Immaginazione, ispirazione e intuizione

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 06.04.1914


 

Una delle forze che viene impiegata nella vita quotidiana senza farci speciale caso

e che invece deve venir potenziata all’infinito è l’attenzione.

Che cosa è l’attenzione?

 

Non permettiamo alla vita che di solito ci scorre dinanzi, di scorrere appunto come di solito essa fa.

Ci afferriamo nel nostro intimo per indirizzare lo sguardo spirituale a qualcosa di determinato.

• Afferriamo singole cose prendendole dalla vita animica,

• le poniamo nella sfera di osservazione della coscienza,

• concentriamo le forze dell’anima su quelle determinate cose.

Sviluppiamo un interesse che mette in risalto singoli fatti e singole entità

dalla corrente dell’esistenza che ci scorre dinanzi.

 

L’attenzione è comunque necessaria anche nella vita di tutti i giorni. Se la scienza dello spirito penetrerà un poco nelle anime, si vedrà sempre meglio che il problema della memoria è in sostanza per gli uomini solo un problema di attenzione, e che questa impostazione darà anche importanti indicazioni per il problema dell’educazione.

Quanto più ci si adopera di attivare l’attenzione nell’anima del giovane e anche dell’adulto, tanto più la memoria si rafforza, tanto più cresce la nostra memoria, tanto più intensamente essa si forma.

 

E vi è anche dell’altro. Chi oggi non ha sentito parlare del triste fenomeno animico che si chiama discontinuità della coscienza? Vi sono persone che vengono a trovarsi in condizioni di vita nelle quali si dimenticano di se stesse, che non sanno di aver attraversato col loro io determinate esperienze, che non sanno che cosa hanno attraversato. Possono abbandonare la loro casa senza averne cognizione e ritrovarsi dopo giorni o dopo anni per riallacciarsi a quanto avevano vissuto molti giorni, settimane, mesi o anni prima. Mai tali fenomeni potrebbero portare a una simile tragicità, se si sapesse che anche questa integrità dell’individuo, il mantenersi sani, dipende da un giusto sviluppo dell’attività dell’attenzione. Così l’attività dell’attenzione è qualcosa che nella vita abituale senz’altro usiamo, ma anche qualcosa che l’indagatore dello spirito deve sviluppare verso un particolare rafforzamento interiore dell’anima. Egli deve approfondirla verso quella che si potrebbe chiamare meditazione, concentrazione. Sono espressioni tecniche.

 

Come nella vita usuale noi siamo spinti a indirizzare l’attenzione verso determinati oggetti,

così l’indagatore dello spirito impiega per sua scelta interiore tutte le forze dell’anima

per osservare un’immagine, un atteggiamento animico, un impulso volitivo

che egli possa vedere nel suo complesso e che sia del tutto chiaro di fronte alla sua anima.

• Egli deve concentrare tutte le sue forze su quanto osserva

portando come ad un profondo sonno tutti i suoi pensieri e le sue mire,

tutte le preoccupazioni e gli affetti della vita, proprio come essi sono in riposo nel sonno profondo;

solo che ora egli non perde la sua coscienza, ma la conserva del tutto sveglia.

 

Così però tutte le forze dell’anima, che altrimenti vengono sparpagliate verso le cose esteriori,

si concentrano per sua scelta su una rappresentazione o un sentimento o un impulso

che viene posto nel punto centrale della vita animica umana.

Così le forze umane si concentrano, e ciò che è solo latente fra le pieghe della vita si rafforza

e prende forma salendo dall’anima umana.

 

Avviene realmente che attraverso questo rafforzamento interiore dell’anima umana,

questa interiore attività di concentrazione, questa attenzione infinitamente potenziata,

l’anima impara a sentirsi, a sperimentarsi tanto in sé,

da diventar capace di separarsi coscientemente dal corpo fisico-sensibile,

come l’idrogeno viene separato dall’acqua con dei mezzi chimici.

• Si tratta comunque di un’interiore elaborazione animica che dura degli anni,

se l’indagatore dello spirito, mediante la sua attività di concentrazione,

vuol rendersi capace di staccarsi dal corpo fisico.

 

Giunge allora il momento in cui l’indagatore dello spirito sa dare un senso alle parole:

«Io mi sperimento quale essere spirituale-animico al di fuori del mio corpo,

e so che esso è al di fuori della mia anima. Se l’anima si rafforza, so che essa può sperimentarsi,

anche quando ha di fronte a sé il corpo con tutti i suoi destini».

