Il trapasso dello sviluppo dell’uomo dalla esistenza animico-spirituale alla esistenza fisico-sensibile

O.O. 215 – Filosofia, Cosmologia e Religione – 11.09.1922


 

Dalle descrizioni che ho date della conoscenza ispirata e intuitiva si sarà potuto vedere che l’interiorità umana, l’elemento animico-spirituale dell’uomo, può fare un’esperienza cosmica.

Ho mostrato qui ieri che una tale esperienza cosmica esiste per l’uomo durante lo stato di sonno, solo che essa rimane inconscia, per la coscienza ordinaria.

L’uomo fa certe esperienze nel cosmo, ma nella sua coscienza ordinaria non ne sa nulla.

 

Si può dire che,

• mentre nell’esperienza sensoriale propria della vita terrena l’uomo si sperimenta nel suo corpo fisico e nel corpo eterico, e considera come esistenti al suo interno gli organi del corpo fisico e del corpo eterico,

• durante l’esperienza cosmica, fatta ad esempio durante il sonno, vengono sperimentate come vita interiore le riproduzioni di entità spirituali cosmiche: si può veramente affermare che già per il comune stato di sonno il mondo interno ordinario dell’uomo diventa un mondo esterno.

Quando dorme, l’uomo ha semplicemente davanti a sé, come un mondo esterno, il corpo fisico e il corpo eterico che di solito costituiscono la sua natura; mentre diventa in certo senso un suo mondo interiore ciò che per l’osservazione sensibile è mondo ambiente, cioè cosmo.

 

Durante lo stato di sonno esiste però nell’animico-spirituale dell’uomo, cioè nel suo astrale e nell’io, un continuo desiderio di ritornare nel corpo fisico. Tale desiderio diventa particolarmente intenso nello stadio del sonno che ieri ho caratterizzato come il sonno più profondo, quello in cui (come si è veduto) esiste una coscienza che comprende le stelle fisse.

Il desiderio di ritornare di nuovo nel corpo fisico e nel corpo eterico è naturalmente collegato col fatto che, mentre si dorme, il corpo fisico e il corpo eterico rimangono ben vivi ed esistenti, che sono presenti nel mondo. E come ho spiegato ieri, sono le forze spirituali lunari, attive nel cosmo, a stimolare nell’uomo la brama a ritornare nei suoi corpi.

 

Se si vuole comprendere nel modo giusto la scienza dello spirito, o antroposofia, bisogna rendersi conto che tutti i fatti debbono essere messi in luce dai punti di vista più diversi. Qualcuno potrebbe per esempio ricordarsi di avermi sentito dire una volta che la ragione per cui l’uomo al mattino vuole rientrare nel corpo fisico e nell’eterico sta nel desiderio che di quel ritorno ha l’anima. Ora invece ho detto che quel ritorno é dovuto alle forze lunari. Entrambe le cose sono vere: bisogna solo tener presente che il desiderio di ricongiungersi con l’organismo fisico viene stimolato durante l’esperienza cosmica dalle forze lunari le quali compenetrano, fra l’addormentarsi e il risveglio, appunto anche l’organismo astrale e l’io dell’uomo.

 

Ora le forze lunari (vale a dire il loro corrispettivo spirituale) non possono agire quando l’uomo si trova nell’esistenza pre-terrena, cioè prima di essere disceso dal mondo animico-spirituale e di essersi rivestito di un corpo fisico umano. Quando nell’esistenza pre-terrena l’uomo si trova in un cosmo esclusivamente spirituale, non vi è un rapporto con un corpo fisico e con un corpo eterico, poiché questi non esistono. Durante il sonno invece l’organismo fisico e l’eterico aspettano per così dire di essere nuovamente animati e spiritualizzati dal vero uomo interiore.

