Illusioni, visioni, allucinazioni. Il male

O.O. 206 – Il divenire dell’uomo, l’anima e lo spirito del mondo – 14.08.1921


 

C’è un determinato momento della nostra vita in cui noi siamo sempre vicinissimi a quel punto in cui compiamo il passaggio dal pensare, che deve essere occupato dalla nostra coscienza sana dal risveglio all’addormentarsi, a ciò che è crescita rigogliosa, e che il pensare vuole estinguere in continuazione: è il momento dell’addormentarsi.

 

Possiamo dire: in quel punto arriviamo a qualcosa che nella vita è vicinissimo a ciò che si può considerare il massimo dell’attività di crescita. È quanto impara a conoscere molto bene chi procede verso la conoscenza immaginativa. Poiché nel momento in cui si verifica la conoscenza immaginativa, egli è in grado di avere anche delle esperienze che nella coscienza abituale si perdono nell’incoscienza, in cui la coscienza abituale si spegne, in quanto viene sopraffatta proprio dall’esplicarsi della crescita della volontà.

 

Sono stati in cui la coscienza ordinaria non deve entrare. Se la coscienza ordinaria vi penetra, allora l’attività di crescita afferra in certo qual modo ciò che si trova nella nostra vita di rappresentazione, e lo spinge (devo ora esprimermi in immagini, ma naturalmente si intende anche nell’immaginazione o a causa dell’immaginazione) su verso ciò che si trova nella morta vita della rappresentazione. In un certo senso non permette alla morta vita di rappresentazione di pervenire al suo sviluppo superiore.

 

Si tratta del processo che si presenta nella vita allucinatoria e, sotto un certo aspetto, anche nella vita sotto forma di illusioni, visioni. Le visioni sono formazioni morbose, e ugualmente morbose sono le allucinazioni. Uno se le ritrova, se mi è concesso esprimermi in questo modo, nell’anima e nel corpo, quando volontà e attività di crescita vengono viste come in unisono, attività di crescita che poi afferra e in un certo senso strappa e fa a pezzi ciò che dovrebbe consolidarsi nel processo di morte del pensiero.

 

È come se il continuo cadaverizzarsi interiore si arrestasse. All’uomo viene strappato qualcosa, e acquista vita rigogliosa ciò che in lui dovrebbe morire, se fosse sano. Si tratta di masse di pensieri che si gonfiano, e noi ce le ritroviamo quali masse di pensieri che si gonfiano, soltanto quando vediamo, per l’appunto, un unisono fra ciò che è corporeo-materiale e ciò che è spirituale-animico.

 

Nell’uomo vive sempre qualcosa dei processi di crescita, quando arriva alle allucinazioni, o alle visioni. Vi esorto ad apprendere certe discipline propedeutiche alla conoscenza immaginativa; se queste discipline propedeutiche vengono osservate nel modo richiesto, allora l’uomo è in condizione di entrare a vivere coscientemente in ciò che si compie di continuo nell’avvicendarsi quotidiano della vita: il fatto cioè che noi, attraverso le rappresentazioni oniriche, entriamo realmente nella condizione di sonno totale. E in questa condizione, in cui ci viene tolta la coscienza abituale, si impara ad entrare, avanzando nella immaginazione. Si arriva così nel punto in cui il processo di morte in un certo modo viene realmente sopraffatto.

 

Nella vita quotidiana ciò avviene nello stato di sonno. Ma in un tale stato si introduce l’uomo che ha raggiunto la conoscenza superiore. E quando, in questa maniera, va oltre la coscienza ordinaria, comprende che questa coscienza ordinaria, appunto, non può penetrare in questo stato.

 

Quando dorme, l’uomo in stato di coscienza normale esce dal corpo fisico e dal corpo eterico; l’uomo che ha la conoscenza immaginativa ne esce da sveglio. Ma la regione dove a tutta prima si accede, potrei dire, la prima regione su cui si mette piede, quando si entra in questo mondo spirituale, che poi si dischiude alla immaginazione, la si percepisce inizialmente come uno spazio buio, assolutamente vuoto, e non si può entrare nel mondo spirituale vero e proprio, senza fare questa deviazione che passa attraverso questa vuota oscurità.

 

Ma vedete, questo è quanto si trova oltre il confine della nostra percezione sensibile. Se vi richiamate alla mente il disegno dello schema che ho fatto alla lavagna – sensazioni che in un certo qual modo ci vengono inviate dentro e che sono le onde su cui si muove l’Io – allora, da questo disegno, ricaverete il modo in cui l’Io esce fuori nel mondo circostante, nel quale del resto si trova anch’esso. Ma nella veglia esso allunga i suoi tentacoli fin dentro al corpo.

