Il terzo periodo di civiltà post-atlantico

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (IV)


 

Un terzo periodo di civiltà post-atlantico sorse fra i popoli che, in seguito alla loro migrazione, alla fine confluirono nell’Asia Minore e nell’Africa settentrionale, e cioè fra i Caldei, i Babilonesi e gli Assiri da una parte, e gli Egizi dall’altra. Questi popoli avevano un senso del mondo fisico-sensibile, diverso da quello che avevano avuto i Persiani; essi avevano accolto in maggior misura la disposizione spirituale che serve di base alla forza del pensiero, alla riflessione logica, sviluppatasi dopo gli ultimi tempi del periodo atlantico. Compito dell’umanità post-atlantica fu infatti Io sviluppo delle capacità animiche conseguibili a mezzo delle forze destate del pensiero e del sentimento che non sono sotto lo stimolo diretto del mondo spirituale, ma vengono a costituirsi per il fatto che l’uomo osserva nel mondo dei sensi, si familiarizza con esso e lo elabora.

 

La conquista del mondo fisico-sensibile, per opera delle capacità umane, deve essere considerata come la missione dell’umanità post-atlantica; essa procede di gradino in gradino. Nell’antica India l’uomo, per l’atteggiamento della sua anima, già era volto verso il mondo, ma egli ancora lo considerava come un’illusione, e il suo spirito aspirava al mondo soprasensibile. Una tendenza opposta si manifesta nel popolo persiano: esso sente l’impulso di conquistare il mondo fisico-sensibile, ma tenta di farlo usando ancora le forze animiche rimastegli come retaggio di un tempo in cui l’uomo poteva mettersi in rapporto diretto col mondo soprasensibile.

 

I popoli del terzo periodo di civiltà smarriscono quasi completamente queste facoltà soprasensibili. L’anima deve investigare l’ambiente fisico per cercarvi le manifestazioni della spiritualità, e progredire più oltre mediante la scoperta e l’invenzione degli strumenti di questo mondo.

Per il fatto che dal mondo fisico-sensibile gli uomini hanno investigato le leggi spirituali nascoste dietro a quello, nacquero le scienze umane, mentre la tecnica umana, il lavoro artistico con i suoi metodi e i suoi strumenti risultarono dal riconoscimento e dall’elaborazione delle forze del mondo fisico. Per gli uomini dei popoli caldeo-babilonesi il mondo sensibile non era più un’illusione; nei suoi regni, nei suoi monti e nei suoi mari, nell’aria e nell’acqua era una manifestazione delle attività spirituali di potenze nascoste delle quali l’uomo doveva conoscere le leggi.

 

Per l’Egizio la Terra era un campo d’azione che gli veniva donato in una condizione che egli doveva elaborare con le forze della propria intelligenza, perché portasse l’impronta della potenza umana. Nell’Egitto erano stati trasferiti per lo più quei santuari degli oracoli dell’Atlantide che derivavano dall’oracolo di Mercurio; ve ne erano però anche altri, quelli di Venere per esempio.

 

Un nuovo germe di civiltà venne posto nel popolo egizio per mezzo degli insegnamenti coltivati nei santuari di questi oracoli. Questo germe proveniva da un grande maestro che aveva seguito la disciplina della scuola persiana dei misteri di Zaratustra (era la reincarnazione della personalità di un discepolo del grande Zaratustra stesso); lo si può chiamare « Ermete », con riferimento ad un nome storico.

 

Per il fatto di aver accolto i segreti di Zarathustra, egli poteva trovare la via giusta per guidare il popolo egiziano. Questo popolo, durante la vita terrestre fra nascita e morte, pur avendo lo sguardo rivolto verso il mondo fisico-sensibile, in modo che gli permetteva soltanto una visione diretta ma molto limitata del mondo spirituale che vi sta dietro, nondimeno riconosceva nel mondo fisico le leggi spirituali. Il mondo spirituale non poteva dunque essere descritto a quel popolo come un mondo col quale si sarebbe potuto familiarizzare sulla Terra. Gli si poteva però mostrare che l’uomo, durante lo stato incorporeo che segue la morte, vive nel mondo degli spiriti dei quali l’impronta si manifesta nella vita terrena, nel mondo fisico-sensibile.

 

Ermete insegnava che, in quanto impiega le sue forze sulla Terra per favorire le direttive delle potenze spirituali, l’uomo si rende capace di unirsi a queste dopo la morte. Coloro specialmente che hanno lavorato più strenuamente fra nascita e morte a tale scopo, si uniranno con Osiride, la sublime entità solare.

 

Nella parte caldeo-babilonese di questa corrente di civiltà, la tendenza della mente umana verso il mondo fisico-sensibile fu più accentuata che presso gli Egizi; le leggi del mondo fisico furono investigate, e gli archetipi spirituali vennero osservati nelle loro riduzioni fisiche. Il popolo però, sotto molti rapporti, rimase aderente alle cose sensibili; diede importanza alla stella invece che allo spirito stellare, e così pure alle immagini terrestri di molte altre entità spirituali. Soltanto le guide dei popoli acquistarono veramente profonde conoscenze delle leggi del mondo soprasensibile e della sua cooperazione con il mondo fisico. Più forte che altrove si accentuò il contrasto fra la conoscenza degli iniziati e la credenza errata del popolo.