 

In tutto il suo essere l’uomo diviene completamente un’individualità separata,

si sperimenta quale essere spirituale-animico separato dal proprio corpo.

Tale essere spirituale-animico mostra allora caratteristiche del tutto diverse

da quando viene coperto dal corpo fisico.

Per prima si sperimenta la forza del pensare.

 

Dato che non voglio parlare di astrazioni, prego di non meravigliarsi

se descriverò in modo informale e senza pregiudizi ciò che oggi suona ancora paradossale.

 

Quando l’indagatore dello spirito comincia a dare un senso alle parole:

«Tu vivi ora nella tua anima, reale entità spirituale, quando sei fuori dai sensi e dal cervello»;

egli si sente col suo pensare non nella sua testa, ma come se la circondasse e si movesse intorno ad essa;

e poiché fin tanto che si è nella vita fra nascita e morte si deve sempre ritornare nel corpo,

egli sa esattamente osservare il momento in cui

ritorna col suo pensare nel suo sistema nervoso e nel suo cervello,

sa come il cervello gli offra resistenza, come egli debba immergervisi;

egli sente appunto come si immerge e, mi si scusi l’espressione,

come s’incastra nel suo cervello fisico che ora segue di nuovo ciò che compie la parte spirituale-animica.

 

• Questo sperimentarsi al di fuori del corpo e il reimmergersi

è una delle esperienze più sconvolgenti dell’indagatore dello spirito.

• Questo pensare puro che sperimenta se stesso e che si svolge al di fuori del cervello

si presenta diverso dal pensare abituale.

I pensieri usuali sono come ombre di fronte a quelli

che, come un nuovo mondo, si presentano all’indagatore dello spirito;

i pensieri si compenetrano con un’interiore capacità di immagine.

 

Per questo vengono chiamati immaginativi, ma non per la ragione

che si pensi che essi contengano qualcosa di fantastico, di escogitato;

quel che invece viene percepito, viene sperimentato, immaginato,

ma tale immaginare è un immergersi nelle cose stesse;

si vivono le cose, e così le cose e i processi del mondo spirituale si pongono di fronte all’anima.

 

Il pensare può in tal modo venir separato dalla vita fisico-corporea,

e l’indagatore dello spirito può sapersi nel mondo dei processi e delle forze spirituali.

• Anche altre forze possono venir sciolte dalla parte solo corporeo-fisica,

e allora l’indagatore dello spirito sperimenta se stesso nella sua pura entità spirituale-animica.

• Quello che ora egli sperimenta nel mondo spirituale

è però un tutt’altro modo di percepire da quello corrente nel mondo esteriore sensibile:

qui vi sono le cose, e io ne sono al di fuori.

 

Così non è più dal momento in cui nello sperimentare spirituale-animico

si ha attorno a sé un mondo spirituale che davvero si presenta con la stessa necessità

con cui si presentano colore e luce a un cieco nato dopo esser stato operato.

• Questo sperimentare è tale che con tutto il proprio essere si penetra nelle cose.

Si sa allora che si percepiscono in quanto in certo modo si è in loro.

Si sa che si ricreano queste cose nell’immaginazione.

Si sente che la percezione è in pari tempo formazione;

ci si sente in continua attività, e non in un percepire passivo, come avviene nel mondo esteriore.

 

Di conseguenza il comparire del mondo immaginativo dei pensieri

si potrebbe anche chiamare una mimica spirituale, uno spirituale giuoco mimico.

Quell’elemento spirituale-animico è in continua attività.

Staccandosi dall’elemento corporeo, quello animico è in continua attività.

 

Ci si sente uniti a un essere come se nel mondo fisico si potesse sperimentare la vita animica di un altro.

Si sperimenta ciò che contengono gli esseri e i processi del mondo spirituale, se ne diventa l’espressione.

Nella mimica spirituale che si assume, si esprime la natura delle cose.

Si viene spinti a un’attività, a un percepire attivo.

Si può dire che l’indagine spirituale pone all’anima umana tutt’altre richieste

che non la scienza ufficiale, che si accetta più passivamente.

