non è niente di separato in sé entro l’intiera massa d’acqua; ma prendiamo una spugnetta e assorbiamo con essa una goccia fuori dall’intiera massa d’acqua. Qualcosa di simile avviene del corpo astrale umano al risveglio. Durante il sonno esso sta in un mondo della sua stessa natura; ne forma parte, in certo modo. Al risveglio il corpo fisico e il corpo eterico lo assorbono e s’impregnano di lui. Essi contengono gli organi per mezzo dei quali il corpo astrale percepisce il mondo esterno. Per giungere a questa percezione, il corpo astrale deve però distaccarsi dal suo mondo; ma solo dal suo mondo esso può avere i modelli di cui abbisogna per il corpo eterico.

 

Come dall’ambiente fisico pervengono ad esempio gli alimenti al corpo fisico, così durante il sonno pervengono al corpo astrale le immagini del mondo che lo circonda. Effettivamente esso vive allora nell’universo al di fuori del corpo fisico e del corpo eterico, nello stesso universo dal quale trae origine l’uomo intiero. In questo universo è la fonte delle immagini per mezzo delle quali l’uomo ottiene la sua forma. Egli è armonicamente inserito in quell’universo. Durante la veglia egli si allontana da quell’ampia armonia per venire alla percezione esterna; nel sonno il suo corpo astrale ritorna nell’armonia universale. Al risveglio egli ne porta tanta forza ai suoi corpi che per un certo tempo può di nuovo fare a meno di soggiornare nell’armonia.

 

Durante il sonno il corpo astrale ritorna alla sua patria, e al risveglio porta con sé nella vita forze rinnovate.

La ricchezza che il corpo astrale porta con sé al risveglio si palesa nel ristoro prodotto da un sonno sano.

Procedendo nella scienza occulta, si vedrà come la patria del corpo astrale sia più vasta di quella che appartiene al corpo fisico nel senso più ristretto dell’ambiente fisico.

Mentre l’uomo come essere fisico è un membro della Terra, il suo corpo astrale appartiene a dei mondi

nei quali, accanto alla Terra, trovano posto anche altri corpi celesti.

Durante il sonno egli entra così in un mondo di cui fanno parte altri mondi, diversi dalla Terra.

 

Dovrebbe essere superfluo accennare ad un malinteso che potrebbe facilmente sorgere riguardo a questi fatti; ma ai giorni nostri, in cui esistono certi modi materialistici di vedere le cose, non è del tutto inutile. Da parte di chi sostiene tali modi di vedere, si potrà naturalmente considerare che lo studio di un fenomeno come il sonno è scientifico soltanto quando è fondato su elementi fisici. Se gli scienziati non sono ancora d’accordo sulla causa fisica del sonno, una cosa sarebbe però certa: la necessità di ammettere certi determinati processi fisici che stanno a base di tale fenomeno.

 

Sarebbe però bene riconoscere che la conoscenza soprasensibile non è affatto in contraddizione con questo asserto. Essa ammette tutto quel che si dice in tal senso, così come si ammette che per il sorgere fisico di una casa bisogna porre un mattone sull’altro e che, quando la casa è finita, la sua forma e la sua struttura si spiegano con leggi puramente meccaniche. Ma perché sorga la casa, è necessario il pensiero dell’architetto. E a quel pensiero non si giunge se si investigano semplicemente le leggi fisiche.

 

Come dietro le leggi fisiche che rendono spiegabile la casa stanno i pensieri del suo costruttore, così, dietro ciò che la scienza fisica prospetta in modo perfettamente giusto, stanno i fatti di cui riferisce la conoscenza soprasensibile. Certo questa similitudine viene affacciata spesso, quando si tratta di giustificare l’esistenza di una base spirituale del mondo, e può sembrare superficiale. Ma in questi argomenti quel che conta non è di conoscere dati concetti, bensì di dar loro l’importanza giusta nella valutazione dei fatti. Un ostacolo ci si può presentare nel soverchio potere che rappresentazioni contrarie esercitano sul nostro giudizio, così da impedire il giusto apprezzamento dei fatti.

……………………………………………….

 

(Da osservazioni speciali)

Il rapporto fra sonno e stanchezza non viene per lo più considerato in modo adeguato ai fatti. Si ritiene che il sonno si manifesti come conseguenza della stanchezza. Che questa concezione sia troppo semplicistica risulta già dal fatto comune che si addormentano persone per nulla affaticate, nell’ascoltare un discorso che non le interessa, o in altra simile circostanza. Chi volesse sostenere che in tal caso appunto l’uomo si stanchi, sceglie un metodo d’interpretazione privo di serietà.

 

Un’osservazione oggettiva deve pure giungere alla conclusione

che veglia e sonno rappresentano differenti rapporti dell’anima col corpo,

e che essi si debbono verificare nel normale corso della vita in ritmica successione,

come le due oscillazioni di un pendolo.

 

Risulta all’osservazione oggettiva che, per il fatto di essere saturata delle impressioni del mondo esterno, nell’anima si risveglia il desiderio di passare dallo stato di veglia ad un altro, aprendosi al godimento della propria corporeità.

 

Si alternano dunque due stati: l’abbandono alle impressioni esteriori e l’abbandono alla propria corporeità.

Nella prima condizione si genera inconsciamente il desiderio della seconda,

la quale poi decorre essa stessa nell’incoscienza.

La stanchezza è l’espressione del desiderio di godimento della propria corporeità.

Si dovrebbe quindi dire piuttosto che ci si sente stanchi perché si vuol dormire,

e non che si vuol dormire perché si è stanchi.

 

Poiché d’altra parte l’anima umana è capace per abitudine di provocare anche volontariamente certe condizioni che si verificano di necessità nella vita normale, è possibile che, quando si renda ottusa per una determinata impressione esterna, essa risvegli in sé il desiderio del godimento della propria corporeità; in altre parole essa si addormenta, senza che ne esistano i presupposti nella disposizione interiore del soggetto.