 

Qui, però, si ritrae dal corpo e con quelle parti che si sono abituate a partecipare alla vita del corpo, esce fuori nel mondo che si trova oltre i nostri sensi. Non fa la conoscenza degli atomi, fa la conoscenza del mondo spirituale al di là dei sensi. Ma deve attraversare il buio vuoto assoluto, perché soltanto da questo vuoto oscuro si genera per lui lo spirituale.

 

Avete qui un limite, vorrei dire, che costituisce il confine dello sperimentare umano, o che lo sperimentare umano ha rispetto al mondo. Questo limite ci deve essere. Se non ci fosse, non ci sarebbe un vuoto abisso a dividerci da ciò che ci circonda; non potremmo mai sviluppare ciò che è vero amore, poiché questo richiede che l’uomo possa imparare a conoscere il vuoto intorno a sé. Poiché se riempisse tutto ciò che lo circonda, non potrebbe mai fluire col proprio essere in ciò che è altro. Ma è proprio questo che si sviluppa nell’essenza dell’amore.

 

Se si vuole conoscere l’essenza dell’amore in processo di conoscenza reale, si deve allora sapere che l’uomo, proprio quando si formano in lui sentimenti di amore, in un certo senso si espande fino al punto in cui la sua coscienza ha il vuoto. Lì egli può riempirsi di qualcos’altro. Lo sviluppo dell’amore consiste proprio nel contrapporsi del vuoto di coscienza all’altra cosa, che viene poi riempita dalla coscienza.

 

Ma quando non c’è la giusta armonia fra lo spirituale-animico e il corporeo-fisico (noterete che si tratta solo di un’espressione, che non coglie la realtà in maniera esauriente, poiché si parla dell’armonia come di un’armonia che riguarda altri fenomeni, ma tuttavia si comprende, attraverso questo modo di esprimersi, di che cosa si tratta), se non c’è la giusta armonia, quando lo spirituale-animico o il corporeo-fisico si sviluppa unilateralmente, pendendo troppo dall’una o dall’altra parte, in modo che entrambe le parti non vengano pienamente ad espressione, allora subentra qualcosa di patologico.

 

Pendendo da una sola parte subentra qualcosa di patologico, se l’uomo riversa il proprio essere dentro ciò in cui per lui deve esserci il vuoto. Allora in questa entità vuota entra a vivere appunto il suo mondo di visioni e allucinazioni.

È proprio questo che si supera attraverso una vera educazione occulta: il fatto di essere in stato allucinatorio o di avere visioni. Perché non lo si sottolinea mai abbastanza: si tratta proprio di qualcosa di malato. E ciò che si sviluppa con l’educazione occulta è la formazione di forze che si contrappongono alle forze che subentrano col manifestarsi di allucinazioni e visioni.

 

Per il fatto di avere allucinazioni, visioni, l’uomo sviluppa in sé forze cui si contrappone ciò che deve essere consigliato per la vita immaginativa. Lo si constaterà ripetutamente: ci sono uomini – non è detto che debbano per questo ammalarsi subito in forma grave – i quali hanno, non voglio dire allucinazioni, perché in questo caso bisogna già parlare di malattia, ma visioni.

 

Ci sono moltissime persone che attraversano la vita con visioni, di cui vanno molto fiere e in cui vivono, credendo che in queste visioni sia racchiuso un vero mondo spirituale, mentre si tratta solo di un proliferare eccessivo delle loro forze vitali, che si riversa nel vuoto. Vi sono anche siffatte persone che sono così presuntuose da diventare poi megalomani fino a dire di sperimentare una “iniziazione”, mentre ciò che esse vivono, purtroppo, è appunto una crescita abnorme, che soffoca il loro pensare.

 

E quando queste persone arrivano poi a ciò che, preso seriamente, deve essere raccomandato come un esercitarsi all’immaginazione, allora si verifica a volte qualcosa del tutto particolare. Se queste persone poi dicono: “sì, ora ho perduto la mia visione spirituale” -, hanno perso invece le loro immaginazioni visionarie; e ciò è dovuto al fatto che questi esercizi per la vera immaginazione, che praticano su se stessi, agiscono come un antidoto alla loro forza di visione malata.

 

Costoro, che per questo credono di vivere nel mondo spirituale attraverso il dominio della natura, vi vivono in modo patologico, e, normalmente, smarriscono ciò che si sono conquistati a caro prezzo a causa di un egoismo piuttosto esaltato. Ciò può essere sperimentato di continuo e, quando viene sperimentato, dimostra precisamente che le forze visionarie sono forze malate, e gli sforzi che si fanno per arrivare alla visione immaginativa sono forze di contrasto, di risanamento.

