Il vangelo di Marco

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 15.09.1912


 

È noto che il vangelo di Marco comincia con le parole:

«Principio del vangelo di Gesù Cristo».

Già queste prime parole contengono tre enigmi

per chi, ai giorni nostri, cerchi di comprendere il vangelo di Marco.

 

• Il primo enigma sta nella parola «principio».

Il principio di che cosa? Come si deve intendere questo principio?

 

• Il secondo enigma si trova nella parola «vangelo».

Che cosa significa la parola «vangelo», dal punto di vista dell’antroposofia?

 

• Il terzo enigma è la figura stessa del Cristo Gesù, del quale abbiamo già parlato spesso.

A chi cerchi seriamente la conoscenza e l’approfondimento del proprio sé deve risultare evidente

che l’umanità percorre un’evoluzione e ch’è in via di progresso:

quindi anche la comprensione di un qualsiasi evento, o di una qualsiasi rivelazione

non è immutabile, ma al contrario è essa stessa in evoluzione.

 

Per chi prenda sul serio i concetti di sviluppo e progresso

è dunque necessario postulare che ogni evento, ogni rivelazione

debbano col tempo venir compresi sempre meglio e più a fondo.

 

Per quanto riguarda il vangelo di Marco, solo ai nostri giorni è sopravvenuta una certa svolta nella sua comprensione, e lo dimostreremo a proposito dei tre enigmi che abbiamo sopra menzionati. Lentamente e gradualmente, ma in modo chiaro si è andato preparando ciò che ora può portare alla vera comprensione di questo vangelo, cominciando proprio dalle parole «principio del vangelo». Perché?

Basta guardare indietro di poco nel tempo, osservando il contenuto degli animi umani in anni non molto lontani da oggi, per scorgere come si possa, anzi si debba essere trasformato il modo d’intendere un testo come quello.

 

Risalendo ai secoli diciottesimo e diciassettesimo ci si avvicina sempre più a un tempo nel quale gli uomini, che nella loro vita spirituale avevano un contatto coi Vangeli per la loro comprensione, potevano partire da premesse del tutto diverse da quelle di cui dispone l’umanità odierna.

Che cosa poteva dirsi un uomo del diciottesimo secolo, inserito nella vita e nella cultura esteriore del suo tempo, un uomo cioè che non fosse fra i pochissimi che negli ultimi secoli erano in rapporto con una qualsiasi forma d’iniziazione o di rivelazione occulta?

 

Perfino le persone più colte, che si trovavano al più alto livello della cultura, allora non abbracciavano con lo sguardo più di tre millenni di storia. Di quei tre millenni, uno era anteriore all’era cristiana, ma si perdeva per così dire nella nebbia del passato; gli altri due, non ancora del tutto compiuti, riguardavano i tempi successivi alla fondazione del cristianesimo. Dunque si abbracciavano più o meno tre millenni; e nel primo di essi si affacciava solo come un’oscura, mitica preistoria la civiltà persiana. Questa e le sporadiche nozioni che si possedevano sulla civiltà egizia venivano considerate preistoria, mentre la storia vera e propria iniziava con la civiltà greca.

 

La storia greca costituiva si può dire il punto di partenza della cultura dell’epoca,

e dalla Grecia prendevano le mosse tutti quelli

che aspiravano a conoscere un po’ più a fondo la vita dell’umanità.

 

Della civiltà greca si conosceva quanto riferivano dei suoi primordi Omero, e delle sue successive imprese i grandi poeti e tragici e gli scrittori greci in genere. Era poi conosciuto il graduale declino della civiltà ellenica e la sua sopraffazione da parte del mondo romano. Tuttavia, com’è noto, la romanità sottomise la Grecia solo politicamente, mentre in realtà ne accolse la cultura e il costume.

Si può quindi affermare che mentre sul piano politico vinsero i romani, furono i greci a vincere sul piano spirituale.

 

Nel corso di questo processo in cui la civiltà greca trionfò spiritualmente su quella romana, i frutti di quella civiltà si sparsero per mille rivoli nel mondo romano, e da questo poi nel resto del mondo; nello stesso periodo il cristianesimo fluì entro la civiltà greco-romana, compenetrandola sempre più.

Il cristianesimo subì poi una profonda trasformazione quando i popoli germanici provenienti dal nord cominciarono a intervenire negli sviluppi originati dalla civiltà greco-romana. Per l’uomo del secolo diciottesimo, il secondo millennio della storia umana consisteva appunto in tale confluenza di grecità, romanità e cristianesimo; è quello il primo millennio cristiano.

 

Segue poi l’inizio del secondo millennio cristiano, il terzo della civiltà umana, per l’uomo del secolo diciottesimo. Malgrado che in apparenza tutto continui in modo simile, pure in questo terzo millennio si constatano certe diversità radicali, guardando più a fondo le cose. Basta prendere in esame due figure, un pittore e un poeta: sebbene essi siano vissuti soltanto un paio di secoli dopo il suo inizio, pure già mostrano ciò che di sostanzialmente nuovo si sarebbe manifestato nella civiltà occidentale appunto nel secondo millennio. Voglio dire di Giotto, il pittore, e di Dante, il poeta. Essi segnano l’inizio di tutto quanto è venuto poi; il loro contributo è stato decisivo per lo sviluppo ulteriore della civiltà occidentale.