 

Nell’esistenza pre-terrena l’organismo fisico e quello eterico dell’uomo non esistono: è invece presente qualcosa d’altro. In un determinato stadio di tale esistenza preterrena l’uomo sperimenta una specie di cosmo che egli sente appunto anche come suo mondo interiore: egli si sente in certo modo lui stesso come un cosmo.

Questo cosmo della esistenza pre-terrena è però qualcosa di differente dal cosmo che ci circonda per l’osservazione dei sensi, fra la nascita e la morte.

Infatti il cosmo che viene sperimentato in un certo stadio dell’esistenza pre-terrena è una specie di germe cosmico del futuro organismo umano fisico di cui l’uomo dovrà rivestirsi, quando ridiscenderà verso l’esistenza terrena.

 

Ci si immagini ampliato all’infinito tutto l’organismo fisico che si porta su di sé durante l’esistenza terrena, ogni singolo organo, ma naturalmente non gli organi materiali, bensì le loro forze: dunque i processi del polmone, quelli del fegato, del cuore e così via, ampliati all’infinito nel cosmo: tutto questo viene sperimentato dall’uomo, ma egli abbraccia con l’anima tutto ciò, sì che questo cosmo è al tempo stesso sua vita interiore.

 

Ho detto che l’uomo sperimenta un germe del suo futuro corpo fisico: naturalmente bisogna distinguere fra l’uso della parola «germe», in questo caso per l’esistenza spirituale, nell’altro caso per l’esistenza fisica terrena.

Quando nell’esistenza terrena fisica si parla di un germe, si pensa a qualcosa di piccolo che poi si svilupperà e diventerà un grande organismo. Dicendo però qui adesso che il germe del corpo fisico umano viene sperimentato nell’esistenza pre-terrena come un cosmo, tale germe cosmico è infinitamente grande, si contrae poi sempre più e diventa alla fine piccolo.

 

Oltre a ciò occorre naturalmente tener conto del fatto che, trattando di cose e condizioni spirituali, i termini «grande» e «piccolo» vengono usati figurativamente, dato che nell’esistenza pre-terrena nulla viene sperimentato spazialmente come avviene qui nell’esistenza fisica. Tutto viene sperimentato in modo qualitativo. Lo spazio quale lo conosciamo nel nostro mondo dei sensi esiste in realtà solo in questo mondo.

Una distinzione come quella che ho fatta è lecita ai fini di chiarire le cose, traendo dal linguaggio umano i termini atti a illustrare anche queste condizioni puramente spirituali. Possiamo dunque dire che il germe umano cosmico è grande e si contrae sempre più, per apparire infine piccolo nell’organismo fisico dell’uomo.

Dobbiamo dunque raffigurarci che nell’esistenza preterrena l’uomo non ha del cosmo l’immagine di un cielo stellato, come l’abbiamo noi qui nel mondo fisico, ma ha intorno a sé un cosmo che contiene entità animico-spirituali. L’uomo si sente però unito a tali entità animico-spirituali, le sente per così dire dentro di sé. Egli sente il proprio elemento animico esteso a tutto il cosmo, e il cosmo non è in fondo niente altro che il futuro corpo umano fisico, ampliato sino a essere tutto l’universo.

L’uomo vive dunque il suo futuro interno come un mondo esterno cosmico, sperimentandolo però con la sua interiorità animica.

Si può dunque dire che tutto quel cosmo (vorrei chiamarlo il cosmo-uomo) che l’uomo sperimenta come sua interiorità, è la sua esistenza individuale. Al tempo stesso però l’uomo partecipa alla vita di altre entità, sia di altre anime umane, sia di entità spirituali differenti che non pervengono a una esistenza fisica terrena.

 

La vita dell’uomo si estende ad altre entità, sì che egli sperimenta al tempo stesso una specie di universo per se stesso e una specie di convivenza con altre entità.

Vorrei chiamare una intuizione attiva, un’intuizione reale, vissuta, questa convivenza con altre entità, in questo stadio dell’esistenza pre-terrena.