 

Da ciò si vede che allo sperimentare umano, al di là della percezione sensibile, è preclusa verso l’interno una regione che è possibile cogliere oggettivamente soltanto nella vita immaginativa. Nel vivere visionario irraggiamo la nostra propria vita nel vuoto. Ma se il vuoto lo sperimentiamo, allora in questo vuoto penetra, proprio nel modo in cui il mondo esterno opera attraverso i nostri sensi, ciò che ho già caratterizzato come il mondo tessente, operante della gerarchia degli Angeli. Intorno a noi agisce il mondo tessente, operante della gerarchia degli Angeli.

 

–Ora, però, possiamo anche andare dall’altra parte e trovare la regione confinante con lo sperimentare umano, e questa è costituita da ciò che si trova oltre il pensare, più verso l’interno. Vedete, possiamo proprio dire: questo percepire è connesso con l’Io. Ora spostiamoci qui dentro, verso il corpo astrale: abbiamo il rappresentare. Ora scendiamo quaggiù nel corpo eterico: abbiamo l’attività del ricordo. E nel corpo fisico, immagini.

 

Qui sotto, nel corpo eterico, la coscienza normale non arriva; anche qui fuori non arriva.

Là si trova il mondo, del quale bisogna dire che è il mondo degli Angeli viventi, tessenti.

È quindi un mondo spirituale, che aleggia sopra il mondo della nostra coscienza.

Non si trova al di fuori della sfera della vita umana, ma si trova fuori della sfera della coscienza abituale.

 

Perciò il nostro Io del quale è stato detto espressamente che si trova al di fuori delle percezioni sensorie,

porta dentro queste percezioni sensorie; il nostro Io dunque è del tutto legato a questo mondo.

È il mondo nel quale possiamo entrare soltanto con una coscienza rafforzata,

in quanto, se noi abbiamo una coscienza diminuita, cadiamo perciò in un’assenza di coscienza.

In questa assenza di coscienza cadiamo ogni volta che ci addormentiamo, ed è allora che entriamo in questo mondo.

 

Ora, però, possiamo scendere qui sotto, dall’altra parte, nella nostra propria entità: ciò avviene quando, attraverso la percezione sensibile, ci spingiamo fuori in questa sfera. Ciò avviene dunque quando le distruttive forze di morte che sono in noi ci afferrano più di quanto facciano normalmente; per meglio dire, quando diventano coscienti. Proprio come possiamo arrivare qua fuori, oltre il limite della vita sensibile, così possiamo spingerci anche in basso, attraverso quella che io chiamo educazione occulta.

 

Ma ciò che qui si sperimenta, se non deve in un certo qual modo presentarsi patologicamente, è necessario che resti completamente nell’interiorità dell’uomo. L’uomo non può lasciarlo salire nella propria coscienza normale. Deve lasciare questa sfera in basso, là dove invece è inconscia. Cioè a dire, l’uomo non può permettere a questa sfera, che si trova nel corpo eterico, di fluire verso l’alto nella propria coscienza normale, ma deve portare la propria coscienza normale in basso, nel corpo eterico. Ciò che è in basso, quindi, non può penetrare in alcuna forma nel rappresentare abituale, ma è il rappresentare ordinario che deve spingersi in basso.

 

Ma da questo desumiamo anche che si tratta di una regione che proprio come l’altra, da me descritta, si trova in una certa misura intorno al corpo fisico dell’uomo. Per cui, all’interno del corpo fisico dell’uomo, questa sfera è sempre presente. Appartiene alle entità interne all’uomo, alle quali più di una volta si è accennato in nessi scientifico-spirituali, e a questa sfera si accennerà sempre in maniera che coloro che l’hanno conosciuta, che vi hanno visto qualcosa, dicano: “è impossibile descrivere con parole umane ciò che esiste lì sotto”. Ne potrete seguire le descrizioni partendo dalle antiche iniziazioni egizie su fino a Bulwer.

 

Ma in certo senso già oggi si può e si deve parlare per accenni di questa regione.

In questa regione affonda le sue radici

tutta quella parte della vita corporea dell’uomo

che non può manifestarsi nel suo contegno esteriore, nel senso comune.

Qui affonda le sue radici il male dell’uomo.

 

Da ciò potrete dedurre un fatto straordinario. Questa sorgente del male, è in effetti sempre dentro di noi. Non possiamo in alcun momento abbandonarci all’illusione che la fonte del male non sia in noi. Essa è situata, se posso esprimermi in questo modo, al di sotto della vita di rappresentazione. Solamente che essa non deve inficiare la vita di rappresentazione, altrimenti le rappresentazioni diventano motivi per il male; deve restare in basso. E colui che vuole osservarla, deve essere tanto forte moralmente da non farla salire su, da essere realmente capace soltanto di mandare giù la coscienza.