Erano dunque quei tre millenni i soli ad essere conosciuti.

 

Venne poi il secolo decimonono. Solo chi voglia guardare più a fondo nel divenire della civiltà riesce ad abbracciare tutto quanto avvenne nel secolo decimonono, tutto ciò che doveva cambiare. E tutto ciò è presente in fondo alle anime, ma sono pochi quelli che lo comprendono coscientemente.

 

La prospettiva degli uomini del Settecento risaliva dunque solo fino all’epoca greca;

i tempi più antichi si perdevano nel vago.

Durante l’Ottocento avvenne una cosa che fu compresa da pochi,

che ancor oggi non è valutata nella sua importanza: cioè

l’irruzione, avvenuta con grande intensità, dell’oriente nella civiltà occidentale.

 

Per poter comprendere la profonda trasformazione avvenuta nella cultura durante il secolo scorso bisogna proprio tener presente questa scoperta delle civiltà dell’oriente.

Tale scoperta gettò luci e ombre su tutti gli elementi della cultura occidentale e le getterà su quelli che confluiranno in seguito; ciò che esigerà una comprensione nuova di cose che fino a quel punto l’umanità aveva compreso in modo diverso.

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L’orizzonte si è di fatto ampliato, la prospettiva si è estesa all’evoluzione umana precedente quei tre millenni, e ciò fece sorgere in ogni campo nuovi problemi ai quali solo la scienza dello spirito può dare risposta.

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La discesa del regno dei cieli sulla Terra è avvenuta con tale forza,

che grandi e forti individualità del tempo antico

hanno dovuto ricominciare da capo la loro evoluzione sulla Terra;

proprio in loro si manifesta che col conchiudersi del tempo antico,

col compimento del mistero del Golgota,

le loro personalità hanno raggiunto una certa perfezione interiore, una compiutezza.

 

Poi però avvenne qualcosa che obbligò le anime ad affrontare un nuovo inizio, a configurare tutto in modo nuovo.

Anime che erano grandi si manifestano come anime piccole,

perché debbono in certo senso ritornare bambine, in quanto ha inizio qualcosa di completamente nuovo.

• È proprio questo che dobbiamo imprimerci nell’anima,

per poter comprendere il significato della parola «principio» che troviamo all’inizio del vangelo di Marco.

Sì: un principio che scuote le anime nel loro contesto più profondo,

e introduce un impulso del tutto nuovo nell’evoluzione dell’umanità: un «principio dell’Evangelo».

 

Che cosa è il «Vangelo»?

È ciò che discende dalle sfere che spesso abbiamo descritte come la dimora degli angeli, degli arcangeli, ciò che discende attraversando i mondi che stanno al disopra del mondo umano. Così si acquista la prospettiva di un significato più profondo della parola vangelo.

 

Esso è un impulso che discende dal regno degli angeli, degli arcangeli,

e ciò che discende da quelle sfere penetra nell’umanità.

 

Tutte le traduzioni astratte, in fondo, non colgono nel segno. In realtà, già il termine stesso di evangelo accenna al fatto che a un certo momento ha cominciato a fluire giù sulla Terra qualcosa che prima dimorava solo nella sfera degli angeli e degli arcangeli e che ora scuote a fondo le anime umane, in particolare le anime più forti.

 

Viene annunciato questo nuovo principio il quale naturalmente ha poi la sua prosecuzione:

ciò significa che l’evangelo continua.

In quel tempo ebbe luogo l’inizio; e vedremo che in fondo tutta l’evoluzione umana a partire da quel momento

è la continuazione della discesa del principio che possiamo chiamare vangelo dalla sfera degli angeli e degli arcangeli.

 

Se si vogliono caratterizzare adeguatamente i singoli vangeli non si può mai spingere abbastanza a fondo la nostra indagine; e proprio lo studio del vangelo di Marco ci mostrerà che possiamo comprenderlo veramente, solo tenendo conto nel modo giusto dell’intera evoluzione umana, con tutti gli impulsi che vi operano, con tutto ciò che vi si è compiuto.

 

Ho voluto delineare tali fatti non in modo esteriore, ma riferendomi alle anime degli uomini;

ho voluto mostrare come solo riconoscendo la realtà della reincarnazione

può illuminarsi la portata totale dell’evento del Cristo:

la realtà della reincarnazione che, se diventa oggetto di vera indagine,

ci mostra la via percorsa da anime come quelle di Ettore o di Empedocle.

• Altrimenti si potranno anche dire delle cose bellissime, ma si rimane sempre alla superficie.

 

La realtà complessa dell’impulso del Cristo, al di là di tutte le apparenze esteriori,

si rivela soltanto gettando luce, grazie all’indagine scientifico-spirituale,

negli strati più profondi dell’anima umana;

non basta conoscere come si svolge una vita singola,

ma bisogna vederla nella sequenza delle sue incarnazioni.

 

Occorre prendere sul serio l’idea della reincarnazione, inserendola nella considerazione storica, in modo ch’essa ne diventi l’elemento vivificante. Allora si manifesteranno gli effetti del massimo impulso, dell’evento del Golgota. E questo impulso di cui abbiamo parlato già molte altre volte si mostrerà operante soprattutto nelle anime umane.