Ciò che altrimenti può venire riprodotto nella conoscenza soprasensibile della intuizione, in quell’esistenza pre-terrena è presenza viva.

 

Mentre dunque durante il sonno l’uomo vive in una specie di riproduzione del cosmo, nel modo da me descritto ieri, avendo fuori di sé i propri corpi fisico ed eterico (ma finiti e completi), nell’esistenza pre-terrena egli ha in sé (non si può neppure dire: intorno a sé) come proprio essere l’organismo fisico in divenire.

Tuttavia, tale «in sé» è al tempo stesso un «fuori in sé», e la sua vita consiste in un fattivo lavoro animico-spirituale, dedicato al divenire di tale organismo.

 

• Qui nell’esistenza fisica noi rivolgiamo la nostra attività a modificare secondo un fine le cose esterne e insieme ad esse ci trasformiamo noi stessi;

nella nostra esistenza pre-terrena dedichiamo il nostro lavoro a predisporre il nostro organismo fisico.

Noi predisponiamo in esso ciò che in seguito, durante l’esistenza terrena, dovrà risultare in una saggia cooperazione fra gli organi, come pure degli organi con l’anima e dell’anima con lo spirituale.

Viviamo in un universo il cui divenire consiste nella consapevole configurazione del nostro futuro organismo terreno.

In quello stato pre-terreno noi possediamo una coscienza, in quanto ci troviamo entro quell’universo, non solo con le nostre percezioni, ma con la nostra attività animica e spirituale. Il sonno è incosciente perché l’organismo fisico e quello eterico durante lo stato di sonno sono compiuti, finiti: non possiamo lavorare durante il sonno su ciò che è compiuto, possiamo soltanto sperimentarlo, come dissi ieri.

Nell’esistenza pre-terrena ciò che costituisce la nostra connessione con l’universo in divenire (che però si contrae sempre più, per diventare in seguito il nostro organismo fisico) è interamente forza, mobilità attiva: essa si esplica in una forma di coscienza diversa dalla coscienza dell’esistenza terrena. È però una piena coscienza, anzi più chiara di quella che abbiamo nella vita terrena, nell’esistenza fisica.

Sperimentiamo proprio questo nostro lavoro indirizzato verso la futura vita terrena. Anzi, quando qui nella vita terrena osserviamo il nostro organismo fisico, quale si presenta esteriormente, per esempio all’anatomia, non possiamo facilmente compararlo con la grandiosa maestà dell’universo visibile, del mondo stellare, del cielo con le sue nubi, e di tutto quello che ci circonda.

Quando invece nell’esistenza pre-terrena l’anima umana contempla tutto ciò che va raccogliendosi entro questo organismo fisico, quest’ultimo, nel suo divenire, appare più grandioso del cosmo fisico che sta intorno a noi durante l’esistenza terrena.

 

Se si concepisce come tradotto in qualità spirituali tutto ciò che si trova materializzato nell’organismo fisico, e quindi nascosto entro l’uomo terreno, racchiuso e concentrato nella compagine materiale, se lo si concepisce tradotto in realtà spirituale, bisognerebbe concepire un universo di grandiosità e maestà tali che non potrebbe confrontarsi con esso il nostro universo fisico, malgrado i suoi astri e tutte le sue magnificenze.

La nostra vita terrena proviene da una visione spirituale, pre-terrena che ha un contenuto immenso e poderoso. Qualunque nostra partecipazione al lavoro culturale qui sulla Terra è ben poca cosa, in confronto a ciò a cui l’uomo collabora durante la sua esistenza pre-terrena.

Dico «collabora», perché innumerevoli entità spirituali delle più varie gerarchie cooperano con l’uomo a edificare quella mirabile formazione che è l’organismo fisico. Questa attività, considerata in se stessa, è un’attività che dona beatitudine.