 

Come l’attività pensante, la forza del pensare,

in quanto è spirituale-animica, può venir separata dall’elemento corporeo-fisico,

così anche un’altra forza, che altrimenti viene impiegata solo nel corpo, può venir separata dal corpo.

 

Per quanto strano possa sembrare, quest’altra forza è quella della parola,

la forza che nella vita usuale impieghiamo nel parlare.

Che cosa avviene quando parliamo?

La nostra vita di pensiero fa vibrare all’unisono il nostro cervello.

 

• Questo ha il suo legame con l’apparato della parola;

dei muscoli vengono messi in movimento, e quel che pensiamo fluisce e vive in parole.

• Non possiamo forse dire che nel parlare

facciamo fluire fuori di noi, negli organi corporei fisici, quel che vive nella nostra anima?

 

Per il fatto che l’uomo potenzi la sua attenzione

e che vi aggiunga anche qualcosa che può venir del pari potenziato illimitatamente,

la forza del linguaggio si libera dal corpo fisico sensibile.

La forza occorrente è la dedizione.

• La conosciamo nei momenti in cui sentiamo religiosamente,

quando ci abbandoniamo con amore a qualche essere,

quando nella pura indagine seguiamo le cose, quando dimentichiamo noi stessi.

• Conosciamo l’abnegazione, solo che essa scorre fra le righe della vita quotidiana e dell’indagine abituale.

 

L’indagatore dello spirito deve rafforzare illimitatamente questa forza, deve essere tanto abbandonato alle correnti dell’esistenza quanto egli è abbandonato alle stesse correnti dell’esistenza durante il sonno, nel sonno profondo, quando tutta l’attività delle sue membra è in riposo, quando tutti i suoi sensi tacciono, e l’uomo è del tutto abbandonato e non fa nulla.

Nel sonno l’uomo è però privo di coscienza.

Se invece per sua interiore volontà egli può far in modo di soffocare tutta la sua attività e l’attività delle membra, rimanendo però sveglio e sviluppando la sensazione, il sentimento di essere immerso nella corrente dell’esistenza, senza volere altro se non quanto vuole il mondo per lui, se egli continua a sviluppare tale sentimento, separato dal potenziamento dell’attenzione, allora l’anima si rafforza sempre più attraverso l’illimitata abnegazione.

 

Questi due esercizi devono però venir fatti separatamente,

perché si contraddicono a vicenda.

L’attenzione richiede tensione e interesse per un oggetto;

l’altro esercizio invece profonda abnegazione, abnegazione passiva,

più o meno come nel sentimento religioso, oppure come nell’abnegazione verso un essere amato.

 

• I frutti che l’uomo crea dall’infinito potenziamento dell’illimitata dedizione sono appunto che il suo essere spirituale si separa dall’attività fisico-corporea. Allora la forza che altrimenti si riversa nella parola viene separata dall’esteriore attività del linguaggio, può rimanere nella sfera animico-spirituale. Allora, come attraverso una chimica spirituale, la forza del linguaggio viene strappata dal suo legame con l’elemento fisico sensibile, e l’uomo sperimenta quello che si può chiamare, con le parole di Goethe, udito spirituale, ascolto spirituale.

• Di nuovo avviene che in tal modo l’uomo si sperimenta al di fuori del suo corpo, ma si sperimenta immergendosi nelle cose, percependo l’intima essenza delle cose e rivivendole in sé come in un movimento interiore, in un gesto interiore, come quando siamo tentati, grazie ad un particolare talento imitativo, di esprimere mediante determinati gesti quel che ci interessa. Cosi fa l’anima quando si è separata: ripete attivamente, si occupa attivamente. Si percepiscono le cose perché le si segue, perché si riforma l’intimo tessere ed essere delle cose.

 

Nel mondo sensibile esteriore noi siamo passivi nell’udire;

quali indagatori dello spirito ci immergiamo nell’essere delle cose, ascoltiamo il loro intimo operare.

• Quella che Pitagora chiamava musica delle sfere è qualcosa che l’indagatore dello spirito può raggiungere.

• Egli si immerge nelle cose e negli esseri del mondo spirituale e ascolta,

ma ascolta mentre si esprime. Questa è l’ispirazione.

• Un terzo modo di sperimentare interiore può venir dato all’indagatore dello spirito,

se egli sviluppa ulteriormente l’attenzione e l’abnegazione potenziate.