 

Ora possiamo dire: qual è il fine per cui le cose stanno così nell’uomo? Già, questa domanda può farla soltanto chi dicesse più o meno: “perché allora la pianta non smette di crescere, quando le sono venute le foglie verdi? È pur vero che continua a crescere per forza propria”.

 

Portiamo in noi il processo di morte, sviluppato dal nostro pensare. Questo processo è fino a questo momento cosciente, ma deve essere mandato giù nell’inconscio. Poiché, se questo processo (di morte) non proseguisse oltre, i nostri pensieri non si consoliderebbero al punto che in noi possa concretizzarsi il ricordo, e in seguito, dalle esperienze fatte mentre pensavamo, dentro di noi possano affiorare in continuazione dei pensieri.

 

Perché ci sia un ricordo, dunque, è necessario che il processo di morte continui oltre.

E l’entità alla quale, in quanto uomini, andiamo debitori del ricordare, è la stessa entità che, subentrando in maniera non giusta, compare quando nell’uomo affiorano i motivi del male.

In una certa misura, la tendenza al male presente in certi uomini è come un eruttare spirituale-animico – perdonate l’espressione di cui faccio uso -, un eruttare spiritualmente e animicamente ciò che dovrebbe restare in basso e provvedere al ricordo.

Questa forza del ricordo è radicata nell’essere umano. E come esiste un eruttare corporeo, così esiste questo eruttare spirituale-animico. Quando ciò che nella saggezza divina è stato assegnato alle profondità del nostro essere come forza del ricordo, quando questo ritorna su nella coscienza, allo stesso modo in cui una cosa qualsiasi viene eruttata dal corpo – perdonate l’espressione poco appetitosa -, allora avete la tendenza a delinquere.

 

Non esiste nulla al mondo che non avrebbe la sua giustificazione nel posto in cui si trova,

e che non possa sfociare in insania, se messo fuori posto.

Se una qualsiasi cosa al mondo ci appare come non dovrebbe, dovremmo porci la domanda:

“dove deve essere, perché adempia al proprio compito?”.

 

E qui, immergendoci in profondità, arriviamo proprio nell’altra regione, nella regione della gerarchia dei Serafini, Cherubini, Troni, nello stesso modo in cui, andando oltre la regione dei sensi, usciamo fuori, nella sfera tessente degli Angeli, Arcangeli e Archai. Quaggiù entriamo in un ambito dove ora vediamo in modo chiaro come quella forza naturale che è connessa con i nostri ricordi abbia un lato morale.

 

Riflettete soltanto sulle implicazioni di tutto ciò: la scienza dello spirito scopre una cosa di tale portata, il fatto cioè che un fatto naturale abbia un lato morale ossia che, se qualcosa agisce fuori della propria sfera, acquista carattere di immoralità!

Ed è proprio questo ciò di cui il nostro tempo si ammala, il fatto che da un lato ci sia la vita morale-religiosa come qualcosa di astratto, e dall’altro ci sia ciò che attiene alla natura, ciò che è sottoposto alla legge di causa ed effetto.

Il metodo con cui le due cose possano conciliarsi fra loro, non lo si trova. Qui avete un fatto del tutto concreto, in cui un fenomeno naturale porta in sé ciò che ora può trasformarsi proprio nel contrario di ciò che è morale, nell’immorale.

 

Ma non vedete ora in ciò qualcosa di straordinario? Se osserviamo la cosa, il fatto che essa sia, da un lato, in uno stato di degenerazione, scendiamo in un certo qual modo sotto la nostra coscienza o, per meglio dire, al di sotto della nostra coscienza nell’antimorale. Deve essere così, perché possa aver luogo il ricordare. Ma se attraverso le sensazioni giungiamo, come vi dicevo, nella regione dell’amore – è questa, in fondo, la forza della moralità – entriamo nella moralità.

 

Vedete, ci stiamo incamminando verso la possibilità di gettare un ponte sempre più breve fra il mondo morale-religioso da una parte, e il mondo fisico-corporeo dall’altra, il mondo della causalità della natura dall’altra. Questo ponte va gettato. E se usciamo fuori e se scendiamo in basso, entriamo effettivamente nel mondo delle gerarchie.

In un certo qual modo ci siamo potuti accostare alla sfera delle gerarchie da due lati.

 

Questa osservazione naturalmente si può compiere soltanto se ci avviciniamo all’obiettivo, per così dire, circolarmente. Non può funzionare, se si parte da concetti elementari, come si fa nella matematica, e si costruisce su di essi, ma bisogna avvicinarsi in maniera circolare a ciò che deve essere compreso alla fine.