 

Non si accenna certo a qualcosa di piccolo e insignificante quando, per rispondere alla domanda che cosa faccia l’uomo fra la morte e una nuova nascita, nella sua esistenza pre-terrena, si risponde così: in un certo stadio egli coopera con gli spiriti del cosmo alla costruzione, pregna di saggezza, di un corpo fisico umano, prefigurandone il germe cosmico.

Si tratta veramente di un’esistenza celestiale, in confronto all’esistenza terrena!

Solo che tutto questo rimane occultato in profondità insondabili, entro l’organismo terreno fisico di cui l’uomo è poi rivestito; per la coscienza ordinaria tutto ciò fa parte delle cose più profondamente nascoste che riguardano l’organizzazione fisica umana. La tragedia del materialismo è proprio il credere di conoscere la materia, il parlare continuamente della materia e delle sue leggi.

Senonché in ogni materia vive uno spirito, e non solo nel senso che noi possiamo pervenire ad esso in un dato momento; esso vive nella materia in modo che, per poterlo scoprire, occorre guardare indietro, a tempi ed esperienze del tutto diverse.

 

Ciò che il materialismo conosce meno di qualunque altra cosa

è l’organismo umano fisico, materiale.

Dovette sorgere proprio il materialismo, perché le complicate formazioni materiali dell’esistenza fisica terrena rimanessero talmente nascoste, come lo sono per la scienza naturale moderna, d’altronde così ammirevole.

 

La tappa dell’esistenza pre-terrena che ho ora descritta si può caratterizzare anche così: l’uomo sperimenta il proprio ambiente (che è poi anche lui stesso) come una convivenza fra lui e l’universo spirituale.

L’universo spirituale è però proprio un complesso di entità spirituali reali e viventi, nella cui cerchia l’uomo si sente vivere come anima e come spirito.

Tale coscienza, viva e luminosa al grado più alto, comincia poi a oscurarsi a poco a poco. Non che venga vissuta come una coscienza indebolita, ma tuttavia essa si attenua, in un certo stadio dell’esistenza pre-terrena, in confronto alla precedente sua intensità e luminosità. Potrei descrivere questa esperienza molto importante e intensa, valendomi di un’immagine.

 

A un certo punto di tale esistenza pre-terrena l’uomo comincia a dirsi: ho veduto intorno a me altre entità divino-spirituali che al tempo stesso sentivo come mia propria natura. Adesso mi sembra che quelle entità divino-spirituali comincino a non mostrarmi più la loro figura intera; mi sembra che esse vadano assumendo un aspetto esterno del quale si rivestono. Mi sembra adesso che quelle entità vadano assomigliando a stelle, come vedevo le stelle con la mia vista fisica durante la precedente vita terrena. Non sono ancora stelle, ma le entità spirituali mi appaiono come in via di assumere un’esistenza stellare.

È come un sentimento che il vero mondo spirituale si ritiri un poco dall’uomo, sempre di più, e che ora si manifesti solo una sua immagine, solo una manifestazione cosmica.

Al posto dell’attiva esperienza intuitiva del mondo spirituale subentra una specie di ispirazione da parte dell’immagine cosmica riprodotta del mondo spirituale.

 

Parallelamente a tale percezione sorge un’esperienza animica interiore: si sperimenta come il mondo spirituale, nella sua essenziale vitalità, vada ritirandosi, mentre si estrinseca solo una sua manifestazione.

Ciò risveglia nell’anima un’esperienza che si potrebbe definire (per analogia con esperienze terrene) come un senso di privazione, e anche come il desiderio di ciò che si è in procinto di perdere. Nei primi stadi di questa fase non lo si è ancora perduto, tuttavia si è in procinto di perdere qualcosa che prima si aveva. Nella misura in cui ci si trova in questo stadio della perdita nasce il desiderio di riavere quello che va perdendosi.