 

Consideriamo il bambino in via di sviluppo. È una caratteristica del bambino che cresce doversi dare da se stesso nel corso della vita la sua posizione nello spazio, cercare il modo in cui porsi nello spazio. Il bambino nasce, ma non sa muoversi, non sa stare eretto; come si dice anche qui in Austria, per poter andare deve servirsi dei suoi quattro arti. Poi sviluppa le forze che tengono eretti, le forze della posizione verticale. Ne deriva di conseguenza quel che molti grandi spiriti hanno sentito dicendosi che, quando il bambino si drizza dalla posizione orizzontale in quella verticale, il suo sguardo non è più legato alla sfera terrena, ma egli guarda verso l’alto.

L’essenziale è che l’uomo, attraverso un’esperienza interiore,

si evolve da una vita orizzontale e abbandonata a una eretta vita verticale.

Gli scienziati vedranno già che ciò è qualcosa del tutto diverso da tutte le forze ereditarie che dànno all’animale le sue forze di direzione nello spazio. A differenza che nell’uomo, negli animali sono attive tutt’altre forze che possono dar loro un impulso verso la posizione verticale.

 

Nell’uomo agisce una somma di forze che lo strappa dalla sua posizione abbandonata.

Queste forze di orientamento nello spazio

mediante le quali egli è in sostanza uomo terreno nel vero senso della parola,

mediante le quali egli diviene ciò che è in quanto uomo sulla Terra, tali forze agiscono molto occultamente.

 

Ci si avvicina ad esse approfondendosi un poco nella scienza dello spirito;

è un sistema complesso, una gran somma di forze.

• Non tutte vengono usate nell’età della fanciullezza; forze di questo genere sono latenti ancora nell’adulto,

ma rimangono non impiegate nella vita usuale e nella vita della scienza.

 

Eseguendo gli esercizi animici, mediante il potenziamento dell’attenzione e dell’abnegazione,

l’uomo diviene cosciente di come risiedano in lui le forze che aveva da bambino;

diviene cosciente di forze spirituali che lo elevano.

• La conseguenza ne è che egli può aggiungere all’interiore giuoco mimico e al gesto interiore

l’interiore fisionomia della sua parte spirituale-animica.

 

Quando l’uomo comincia a poter annettere un significato alle parole: «Il tuo corpo è fuori di te»,

a poco a poco giunge anche il momento in cui egli diviene cosciente delle forze

che lo hanno posto verticalmente sulla Terra in quanto essere fisico-sensibile.

• Di conseguenza è in condizione di dare a quelle forze un’altra direzione,

di darsi da se stesso un’altra struttura, diversa da quella avuta al tempo della sua fanciullezza;

non si dà solo una vera struttura, ma riesce a sviluppare un movimento interiore,

a dare un’altra fisionomia alla sua parte spirituale-animica,

diversa da quella che si era dato in quanto essere terreno.

 

• Di conseguenza egli arriva a immergersi in altri processi ed esseri spirituali,

in modo da trasformare le forze che lo hanno portato

da bambino che si muove carponi a uomo in posizione eretta;

egli diviene così simile alle cose e agli esseri spirituali e quindi li percepisce.

 

Questa è la vera, reale intuizione.

• Il vero percepire di cose e processi spirituali è un immergersi, un diventare uno con le cose spirituali.

Mentre si sperimenta con l’interiore immaginazione ciò che avviene negli esseri,

in modo da poter imitare i loro gesti, ci si può trasformare nelle cose e nei processi stessi,

si può assumere l’intima struttura spirituale delle cose, e la si percepisce mediante l’attività spirituale.

 

Non ho voluto dire con espressioni filosofiche come l’indagatore dello spirito si immedesimi in processi ed entità spirituali, ma ho voluto descrivere nel modo più concreto possibile come l’anima si separi e si immerga nel mondo spirituale, quando percependo diviene attiva. Si è mostrato chiaramente che ogni passo deve venir intrapreso in piena attività, che ogni passo deve esser tale che si possa conoscere l’essenza delle cose e dei processi del mondo spirituale solo se noi imitiamo, se possiamo imitare attivamente.

 

La grande differenza fra la conoscenza spirituale e quella usuale

è che quest’ultima si abbandona passivamente alle cose,

e che la conoscenza spirituale deve vivere in continua attività,

che l’uomo deve diventare ciò che percepisce.