È in questo stadio dell’esistenza pre-terrena che l’anima umana diviene accessibile alle forze spirituali lunari. Quel senso di privazione e di desiderio prepara l’anima umana ad essere accessibile alle forze spirituali lunari nel cosmo. Prima di quello stadio, era come se le forze lunari spirituali non esistessero per l’uomo.

 

Dal momento in cui il cosmo spirituale comincia ad offuscarsi, ha inizio un collegamento tra le forze lunari vibranti nell’universo e le forze di desiderio che nascono nell’uomo da quel senso di privazione di cui si è parlato.

Nella stessa misura in cui il cosmo (che prima si rivelava direttamente, in piena vivezza spirituale interiore), si trasforma in una mera manifestazione di sé; nella stessa misura la viva intuizione precedente si trasforma in una viva e attiva ispirazione, le forze lunari suscitano nell’uomo la formazione di una interiorità propria: l’uomo non si sente più nell’universo senza che esistano soggetto e oggetto (come era prima), ma tutto comincia a diventare per lui soggettivo.

Fino a quel momento l’uomo era vissuto all’interno di altre entità; da quel momento in poi, soggetto e oggetto ricominciano ad avere importanza dalle forze lunari, mentre comincia a sentire come mondo esterno oggettivo la rivelazione del cosmo.

 

Volendo ancora una volta ricorrere a parole terrestri per descrivere l’esistenza pre-terrena, potrei dire che nell’anima umana, in tal modo dotata di interiorità da parte delle forze lunari, nasce il pensiero: devo proprio ottenerlo, quel corpo fisico verso il quale tendeva il germe spirituale cosmico a cui io stesso ho collaborato. In tal modo l’uomo diventa maturo per discendere verso l’esistenza terrena.

La privazione e il desiderio, uniti con le forze lunari, lo rendono maturo per agognare all’esistenza terrena: questo desiderio è poi l’effetto della precedente attività rivolta alla parte spirituale, universale, del corpo fisico.

 

Abbiamo già ricordato che le forze lunari preparano sempre l’uomo alla vita terrena; durante lo stato di sonno esse hanno la funzione di risospingere l’uomo nella vita terrena. Durante l’esistenza pre-terrena l’uomo, in una certa fase della sua esperienza, come ho spiegato, dapprima non si trova in rapporto con le forze lunari: più tardi entra nella loro sfera d’azione, e allora nasce in lui la tendenza a rivolgersi nuovamente verso l’esistenza terrena. Anche se il corpo fisico terreno e l’organismo eterico non esistono ancora, pure nell’uomo sono presenti gli echi della sua collaborazione allo stadio cosmico-spirituale del futuro corpo fisico terreno.

 

Dovrei ora continuare a parlare delle condizioni della vita complessiva dell’uomo, alla luce della conoscenza ispirativa e intuitiva, nel senso in cui ho condotto il discorso fino a qui.

Il contenuto della prima tappa, descritta oggi dell’esistenza pre-terrena, è l’esperienza fatta in piena chiarezza di ciò che nella successiva esistenza terrena si rispecchia come un’immagine nella vita del sentimento, sotto forma della disposizione religiosa e del senso dell’esistenza di un rapporto fra l’uomo e il fondamento divino del mondo.

Nell’esistenza pre-terrena l’uomo, in quanto anima, può voler rendersi conto del modo in cui l’anima si inserisca poi nella esistenza terrena.

A tale proposito va detto che nel momento in cui dall’esperienza di un vivente cosmo spirituale l’uomo passa a quella della mera manifestazione di quel cosmo, sotto l’influsso delle forze lunari, in quel momento egli potrebbe dirsi: io sto passando da un’esistenza compenetrata dal divino a un’esistenza cosmica. Sto cominciando adesso, sotto l’influsso delle forze lunari, a trasformare in una coscienza interiore la chiara coscienza cosmica che avevo sviluppato in precedenza.

 

Ho già detto infatti che la chiara coscienza cosmica va oscurandosi,

e quanto più essa si offusca, tanto più si desta all’interno dell’anima umana una coscienza soggettiva,

alla quale si contrappone come qualcosa di oggettivo la manifestazione del cosmo.

• Possiamo dunque affermare che si trapassa a una ispirazione nella quale si riconosce di essere una parte del cosmo.

• In questa seconda tappa dell’esistenza pre-terrena l’uomo fa l’esperienza di una cosmologia.

 

L’aspirazione verso una saggezza cosmologica che l’uomo porta con sé durante la vita terrena

è un effetto delle esperienze pre-terrene ora menzionate,

proprio come la coscienza religiosa è un effetto dello stadio descritto per primo,

quello della coscienza compenetrata del divino.

 

Tali cose vengono realmente vissute nell’esistenza pre-terrena; esse hanno poi i loro effetti nell’esistenza terrena, durante la quale si manifestano o come predisposizione religiosa, o come predisposizione cosmologica dell’anima umana; inoltre, come ho detto ieri, ogni notte durante il sonno esse si rinnovano.

Sono presenti, quando l’uomo nasce sulla Terra: egli le porta con sé come predisposizioni. Esse si oscurano nella sequenza di giorno e notte, ma ogni notte le tendenze cosmologiche dell’individuo vengono nuovamente stimolate dall’esperienza del mondo dei pianeti e delle stelle, come ho spiegato, e similmente viene rinfocolata l’esistenza compenetrata dal divino, come ho detto ieri a proposito del terzo stadio del sonno.

 

Si potrebbe perciò dire:

per giungere a una base di conoscenza per la vita religiosa e per la cosmologia,

occorre poter suscitare in piena coscienza, durante l’esistenza terrena,

delle immagini di quanto viene sperimentato (nel modo che si è descritto) durante l’esistenza pre-terrena.

Dal momento in cui l’uomo viene afferrato dalle forze lunari, quando l’universo esterno che prima era stato l’universo del proprio corpo fisico, appare ormai solo come una manifestazione, da quel momento si comincia a perdere del tutto la nozione del rapporto avuto prima con il proprio universo umano.

L’uomo perde la coscienza del germe cosmico del suo corpo fisico al quale aveva collaborato per tanto tempo: in un certo stadio dell’esistenza pre-terrena egli non possiede più quel germe cosmico.

 

A questo punto, la condizione è la seguente:

l’uomo possiede una interiorità suscitata dalle forze lunari, tutta compenetrata dalla brama dell’esistenza terrena, e ora circondata solo da immagini del cosmo spirituale.

Adesso l’uomo non è più in grado di avere un contatto reale con tali immagini; esse gli sfuggono.

La realtà non c’è più: a una certa tappa della sua esperienza dell’esistenza pre-terrena, la realtà è sfuggita all’uomo, l’anima non ha più né intorno a sé, né in sé, la realtà dell’universo-uomo.

E poco dopo questa perdita della realtà universale da parte dell’uomo, sulla Terra ha luogo la concezione del corpo fisico: esso viene ora accolto, rimpiccolito, dall’universo spirituale e andrà sviluppandosi nel filone dell’ereditarietà fisica.

 

Ciò che l’uomo era andato preparando per lungo tempo nel mondo spirituale, sul piano cosmico, gli sfugge per riemergere quando già sulla Terra ha luogo la concezione del corpo umano fisico.

Trovano la loro prosecuzione fisica sulla Terra i processi che l’uomo aveva attraversato su nel mondo spirituale e ai quali aveva attivamente partecipato.

Ciò rimane inconscio all’uomo anche nella sua ulteriore vita spirituale pre-terrena; avviene giù sulla Terra, verso la quale è in certo senso fluito il suo organismo fisico-spirituale che si retrae ormai nel piccolo corpo fisico.

In esso l’intero maestoso universo si trova concentrato, tutto compenetrato ormai da quanto vi introduce l’eredità fisica. Quello che prima l’uomo aveva posseduto come realtà, lo circonda ormai in forma di immagini, quasi come un ricordo cosmico della realtà cosmica del suo lavoro rivolto a preparare l’organismo fisico.

 

In questo periodo della sua esperienza prenatale l’uomo acquista la maturità per attirare l’eterico da ogni parte del cosmo, entro le immagini del suo universo-uomo che lo circondano, ma nelle quali non è più contenuta realtà.

Il cosmo infatti contiene anche una realtà eterica, un cosmo eterico.

Dall’etere cosmico l’uomo attira ormai l’elemento eterico entro il suo mondo di immagini cosmiche: egli riempie di etere cosmico ciò che vive in lui ormai solo come ricordo cosmico, e va concentrando, raggrumando l’etere cosmico per formarne il proprio corpo eterico.

 

L’uomo forma il suo organismo eterico nel periodo in cui gli è sfuggito l’organismo fisico, quando l’organismo fisico trova la sua continuazione sulla Terra, mediante la concezione, nella linea ereditaria fisica: allora l’uomo si riveste del suo organismo eterico.

A questo punto è trapassato entro l’organizzazione eterica anche tutto quel senso di privazione e di desiderio che esisteva nell’anima per l’esistenza terrena.

L’organizzazione eterica è infatti abituata, in quanto compenetra l’organizzazione fisica del cosmo, a coesistere con l’organizzazione corporea fisica.

Da tutto ciò originano le forze che a loro volta ora spingono l’uomo spirituale giù, verso quello di cui prima era cosmicamente incosciente.

 

L’uomo animico-spirituale, ormai rivestito del corpo eterico, è portato giù dal suo desiderio, verso il suo corpo fisico in divenire sulla Terra, verso quel corpo fisico che egli stesso prima aveva preparato nella sua figura spirituale.

Ecco dunque, dopo le esperienze che ho descritte, la congiunzione dell’animico-spirituale dell’uomo con il suo corpo fisico.

Credo che sia diventato ben chiaro dove si trovi, nell’ultimo stadio dell’esperienza pre-terrena, immediatamente precedente l’esperienza terrena, il confine tra quanto è cosciente e quanto invece è inconscio, per l’anima umana prima dell’esistenza terrena.

 

Cosciente le è l’elemento soggettivo suscitato nell’anima dalle forze lunari;

• cosciente lo è pure il quadro universale, ormai presente solo in immagini, come ricordo cosmico del lavoro compiuto sull’uomo-universo,

• e cosciente le è pure la concentrazione delle forze dall’etere cosmico, per formare l’organismo eterico umano.

 

Rimane invece inconscio tutto quello che avviene giù sulla Terra nell’organismo umano fisico che si è appena abbozzato dalla sua metamorfosi fisica e che sta continuando a svilupparsi, dopo la concezione, nella linea evolutiva ereditaria.

A questo punto avviene però, come ho già accennato, un congiungimento degli ultimi contenuti cosmici coscienti con questo contenuto inconscio, avviene un’immersione in questo inconscio.

 

Con ciò si estingue la coscienza cosmica

e nel bambino emerge una specie di ricordo incosciente di quanto era stato sperimentato nell’esistenza pre-terrena:

un ricordo naturalmente inconscio, ma attivo è allora presente, nell’intenso lavoro che compie il bambino piccolissimo.

Questo ricordo inconscio si serve del cervello umano e del rimanente organismo,

come di un materiale ancora indifferenziato o assai poco differenziato.

 

Già durante la vita embrionale durante la quale avviene a poco a poco la menzionata congiunzione, ma anche più tardi, dopo la nascita, l’uomo elabora plasticamente la formazione del cervello e degli altri organi.

Più intensamente che in qualsiasi altra età, il ricordo inconscio dell’esistenza preterrena lavora sull’organismo nei primi anni dell’infanzia.

Certo, l’essenziale è stato preparato già prima e si realizza poi nei suoi effetti, ma molte cose debbono ancora venir elaborate in quell’organismo spirituale, fisico-cosmico, condensato nel corpo fisico umano.

Sembra una contraddizione, ma si potrà comprenderne il senso da quanto sono venuto spiegando oggi.

 

Molte cose vanno ancora elaborate nell’organismo; e ciò che compie attivamente questo lavorìo plastico nel corpo del lattante è l’inconscio ricordo cosmico.

Se ciò che viene sperimentato coscientemente nell’ultimo stadio dell’esistenza pre-terrena potesse venire introdotto nell’esistenza terrena, allora la filosofia meramente ideale avrebbe un contenuto soprasensibile.

Infatti proprio l’intervento dell’elemento eterico-cosmico nelle immagini dell’organismo umano produce una conoscenza filosofica veramente vivente.

 

Malgrado ciò, alla conoscenza filosofica manca qualcosa, per quanto essa possa essere viva. Essa infatti corrisponde a uno stadio dell’esistenza pre-terrena in cui l’uomo è estraneo proprio al suo organismo fisico e in cui di questo organismo egli è incosciente. Ciò conferisce un che di estraneo alla Terra anche alla filosofia più viva, per esempio a quella scaturita dalla chiaroveggenza sognante dei tempi più antichi.

Siccome proprio la filosofia, se è viva, corrisponde a una esperienza cui è sfuggita la vita terrestre, perciò la filosofìa ha sempre anche una forte aspirazione a comprendere il modo di agire terrestre, ma d’altra parte si sente sempre quasi aleggiante sopra l’esistenza terrena.

 

La filosofia possiede sempre un certo carattere idealistico, cioè di cosa non sorretta dalle qualità terrestri, soprattutto se si tratta di una filosofia interiormente molto viva. Bisognerebbe potersi ricordare, qui nella vita terrena, di ciò che nell’ultimo stadio della vita pre-terrena è naturalmente cosciente.

In quello stadio si è vero filosofo, come si è vero cosmologo poco prima, quando si hanno dinanzi a sé le manifestazioni cosmiche, mentre già non sono più accessibili le entità cosmiche, e come nel primo stadio pre-terreno si è vero conoscitore della religione, come ho descritto poc’anzi.

Poiché però nel bambino lattante si manifesta un ricordo inconscio, ma attivo, ho potuto anche affermare che se fosse possibile introdurre nella filosofia concettuale ciò che vive inconsciamente nel lattante, e portarlo a piena coscienza, anche in questo modo si avrebbe appunto il ricordo inconscio di quanto l’anima vive nell’ultimo stadio pre-terreno, prima del congiungimento col corpo fisico umano.

La conoscenza della religione, la cosmologia e la filosofia devono dunque essere doni del mondo soprasensibile, se hanno da essere quali dovrebbero essere. Solo se lo ridiventeranno e come tali saranno riconosciute dagli uomini, esse potranno di nuovo soddisfare pienamente l’umanità, proprio in quanto conoscenza di religione, cosmologia e filosofia.

 

Ho cercato oggi di illustrare alcune cose che stanno in rapporto col mistero della nascita.

Nei prossimi giorni mi toccherà il compito di esporre l’altro aspetto, vale a dire ciò che sta in rapporto col mistero della morte; in tal modo cercherò di completare sempre più il quadro che ci deve mostrare come qui nell’esistenza terrena il massimo valore debba spettare a ciò che è un riflesso, un effetto delle esperienze che l’uomo può sperimentare e conoscere nell’esistenza soprasensibile.

Egli infatti non è solo un essere terrestre e sensibile, ma un essere animico-spirituale soprasensibile: perciò appartiene anche al mondo dello spirito, al mondo delle anime, e deve coinvolgere anche la sfera soprasensibile nella propria esistenza, per potersi sentire uomo nel pieno senso della parola, in ogni stadio della sua esistenza umana nella sfera del sensibile.